Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25471 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7840-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 10, presso lo studio dell’avvocato PAOLA PEZZALI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.M., ITALIANA ASS SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1330/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 07/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.A. convenne in giudizio B.M. e la Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a., a fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in occasione di un sinistro stradale, sostenendo l’esclusiva responsabilità in capo al convenuto.

In particolare, l’autovettura guidata dall’attore venne tamponata da un autocarro guidato dal B. e, in seguito alle lesioni subite nell’impatto, A. non potè più svolgere le attività da muratore e perse il lavoro. Per questa vicenda l’INAIL liquidò in un primo momento all’attore la somma di Euro 4.916,67 Euro a titolo di danno biologico e successivamente, constatando una invalidità permanente nella misura del 15% e una riduzione della capacità lavorativa del 34%, liquidò un nuovo importo di Euro 11.000,00 a titolo di invalidità temporanea.

Il Tribunale di Savona, con sentenza n. 244/2012, condannò B.M. e la compagnia assicurativa al pagamento della somma di Euro 6.132,26, detratti gli acconti.

2. La Corte di appello di Genova, con sentenza n. 1330/2018, pubblicata il 7/08/2018, ha ritenuto parzialmente fondato l’appello proposto dall’ A. avverso la sentenza di prime cure.

I giudici di merito hanno concordato in merito alla mancata valutazione, da parte del Tribunale, delle conseguenze dell’incidente sulla sfera psichica dell’appellante.

Sulla base di un nuovo accertamento esperito da un consulente tecnico d’ufficio, che ha accertato uno stato di depressione, la Corte ha dunque rivalutato il danno biologico, condannando i convenuti al pagamento di una somma ulteriore di Euro 28.437,50 Euro per l’invalidità permanente derivante dall’incidente.

I giudici hanno inoltre condannato i convenuti al pagamento del 70 delle spese del secondo grado di giudizio.

3. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione A.A., sulla base di quattro motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5): omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La Corte d’appello avrebbe dovuto computare il danno finale in base alla somma delle valutazioni dei due gradi di giudizio, invece di sostituire la valutazione del consulente tecnico di appello, riguardante il danno psichico, alla valutazione dal consulente di primo grado, relativa al danno anatomo funzionale.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1”. I giudici di merito avrebbero erroneamente valutato come non complementari ma sovrapponibili le relazioni dei consulenti tecnici di primo e secondo grado.

4.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4): nullità della sentenza per essere stato omesso l’esame della consulenza tecnica redatto in grado di appello e l’esame della consulenza tecnica redatta in primo grado”.

4.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1” Si duole del mancato rispetto del principio della soccombenza previsto all’art. 91 c.p.c. secondo cui le spese del giudizio devono esser poste a carico della parte soccombente, mentre invece i convenuti son stati condannati al pagamento del solo 70 delle spese del secondo grado di giudizio.

5. Il ricorso è inammissibile per carenza di procura speciale.

Ai sensi dell’art. 365 c.p.c., la procura rilasciata all’avvocato iscritto nell’apposito albo e necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, con specifico riferimento alla fase di legittimità, dopo la pubblicazione della sentenza impugnata.

E’ inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso, contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Cass. 23 gennaio 2020, n. 1525; 2 luglio 2019, n. 17708; 5 novembre 2018, n. 28146; 11 ottobre 2018, n. 25177; 30 marzo 2018, n. 7940; 24 luglio 2017, n. 18257; 21 marzo 2005, n. 6070; 16 dicembre 2004, n. 23381).

Nel caso di specie la procura del presente ricorso, su foglio aggiunto al medesimo, contiene espressioni incompatibili con il giudizio di legittimità quali “la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, il riferimento ad ogni fase e grado, la possibilità di chiamare terzi in causa, promuovere domande riconvenzionali, riassumere la causa, proseguirla, deferire giuramento”.

In caso di ricorso per cassazione dichiarato inammissibile per difetto di una valida procura rilasciata al difensore, deve provvedersi alla dichiarazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come novellato dalla L. n. 228 del 2012, sicchè, trattandosi di attività processuale della quale il legale assume esclusivamente la responsabilità, su di lui e non sulla parte grava la pronuncia relativa alle spese del giudizio, compreso il raddoppio dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato (Cass. 9 dicembre 2019, n. 32008; 10 ottobre 2019, n. 25435; 20 giugno 2006, n. 14281).

6 L’indefensio dell’intimato non richiede la condanna alle spese.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’avvocato personalmente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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