Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25479 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25479 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 536-2007 proposto da:
DE CRISTOFARO VINCENZO quale titolare di ditta
individuale, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
QUINTILIO VARO 68, presso lo studio dell’avvocato
SPINELLO EMILIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
VANNETIELLO LUIGI giusta delega a margine;
– ricorrente –

2013

contro

2745

AGENZIA DELLE ENTRATE DI AVELLINO;
– intimato –

avverso

la

n.

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di

311/2005
SALERNO,

della

depositata

Data pubblicazione: 13/11/2013

1’11/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/10/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato VANNETIELLO che ha

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

chiesto l’accoglimento;

Svolgimento del processo

Con sentenza 11.11.2005 n. 311 la Commissione tributaria della regione Campania,
accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio di Avellino dell’Agenzia delle Entrate e

all’anno 1998, emesso nei confronti di De Cristofaro Vincenzo titolare dell’omonima
ditta individuale (somministrazione bevande al pubblico), ed avente ad oggetto la
rideterminazione con metodo analitico-induttivo del fatturato imponibile e la
conseguente liquidazione della maggiore imposta dovuta.
I Giudici di appello ritenevano che il contribuente non avesse fornito adeguati
elementi volti a contrastare l’accertamento fiscale fondato sul giudizio di inattendibilità
delle scritture contabili determinato dall’abnorme ed inverosimile risultato reddituale
esposto nella dichiarazione, inferiore al salario di un lavoratore subordinato, dovendo
considerarsi altresì coerente la ricostruzione della base imponibile operata mediante
ricorso a dati statistici e di esperienza concernenti verifiche condotte su esercizi
commerciali analoghi (gr. 6-7 di consumo di caffè per singola somministrazione;
ricarico sul costo del venduto degli altri prodotti commercializzati pari al 93%).

Avverso la sentenza di appello, non notificata, la ditta contribuente ha proposto
ricorso per cassazione, affidato a quattro mezzi, con atto ritualmente notificato alla
Agenzia delle Entrate in data 21.12.2006.
La Agenzia intimata non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1
RG n. 536/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

Con st.
Stefano O vieri

dichiarava legittimo l’avviso di rettifica parziale della dichiarazione IVA relativa

I motivi di ricorso, con i quali la ditta contribuente censura la sentenza di appello per
vizi relativi ad “errores in judicando” (violazione: dell’art. 54co 5 Dpr n. 633/72 —primo
motivo-; dell’art. 54 commi 1, 2 , 3 e 5 Dpr n. 633/72 —secondo motivo-; dell’art. 56
Dpr n. 633/72 -terzo motivo-; falsa applicazione dell’art. 39 Dpr n. 600/73 —quarto

logico della motivazione, possono essere esaminati congiuntamente in quanto tutti
concernenti i presupposti ed limiti normativi in relazione ai quali l’Amministrazione
finanziaria può esercitare il potere di “accertamento parziale” in materia di IVA.

Premesso che i motivi primo, secondo e terzo debbono ritenersi inammissibili in
quanto, come è dato desumere dalla esposizione degli argomenti in fatto e diritto a
sostegno degli stessi, la parte ricorrente evidenzia vizi ed incongruità concernenti
esclusivamente l’atto impositivo (criticando gli indici di redditività adottati dall’Ufficio
finanziario ed i criteri di misurazione delle quantità di materia prima impiegata nella
somministrazione del prodotto venduto, deducendo la carenza di motivazione dell’avviso di rettifica
e la nullità dell’atto per mancata allegazione di prospetti, allegando violazioni attinenti al
contraddittorio nel procedimento amministrativo di verifica), omettendo del tutto di individuare

le argomentazioni in fatto e diritto, oggetto di specifica censura, poste a fondamento del
decisum dalla sentenza impugnata, ed introduce, peraltro, anche questioni che -a quanto
è dato desumere dalla sentenza di appello e dal ricorso- non risultano esaminate nel
corso del primo grado di merito, nè riproposte al Giudice di secondo grado (terzo motivo,
relativamente alla nullità dell’avviso per difetto del requisito di validità della motivazione ex art.
56co5 Dpr n. 633/72),

occorre ulteriormente rimarcare la manifesta carenza di

autosufficienza del ricorso interamente fondato sul presupposto indimostrato (non essendo
stato trascritto, nè riportato in riassunto, il contenuto dell’atto impositivo, all’esame del quale la
Corte non ha accesso in considerazione dei limiti propri del sindacato di legittimità avuto riguardo
ai vizi) che l’avviso di rettifica impugnato sia stato emesso dall’Ufficio finanziario ai

sensi del predetto art. 54 comma 5 Dpr n. 633/72 e debba dunque qualificarsi come
2
RG n. 536/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

Ste

s. est.
livieri

motivo-), replicando i motivi secondo, terzo e quarto anche con la censura di vizio

accertamento di tipo parziale anziché -come invece sembrerebbe desumersi dalla sentenza di
appello- di tipo globale, condotto con metodo induttivo-puro ai sensi dell’art. 55co2 n. 3)

Dpr n. 633/72.

In ogni caso ritiene il Collegio che tutti i motivi di ricorso debbono comunque ritenersi

Le attribuzioni dei poteri di indagine istruttoria degli Uffici finanziari in materia di
controllo “delle dichiarazioni presentate e dei versamenti eseguiti dai contribuenti”
debbono infatti essere rinvenuti nelle disposizioni degli artt. 51 e 52 Dpr n. 633/1972 che
prevedono poteri di accesso, ispezione, verifica, richiesta ed acquisizione di
informazioni e documenti, da esercitare ad iniziativa di ufficio e secondo gli eventuali
criteri organizzativi e selettivi fissati dalla Amministrazione centrale. La Guardia di
Finanza, ai sensi dell’art. 63 del Dpr n. 633/72, collabora con i predetti uffici a tali
attività di “acquisizione e reperimento degli elementi utili ai fini dell’accertamento della
imposta e per la repressione delle violazioni”.

Diversamente da quanto ipotizza la parte ricorrente, pertanto, l’acquisizione degli
indicati elementi utili ai fini dell’accertamento non è affatto vincolata a fonti informative
privilegiate o tassative (come intenderebbe affermare la parte ricorrente, laddove sostiene che la
mancanza di una “segnalazione” trasmessa dal Centro Informativo delle Entrate determinerebbe la
improcedibilità dell’accertamento privando l’Ufficio del relativo potere), essendo appena il caso

di rilevare come la previsione dell’art. 54 comma 5 Dpr 633/72 -nel testo vigente ratione
temporis- che consente agli Uffici finanziari di procedere all’accertamento parziale in

caso di segnalazioni effettuate dalla Direzione centrale o dalle Direzioni regionali o da
qualsiasi altro ufficio pubblico, va intesa non come limite al potere di iniziativa dei
controlli fiscali (regolato come si è visto dagli artt. 51 e 52 Dpr n. 633/72) ma anzi come
3
RG n. 536/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

Co
t.
Stefano O vieri

anche infondati.

ampliamento di quel potere, il cui esercizio può essere attivato immediatamente
(indipendentemente e senza pregiudizio della ordinaria azione accertatrice) in
conseguenza di sollecitazioni provenienti dagli uffici di qualsiasi Agenzia fiscale e
finanche da organi ed uffici estranei alla organizzazione dell’Amministrazione
finanziaria.

evidenza la diretta corrispondenza di tale accertamento (parziale) con quello ordinario
(globale) di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 54 (per il quale non vi è dubbio che il
procedimento di verifica possa attingere anche ad elementi ed informative acquisiti presso uffici ed
enti pubblici -ed anche privati-), in quanto “la nozione di accertamento parziale non indica

che l’oggetto sia limitato a singoli elementi, né che esso sia caratterizzato da
provvisorietà rispetto a quello ordinario, ma soltanto, che in base alla formula
normativa usata, l’imposizione è fondata su segnalazioni provenienti da determinate
fonti di conoscenza (soggetti esterni all’Ufficio finanziario procedente) nonché implicitamente
in grado, in forza di un c.d. automatismo argomentativo, di fornire, in base ad una
verifica elementare, gli elementi di contenuto dell’atto” (cfr. Corte cass. V sez. 4.8.2010 n.
18065) ed “il fatto che la “verifica” sia stata espressamente inclusa tra i relativi

presupposti solo con la modifica della predetta disposizione da parte dell’art. 1, comma
406 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non esclude che, anche in precedenza,
l’accertamento parziale potesse basarsi su una verifica generale, non richiedendosi
all’uopo necessariamente una segnalazione del centro informativo delle tasse e delle
imposte indirette sugli affari, della Guardia di finanza e di pubbliche amministrazioni o
enti pubblici, in quanto la segnalazione costituisce solo l’atto di comunicazione che
consente l’accertamento, distinto dall’attività istruttoria, anche se di modestissima
entità, da esso necessariamente presupposta” (cfr. Corte cass. V sez. 5.2.2009 n. 2761; id. V
sez. 22.1.2010 n. 1150. Vedi anche Corte cass. V sez. 12.3.2008 n. 6574 e 15.9.2009 n. 19822
secondo cui l’accertamento parziale può essere compiuto rilevando la infedeltà della dichiarazione
“anche direttamente dal suo contenuto, secondo il criterio generale dell’art. 54” non occorrendo

che vengano acquisiti elementi trasmessi da altre autorità).

4
RG n. 536/2007
rie. De Cristofaro e/ Ag. Entrate

Con st.
Stefano tMivien

L’interpretazione fornita da questa Corte, dell’art. 54co5 Dpr n. 633/72, ha posto in

Quanto alla asserita violazione dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 54 Dpr n. 633/72 che
disciplinano l’accertamento in rettifica a seguito di controllo della dichiarazione IVA e
dell’espletamento delle altre attività istruttorie previste dagli artt. 51 e 52 del medesimo
decreto, la censura si palesa manifestamente apodittica laddove la parte ricorrente:

risultavano addirittura inferiore.’ al reddito da lavoro subordinato corrisposto al personale;
impiegato nel settore, si limita genericamente a contestare la emersione dalle scritture
contabilt della impresa di omissioni o false indicazioni;
b) si limita ancora a denunciare il carattere meramente congetturale del criterio di
determinazione dei ricavi utilizzato dall’Ufficio, senza tuttavia fornire gli elementi
indispensabili a criticare il metodo comparativo -desunto dai dati rilevati dalle verifiche
condotte su analoghi esercizi commerciali- adottato dall’Ufficio nella individuazione
della percentuale di ricarico e della quantità di materia prima occorrente per la
preparazione del prodotto venduto (l’assunto -formulato nel ricorso introduttivo- secondo cui
occorrerebbero gr. 8 di caffè per la singola tazzina, tenuto conto dello sfido e della perdita
fisiologica, ed il ricarico sugli altri generi commerciali non sarebbe superiore al 16% del costo, si
esaurisce in una mera allegazione di parte contrapposta alla diversa soluzione adottata dalla CTR e,
sotto il profilo del vizio logico di motivazione, si palesa priva del requisito di ammissibilità,
difettando del tutto la indicazione della prova decisiva ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. che i Giudici di
merito avrebbero omesso di valutare od inesattamente ponderato);

c) ha allegato genericamente che i dati concernenti i ricavi cui è pervenuto l’Ufficio
risultano viziati da errori materiali nella quantità e nei valori, senza tuttavia identificare
tali vizi.

Palesemente infondata è poi la censura con la quale viene dedotta la “nullità” della
sentenza di appello nella parte in cui avrebbe giustificato la inattendibilità delle scritture
5
RG n. 536/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

C
Stefan

est.
livieri

a) a fronte del dato riportato in sentenza secondo cui i ricavi esposti nella dichiarazione

contabili e l’impiego di presunzioni nella rettifica della dichiarazione, con erroneo
riferimento all’art. 39 (del Dpr n. 600/73) che disciplina le imposte sui redditi.
E’ appena il caso di rilevare in proposito che l’errato riferimento normativo non
pregiudica in alcun modo la “ratio decidendi” saldamente fondata sulla legittimità
dell’accertamento, anche in presenza di scritture contabili formalmente regolari, ove

(ipotesi specificamente prevista dall’art. 54 comma 2, ultima parte, Dpr n. 633/72).

La

Amministrazione finanziaria che intenda contestare i dati indicati dal contribuente nella
dichiarazione può, infatti, assolvere all’onere probatorio tanto con la prova logica -o
indiretta- quanto con la prova storica -o diretta-, nel primo caso dovendo essere
individuato il “minimum” della sufficienza probatoria del fatto indiziante allegato a
supporto della contestazione della documentazione contabile (ed a fondamento della
pretesa tributaria) nei caratteri richiesti dalla “praesumptio hominis” (artt. 2727 e
2729co1 c.c.). In proposito occorre rilevare che, se la regolare tenuta delle scritture e
dei documenti contabili i cui dati vengono utilizzati dal contribuente ed esposti nella
dichiarazione fiscale, non onera il contribuente anche alla ulteriore indicazione degli
elementi probatori attestanti la effettiva corrispondenza alla realtà dei dati indicati in
fattura, trascritti nei registri obbligatori e riportati nella dichiarazione annuale, ciò non
impedisce alla Amministrazione finanziaria -che pretenda una maggiore imposta o che
ritenga indebita la eccedenza detraibile o rimborsabile- di contestare tali dati fornendo la
relativa prova anche mediante semplici presunzioni, come emerge in modo inequivoco
dal testo delle disposizioni normative per cui “l’esistenza di attività non dichiarate o la
inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni
semplici…” (art. 39co1 lett. d) Dpr n. 600/73) e “le false ed inesatte indicazioni possono
essere indirettamente desunte.. .anche sulla base di presunzioni semplici…” (art. 54co2
Dpr n. 633/72).

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RG n. 536/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

. est.
Stefan Olivieri

ritenute inaffidabili in base a prove presuntive dotate dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c.

i SENSI DEL

.
i ANS
N‘ 131 TAB. ALL. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA:

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non occorrendo disporre sulle spese di
lite in difetto di difese svolte dalla Agenzia fiscale intimata.

P.Q.M.

– rigetta il ricorso proposto dalla ditta contribuente.

Così deciso nella camera di consiglio 7.10.2013

La Corte :

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