Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25470 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25470 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 16238 – 2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
2539

contro

BATIG GESELLSCHAFT FUR BETEILINGUNGEN MBH in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA C.SO VITTORIO EMANUELE II 284,
presso lo studio dell’avvocato DONNINI ROBERTO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Data pubblicazione: 13/11/2013

DANUSSO MASSIMILIANO con procura speciale del Not.
Dr. JOHANN JONETZKI in AMBURGO rep. n. 1023/2007 JO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 83/2006 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 19/04/2006;

udienza del 23/09/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato DANUSSO che
si riporta agli scritti e chiede il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l .La società Batig Gesellschaft fur Beteiligungen mbH, società holding di diritto tedesco con sede
in Amburgo, presentava in data 16 giugno 2000 istanza di rimborso IVA ex art.38 ter DPR n.633/72
per imposta addebitata nel corso dell’anno 1999 alle società British-American
Tobacco(Germany)Export GmbH, per un importo di £.113.858.445.
2. L’Agenzia delle Entrate di Roma rigettava la richiesta non ritenendo la richiedente legittimata a

richiedente.
3. La società impugnava tale provvedimento innanzi alla CTP di Roma che accoglieva il ricorso.
4. Proposto appello a tale decisione da parte dell’Agenzia delle Entrate la CTR del Lazio, con
sentenza n.83/1106 del 19.4.2006, confermava la decisione di primo grado rilevando che la società
istante, alla stregua della legge tedesca- art.2 comma 2 legge IVA- , era la società capogruppo di
altre società controllate, fra le quali anche quella che aveva emesso le fatture poste a base
dell’istanza di rimborso. Aggiungeva che la società Batig era l’unico soggetto passivo ai fini IVA
secondo quanto certificato dalle autorità fiscali tedesche ed era pertanto il solo soggetto legittimato
a presentare la dichiarazione IVA, liquidare, versare e richiedere il rimborso dell’imposta per le
attività poste in essere dalla società di gruppo. Il che era peraltro confermato dalla circostanza che le
società controllate avevano un unico numero di partita IVA ed un unico codice fiscale.
4.1 Peraltro, la Germania aveva recepito l’art.4 della sesta direttiva che aveva introdotto il c.d.
gruppo fiscale ai fini IVA, secondo il quale la controllante è direttamente titolare dell’obbligazione
tributaria derivante dalle attività delle singole società. Ragion per cui la detta società capogruppo
era l’unica legittimata a pretendere il rimborso dell’IVA pagata dalle società controllate.
5. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale
ha resistito con controricorso la società contribuente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6. L’Agenzia ricorrente lamenta la violazione dell’art.38 ter del DPR 26 ottobre 1972 n.633 e la
falsa applicazione dell’art.4 par.4 della dir.CEE 77/1977, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
Sostiene che l’art.4 della ricordata sesta direttiva CEE non era stato trasposto nell’ordinamento
interno e che, in assenza di obbligo di trasposizione era vigente l’art.73 ult.comma dr n.633/72 che
non contemplava l’istituto dell’iva di gruppo. Peraltro, il diritto al rimborso dell’IVA versata da
società non residente era regolato dall’art.38 ter dpr n.633/72 che, costituendo attuazione degli artt.2
e 5 della dir.79/1072/CEE, imponeva di prendere in considerazione l’art.17 della sesta direttiva
quale si applica nello Stato membro del rimborso. 6.1 Ragion per cui l’unico soggetto legittimato a
pretendere il credito IVA reclamato poteva essere, in Italia, unicamente la società controllata che
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pretendere il rimborso, risultando che le fatture allegate erano intestate a soggetto diverso dal

aveva pacificamente effettuato gli acquisti. A nulla valeva richiamare la legge IVA tedesca,
dovendosi interpretare l’art.4 par.4 della sesta direttiva come operante solo nell’ordinamento
giuridico dello Stato membro che ha deciso di avvalersi di tale regolamentazione:nemmeno poteva
utilmente invocarsi il D.M. 20 maggio 1982 art.1, nel quale l’espressione soggetto di imposta
andava valutata alla stregua dell’ordinamento giuridico italiano e comunque alla luce dell’art.4 par.1
della sesta direttiva.

impugnata, pienamente conforme a quanto previsto dal D.M. 20 maggio 1982, avendo peraltro
l’attestazione della soggettività ai fini IVA rilasciata dall’ordinamento tedesco alla capogruppo
efficacia vincolante per le autorità nazionali, come chiarito dalla Corte di giustizia.
7.1. Peraltro la Germania aveva recepito l’art.4 della sesta Direttiva, sicchè inconferente era la
circostanza che a tanto l’Italia non aveva provveduto.Occorreva comunque interpretare le norme
interne alla luce del diritto comunitario, ad onta di quanto prospettato dall’Agenzia. 7.2 Seguendo
l’impostazione della ricorrente, infatti, si sarebbe giunti alla paradossale situazione di rendere
impossibile l’applicazione della normativa sul rimborso a soggetti non residenti parte di un gruppo
che non poteva ritenersi soggetto passivo di imposta nello Stato di residenza. Del resto, Part.6 della
VIII direttiva CEE impediva agli Stati membri di imporre ai soggetti passivi di cui all’art.2 alcun
altro obbligo diverso da quello previsto dagli artt.3 e 4 della stessa direttiva.
8. La censura esposta dall’Agenzia delle Entrate è fondata.
8.1 Ora, ritiene la Corte che il giudice di appello abbia errato nel ritenere fondata la pretesa al
rimborso avanzata dalla società capogruppo rispetto all’IVA relativa ad acquisti effettuati da una
società dalla stessa controllata.
8.2 Ed invero, la giustificazione espressa dalla CTR si fonda su un duplice argomento , correlato
per un verso alla circostanza che la società capogruppo è, secondo il diritto tedesco, l’unico soggetto
passivo ai fini IVA e dunque l’unico soggetto legittimato a presentare l’istanza di rimborso, avendo
un unico numero di partita IVA ed un unico codice fiscale. La CTR ha poi aggiunto che avendo la
Germania recepito l’art.4 della sesta direttiva, la Batig “è l’unico soggetto giuridicamente legittimato
a presentare l’istanza di rimborso prevista dall’art.38 ter in discorso per l’imposta assolta dalle
proprie controllate British American Tobacco (Germany) Gmbh e British American Tabacco
(Germany) export Gmbh, alle quali sono intestate le fatture allegate all’istanza d rimborso”.
8.3 Ma entrambi gli argomenti sono infondati, a giudizio del collegio.
8.4 Ed invero, appare opportuno precisare che la tematica della c.d. IVA di gruppo trova la sua
disciplina nell’art.4 della sesta direttiva CEE come riproposto ed in parte sostituito dall’art.11 della
dir.2006/112 CEE. Ma tale regime costituisce per i singoli Stati membri un’opzione facoltativa che
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7. La società contribuente ha dedotto l’infondatezza della censura e la correttezza della decisione

può essere scelta da uno Stato membro e che, nell’ordinamento interno, ha trovato attuazione con
l’art.73 DPR n.633/1972.
8.5 Ora, sulla portata di detta disciplina proprio questa Corte ha sollecitato alla Corte di giustizia
una richiesta di chiarimenti relativa alla portata del ricordato art.4, alla quale è seguita la sentenza
resa dalla Corte di Giustizia del 22 maggio 2008 nel procedimento C – 162/07.
8.6 Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo così rispondeva ai quesiti proposti:

materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra
d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, costituisce una
norma la cui applicazione da parte di uno Stato membro presuppone la previa consultazione, da
parte del medesimo, del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto e l’adozione di una
normativa nazionale che autorizzi i soggetti, in particolare le società, stabiliti all’interno del paese e
giuridicamente indipendenti, ma strettamente collegati tra loro sui piani finanziario, economico e
organizzativo, a non essere più considerati quali soggetti passivi distinti ai fini dell’imposta sul
valore aggiunto, per essere considerati come un unico soggetto passivo, unico destinatario di una
partita individuale di identificazione ai fini della detta imposta e, conseguentemente, unico soggetto
abilitato a presentare dichiarazioni di imposta sul valore aggiunto. Spetta al giudice nazionale
accertare se una normativa nazionale come quella oggetto della causa principale risponda a tali
criteri, restando inteso che, in assenza di previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta
sul valore aggiunto, una normativa nazionale che soddisfi detti criteri rappresenterebbe una
trasposizione effettuata in violazione dell’esigenza procedurale dettata dall’art. 4, n. 4, comma 2,
della sesta direttiva.”
8.7 Tale pronunzia ha dunque messo in evidenza alcune condizioni di base necessarie per la corretta
trasposizione dell’art.4 della sesta direttiva
8.8 Ciò consente sicuramente di escludere qualsiasi rilevanza, nel presente giudizio, della disciplina
interna introdotta dall’art.73 dpr n.633/1973, rispetto alla quale, peraltro, non risultano nemmeno
esistenti i presupposti per l’operatività del peculiare meccanismo ivi disciplinato. Ed infatti,
l’ultimo comma del ricordato art.73, attribuisce al Ministro delle finanze il potere di emanare
decreti, i quali stabiliscono le modalità con cui le dichiarazioni delle società controllate possono
essere presentate dall’ente o società controllante “per l’ammontare complessivo dovuto dall’ente o
società controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze detraibili”. Lo stesso comma
stabilisce, nella sua ultima parte, che “Si considera controllata la società le cui azioni o quote sono
possedute dall’altra per oltre la metà fin dall’anno solare precedente”.
8.9 11 D.M. 13 dicembre 1979, come modificato dai D.M. 21 ottobre 1988, e D.M. 18 dicembre
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1) L’art. 4, n. 4, comma 2, della sesta direttiva del Consiglio 11 maggio 1977, 77/388/CEE, in

1989, emanato in attuazione della norma richiamata, ha quindi riprodotto la definizione di società
controllata contenuta nella norma di legge, confermando, altresì, che tale rapporto deve esistere
prima dell’inizio dell’anno solare precedente.
8.10 Ora è ben chiaro che tale disciplina, sia essa o meno stata resa in attuazione dell’art.4 della
sesta direttiva CEE, non abilita in alcun modo, ad onta di quanto implicitamente prospettato dalla
controricorrente, la società controllante a beneficiare del rimborso dell’IVA che la società
controllata ha dovuto corrispondere in forza delle fatture alla stessa intestate.

normativa interna non si è uniformata al principio fondamentale della direttiva secondo il quale “il
riconoscimento giuridico e fiscale della unitarietà del soggetto passivo in presenza di soggetti
giuridicamente indipendenti, ma vincolati tra loro da rapporti economici e organizzativi..”, essendo
stato tale principio “…recepito in termini molto ristretti e con contenuto di carattere procedurale,
cioè mantenendo sempre l’autonomia giuridica e fiscale delle società interessate […]”.
8.12 Analogamente, questa Corte (sent.n.6105/2009) ha ritenuto che il modello interno non può
essere considerato un recepimento del modello comunitario —”se si ritenesse la disciplina dettata
col d.m. del 13 dicembre 1979 una trasposizione dell’art. 4, comma 1, n. 4 della sesta direttiva, tale
normativa non potrebbe trovare applicazione. Si tratterebbe, infatti, di un diritto (e cioè quello di
espletare le formalità in materia di i.v.a. con i diritti conseguenti, e soprattutto quello di detrazione,
da parte dì un soggetto diverso dell’ordinario debitore d’imposta) che non potrebbe fondarsi sulla
norma della direttiva, giacché questa non è di immediata applicazione, essendo condizionata al
previo interpello del comitato consultivo i.v.a.. In tale ipotesi, infatti, trattandosi dell’esercizio di un
diritto, non si verificherebbe alcun aggravamento degli obblighi fiscali del contribuente (quale
potrebbe verificarsi nel caso di un contrasto tra disciplina nazionale e norma di una direttiva
incondizionata), e la disciplina nazionale non potrebbe trovare applicazione”-. E nella medesima
occasione si è pure ritenuto che “il regime in contestazione non costituisca una misura di
trasposizione della direttiva, non dando vita ad una vicenda giuridica nella quale la società
controllata perde totalmente la sua qualità di soggetto passivo d’imposta.”
8.13 Orbene, sulla base di tale quadro fattuale appare infondata, e dunque erroneamente accolta, la
pretesa della parte contribuente a fruire del meccanismo del rimborso dell’IVA disciplinato
dall’art.38 ter d.p.r.n.633/1972, che testualmente riconosce il diritto al rimborso ai ” soggetti passivi
stabiliti nel territorio dello Stato che hanno assolto l’imposta in un altro Stato membro in relazione

a beni e servizi ivi acquistati o importati, possono chiederne il rimborso a detto Stato membro
presentando un’istanza all’Agenzia delle entrate tramite apposito portale elettronico.
8.14 Tale disposizione, d’altra parte, costituisce trasposizione dell’art. 2 dell’ottava direttiva CEE, a
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8.11 In questa direzione milita non solo la circolare 28 febbraio 1986, n. 16/360711, a cui tenore la

cui tenore «Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente all’interno del
paese, ma residente in un altro Stato membro, alle condizioni stabilite in appresso, l’imposta sul
valore aggiunto applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all’interno del
paese da altri soggetti passivi, o applicata all’importazione di beni nel paese, nella misura in cui
questi beni e servizi sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettere
a) e b), della direttiva 77/388/CEE o delle prestazioni di servizi di cui all’art. 1, lettera b)»
8.15. E’ poi l’art. 5, primo comma, dell’ottava direttiva a disporre che «Ai fini della presente

direttiva 77/388/CEE, quale si applica nello Stato membro del rimborso». Ed è l’art.17 ult. cit. al
par. 2, a prevedere che “Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni
soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è
debitore:a) l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno
fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo.
8.16 Orbene è proprio il complesso delle disposizioni comunitarie appena ricordate a fare
propendere nel senso sopra esposto, facendosi espressamente riferimento all’art.17 della sesta
direttiva, “quale si applica nello Stat membro del rimborso”.
8.17 Ora, poichè è la stessa controricorrente a riferire che l’IVA per la quale la Batig aveva chiesto
il rimborso riguardava “IVA addebitata nel corso del 1999 alle società British-American
Tobacco(Germani Gmbh e British American Tobacco(Germany) Export GmbH”-cfr.pag.2
controricorso- appare evidente l’insussistenza del diritto reclamato da parte della società
controllante che non ha corrisposto alcunché per l’IVA che viene chiesta a rimborso.
8.18 Ed è, del resto, proprio la giurisprudenza della Corte di Giustizia indicata a pag.8 del
controricorso dalla controricorrente ha chiarito, per un verso, che come l’ottava direttiva sia intesa,
conformemente alle disposizioni dell’art. 17, n. 4, della sesta direttiva, a stabilire le modalità di
rimborso dell’IVA versata in uno Stato membro ad opera di soggetti passivi stabiliti in un altro Stato
membro, avendo la finalità di armonizzare il diritto al rimborso, quale è sancito dall’art. 17, n. 3,
della sesta direttiva.- Corte giust. 13 luglio 2000, causa C-136/99, Ministre du Budget- Ed è sempre
la stessa Corte di Giustizia ad avere precisato nel precedete appena evocato, che l’importo dell’IVA
rimborsabile è calcolato, in primo luogo, accertando le operazioni che nello Stato membro di
stabilimento attribuirebbero un diritto a deduzione e, in secondo luogo, tenendo conto unicamente
delle operazioni che attribuirebbero altresì un diritto a deduzione nello Stato membro del rimborso
ove fossero effettuate in quest’ultimo, nonché delle spese che attribuiscono un diritto a deduzione in
quest’ultimo Stato.

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direttiva il diritto al rimborso dell’imposta è determinato conformemente all’articolo 17 della

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8.19 In tale prospettiva, totalmente irrilevante è il richiamo del D.M. 20 maggio 1982 n.2672 che
non solo va interpretato alla luce del coevo d.m. del 1979 già ricordato e dell’art.73 dpr n.633173,
ma presuppone, per la sua operatività, che il soggetto richiedente sia, alla stregua del ricordato
art.38 ter, il soggetto che ha assolto l’IVA.
8.20 Come pure irrilevante è la prospettata violazione dell’art.6 dell’ottava direttiva CEE, che non
trova in alcun modo applicazione per effetto delle considerazioni sopra esposte, traendo la

interno (italiano).
8.21 La sentenza impugnata, che non si è conformata ai principi testè esposti, va pertanto cassata.
8.22 La causa può essere decisa nel merito, ex art.384 c.p.c., non abbisognando di ulteriori
accertamenti in fatto con il rigetto del ricorso proposto dalla società contribuente.
La peculiarità della vicenda e l’assenza di precedenti del giudice di legittimità all’epoca della
sentenza di appello impongono la totale compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda della
società contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso il 23 settembre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

soluzione prospettata piena giustificazione dal quadro normativo di riferimento comunitario ed

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