Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25478 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25478 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 535-2007 proposto da:
DE CRISTOFARO VINCENZO quale titolare di ditta
individuale, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
QUINTILIO VARO 68, presso lo studio dell’avvocato
SPINELLO EMILIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
VANNETIELLO LUIGI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI AVELLINO;
– intimato –

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.
di

313/2005
SALERNO,

della

depositata

Data pubblicazione: 13/11/2013

1’11/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/10/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato VANNETIELLO che ha

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

chiesto l’accoglimento;

Svolgimento del processo

Con sentenza 11.11.2005 n. 313 la Commissione tributaria della regione Campania,
accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio di Avellino dell’Agenzia delle Entrate e
dichiarava legittimo l’avviso di rettifica parziale della dichiarazione IVA relativa

ditta individuale (somministrazione bevande al pubblico), ed avente ad oggetto la
rideterminazione con metodo analitico-induttivo del fatturato imponibile e la
conseguente liquidazione della maggiore imposta dovuta.
I Giudici di appello ritenevano che il contribuente non avesse fornito adeguati
elementi volti a contrastare l’accertamento fiscale fondato sul giudizio di inattendibilità
delle scritture contabili determinato dall’abnorme ed inverosimile risultato reddituale
esposto nella dichiarazione, inferiore al salario di un lavoratore subordinato, dovendo
considerarsi altresì coerente la riscostruzione della base imponibile operata mediante
ricorso a dati statistici e di esperienza concernenti verifiche condotte su esercizi
commerciali analoghi (gr. 6-7 di consumo di caffè per singola somministrazione;
ricarico sul costo del venduto degli altri prodotti commercializzati pari al 93%).

Avverso la sentenza di appello, non notificata, la ditta contribuente ha proposto
ricorso per cassazione, affidato a quattro mezzi, con atto ritualmente notificato alla
Agenzia delle Entrate in data 21.12.2006.
La Agenzia intimata non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso, con i quali la ditta contribuente censura la sentenza di appello
per vizi relativi ad “errores in judicando” (violazione: dell’art. 54co 5 Dpr n. 633/72 —
primo motivo-; dell’art. 54 commi 1, 2 , 3 e 5 Dpr n. 633/72

—Tondo motivo-;

1
RG n. 535/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

Cons.
Stefano O

ieri

all’anno 1997, emesso nei confronti di De Cristofaro Vincenzo titolare dell’omonima

dell’art. 56 Dpr n. 633/72 -terzo motivo-; falsa applicazione dell’art. 39 Dpr n. 600/73 —
quarto motivo-), replicando i motivi secondo, terzo e quarto anche con la censura di
vizio logico della motivazione, possono essere esaminati congiuntamente in quanto tutti
concernenti i presupposti ed limiti normativi in relazione ai quali l’Amministrazione
finanziaria può esercitare il potere di “accertamento parziale” in materia di IVA.

quanto, come è dato desumere dalla esposizione degli argomenti in fatto e diritto a
sostegno degli stessi, la parte ricorrente evidenzia vizi ed incongruità concernenti
esclusivamente l’atto impositivo (criticando gli indici di redditività adottati dall’Ufficio
finanziario ed i criteri di misurazione delle quantità di materia prima impiegata nella
somministrazione del prodotto venduto, deducendo la carenza di motivazione dell’avviso di rettifica
e la nullità dell’atto per mancata allegazione di prospetti, allegando violazioni attinenti al
contraddittorio nel procedimento amministrativo di verifica), omettendo del tutto di individuare

le argomentazioni in fatto e diritto, oggetto di specifica censura, poste a fondamento del
decisum dalla sentenza impugnata, ed omettendo anche di individuare il corretto
parametro normativo alla stregua del quale richiedere il sindacato di legittimità della
Corte (il terzo motivo di ricorso -concernente la nullità dell’avviso di rettifica per difetto del
requisito di validità della motivazione ex art. 56co5 Dpr n. 633/72- era stato “riproposto” in grado
di appello con autonomo motivo di appello incidentale sul quale la CTR ha omesso del tutto di
pronunciare, con la conseguenza che la ditta ricorrente avrebbe dovuto impugnare la sentenza, in
relazione all’art. 360co l n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c.),

occorre ulteriormente rimarcare la manifesta carenza di autosufficienza del ricorso
interamente fondato sul presupposto indimostrato (non essendo stato trascritto, nè riportato in
riassunto, il contenuto dell’atto impositivo, all’esame del quale la Corte non ha accesso in
considerazione dei limiti propri del sindacato di legittimità avuto riguardo ai vizi) che l’avviso di

rettifica impugnato sia stato emesso dall’Ufficio finanziario ai sensi del predetto art. 54
comma 5 Dpr n. 633/72 e debba dunque qualificarsi come accertamento di tipo parziale
anzichè -come invece sembrerebbe desumersi dalla sentenza di appello- di tipo globale,
condotto con metodo induttivo-puro od analitico-induttivo ai sensi dell’art. 55 Dpr n.
633/72.
2
RG n. 535/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

s. est.
Stefano livieri

2. Premesso che i motivi primo, secondo e terzo debbono ritenersi inammissibili in

3. In ogni caso ritiene il Collegio che tutti i motivi di ricorso debbono comunque
ritenersi anche infondati.

4. Le attribuzioni dei poteri di indagine istruttoria degli Uffici finanziari in materia di
controllo “delle dichiarazioni presentate e dei versamenti eseguiti dai contribuenti”

prevedono poteri di accesso, ispezione, verifica, richiesta ed acquisizione di
informazioni e documenti, da esercitare ad iniziativa di ufficio e secondo gli eventuali
criteri organizzativi e selettivi fissati dalla Amminsitrazione centrale. La Guardia di
Finanza, ai sensi dell’art. 63 del Dpr n. 633/72, collabora con i predetti uffici a tali
attività di “acquisizione e reperimento degli elementi utili ai fini dell’accertament della
imposta e per la repressione delle violazioni”.

5. Diversamente da quanto ipotizza la parte ricorrente, pertanto, l’acquisizione degli
indicati elementi utili ai fini dell’accertamento non è affatto vincolata a fonti informative
privilegiate o tassative (come intenderebbe affermare la parte ricorrente, laddove sostiene che la
mancanza di una “segnalazione” trasmessa dal Centro Informativo delle Entrate determinerebbe la
improcedibilità dell’accerrtamento privando l’Ufficio del relativo potere), essendo appena il

caso di rilevare come la previsione dell’art. 54 comma 5 Dpr 633/72 -nel testo vigente
ratione temporis- che consente agli Uffici finanziari di procedere all’accertamento parziale

in caso di segnalazioni effettuate dalla Direzione centrale o dalle Direzioni regionali o da
qualsiasi altro ufficio pubblico, va intesa non come limite al potere di iniziativa dei
controlli fiscali (regolato come si è visto dagli artt. 51 e 52 Dpr n. 633/72) ma anzi come
ampliamento di quel potere, il cui esercizio può essere attivato immediatamente
(indipendentemente e senza pregiudizio della ordinaria azione accertatrice) in
conseguenza di sollecitazioni provenienti dagli uffici di qualsiasi altra Agenzia fiscale e
finanche da organi ed uffici estranei alla organizzazione dell’Amministrazione
finanziaria.

3
RG n. 535/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

s. est.
Stefano 1ivieri

debbono infatti essere rinvenuti nelle disposizioni degli artt. 51 e 52 Dpr n. 633/1972 che

L’interpretazione fornita da questa Corte, dell’art. 54co5 Dpr n. 633/72, ha posto in
evidenza la diretta corrispondenza di tale accertamento (parziale) con quello ordinario
(globale) di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 54 (per il quale non vi è dubbio che il
procedimento di verifica possa attingere anche ad elementi ed informative acquisiti presso uffici ed
enti pubblici -ed anche privati-), in quanto “la nozione di accertamento parziale non indica

che l’oggetto sia limitato a singoli elementi, né che esso sia caratterizzato da

normativa usata, l’imposizione è fondata su segnalazioni provenienti da determinate
fonti di conoscenza (soggetti esterni all’Ufficio finanziario procedente) nonché implicitamente
in grado, in forza di un c.d. automatismo argomentativo, di fornire, in base ad una
verifica elementare, gli elementi di contenuto dell’atto” (cfr. Corte cass. V sez. 4.8.2010 n.
18065) ed “il fatto che la

“verifica” sia stata espressamente inclusa tra i relativi

presupposti solo con la modifica della predetta disposizione da parte dell’art. 1, comma
406, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non esclude che, anche in precedenza,
l’accertamento parziale potesse basarsi su una verifica generale, non richiedendosi

all’uopo necessariamente una segnalazione del centro informativo delle tasse e delle
imposte indirette sugli affari, della Guardia di finanza e di pubbliche amministrazioni o
enti pubblici, in quanto la segnalazione costituisce solo l’atto di comunicazione che
consente l’accertamento, distinto dall’attività istruttoria, anche se di modestissima
entità, da esso necessariamente presupposta” (cfr. Corte cass. V sez. 5.2.2009 n. 2761; id. V
sez. 22.1.2010 n. 1150. Vedi anche Corte cass. V sez. 12.3.2008 n. 6574 e 15.9.2009 n. 19822

secondo cui l’accertamento parziale può essere compiuto rilevando la infedeltà della dichiarazione
“anche direttamente dal suo contenuto,

secondo il criterio generale dell’art. 54” non occorrendo

che vengano acquisiti elementi trasmessi da altre autorità).

6. Quanto alla asserita violazione dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 54 Dpr n. 633/72 che
disciplinano l’accertamento in rettifica a seguito di controllo della dichiarazione IVA e
dell’espletamento delle altre attività istruttorie previste dagli artt. 51 e 52 del medesimo
decreto (da cui emerga la inaffidabilità dei dati riportati nelle scritture contabili), la
censura si palesa manifestamente apodittica laddove la parte ricorrente:
4
RG n. 535/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

Stefan

est.
vieri

provvisorietà rispetto a quello ordinario, ma soltanto, che in base alla formula

a)

a fronte del dato riportato in sentenza secondo cui i ricavi esposti nella

dichiarazione risultavano addirittura inferiori- al reddito da lavoro subordinato
corrisposto al personale; impiegato nel settore, si limita genericamente a contestare la
emersione dalle scritture contabile della impresa di omissioni o false indicazioni;

ricavi utilizzato dall’Ufficio, senza tuttavia fornire gli elementi indispensabili a criticare
il metodo comparativo -desunto dai dati rilevati dalle verifiche condotte su analoghi
esercizi commerciali- adottato dall’Ufficio nella individuazione della percentuale di
ricarico e della quantità di materia prima occorrente per la preparazione del prodotto
venduto (la censura si risolve pertanto in una mera contrapposizione dei dati asseriti corretti dalla
ditta ai dati ritenuti corretti dalla CTR, senza che venga sviluppato alcun argomento critico idoneo
ad inficiare la valutazione di congruità compiuta dai Giudici di merito: sotto il profilo del vizio
logico di motivazione, la censura si palesa quindi priva del requisito di ammissibilità, difettando del
tutto la indicazione delle prove decisive ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. che i Giudici di merito avrebbero
omesso di valutare od inesattamente ponderato);

c) si limita ad allegare genericamente che i dati concernenti i ricavi cui è pervenuto
l’Ufficio risultano viziati da errori materiali nella quantità e nei valori, senza tuttavia
identificare tali vizi.

7. Anche la censura concernente la nullità dell’avviso di rettifica per mancanza di
idonea motivazione ai sensi dell’art. 56 Dpr n. 633/72 risulta priva di pregio.
La ditta ricorrente ha infatti allegato la invalidità dell’avviso di rettifica in quanto
asseritamente privo di motivazione, omettendo tuttavia di trascrivere il contenuto
dell’atto impositivo ed impedendo pertanto a questa Corte di verificare la effettiva
carenza dell’indicato requisito di validità, tanto più che se detto requisito ha lo scopo di
portare a conoscenza del contribuente i presupposti di fatto e di diritto della pretesa
tributaria al fine di apprestare una adeguata difesa, tale scopo sembra essere stato
5
RG n. 535/2007
ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

Co
t.
Stefano O ieri

b) denuncia il carattere meramente congetturale del criterio di determinazione dei

raggiunto essendo stata in grado la ditta contribuente di impugnare l’avviso formulando i
motivi dedotti con il ricorso introduttivo e di contestare i criteri di determinazione
dell’imponibile adotatti dall’Ufficio finanziario.

8. Palesemente infondata è poi la censura con la quale viene dedotta la “nullità” della
sentenza di appello nella parte in cui avrebbe giustificato la inattendibilità delle scritture

riferimento all’art. 39 (del Dpr n. 600/73) che disciplina le imposte sui redditi.
E’ appena il caso di rilevare in proposito che l’errato riferimento normativo non
pregiudica in alcun modo la “ratio decidendi” saldamente fondata sulla legittimità
dell’accertamento che, anche in presenza di scritture contabili formalmente regolari,
ritenga inaffidabili i dati esposti in base a prove presuntive dotate dei requisiti di cui
all’art. 2729 c.c. (ipotesi specificamente prevista dall’art. 54 comma 2, ultima parte, Dpr n.
633/72). La Amministrazione finanziaria che intenda contestare i dati indicati dal

contribuente nella dichiarazione può, infatti, assolvere all’onere probatorio tanto con la
prova logica -o indiretta- quanto con la prova storica -o diretta-, nel primo caso dovendo
essere individuato il “minimum” della sufficienza probatoria del fatto indiziante allegato
a supporto della contestazione della documentazione contabile (ed a fondamento della
pretesa tributaria) nei caratteri richiesti dalla “praesumptio hominis” (artt. 2727 e
2729co l c.c.). In proposito occorre rilevare che, se la regolare tenuta delle scritture e
dei documenti contabili i cui dati vengono utilizzati dal contribuente ed esposti nella
dichiarazione fiscale, non onera il contribuente anche alla ulteriore indicazione degli
elementi probatori attestanti la effettiva corrispondenza alla realtà dei dati indicati in
fattura, trascritti nei registri obbligatori e riportati nella dichiarazione annuale, ciò non
impedisce alla Amministrazione finanziaria -che pretenda una maggiore imposta o che
ritenga indebita la eccedenza detraibile o rimborsabile- di contestare tali dati fornendo la
relativa prova anche mediante semplici presunzioni, come emerge in modo inequivoco
dal testo delle disposizioni normative per cui “l’esistenza di attività non dichiarate o la
inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni
semplici…” (art. 39co1 lett. d) Dpr n. 600/73) e “le false ed inesatte indicazioni possono
6
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ric. De Cristofaro c/ Ag. Entrate

CoiS est.
Stefano Jivieri

contabili e l’impiego di presunzioni nella rettifica della dichiarazione, con erroneo

ESENTE DA – Y,F.cí’) -;
AI SENSI DEL 1, •

N.

131 TArt. ALL. . – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA

essere indirettamente desunte…anche sulla base di presunzioni semplici…” (art.

54co2

Dpr n. 633/72).

9. Quanto poi alla dedotta erroneità della inclusione nel volume di affari, ai fini del
calcolo della maggiore imposta, anche dei proventi afferenti alla rivendita di riviste e
giornali per i quali l’imposta viene assolta dall’editore ai sensi dell’art. 74 lett. c) Dpr n.

comunque, anche se considerato tale, essere dichiarato inammissibile in quanto prospetta
una questione del tutto nuova che non risulta aver costituito oggetto di giudizio nei
precedenti gradi di merito.

10. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non occorredo disporre sulle spese
di lite in difetto di difese svolte dalla Agenzia fiscale intimata.

P.Q.M.
La Corte :
– rigetta il ricorso proposto dalla ditta contribuente.

Così deciso nella camera di consiglio 7.10.2013

633/72 , non è dato comprendere se concerna motivo di ricorso autonomo, dovendo

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