Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25477 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25477 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 29866-2007 proposto da:
MILISENDA

SALVATORE

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DELLA GIULIANA 73, presso lo studio
dell’avvocato NANNI NICOLA, rappresentato e difeso
dall’avvocato DANILE GIUSEPPE giusta delega in calce;
– ricorrente –

2013
2743

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 13/11/2013

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ape legis;
– controricorrenti nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI AGRIGENTO;

avverso la sentenza n. 85/2005 della COMM.TRIB.REG.
di PALERMO, depositata il 29/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– intimato –

RITENUTO IN FATTO.
1. In data 14.5.01, l’Amministrazione finanziaria notificava alla società Milisenda Salvatore & C. s.n.c. una
cartella di pagamento emessa ai fini IVA per l’anno 1991,
con la quale veniva contestava alla contribuente la detrazione di un credito di imposta risultante dalla dichiarazione relativa all’anno 1990, da ritenersi omessa termine di 30 gg. previsto dall’art. 37 d.P.R. 633/72.
2. L’atto impositivo veniva, quindi, impugnato dalla Milisenda Salvatore & C. s.n.c. dinanzi alla CTP di Agrigento, che accoglieva il ricorso. L’appello proposto
dall’Agenzia delle Entrate alla CTR della Sicilia veniva,
peraltro, accolto, con sentenza n. 85/29/05, depositata
il 29.9.06, con la quale il giudice di seconde cure riteneva precluso alla contribuente il diritto alla detrazione, nell’anno 1991, del credito di imposta riportato nella dichiarazione per il precedente anno 1990, atteso che
tale dichiarazioni era da ritenersi omessa, poiché presentata al di là del termine di legge.
3. Per la cassazione della sentenza n. 85/29/05 ha proposto ricorso la Milisenda Salvatore & C. s.n.c., affidato
a tredici motivi, ai quali l’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, che – essendo strettamente connessi – vanno esaminati congiuntamente, la Milisenda Salvatore & C. s.n.c. denuncia la violazione degli artt. 37 d.P.R. 633/72 e 8, co. 7 e 2, co. 7,
del d.P.R. 322/98, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
1.1. Si duole la ricorrente del fatto che la CTR abbia
erroneamente ritenuto tardiva, e pertanto omessa, la dichiarazione IVA per l’anno 1990, presentata oltre i trenta giorni di cui all’art. 37 d.P.R. 633/72 (applicabile
alla fattispecie ratione temporis), laddove ad una prima,
tempestiva, dichiarazione presentata il 5.3.91, avrebbe
fatto seguito una successiva dichiarazione, meramente
correttiva della precedente, presentata in data 15.4.91.

a parere dell’Ufficio – in quanto presentata oltre il

Tale ultima dichiarazione, in quanto diretta a correggere
esclusivamente un errore materiale effettuato nell’altra,
non sarebbe, pertanto, soggetta – a parere della Milisenda Salvatore & C. s.n.c. – al suindicato termine di decadenza ex art. 37 del decreto cit.
1.2. D’altro canto, osserva la contribuente, al momento
dell’emissione della cartella di pagamento impugnata, il
nuale era stato elevato a novanta giorni, dall’art. 2,
co. 7, del d.P.R. 322/98; sicchè la stessa, al momento
del definitivo accertamento, non poteva considerarsi in
alcun modo tardiva.
1.3. Le censure suesposte sonoinammissibili.
1.3.1. Ed invero, secondo l’insegnamento costante di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano
già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede
di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, né rilevabili
d’ufficio (cfr.,

ex plurimis,

Cass. 2140/06, 7981/07,

17041/13).
1.3.2. Ebbene, dall’esame degli atti del presente giudizio, si evince che le questioni proposte con i primi due
motivi di ricorso non sono state – come si desume dalla
stessa narrativa contenuta nel ricorso della Milisenda
Salvatore & C. s.n.c. – in alcun modo trattate nel giudizio di appello; sicchè le stesse, per la loro novità, non
possono essere prese in considerazione nel presente giudizio di legittimità. Ne consegue, pertanto, l’ inammissibilità delle censure che si fondano su dette questioni.
2. Con il terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e
nono motivo, che – per la loro evidente connessione – vano esaminati congiuntamente, la Milisenda Salvatore & C.
s.n.c. denuncia la violazione degli artt. 28, 54, 54 bis
e 55 del d.P.R. 633/72„ 36 bis d.P.R. 600/73, 7, 8 e 10
1. 212/00, 3 1. 241/90, 21 d.lgs. 546/92 e 2697 c.c., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.

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termine per la presentazione di detta dichiarazione an-

2.1 La tardiva od omessa presentazione della dichiarazione IVA non potrebbe, invero, pregiudicare – secondo la
contribuente – la detraibilità dei crediti di imposta risultanti dalle liquidazioni periodiche, relative all’anno
in relazione al quale detta dichiarazione sia stata ritardata o omessa, in assenza di contestazioni o di prove,
da parte dell’Amministrazione, circa l’assenza delle li- ad avviso della ricorrente – perderebbe il diritto alla
detrazione, ai sensi dell’art. 28 d.P.R. 633/72, solo
nella concomitante assenza di computazione dei crediti,
sia nelle liquidazioni periodiche che nella dichiarazione
annuale, avendo, nel caso concreto, l’Ufficio contestato
solo l’omissione della dichiarazione annuale, il credito
in contestazione, riportato nelle liquidazioni periodiche, sarebbe stato, immotivatamente e del tutto ingiustamente, escluso dalla detrazione.
Di conseguenza, del tutto erroneamente la CTR avrebbe ritenuto ammissibile il solo diritto al rimborso, in base
alla norma residuale di cui all’art. 21 d.lgs. 546/92,
laddove il contribuente aveva richiesto la detrazione, in
alternativa al rimborso per le ipotesi enunciate
dall’art. 30 d.P.R. 633/72.
2.2. Senza dire che, riferendosi la cartella di pagamento
ad un anno successivo (1991) a quello nel quale la dichiarazione era stata omessa (1990), e per il quale la
dichiarazione annuale era stata, invece, correttamente
presentata, difetterebbero – a parere della Milisenda
Salvatore & C. s.n.c. – anche i requisiti per l’ applicazione dell’accertamento induttivo ex art. 55 d.P.R.
633/72, potendo l’Ufficio fare ricorso solo all’ accertamento in rettifica della dichiarazione regolarmente presentata, ex art. 54 del decreto cit., ovvero alla liquidazione dell’imposta dovuta in base a tale dichiarazione,
ai sensi dell’art. 54 bis dello stesso decreto.
2.3. Le censure suesposte sono infondate e vanno disattese.

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quidazioni periodiche. Per il che, poiché il contribuente

2.3.1. Va rilevato, infatti, che l’emissione della cartella di pagamento, oggetto di lite, trae origine dalla
constatazione, operata dall’ Amministrazione in sede di
controllo della dichiarazione IVA per l’anno 1991, che la
Milisenda Salvatore & C. s.n.c. aveva esposto, nel quadro
L6 di detta dichiarazione, un credito pari a £.
26.033.000, risultante dalla precedente dichiarazione
tre il termine di trenta giorni dalla scadenza, di cui
all’art. 37 d.P.R. 633/72.
2.3.2. Orbene, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 28 (che prevede il diritto al rimborso
dell’eccedenza tra l’importo dell’ammontare detraibile e
quello dell’IVA dovuta), 37 (che prevede il termine di
decadenza per la presentazione della dichiarazione annuale IVA) e 55 del d.P.R. 633/72 (che espone il contribuente all’ accertamento induttivo, in caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale), la presentazione
della dichiarazione IVA anche con un solo giorno di ritardo rispetto al termine di decadenza di trenta giorni,
previsto dall’art. 37 del d.P.R. n. 633/72 (applicabile
“ratione temporis”) comporta la perdita definitiva del
diritto alla detrazione (Cass. 16477/04, 11737/11).
L’estinzione del diritto in questione esclude, pertanto,
la possibilità di recuperare il credito maturato in ordine al periodo di imposta, cui è correlata la dichiarazione omessa, attraverso il trasferimento della detrazione
nel periodo di imposta successivo, ma non determina la
perdita anche del diverso diritto al rimborso esercitabile, in mancanza di una disciplina specifica posta dalla
legislazione in materia, nel termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 546/92 (Cass.
16477/04, 13090/12, 4531/13).
2.3.3. Tale estinzione del diritto alle detrazioni si verifica, tuttavia, contrariamente all’assunto della società ricorrente, anche se le somme detraibili siano state
computate dal contribuente nei mesi di competenza, qualora il medesimo abbia, poi, presentato la dichiarazione

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1990, ritenuta dall’Ufficio omessa, poiché presentata ol-

nella quale le aveva esposte con un ritardo superiore ai
trenta giorni di cui all’art. 37 cit. Poiché, infatti, il
titolo necessario per il riconoscimento del diritto del
contribuente alla detrazione è rappresentato dalla dichiarazione annuale delle operazioni imponibili, il suindicato ritardo, equivalendo ad omissione della dichiarazione, determina la perdita definitiva del diritto in pa16341/13).
2.3.4. L’inottemperanza del contribuente all’obbligo della dichiarazione annuale, poi, al contrario di quanto sostenuto dalla Milisenda Salvatore & C. s.n.c., lo espone
all’accertamento induttivo ex art. 55 d.P.R. 633/72, costituendo, infatti, proprio tale condotta omissiva del
contribuente il presupposto fattuale del suddetto accertamento (Cass. 16477/04, 24424/08).
2.4. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto,
nel caso di specie, l’omessa presentazione, da parte della società contribuente, della dichiarazione IVA per
l’anno 1990, ha determinato la definitiva perdita del diritto alla detrazione del credito di imposta esposto per
quell’anno, anche se le relative detrazioni erano state
computate per i mesi di competenza, non essendo il credito – ormai estinto – recuperabile attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successivo
(1991). Con la conseguenza che, per le ragioni suesposte,
le censure in esame non possono che essere disattese.
3. Con il decimo, undicesimo e dodicesimo motivo, la Milisenda Salvatore & C. s.n.c. denuncia la violazione degli artt. 60 d.P.R. 633/72, 13 del d.lgs. 471/97 e 91
c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
3.1. Si duole, infatti, la ricorrente del fatto che il
giudice di appello, ad onta della detraibilità del credito di imposta in discussione,

per le ragioni sostenute

dalla contribuente in giudizio, abbia – nondimeno – ritenuto di applicare gli interessi e le sanzioni sulle somme
recuperate a tassazione dall’Amministrazione finanziaria,
nonché del fatto che la CTR abbia – a suo dire – illegit-

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rola, senza possibilità di sanatoria (Cass. 11737/11,

timamente disposto la compensazione delle spese del giudizio di secondo grado.
3.2. Ciò posto, va rilevato che il decimo ed undicesimo
motivo (interessi e sanzioni sulle somme dovute dalla
contribuente) sono da reputarsi infondati in conseguenza
del rigetto di tutte le suesposte deduzioni della Milisenda Salvatore & C. s.n.c., così come riproposte nel
dell’Amministrazione finanziaria alle spese del giudizio
di appello, oggetto del dodicesimo motivo, è sufficiente
rilevare che la stessa è dovuta alla sostanziale ed integrale soccombenza della stessa contribuente, e non
dell’appellante Agenzia delle Entrate, nel giudizio di
seconde cure.
4. Con il tredicesimo motivo, infine, la Milisenda Salvatore & C. s.n.c. denuncia l’insufficiente motivazione su
un fatto decisivo della controversia, in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. La società ricorrente ha, invero, del tutto omesso
di formulare – a corredo del motivo di ricorso – un’ indicazione riassuntiva e sintetica, contenente la chiara
specificazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume contraddittoria o insufficiente, ai sensi dell’art. 366 bis, co. 2, c.p.c. (applicabile alla fattispecie ratione temporis),

a tenore del

quale la formulazione della censura ai sensi dell’art.
360 n. 5 c.p.c. deve contenere un “momento di sintesi”
omologo del quesito di diritto, che costituisca un quid
pluris rispetto all’illustrazione del motivo operata dal-

la parte ricorrente (Cass. 2652/08, Cass.S.U. 11652/08,
16528/08, 24255/11).
5. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso deve
essere rigettato.
6. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico
della società ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.

6

presente giudizio. Quanto alla mancata condanna

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ESENTE D. REGIS.Th AZIONIE
‘116
AI SENSi DEL D.R.
N. 131 TAB. ALL. 3. – N.5
MATERIA TRIBUTARIA

La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese de
presente giudizio, che liquida in 1.900,00, oltre alle
spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezio
Tributaria, il 7.10.2013.

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