Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25476 del 26/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/10/2017, (ud. 18/05/2017, dep.26/10/2017),  n. 25476

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 755-2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.S., F.G.A. C.F. (OMISSIS),

V.D. O D. C.F. (OMISSIS), R.A. C.F. (OMISSIS),

VI.MA. C.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO

TRIESTE 185, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE VERSACE,

rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO DI PALMA, giusta

delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

C.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7135/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/12/2010, R. G. N. 4938/2006.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza n. 7135/2010, la Corte di Appello di Napoli, in riforma della pronuncia del 19.5.2005 emessa dal Tribunale della stessa città, ha dichiarato la nullità del termine apposto ai contratti, intercorsi tra Poste Italiane spa e C.I. e Vi.Ma. (il 9.7.2002 ed il 28.6.2002 ai sensi dell’art. 24 CCNL 11.1.2001 e successivi accordi integrativi, per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento dei servizi in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo”; tra Poste Italiane spa e T.C., V.D. e A.S. (rispettivamente il 31.1.2002, il 6.5.2002 e l’1.3.2002 per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002); tra Poste Italiane e F.G.A. (1’8.11.2002 per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002 nonchè per far fronte ai maggiori flussi di traffico del periodo natalizio); tra Poste Italiane e R.A. (1.10.2002 per “sostenere il livello di servizio della sportelleria durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tuttora in fase di completamento, di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002 che prevedono, al riguardo, il riposizionamento su tutto il territorio degli organici della società”); tra Poste Italiane spa e S.C. (il 17.10.2002 per “sostenere il livello di servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tuttora in fase di completamento, di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002 che prevedono, al riguardo, il riposizionamento su tutto il territorio degli organici della società”); la Corte di merito ha dichiarato, altresì, il diritto dei lavoratori alla riammissione in servizio e ha condannato la società al pagamento in loro favore delle retribuzioni dovute a partire dalla data di notifica dei rispettivi ricorsi introduttivi di primo grado fino alla sentenza;

che avverso tale sentenza Poste Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi;

che hanno resistito con controricorso A.S., V.D., Vi.Ma., F.G.A. e R.A.;

che il P.G. non ha formulato richieste;

che sono stati depositati verbali di conciliazione in sede sindacale intervenuti tra Poste Italiane spa e, rispettivamente, C.I., A.S., V.D. e Vi.Ma..

Diritto

CONSIDERATO

che, relativamente a C.I., A.S., V.D. e Vi.Ma. va dichiarata la cessazione della materia del contendere: infatti, dai suddetti verbali di conciliazione, debitamente sottoscritti dai lavoratori interessati e dal rappresentante della società ricorrente, risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge;

che tale verbale si appalesa idoneo a dimostrare l’intervenuta cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo e in tal senso va emessa la corrispondente declaratoria;

che le spese del presente giudizio sono compensate, sussistendone le ragioni, in relazione all’avvenuta complessiva conciliazione della controversia ad eccezione che per C.I. che non ha svolto in questa sede attività difensiva;

che con il ricorso per cassazione, (che va esaminato in relazione a F.G.A. e R.A.) si censura: 1) per R.A., la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 12 preleggi, artt. 1362 c.c. e ss e art. 1325 c.c. e ss (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto generica la motivazione della causale posta a fondamento dell’assunzione; 2) l’omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 350 c.p.c., n. 5) per non avere i giudici di seconde cure sufficientemente motivato sulla idoneità della compresenza, in seno al contratto, di più ragioni, fra esse non incompatibili, a costituire elemento di sufficiente specificazione delle esigenze sottese al contratto; 3) la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115,116,244 e 253 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2 assumendosi che la Corte territoriale avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova non tenendo conto del mutato quadro normativo di riferimento alla luce del quale il datore di lavoro sarebbe ormai esonerato da ogni onere probatorio circa le ragioni che avevano indotto le parti alla stipula di un contratto a termine, essendo ciò limitato esclusivamente alle esigenze legittimanti la eventuale proroga dello stesso; e, comunque, la sussistenza delle esigenze organizzative poste a fondamento del contratto a termine de quo era dimostrata attraverso il richiamo per relationem al contenuto degli Accordi aziendali indicati nella clausola appositiva del termine e la Corte territoriale, quand’anche avesse dovuto ritenersi gravata essa società del relativo onere probatorio, erroneamente non aveva ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta di prova orale formulata dalla società omettendo di fare ricorso ai poteri officiosi in materia di ammissione della prova; 4) l’omessa e insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio ovvero in ordine alla ammissibilità e rilevanza dei capitoli di prova articolati nella memoria di primo grado e sulla mancata adozione dei poteri ex art. 253 e 421 c.p.c.; 5) con riferimento al contratto stipulato da V.M., la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 12 preleggi, artt. 1362 c.c. e ss. e artt. 1325 c.c. e ss (art. 360 c.p.c., n. 3); 6) con riguardo al contratto del F., la violazione dell’art. 1, commi 1 e 2, art. 4, per avere erroneamente la Corte territoriale ritenuto generica la motivazione posta a base della assunzione; 7) la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1206,1207,1217,1218,12191223,2094,2099 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di seconde cure, le retribuzioni avrebbero potuto decorrere solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio e perchè sull’aliunde perceptum era onere del lavoratore di provare di non avere intrattenuto altri e successivi rapporti di lavoro nè di avere percepito somme a titolo retributivo; 8) la ricorrente chiede, infine, l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 (jus superveniens);

che il primo motivo (relativo alla posizione del R.) ed il sesto (riguardante il F.) sono infondati perchè, come più volte sottolineato da questa Corte (cfr. tra le altre Cass. 14.3.2016; Cass. 16.7.2010 n. 16702), dagli accordi indicati nel contratto si desume l’attivazione, nel periodo dagli stessi considerato e nell’ambito del processo di ristrutturazione in atto, di processi di mobilità all’interno dell’azienda al fine di riequilibrare la distribuzione su tutto il territorio nazionale, ma la persistenza, all’epoca dell’assunzione dei lavoratori, della fase attuativa della procedura di mobilità di cui agli accordi suindicati non è sufficiente ad integrare le ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, e cioè ad individuare, in seno al contratto, le esigenze produttive che, oggettivamente, avevano reso necessaria l’assunzione del lavoratore nell’ambito della struttura di destinazione, con specifico riferimento alle mansioni affidate: la Corte di appello di Napoli ha puntualmente fatto applicazione di tali principi ritenendo appunto indispensabile che le ragioni dell’apposizione del termine fossero rapportate alla concreta situazione riferibile ai singoli lavoratori e che l’onere della prova incombeva sul datore di lavoro (Cass. 10.2.2010 n. 2279; Cass. 11.12.2012 n. 22716);

che il secondo motivo non coglie nel segno perchè la Corte distrettuale, in sostanza, non ha accolto la domanda per la inidoneità della compresenza, in seno al contratto, di più ragioni, fra esse non incompatibili a costituire elemento di sufficiente specificazione delle esigenze sottese al contratto, bensì, come detto, per la diversa ratio decidendi costituita dalla mancanza di prova in concreto delle specifiche esigenze relative all’ufficio di destinazione, alle mansioni e alla qualifica dei lavoratori;

che tale statuizione è sufficiente a sostenere la decisione anche in relazione alla seconda causale del contratto di F.G.A. (necessità di fronteggiare i maggiori flussi di traffico del periodo natalizio);

che il terzo e il quarto motivo non possono essere accolti perchè, stabilito che l’onere della prova è a carico del datore di lavoro, è jus receptum che il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali denunciabile in sede di legittimità – peraltro nel rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione, come definito da Cass. Sez. Un. 3.11.2011 n. 22726 – deve riguardare specifiche circostanze oggetto della prova e del contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, sulle quali il giudice di legittimità può esercitare il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse (arg. ex Cass. 30.7.2010 n. 17915; Cass. 18.10.2011 n. 21486); nella specie i capitoli di prova non sono stati ammessi stante la loro genericità, sicchè la contestazione finisce per risolversi nella inammissibile prospettazione di un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti;

che quanto, infine, alla censura relativa alla mancata attivazione dei poteri di ufficio in materia di prova da parte dei giudici, si rileva che la società non specifica se in proposito abbia tempestivamente invocato tale esercizio, con la necessaria indicazione dell’oggetto possibile degli stessi (Cass. 23.10.2014 n. 22534; Cass. 12.3.2009 n. 6023), ciò anche in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso (Cass. ord. 20.4.2016 n. 10376); inoltre, deve richiamarsi l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui il mancato esercizio deì poteri istruttori del giudice, anche in difetto di espressa motivazione sul punto, non è sindacabile in sede di legittimità se non si traduce in un vizio di illogicità della sentenza: vizio non ravvisabile nel caso de quo;

che la trattazione del quinto motivo è assorbita dalla intervenuta conciliazione della controversia intervenuta tra la società ed il Vi., come sopra indicato;

che è, invece, fondato l’ultimo motivo (con assorbimento del penultimo) limitatamente alla richiesta di applicazione dello ius superveniens atteso che, come da ultimo chiarito da Cass. Sez. Un. 27.10.2016 n. 21691, la censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive, e quindi applicabili al rapporto dedotto, in considerazione che non si richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico e che sul capo della sentenza, con il quale erano state regolate le conseguenze economiche, non si era formato alcun giudicato;

che, sempre come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 27.10.2016 n. 21691), ove sia stato proposto appello, sebbene limitatamente al capo della sentenza concernente l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, non è configurabile il giudicato in ordine al capo concernente le conseguenze risarcitorie, legato al primo da un nesso di causalità imprescindibile, atteso che, in base al combinato disposto dell’art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 336 c.p.c., comma 1, l’impugnazione nei confronti della parte principale della decisione impedisce la formazione del giudicato interno sulla parte da essa dipendente;

che, inoltre, con la stessa pronuncia è stato chiarito il concetto di “pendenza” ritenendo “pendenti” anche i giudizi in cui sia stato proposto, come sopra detto, appello contro la parte principale della decisione di primo grado dalla quale dipende, in quanto legata da un nesso di causalità imprescindibile, la parte relativa al risarcimento del danno. Del resto, già con la pronuncia di questa Corte (cfr. Cass. 2.3.2012 n. 3305) si era ritenuto che la sopravvenuta disciplina di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7 si applicasse anche ai giudizi di legittimità e i appello;,

che, pertanto, per quanto riguarda la R. e F., la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante ai due lavoratori ex art. 32 cit., per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr. per tutte Cass. n. 14461/2015), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr tra le altre Cass. n. 3062/2016).

PQM

La Corte dichiara cessata la materia del contendere tra Poste Italiane spa e A.S., V.D., V.M. e C.I., compensando le spese del giudizio di legittimità ad eccezione che per C.I.; accoglie l’ultimo motivo del ricorso di Poste Italiane spa, assorbito il precedente e rigettati gli altri, relativamente a F.G.A. e R.A.; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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