Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25475 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11467-2019 proposto da:

AUTOCENTRO LA STORTA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 13,

presso lo studio dell’avvocato DANIELE BERARDI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

GENERTEL SPA, in persona dei Procuratori pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio

dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

N.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1943/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

28/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La società Autocentro La Storta s.r.l. convenne in giudizio Genertel S.p.a. al fine di ottenere il pagamento del credito a lei ceduto da F.L..

Quest’ultimo cedette il proprio diritto risarcitorio a beneficio della parte attrice, in seguito a un sinistro stradale con N.S., assicurato con Genertel S.p.a., il quale si assunse tutta la responsabilità dell’accaduto in sede CAI.

Non avendo ottenuto il pagamento in via stragiudiziale, la società Autocentro La Storta s.r.l. agì in giudizio.

La compagnia assicurativa Groupama c.p.a. si costituì in giudizio, contestando la effettiva verificazione dell’incidente, la cedibilità del credito e l’efficacia probatorio del modello CAI.

Svolta l’istruttoria, il Giudice di pace di Roma con sentenza n. 7826/2017 rigettò la domanda attrice, non ritenendo raggiunta la prova circa la compatibilità dei danni riscontrati sui due veicoli oggetto di scontro.

2. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1943/2019, pubblicata il 28/01/2019 ha rigettato l’appello avverso la sentenza di prime cure proposto da Autocentro La Storta s.r.l. che chiedeva la riforma della pronuncia e il risarcimento dei danni ceduti.

In primo luogo, il giudice di merito ha ritenuto non opponibile all’Assicurazione il modulo di contestazione amichevole, ritenendo ciò possibile solo se reso dal responsabile del danno quando sia anche proprietario del veicolo assicurato e dunque litisconsorte necessario, non anche se reso dal solo conducente del veicolo, essendo in questo caso litisconsorte facoltativo. In merito poi alla dinamica dell’incidente, il Tribunale ha ritenuto non provata la effettiva verificazione dello stesso nè se le riparazioni effettuate sul veicolo danneggiato fossero antecedenti o successive al sinistro stradale.

3. Avverso la suddetta sentenza l’Autocentro La Storta s.r.l propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Genertel s.p.a. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 112,115 e 329 c.p.c., per aver il Tribunale di Roma fondato l’intera statuizione su questioni non oggetto del contendere sulle quali si era formato il giudicato quali an debeatur, rilevanza del modulo CAI, validità della prima CTU stralciata, esame e critica della seconda, così da pubblicare una sentenza ultra petita”. Secondo parte ricorrente, il Tribunale non avrebbe rispettato il principio della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, posto che parte appellante avrebbe censurato la sentenza di prime cure solo in merito al quantum debeatur.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c. e D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 143, comma 2 per aver, in subordine il magistrato del gravame richiesto alla ricorrente delle prove impossibili, c.d. diaboliche, omesso di applicare il consolidato principio del più probabile che non, nonchè di aver invertito la presunzione di veridicità sancita dalla normativa di riferimento in ordine al modulo CAI con conseguente errato bilanciamento dell’onere della prova”. Secondo il ricorrente sarebbe stato impossibile per il cessionario dimostrare lo stato delle vetture del cedente e del danneggiante nonchè del momento e del luogo di eventuali riparazioni effettuate.

5. Occorre preliminarmente esaminare il secondo motivo per il suo carattere pregiudiziale.

Si tratta di censura inammissibile perchè, così come formulata dal ricorrente, è diretta ad ottenere una rivalutazione degli elementi probatori, oltrepassando in questo modo i limiti del sindacato di legittimità. Difatti, la richiesta del ricorrente è volta a ottenere una diversa valutazione di merito delle risultanze istruttorie, attività di esclusiva competenza del giudice di merito.

All’inammissibilità del secondo motivo consegue l’assorbimento del primo motivo perchè comunque, all’esito dello scrutinio del motivo, resterebbe fermo il giudizio di fatto negativo circa la spettanza del quantum.

6. Le spese seguono la soccombenza.

7. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del primo motivo, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.300,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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