Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25469 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25469 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 22275-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
2531

ADRIAUTO

SRL

con

socio

unico,

elettivamente

domiciliato in ROMA VIA BORGOGNONA 47, presso lo
studio dell’avvocato BRANCADORO GIANLUCA,
rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZI ANTONIO
giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 13/11/2013

y

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 45/2011 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 28/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/09/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato VINCENZI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

OLIVIERI;

Svolgimento del processo

Con avvisi di acertamento emessi dalla Direzione provinciale di Forlì-Cesena

2003 e 2004 da ADRIAUTO s.r.l. a titolo IVA, IRPEG ed IRAP, in dipendenza di
operazioni “soggettivamente” inesistenti -aventi ad oggetto l’acquisto di autoveicoli
provenienti da altri Stati membri- condotte dalla contribuente con la società interposta
STIMECAR s.r.l. ed altre società cd. “cartiere” (Ideal Auto di Pirro Alyna; CAR 3000 di
Mercuri Paolo; ditta Zaghini Gianluca; IMPEX di Ferrucci Filippo).
I ricorsi proposti dalla contribuente venivano accolti con sentenze n. 53/2008 e n.
54/2008 della CTP di Forlì, confermate, previa riunione dei giudizi di impugnazione
proposti dall’Ufficio finanziario, con sentenza 28.6.2011 n. 45 della Commissione
tributaria della regione Emilia-Romagna che rigettava gli appelli dell’Ufficio, da un lato,
affermando la insussistenza di ulteriori prove necessarie ad integrare l’elemento
indiziario della vendita sottocosto ex se inidoneo a dimostrare la frode in presenza di
regolare contabilità della società contribuente; dall’altro dichiarando inammissibile per
difetto del requisito di specifictà il motivo di gravame concernente l’asserita inesistenza
“soggettiva” delle operazioni.

Avverso la sentenza ha proposto rituale ricorso per cassazione la Agenzia delle
Entrate deducendo quattro motivi, ai quali ha resistito con controricorso la società
contribuente che ha depositato anche memoria illustrativa.

Motivi della decisione

i
RG n. 22275/2012
tic. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

CorsA est.
Stefa Olivieri

dell’Agenzia delle Entrate venivano recuperate le maggiori imposte dovute per gli anni

1. Con il primo motivo la Agenzia fiscale censura la sentenza di appello in relazione
alla violazione dell’art. 53 Dlgs n. 546/1992 con riferimento alla statuizione di
inammissibilità del motivo di gravame con il quale erano stata dedotta la inesistenza
soggettiva delle operazioni di compravendita degli autoveicoli.

La CTR ha fondato la pronucia di inammissibilità sulla asserita

incomprensibilità del motivo di gravame con il quale veniva dedotto che le operazioni di
compravendita delle auto erano state realizzate tra soggetti diversi da quelli indicati nelle
fatture, ritenendo inoltre che l’Ufficio appellante avesse anche omesso di indicare la
prova documentale dell’assunto e di specificare le diverse operazioni fatturate.

1.2 E motivo è fondato.

1.3 Dalla lettura degli atti di appello , integralmente trascritti alle pag. 11-24, risulta
infatti che l’Ufficio aveva fondato le pretese impositive sulla “simulazione soggettiva”
dei rapporti intercorsi tra ADRIAUTO e le società cedenti desunti da un complesso di
elementi indiziari, evidenziati nei PPVVC redatti in data 25.10.2005 e 3.8.2006, quali in
particolare
– l’applicazione da parte di Adriauto s.r.l. nelle rivendite dei veicoli ai propri clienti
di percentuali di ricarico antieconomiche e non remunerative dell’attività
d’impresa
la anomala modalità di pagamento del corrispettivo alla ditta fornitrice
(interposta) seguita da Adriauto s.r.l. in diverse oeprazioni, mediante versamento
anticipato dell’importo (modalità non conforme alla prassi commercialee che
poteva spiegarsi soltanto con la necessità di costituire a favore della ditta
fornitrice la liquidità necessaria per effettuare la ordinazione dell’acquisto
intracomunitario)

2
RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. est.
livieri
Stefan

1.1

- la fornitura “sottocosto” -rispetto alle quotazioni medie di mercato rilevate dalla
stampa specializzata- di veicoli ad Adriauto s.r.l. da parte Stimecar s.r.1.,
risultando i prezzi di compravendita -sebbene comprensivi anche delle spese di
trasporto- addirittura inferiori a quelli corrisposti, alla importazione, dalla ditta
fornitrice agli operatori comunitari; analoghi elementi indiziari erano stati raccolti
per la fornitre di autoveicoli effettuate da Zaghini Gianluca (nei confronti del

per i fatti di causa, procedimento penale ed era stata successivamente disposta
misura restrittiva della libertà personale); stessi indizi erano emersi in ordine
all’unica operazione di compravendita condotta da Adriauto s.r.l. con la ditta
Impex Import-Export di Ferrucci Filippo -attraverso la quale continuava ad
operare lo Zaghini dopo che si era diffusa la notizia che erano in corso indagini
penali-, avendo la ditta fornitrice corrisposto all’importazione un prezzo maggiore
di quello a cui il veicolo era stato poi rivenduto
– il peculiare “modus operandi” della ditta CAR 3000, riscontrato nei controlli
eseguiti dai verbalizzanti, caratterizzato dal brevissimo ciclo operativo (la società
ha iniziato e cessato l’attività nello stesso anno 2003) e dal sistematico omesso
versamento dell’IVA dovuta in occasione delle predette operazioni di
compravendita.

1.4 Orbene i Giudici di merito hanno ritenuto di isolare un autonomo motivo di
gravame (emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti) rispetto
evidentemente agli altri motivi, dichiarandolo inammissibile, autonomo motivo che
tuttavia è dato affatto individuare dalla esposizione degli atti di appello, interamente
incentrata sulla dimostrazione dello schema fraudolento posto in essere dalle diverse
società che intervenivano nella catena delle compravendite dei beni originate dagli
acquisti intracomunitari; schema fraudolento che, per l’appunto, veniva attuato
attraverso il meccanismo della interposizione fittizia dei fornitori nazionali.

3
RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Co est.
Stefho Olivieri

quale la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna aveva iniziato,

1.5 La distinzione tra i motivi di gravame operata dalla CTR non trova dunque
riscontro obiettivo negli atti processuali, e risulta anche scarsamente comprensible alla
stregua della stessa motivazione della decsione di appello in cui, dapprima si distinguono
e poi si confondono i piani della frode fiscale e della fatturazione per operazioni
soggettivamente inesistenti. Ed infatti mentre nella prima parte della motivazione si
esaminano gli elementi -ritenuti insufficienti- dai quali derivare la prova della

cedente (venendo esclusa la prova del “pactum sceleris” per il fatto che i beni venivano ceduti a
prezzi inferiori rispetti a quelli normalmente praticati nel settore, in quanto la cedente applicava un
minor ricarico, di cui fruiva la cessionaria, pari all’IVA non versata allo Stato), tenendo distinta

la ipotesi, confinata in un motivo di gravame dichiarato inammissibile per genericità,
della interposizione fittizia (ipotesi secondo cui la cessionaria realizzava effettivamente la
operazione di acquisto con altro soggetto-interponente, mentre l’intervento della società interposta
era utilizzato al solo fine di detrarre l’IVA sulla fattura passiva),

nella seconda parte della

motivazione i Giudici sembrano, invece, voler considerare collegati i due piani (la
falsità soggettiva delle operazioni srebbe lo strumento per attuare la frode) laddove
affermano, con giudizio attinente al merito -e pertanto evidentemente incompatibile con
la precedente dichiarazione di inammissibilità del motivo di gravame- che essendo del
tutto assenti le prove della inesistenza soggettiva delle operazioni doveva ritenersi
assorbita la questione relativa all’accertamento della consapevolezza della frode da parte
della società contribuente.

1.6 La dichiarazione di inammissibilità del motivo di gravame, risulterebbe, peraltro,
egualmente inficiata da nullità -anche nella diversa ipotesi qui disattesa- in quanto,
come è stato esattamente evidenziato dalla parte ricorrente, l’atto di appello bene può
limitarsi a riferire argomentazioni già svolte ed a richiamare documenti già indicati negli
atti difensivi del primo grado, assolvendo l’appellante anche in tal modo al requisito di
specificità di cui all’art. 53 Dlgs n. 546/1992 (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 14031 del
16/06/2006 Sez. 5, Sentenza n. 4784 del 28/02/2011 —secondo cui è sufficiente anche reiterare le

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RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. st.
Stefani Olivieri

partecipazione della contribuente al meccanismo frodatorio realizzato dalla società

stesse argomentazioni indicate nella motivazione dell’avviso di accertamento-; Sez. 5, Sentenza n.

3064 del 29/02/2012) ove tali argomenti -come nella specie- appaiano idonei a criticare la

soluzione adottata dai Giudici di prime cure che avevano annullato gli avvisi di
accertamento sul presupposto della insufficienza probatoria degli elementi indiziari

2. Gli altri motivi di ricorso debono essere esaminati congiuntamente in quanto legati
tra loro da nessi di subordinazione logica.

2.1 Il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 19col e 54co2 Dpr n.
633/1972, dell’art. 2729 c.c., dei principi indicati nelle sentenze della Corte di Giustizia in data
12.1.2006 ed in data 6.7.2006) ed il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 19,
21 e 54 Dpr n. 633/1972, nonchè degli artt. 2697 e 2729 c.c.) sono infondati, mentre è fondato

il quarto motivo con il quale l’Agenzia fiscale cenrua la sentenza impugnata per vizio
di insufficiente motivaizone ai sensi dell’art. 360co1 n. 5 c.p.c..

2.2 La CTR alla stregua dell’espresso giudizio di insufficienza probatoria
dell’indizio costituito dall’acquisto “sottocosto” ritenuto inidoneo ex se a dimostrare la
interposizione fittizia delle ditte fornitrici e la compartecipazione di Adriauto s.r.l. al
reato di frode, ha ritenuto superflua la ulteriore verifica della “consapevolezza” del
sistema di frode da parte di Adriauto s.r.1..

2.3

Tanto è sufficiente ad escludere sia la violazione delle norme tributarie in

materia IVA che disciplinario il diritto alla detrazione d’imposta -come interpretate dalla
giurisprudenza di legittimità- e dei criteri individuati dalla Corte di giustizia a tutela del
soggetto che in buona fede abbia contrattato con società cartiere o filtro senza rendersi
conto che la operazione si inseriva in un più ampio meccanismo di frode fiscale, sia la
violazione delle norme che regolano il riparto dell’onere probatorio nella specifica
5
RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. t
Stefan Olivieri

sopraindicati a fronte di una contabilità della società contribuente formalmente corretta.

materia: i Giudici territoriali, infatti, con giudizio che attiene al merito, hanno ritenuto
destituito di efficacia il predetto rilievo indiziario, in tal modo sostenendo che
l’Amministrazione finanziaria non aveva fornito neppure quegli “attendibili indizi”
necessari per fondare l’assunto della fittizietà relativa ex latere alienantis della
operazione e per giustificare l’onere della prova contraria a carico della società
contribuente, con il che rimaneva esaurito ogni ulteriore accertamento istruttorio, atteso

fornitrici, veniva meno lo stesso presupposto della simulazione relativa che costitutiva il
mezzo per la realizzazione della frode “carosello”, con conseguente estraneità della ditta
cessionaria, -in difetto di circostanze tali da ingenerare sospetto sulla regolarità fiscale
della operazione e da richiedere quindi una verifica della ignoranza incolpevole- alla
violazione dll’obbligo di versamento dell’IVA da parte della cedente.

2.4 Il rigetto dei motivi secondo e terzo, tuttavia, non esonera dal richiamo ai principi
di diritto enunciati da questa Corte in materia di onerte della prova e di tutela dil diritto
alla dtrazione IVA dell’opertaore di buone fede in quanto direttamente rilevanti
sull’esame del quarto motivo.

2.5 Occorre premettere che il diritto alla detrazione ex art. 19 Dpr n. 633/1972 non
può prescindere dalla regolarità delle scritture contabili ed in specie dalla fattura che in
tema di IVA è documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa, come si evince
chiaramente dall’art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che ne disciplina il contenuto,
prescrivendo tra l’altro l’indicazione dell’oggetto e del corrispettivo di ogni operazione
commerciale.
Pertanto, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni
inesistenti (in tale nozione dovendo essere ricondotte non soltanto le ipotesi di mancanza assoluta
dell’operazione fatturata, ma anche ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua
espressione documentale, ivi compresa l’ipotesi di inesistenza soggettiva, nella quale, pur risultando
i beni entrati nella disponibilità patrimoniale dell’impresa utilizzatrice delle fatture che ha
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RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

cons.I est.
Stefanì Olivieri

che se le operazioni erano da ritenersi realmente intercorse tra Adriauto s.r.l. e società

regolarmente versato il corrispettivo, venga accertato che uno o entrambi i soggetti del rapporto
documentato dalla fattura siano falsi: cfr. Corte cass. V sez. n. 6378 del 22/03/2006; id. V sez. n.
29467 del 17/12/2008; id. V sez. n. 7672 de/ 16/05/2012; id. V sez. n. 23074 del 14112/2012), non

spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’amministrazione,
che adduce la falsità del documento, provare che l’operazione commerciale, oggetto della
fattura, in realtà non è mai stata posta in essere (cfr. Corte cass. V sez. 12.12.2005 n. 27341;

validi elementi -alla stregua dell’art. 54 comma 2 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633-, che possono
anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che alcune fatture sono
state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, ovvero che -ai sensi
dell’art. 54 comma 3 del medesimo decreto- dimostrino “in modo certo e diretto” la
“inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione”
(prova che può essere data anche attraverso “i verbali relativi ad ispezioni eseguite nei
confronti di altri contribuenti”). In tal caso passerà sul contribuente l’onere di dimostrare
l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (cfr. Corte cass. V sez. 19.10.2007 n. 21953;
id. V sez. 11.6.2008 n. 15395; id. V sez. 7.2.2008 n. 2847).

Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e
fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente,
gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei
risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma solo per
inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo

momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e
concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal
contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697 comma 2 c.c. (cfr.
Corte cass. V sez. 23.4.2010 n. 9784 ; id. V sez. n. 4306 del 23102/2010).

2.6 Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, riconducibile alle cd. “frodi
carosello” (caratterizzate dal fatto che la merce acquistata dal contribuente che esercita il diritto
alla detrazione IVA proviene in realtà da soggetto diverso da quello interposto o cd. “fantasma” che
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RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. s .
Stefa Olivieri

id. V sez. n. 12802 del 1010612011). Tale prova è raggiunta se l’amministrazione fornisca

ha emesso la fattura incassando l’IVA ed omettendo poi di versarla all’Erario), la giurisprudenza

di questa Corte ha stabilito che, una volta fornita dalla Amministrazione finanziaria la
prova della interposizione fittizia della società “cartiera o fantasma” nella operazione
commerciale effettivamente posta in essere dal cessionario/committente con un diverso
soggetto -cedente/prestatore- che non figura nella fatturazione

(l’Amministrazione

finanziaria “è tenuta a dimostrare, in primo luogo, gli elementi di fatto della frode, attinenti il

mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel
meccanismo fraudolento e in secondo luogo, la connivenza nella frode da parte del cessionario,
non necessariamente, però, con prova certa ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici,
purchè dotate del requisito di gravità, precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di
elementi obiettivi tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto
sull’inesistenza sostanziale del contraente”: cfr. Corte cass. V sez. n. 10414 del 12/05/2011; id. V
sez. n. 23560 del 20/12/2012), spetta al contribuente (cessionario/committente) che ha portato

in detrazione l’IVA fornire la prova contraria che l’apparente cedente/prestatore non è
un mero soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione è stata “realmente”
conclusa con esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità della
documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la merce sia stata
effettivamente consegnata o che sia stato effettivamente versato il corrispettivo,
“trattandosi di circostanze non concludenti,

la prima in quanto insita nella stessa

nozione di operazione soggettivamente inesistente, e la seconda perché relativa ad un
dato di fatto inidoneo di per sé a dimostrare l’estraneità alla frode” (cfr. Corte cass. V
sez. 24.7.2009 n. 17377; id. 20.1.2010 n. 867; id. 11.3.2010 n. 5912; id. V sez. n. 12802 del
10/06/2011. Giurisprudenza costante: Corte cass. 3.12.2001 n. 15228, id. 6.2.2003 n. 1779, id.
23.12.2005 n. 28695, id. 23.3.2007 n. 7146).

2.7 Tali principi debbono essere coordinati con l’affermazione del Giudice
comunitario secondo cui l’operatore in buona fede, non è tenuto a subire le conseguenze
dei fatti illeciti realizzati da altri, laddove non abbia in alcun modo partecipato alla frode

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RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. st.
livieri
Stefan

cedente, ovvero la sua natura di “cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma operativa, il

del soggetto interposto e dei fornitori o degli altri soggetti che intervengono nella catena
delle cessioni a monte od a valle della operazione conclusa con il soggetto interposto.

2.8 Deve essere richiamata in proposito la giurisprudenza comunitaria formatasi sulla
nozione di “buona fede” del soggetto passivo -da intendersi quale ignoranza incolpevole in
ordine agli accordi fraudolenti volti alla evasione del’IVA intercorsi tra il soggetto

precedenti o successive- sulla quale è imperniato il principio fondamentale del sistema

comune dell’IVA che riconosce il diritto alla detrazione IVA a tutti quei soggetti passivi
che effettuino operazioni di cessione di beni e di prestazioni di servizi nell’esercizio di
una attività economica (cfr. da ultimo Corte giustizia 6.9.2012 causa C-324/11, Gabor Toth,
punti 23-28; id. 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahageben kft, e David), e che si

sostanzia nel principio secondo cui “gli operatori che adottano tutte le misure che si

possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni
non facciano parte della frode… devono

poter fare affidamento sulla liceità di tali

operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla detrazione dell’IVA pagata a
monte ” (cfr. Corte giustizia 11.5.2006, in causa C-384104, Federation of Technological
Industries; id. sentenza 6.7.2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling
sprl, punto 51).

Come chiaramente è stato precisato dal Giudice di Lussemburgo, spetta alla
Amministrazione finanziaria che contesti la inesistenza -anche soggettiva- delle
operazioni fatturate, dimostrare (anche in via presuntiva) che il soggetto passivo “sapeva

o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipava ad una operazione che
si iscriveva in una frode IVA”, tanto potendo fare, sia dando la prova che tale soggetto
era direttamente coinvolto nel fatto illecito (rimanendo in tal caso escluso il diritto alla
detrazione, in base al principio di diritto comunitario secondo cui “gli interessati non possono
avvalersi abusivamente o fraudolentemente”

dei diritti loro riconosciuti dall’ordinamento

comunitario: Corte giustizia 6.7.2006, Kittel e Recolta, cit. punto 53 e 54), sia fornendo anche

la prova indiretta della consapevolezza della frode, mediante indicazione di quegli
elementi oggettivi che, avuto riguardo alle concrete circostanze, avrebbero dovuto
9
RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cons. e
Stefanoivieri

cedente/commissionario che ha emesso la fattura ed i soggetti intervenuti nelle operazioni

indurre un normale operatore “eiusdem generis ac professionis” a sospettare della
irregolarità della operazione (dovendo in tal caso considerarsi il soggetto passivo che “sapeva o
avrebbe dovuto sapere” come “partecipante a tale frode, indipendentemente dalla circostanza che

egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni”: id. 6.7.2006, Kittel e Recolta, punto 56 e
57. Cfr. Corte eass. V sez. 20.12.2012 n. 23560 che, dando atto dei principi espressi dalla
giurisprudenza comunitaria, ha affermato, con riferimento alla ipotesi di indebita detrazione IVA
“soggettivamente”

inesistenti, che spetta alla

Amministrazione finanziaria fornire la prova, anche indiziaria, che il contribuente “sapesse o
dovesse sapere” con l’uso della appropriata diligenza della evasione d’imposta o della frode
perpetrata da altri soggetti ).

In tal caso si riversa sul contribuente l’onere di provare di

essersi trovato nella situazione di oggettiva inconoscibilità delle pregresse operazioni
fraudolente intercorse tra il cedente ed i precedenti fornitori, oppure, nonostante
l’impiego della dovuta diligenza richiesta dalle specifiche modalità in cui si è svolta
l’operazione contestata, di non essere stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza
sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti collegati all’operazione (cfr.
Corte cass. V sez. n. 23074 del 14/12/2012; id. V sez. n. 6229 del 13/03/2013 secondo cui “in

ipotesi di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente risolventesi nella diretta
acquisizione della prestazione da soggetto diverso da quello che ha emesso fattura e percepito
l’IVA in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata effettivamente resa dal fatturante, perchè
sfornito di dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione, costituisce, di per sé,
idoneo elemento sintomatico dell’assenza di “buona fede” del contribuente, poiché l’immediatezza
dei rapporti (cedente o prestatore -fatturante – cessionario o committente) induce ragionevolmente
ad escluderne l’ignoranza incolpevole circa l’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non
legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in
tal caso, sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore
effettivo del bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri, altrimenti dovendosi negare il
diritto alla detrazione dell’IVA versata”).

2.9 Orbene i Giudici di merito hanno rigettato gli appelli dell’Ufficio finanziario
ritenendo che “il basso prezzo praticato non può costituire prova idonea a dimostrare
che gli acquisti dei soggetti interposti non fossero reali”, e che tale indizio ex se non
‘o
RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Cotis. est.
Olivieri

relativa a fatture emesse per operazioni

fosse sufficiente a destituire di attendibilità la contabilità formalmente regolare della
società contribuente.
Il giudizio di rilevazione e ponderazione degli elementi probatori acquisiti al processo
compiuto dalla CTR appare manifestamente lacunoso, laddoive , da un lato, omette del
tutto di considerare che la vendita sottocosto non era l’unico indizio offerto dall’Ufficio,
ma dai PPVVCC emergevano numerosi altri elementi (come specificato al parager. 1.3

Giudici di merito di compiere una corretta ed esaustiva valutazione degli stessi, sia
verificandone singolarmente la obiettiva rilevanza rispetto ai fatti costitutivi della pretesa
tributaria, sia esaminando il complessivo quadro indiziario risultante dalla combinazione
degli stessi, valutando in particolare se lo stesso potesse ritenersi dotato dei requisiti di
“precisione” e “gravità” (concludenza), ed in quanto composto da plurimi indizi, anche
dell’ulteriore requisito di compatibilità reciproca

(“concordanza”)

che deve

necessariamente sussistere tra le singole circostanze fattuali (in quanto non solo non
escludentisi ma tutte convergenti verso il medesimo risultato),

ovvero, diversamente,

evidenziando la incapacità logico-deduttiva di tali indizi in quanto inidonei a realizzare
la relazione di inferenza tra il fatto noto e quello oggetto di prova, in considerazione del
contrario dato esperienziale, ovvero a causa della eccezionalità e non regolarità, secondo
I’ “id quod plerumque accidit”, della sequenza, logicamente possibile, fatto noto-fatto
ignorato, o ancora difettando la univocità di tipo logico-probabilistico del nesso di
derivazione dal fatto noto del fatto ignorato essendo ipotizzabili

“inferenze

probabilistiche plurime [ndr. logicamente inconciliabili]” (cfr. Corte cass. V sez. 2.3.2012
n. 3281).

3. Le lacune evidenziate nella rilevazione e nel susseguente giudizio di ponderazione
del materiale probatorio inficiano, pertanto, la valutazione di inconsistenza indiziaria
limitata dalla CTR alla isolata circostanza della “vendita sottocosto”, dovendo in
conseguenza la sentenza impugnata essere cassata con rinvio della causa ad altra sezione
della Commissione tributaria della regione Emilia-Romagna affinchè provveda ad
11
RG n. 22275/2012
ric. Ag. Entrate c/Adriauto s.r.l.

Con est.
Stefaikb Olivieri

della presente motivazione), ingiustificatamente trascurati e che imponevano, invece, ai

emendare i vizi logici riscontrati liquidando all’esito anche le spese del presente
giudizio.

P.Q.M.
La Corte :
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rnvia la causa per nuovo esame ad

all’esito anche le spese del presente giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio 23.9 .2013

altra sezione della Comissione tributaria della regione Emilia-Romagna che liquiderà

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