Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25475 del 21/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2021, (ud. 05/07/2021, dep. 21/09/2021), n.25475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9838/2015 proposto da:

Old Mutua Wealth Italy s.p.a., già Skandia Vita s.p.a, in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Gaetano

Arnò, elettivamente domiciliata in Roma, largo Angelo Fochetti n.

29, presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 5212/49/2014, depositata l’8 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 luglio 2021

dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L1a Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla Skandia Vita s.p.a., ora Old Mutual Wealth Italy s.p.a., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano (n. 114/16/13), che aveva respinto il ricorso presentato dalla società avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate nei suoi confronti, per Irap dell’anno 2007, per indeducibilità delle minusvalenze scaturenti da compravendite di titoli, in quanto i rischi erano a carico degli assicurati e non della società assicuratrice. Il giudice d’appello evidenziava che le argomentazioni dell’appellante non erano suffragate dalla necessaria documentazione. La contribuente non aveva allegato alcun documento contabile, né il bilancio, né la relativa nota integrativa e neppure la dichiarazione dei redditi. L’Ufficio, invece, aveva contestato la variazione in diminuzione inserita nel rigo (OMISSIS), colonna (OMISSIS), che avrebbe comportato la deduzione dei dividendi e dei crediti di imposta da riversare agli assicurati, una prima volta, in bilancio, mediante la variazione delle riserve tecniche, e, una seconda volta, in dichiarazione dei redditi, mediante la variazione in diminuzione delle componenti positive. Rigettava il motivo di appello relativo alle sanzioni.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società.

3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di impugnazione la società deduce la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto il giudice d’appello ha ritenuto indeducibile, ai fini Irap, la variazione delle riserve tecniche stanziate dalla società per la quota parte corrispondente ai dividendi e ai crediti di imposta percepiti in relazione alle polizze (OMISSIS) da quest’ultima emesse. Vi sarebbe stata, dunque, falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, il quale dispone che per le imprese di assicurazione la base imponibile è determinata dalla differenza tra la somma dei proventi derivanti da investimenti in terreni e fabbricati, date investimenti diversi da quelli costituiti da azioni o quote, e la somma delle variazioni delle riserve tecniche obbligatorie (lettera f). Pertanto, da un lato, si evidenzia l’irrilevanza fiscale dei proventi derivanti dall’investimento in azioni o quote e, dall’altro, la rilevanza dell’intero importo delle variazioni delle riserve tecniche imputata a conto economico nell’esercizio di competenza. La formulazione letterale della norma imporrebbe, dunque, alle imprese di assicurazione di operare una variazione in diminuzione dei proventi derivanti dall’investimento con riflessi nelle riserve tecniche nella dichiarazione Irap. Peraltro, in altra pronuncia della Commissione tributaria regionale della Lombardia (sentenza n. 158/28/2013, depositata il 4 dicembre 2013), è stato ritenuto legittimo il comportamento della medesima società contribuente con riferimento all’anno 2005.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Invero, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7 (determinazione del valore della produzione netta delle imprese di assicurazione) prevede, nella versione all’epoca vigente, al comma 1, che “per le imprese di assicurazione la base imponibile è determinata dalla differenza tra la somma: a) dei premi e degli altri proventi tecnici, b) dei proventi derivanti da investimenti in terreni e fabbricati, da altri investimenti diversi da quelli costituiti da azioni o quote, da riprese di rettifiche di valore su investimenti non durevoli, nonché da profitti sul realizzo investimenti immobiliari non durevoli, e la somma: c) delle provvigioni, comprese quelle di incasso e delle altre spese di acquisizione, d) degli oneri relativi ai sinistri, comprese le spese di liquidazione, e) degli oneri di gestione degli investimenti (degli interessi passivi), delle rettifiche di valore su investimenti non durevoli, nonché delle perdite sul realizzo di investimenti mobiliari non durevoli, f) delle variazioni delle riserve tecniche obbligatorie, degli storni e partecipazioni agli utili e degli altri oneri tecnici, g) dell’ammortamento dei beni materiali e immateriali, h) delle altre spese amministrative”.

Pertanto, particolare attenzione deve essere posta nella indicazione delle “variazioni delle riserve tecniche obbligatorie”, di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, comma 1, lett. f.

1.3. Assolutamente dirimente per la decisione della presente controversia e la declinazione della natura delle polizze (OMISSIS) stipulate dalla Old Mutual Wealth Italy s.p.a.

1.4. Per questa Corte (Cass., sez. 3, 18 aprile 2012, n. 6061), infatti, in tema di contratto di assicurazione sulla vita stipulato prima dell’entrata in vigore della L. 28 dicembre 2005, n. 262, e del D.Lgs. 29 dicembre 2006 n. 303, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi d’investimento interni o esterni all’assicuratore, che, alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto, l’assicuratore sarà tenuto a corrispondere all’assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze denominate (OMISSIS)), il giudice di merito, al fine di stabilire se l’impresa emittente, l’intermediario ed il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto, e tale interpretazione non è censurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivata, al fine di stabilire se esso, al di là del “nomen iuris” attribuitogli, sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore) oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio di “performance” sia per intero addossato all’assicurato).

Infatti, si è affermato, con riferimento al rischio, contenuto nel contratto di assicurazione, che nel contratto d’assicurazione vita esso è assunto dall’assicuratore, il cui margine di profitto è direttamente proporzionale alla frazione di tempo intercorrente tra la stipula del contratto e l’evento della vita in esso dedotto. Nello strumento finanziario, invece, il rischio concernente la performance del prodotto è a carico dell’investitore-assicurato, e non dipende dal fattore tempo, bensì dalle dinamiche dei mercati mobiliari, dal rendimento del titolo e dalla solvibilità dell’emittente. Nel secondo caso, dunque, non vi era alcuna assunzione di rischio da parte dell’assicuratore, in quanto il costo della copertura per il caso di morte era detratto dal premio netto, mentre al beneficiario non erano garantiti né un rendimento minimo, né la restituzione del valore nominale del capitale versato al verificarsi dell’evento morte. L’unico rischio era, dunque, posto a carico dell’assicurato come conseguenza della maggiore o minore redditività del fondo le cui quote aveva acquistato. In tali casi, si è in presenza di un prodotto denominato (OMISSIS), per essere la prestazione a carico della società di assicurazione collegata al valore del fondo interno prescelto dal contraente e come tale assimilabile ad un fondo comune di investimento, senza alcuna garanzia di esito non negativo della gestione e con un livello di rischiosità dipendente dal tipo di fondo scelto dal contraente tra quelli appositamente costituiti dalla stessa compagnia di assicurazione. Si tratta, allora, di un prodotto finanziario, con conseguente applicazione della normativa specifica, che prevede l’obbligo per gli operatori di acquisire dai clienti le informazioni necessarie e di tenerli sempre adeguatamente informati, con la necessaria profilatura dell’assicurato-investitore.

E’ stata successivamente confermata la sentenza del giudice di merito che aveva qualificato il contratto (OMISSIS), quale prodotto finanziario, in assenza della garanzia della conservazione del capitale alla scadenza, venendo meno in tal caso la natura assicurativa del prodotto (Cass., sez. 3, 30 aprile 2018, n. 10333; Cass., sez. 3, 15 novembre 2019, n. 29712).

1.5. Questa Corte (Cass., sez. 3, 5 marzo 2019, n. 6319), ha poi affermato che la previsione generale contenuta nel D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 2, in ordine alle polizze denominate (OMISSIS), e cioè quelle nelle quali l’obbligazione principale del assicuratore è collegata al valore di organismi di investimento del risparmio o di fondi interni o comunque ad indici predeterminati di riferimento, non vale a far concludere apoditticamente per l’inclusione automatica di tali polizze nello schema legale del contratto di assicurazione, ex artt. 1882-1895 c.c., la cui causa deve essere rinvenuta nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, rischio che, a pena di nullità, deve esistere alla stipula del contratto. Rientrano, quindi, nella fattispecie tipica di cui all’art. 1882 c.c., le polizze che operano la sostituzione della prestazione fissa del assicuratore con una variabile, agganciata a parametri di mercato, ma che mantengono comunque il rischio demografico; in tal caso, pur attuandosi un parziale trasferimento del rischio dall’assicuratore all’assicurato in ordine al valore finale della prestazione, il contratto mantiene comunque una funzione assicurativa, individuabile quale causa concreta del contratto, secondo gli ordinari criteri ermeneutici. Pertanto, anche nei contratti di polizza (OMISSIS), vi è una componente causale mista (finanziaria ed assicurativa sulla vita), sicché anche ove sia prevalente la componente finanziaria, l’esistenza di una congrua copertura assicurativa connessa al rischio demografico qualifica il contratto come assicurazione sulla vita.

1.6. Nella specie, è pacifico, in quanto ammesso dalla stessa ricorrente nel ricorso per cassazione che le polizze stipulate dalla Skandia Vita, ora Old Mutual Wealth Italy s.p.a, fossero (OMISSIS), in quanto il rischio era stato trasferito per intero agli assicurati (cfr. pagina 2 del ricorso per cassazione “il rischio ed il beneficio economico dell’investimento correlato a tali polizze sono interamente a carico degli assicurati”). La società ha anche affermato che aveva collocato sul mercato polizze assicurative di tipo (OMISSIS), le cui prestazioni erano direttamente collegate al valore di: a) quote di fondi comuni di investimento mobiliare (fondi esterni) o, b) quote di un fondo interno alla stessa compagnia di assicurazione (fondo interno).

1.7. Risulta errata però la condotta contabile della ricorrente nella duplice deduzione delle componenti negative, nonostante abbia ammesso che il rischio delle polizze era a carico degli assicurati. Infatti, la società contribuente ha quantificato ed appostato nella riserva tecnica dello stato patrimoniale (classe DI) l’importo degli impegni nei confronti degli assicurati cui avrebbe dovuto far fronte, sulla base dell’andamento dei fondi esterni o del fondo interno.

Pertanto, la società, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, ha proceduto a dedurre fiscalmente la variazione delle riserve tecniche stanziate in bilancio per la quota corrispondente ai dividendi ed ai proventi da crediti d’imposta percepiti in relazione alle polizze (OMISSIS) collocate sul mercato. Il valore di riferimento si rinviene nel valore delle quote del fondo in un determinato momento.

1.8. In realtà, proprio la natura delle polizze stipulate dalla società contribuente, qualificate dalla stessa come (OMISSIS), con rischio trasferito integralmente sugli assicurati, impediva di dedurre due volte le variazioni delle riserve tecniche obbligatorie, prima nel bilancio, e poi nella dichiarazione dei redditi ai fini Irap.

1.9. E’ evidente, infatti, che l’appostazione in bilancio, trattandosi di rischio interamente a carico dell’assicurato, comportava una sorta di neutralità degli importi attivi e passivi nello stato patrimoniale. Invero, i dividendi e i proventi da crediti d’imposta risultanti dalla gestione degli investimenti, sia nel fondo di investimento mobiliare esterno, sia nel fondo costituito all’interno della società, rappresentavano per la compagnia di assicurazione sia componenti positivi che negativi di reddito, dovendo essere ridistribuiti, proprio in base alle clausole inserite nel contratto, agli assicurati, che erano i soggetti che si erano accollati in esclusiva il rischio di tali investimenti.

Pertanto, una volta registrati tali componenti positivi di reddito, si doveva procedere anche ad un incremento della riserva tecnica, in base alla quale sorgeva un debito verso gli assicurati. Il provento, dunque, veniva neutralizzato dal corrispondente costo, non incidendo sul risultato di esercizio. Ciò proprio perché il rischio dell’investimento gravava in via esclusiva sugli assicurati.

La peculiarità del settore assicurativo consiste nella formazione di ricavi anticipati, costituiti dai premi pagati dagli assicurati, a fronte dei costi posticipati. L’incasso dei premi degli assicurati (ricavi) precede l’erogazione delle somme dovute (costi), che ha luogo soltanto al seguito del verificarsi del sinistro. Pertanto, le imprese assicuratrici devono iscrivere, al termine dell’esercizio, le riserve tecniche al fine di garantire il soddisfacimento delle obbligazioni assunte nei confronti degli assicurati. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, comma 1, prevede la partecipazione al reddito dell’impresa operante nel ramo assicurativo delle variazioni delle somme destinate a costituire o integrare le riserve tecniche obbligatorie.

La conseguenza di tale ricostruzione è che i proventi, quali componenti positivi, dovendo essere riversati agli assicurati, in base alle polizze (OMISSIS), sono iscritti in bilancio, nel conto (OMISSIS), voce (OMISSIS), ma vanno iscritti, per l’importo corrispondente, anche come componenti negativi, ad incremento delle riserve tecniche di classe D (voce (OMISSIS)), in tal modo realizzandosi un’operazione completamente neutrale, ai fini del computo dell’utile di esercizio.

2. In parallelo, ai fini della dichiarazione Irap, tali componenti vengono iscritti sia tra i componenti positivi, al rigo (OMISSIS), colonna (OMISSIS), tra i “profitti sul realizzo di investimenti mobiliari”, sia tra i componenti negativi, al rigo (OMISSIS), colonna (OMISSIS), tra le “variazioni delle riserve tecniche”, dovendosi tenere conto che il rischio finale è tutto a carico degli assicurati.

2.1. Diversamente, la società contribuente non si è limitata ad indicare i proventi, sia tra i componenti positivi, sia tra i componenti negativi, nel bilancio e nella dichiarazione dei redditi ai fini Irap, ma ha operato nella dichiarazione una variazione in diminuzione dei componenti positivi, sempre al rigo (OMISSIS), ma stavolta nella colonna (OMISSIS), per un importo complessivo pari ad Euro 3.689.173,00,cui Euro 2.693.786,66 per dividendi percepiti a fronte di investimenti in azioni o quote eseguiti a beneficio degli assicurati che ne sopportano il rischio ed Euro 466.155,83, relativo ai crediti di imposta su proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento sottostanti le polizze (OMISSIS). In tal modo, però, la società ha utilizzato due volte la deduzione dei dividendi e dei crediti di imposta da ridistribuire agli assicurati: una prima volta in bilancio, mediante la variazione delle riserve tecniche, con aumento delle componenti negative, e poi in dichiarazione Irap, mediante la variazione in diminuzione delle componenti positive.

2.2. Il giudice d’appello, quindi, ha correttamente applicato il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, avendo chiarito che l’Agenzia delle entrate aveva contestato proprio la variazione in diminuzione inserita nel rigo (OMISSIS), nella colonna (OMISSIS), sicché in tal modo la società “avrebbe comportato la deduzione dei dividendi e dei crediti di imposta da riversare agli assicurati prima in bilancio, mediante la variazione delle riserve tecniche, e poi in dichiarazione mediante la variazione in diminuzione delle componenti positive”. La doppia deduzione delle variazioni in diminuzione, inserita, prima nella colonna (OMISSIS) del rigo (OMISSIS), e poi nella colonna (OMISSIS) del medesimo rigo, costituisce la contestazione dell’Agenzia delle entrate, confermata dal giudice di merito.

Ne’, a supporto della tesi della società, possono trarsi elementi dalla Circolare del Ministero delle Finanze 4 giugno 1998, n. 141, con cui sono stati forniti chiarimenti in ordine alla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, in quanto al punto 3.2.3.2. sono indicati i componenti negativi, relativi alle poste di cui all’art. 7, comma 1, dovendosi tenere conto della “variazione della riserva per somme da pagare, di cui al conto (OMISSIS)” e della “variazione della riserva sinistri di cui al conto (OMISSIS)”. Al punto (OMISSIS), poi, si fa riferimento alle “variazioni delle riserve tecniche obbligatorie, al netto delle cessioni in riassicurazione”. Il riferimento generico alle “riserve tecniche obbligatorie” non può essere letto in modo letterale, me deve tenere conto della particolare natura delle polizze (OMISSIS) e dell’accollo del rischio in via esclusiva agli assicurati.

Ne’ assume rilevanza la Risoluzione del Ministero delle Finanze, 25 febbraio 2000, n. 19, che si rivolge alla soluzione di una questione sollevata dalla società pubblica SACE, che mirava a conoscere se l’accantonamento destinato a costituire la riserva sinistri potesse considerarsi deducibile ai fini della determinazione del reddito da assoggettare ad Irpeg ed Irap. Si precisa, infatti, che la soluzione prospettata doveva tenere conto della “soggettività tributaria” e del “particolare oggetto dell’attività svolta” dalla SACE. Per tale ragione, si è affermato che “in relazione poi alla richiesta tendente ad acclarare la rilevanza del predetto accantonamento anche ai fini della determinazione del valore netto della produzione da assoggettare ad Irap, si ritiene, sulla base di quanto sopra evidenziato, che alla Sace si applichino le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, con la conseguenza che l’accantonamento di cui trattasi concorre alla determinazione della relativa base imponibile dell’importo imputato a conto economico”.

E’ evidente la differenza con il caso in esame che, invece, attiene alla stipulazione di peculiari polizze (OMISSIS), in cui il rischio dell’investimento è a totale carico degli assicurati, con le connesse conseguenze a livello di appostazione dei componenti positivi e negativi nelle voci bilancistiche.

3. Con il secondo motivo di impugnazione la società lamenta la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Il giudice d’appello ha, dunque ritenuto che il “principio di correlazione”, sancito dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3, imponesse di considerare fiscalmente irrilevante la variazione della riserva tecnica in quanto connessa a componenti positive che, ai fini Irap, sono irrilevanti. Tuttavia, il principio di correlazione opera solo nel caso in cui i componenti reddituali (positive o negative) classificati in voci di bilancio non rilevanti ai fini Irap, siano comunque correlati a componenti reddituali rilevanti ai fini di questo tributo. Tale principio non può trovare applicazione ai dividendi e ai crediti di imposta, classificati nel conto economico del bilancio e, in particolare all’interno della voce “proventi e plusvalenze non realizzate relative ad investimenti a beneficio di assicurati i quali ne sopportano il rischio”, in considerazione del fatto che tale voce e’, di per sé, “rilevante” ai fini Irap. Tali dividendi e crediti di imposta non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini Irap, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7. Inoltre, le riserve relative alle polizze (OMISSIS) sono contabilizzate dalle assicurazioni sotto la voce (OMISSIS) “riserve tecniche allorché il rischio dell’investimento e sopportato dagli assicurati”. Tale voce di bilancio e’, quindi, pienamente rilevante ai fini Irap, con la conseguenza che deve considerarsi ammessa la deducibilità integrale di tale riserva. Il principio di correlazione allora non è idoneo a fondare l’irrilevanza fiscale, e quindi l’indeducibilità, della variazione della riserva tecnica stanziata per la quota parte corrispondente ai dividendi ed ai proventi da crediti d’imposta percepiti in relazione a tale tipologia di polizze.

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. Invero, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3, (disposizioni comuni per la determinazione del valore della produzione netta), all’epoca vigente, prevede che “ai fini della determinazione della base imponibile di cui agli artt. 5, 6 e 7 concorrono anche i proventi e gli oneri classificabili fra le voci diverse da quelle indicate in detti articoli, se correlati a componenti positivi e negativi del valore della produzione di periodi di imposta precedenti o successivi”.

3.3. In realtà, come detto, proprio la tipologia della polizza assicurativa (OMISSIS), caratterizzata dall’accollo integrale del rischio dell’investimento a carico degli assicurati, comportava la possibilità di dedurre i componenti negativi in parallelo ai componenti positivi che spettavano agli assicurati, garantendo la neutralità di tali componenti ai fini della determinazione dell’utile dell’impresa assicurativa. La doppia deduzione, invece, effettuata dalla società assicurativa, sia nel bilancio, sia nella dichiarazione Irap, ha comportato l’erronea deducibilità delle variazioni delle riserve tecniche obbligatorie, relative a dividendi e crediti di imposta. Proprio il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, comma 1, imponeva di includere nella base imponibile le somme derivanti da investimenti in terreni e fabbricati o da altri investimenti “diversi da quelli costituiti da azioni o quote”. Pertanto, vi era espressa esclusione dalle poste attive degli investimenti derivanti da azioni o quote. Pertanto, ai fini Irap i proventi da partecipazione in organismi di investimento collettivo vanno assunti “al netto del credito d’imposta”, sicché l’eventuale iscrizione al conto economico del credito d’imposta non concorre alla formazione del valore della produzione; di conseguenza, anche il corrispondente costo iscritto al solo scopo di evidenziare un debito nei confronti degli assicurati, deve risultare fiscalmente irrilevante.

Al contrario, la società, ha effettuato una doppia deduzione dell’importo, prima come costo iscritto in conto economico, per ragioni di neutralità fiscale, e successivamente come variazione in diminuzione del provento.

Non v’e’ stata, dunque, alcuna violazione del principio di correlazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11.

4. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia”, in quanto la società non si sarebbe pronunciata sulla domanda subordinata di annullamento della sanzione irrogata.

4.1. Il motivo è infondato.

4.2. Invero, il giudice d’appello ha espressamente rigettato la richiesta subordinata della società, articolata con l’appello, di annullamento delle sanzioni.

La Commissione regionale ha affermato, infatti, che “ritiene di rigettare anche la richiesta subordinata di annullamento delle sanzioni”.

5. Con il quarto motivo di impugnazione la società ricorrente si duole della “violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, e/o del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 e/o art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Invero, per la ricorrente, nell’ipotesi in cui questa Corte ritenga che il giudice d’appello abbia, in via implicita, esaminato e rigettato l’eccezione relativa alle sanzioni, sarebbe comunque incorsa in errore di diritto, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6. Infatti, da tali disposizioni emerge che in presenza di buona fede del contribuente e in assenza di dolo o colpa, la sanzione non può essere irrogata. Ci si trova dinanzi ad una incertezza normativa oggettiva, desumibile da vari fatti indice. Infatti, la società ha osservato il dettato letterale della norma fiscale, si è conformata alle istruzioni fornite dalla stessa Agenzia delle entrate ed ha rispettato le prassi dettata dal ministero. La deducibilità delle riserve tecniche create dalle compagnie assicurative deriva dalla formulazione letterale del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, confermata da istruzioni e circolari.

5.1. Il motivo è inammissibile.

5.2. Invero, la ricorrente non ha prospettato il vizio di omessa motivazione in ordine al rigetto della richiesta di annullamento delle sanzioni, ma ha dedotto la violazione e/o la falsa applicazione di varie disposizioni di legge, lamentandosi del mancato riconoscimento della buona fede della contribuente o, comunque, dell’assenza di dolo o colpa della stessa, determinata non solo dalla formulazione letterale del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 7, ma anche da istruzioni e circolari ministeriali al riguardo.

Tuttavia, dalla pronuncia del giudice d’appello emerge che v’e’ stato un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, che ha espressamente rigettato la richiesta di annullamento delle sanzioni. In particolare la Commissione regionale ha evidenziato che la società appellante non ha prodotto alcuna documentazione contabile e fiscale tesa a giustificare le proprie scelte di appostazione dei bilanci delle voci relative alle polizze (OMISSIS), limitandosi a “semplici congetture non meritevoli di accoglimento” e per questo motivo ha ritenuto di “rigettare anche la richiesta subordinata di annullamento delle sanzioni”. Proprio l’assenza della produzione di documentazione contabile fiscale ha comportato la decisione sfavorevole del giudice di merito che, conseguentemente, ha escluso anche la sussistenza della buona fede da parte della società ed ha confermato anche l’applicazione delle sanzioni.

La ricorrente, con tale motivo di impugnazione, tende a riproporre una nuova valutazione di fatto da parte di questa Corte, non consentita in sede di legittimità.

Peraltro, è evidente che l’interpretazione letterale della norma sia solo una delle opzioni consentite ai contribuenti, mentre, nella specie, la peculiare tipologia delle polizze stipulate (OMISSIS) consentiva di comprendere appieno la natura delle stesse, che si caratterizzavano per il trasferimento integrale del rischio agli assicurati, con la necessità che nei bilanci i componenti positivi e quelli negativi fossero neutralizzati dall’assicurazione. La doppia deduzione dei dividendi e dei proventi da credito d’imposta connessi alle polizze (OMISSIS) ha di certo escluso la buona fede della contribuente.

6. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della contribuente, per il principio della soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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