Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25473 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9933-2019 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B.

MARLIANO 14, presso lo studio dell’avvocato MICAELA CORSO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ITALO BASSO, MARIA TABACCO;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA, A.M.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2673/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.R. convenne in giudizio A.M. e RAS Assicurazioni s.p.a. al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in seguito a un sinistro stradale avvenuto nel 2004.

In particolare, l’attore agì in giudizio per chiedere il risarcimento del danno derivante dal mancato guadagno indennitario. Dedusse infatti di aver perso l’indennità per le trasferte corrispostagli mensilmente dall’azienda ferroviaria, non potendo più svolgere le proprie mansioni a causa delle lesioni subite nell’incidente. Invero, la RAS Assicurazioni s.p.a. risarcì esclusivamente il danno al mezzo di S.R., non anche la perdita della suddetta indennità.

Svolta l’istruttoria, il Tribunale di Siracusa, con sentenza n. 1375/2014, condannò i convenuti a risarcire una somma pari a 4.932,00 Euro.

2. La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 2673/2018, pubblicata il 13/12/2018, ha rigettato l’appello proposto da S. avverso la sentenza di prime cure.

I giudici di merito da una parte hanno ritenuto non provata l’effettiva incidenza dei danni subiti in seguito al sinistro stradale sulla mansione lavorativa svolta dall’appellante presso l’azienda ferroviera, dall’altra una scelta discrezionale di Trenitalia quella di corrispondere mensilmente l’indennità a S.R. per le trasferte, essendoci altri dipendenti idonei a svolgere la mansione.

3. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione S.R. sulla base di due motivi illustrati da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Illegittimità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 5”. I giudici di merito avrebbero ignorato la mansione svolta dall’appellante, che sarebbe stata inficiata dalle lesioni subite durante il sinistro stradale. Secondo il ricorrente le attività svolte da S.R., in qualità di “capo gestione formatore treni” sarebbero in parte di natura tecnica e in parte amministrativa, mentre la Corte d’appello avrebbe considerato solo quest’ultima ai fini del giudizio.

4.1. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione della norma di cui all’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. Secondo il ricorrente la sentenza impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui la Corte ha reso una pronuncia contraddittoria, affermando da un lato che le mansioni affidate al ricorrente sarebbero di natura tecnica con conseguente stress fisico e dall’altro avrebbe sostenuto che tali mansioni non sarebbero mai state svolte dal S..

5. I motivi, congiuntamente trattati per la loro connessione, sono inammissibili poichè le doglianze celano una richiesta rivalutazione nel merito della vicenda, non eseguibile in questa sede.

La Corte di cassazione non è legittimata a compiere una rivalutazione degli atti processuali, dei fatti o delle prove, potendo piuttosto controllare che la motivazione della sentenza oggetto di impugnazione sia lineare e scevra di vizi logico giuridici. Il giudice di merito ha adeguatamente analizzato la mansione lavorativa svolta dal S. basandosi sulle prove a disposizione e, tramite una argomentazione non contraddittoria, ha rigettato l’appello. La valutazione delle prove e l’analisi delle fonti su cui basare il proprio convincimento rientra nel giudizio autonomo del giudice di merito, senza che ciò possa essere oggetto di critica in questa sede (Cass. 11892/16 e, in motivazione, di Cass. Sez. U. n. 16598/16, Cass. Sez. U. n. 1785/18).

6. L’indefensio dell’intimato non richiede la condanna alle spese.

7. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

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