Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25468 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/10/2018, (ud. 30/05/2018, dep. 12/10/2018), n.25468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurel – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giusep – Consigliere –

Dott. SCALISI Antoni – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccar – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Mar – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27580-2011 proposto da:

ASSOCIAZIONE CULTURALE NATURE’, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GERMANICO 96,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FIORENZO CIERI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 277/2010 della COMM.TRID.REG. dell’Abruzzo

depositata il 24/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/05/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VITIELLO Mauro, che ha concluso in via principale inammissibilità,

in subordine rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’inammissibilità in subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

l’Associazione Culturale Naturè, con sede in (OMISSIS), con atto ritualmente notificato proponeva appello avverso la sentenza della C.T.P. di Chieti n. 85 del 20.9.2007, con la quale era stato rigettato il suo ricorso avverso l’Avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 23.6.2006 per IVA, IRPEG e IRAP anno 2003.

Con il suddetto atto – basato su PVC, redatto dalla Guardia di Finanza di Vasto, il 7.4.2003 e sul presupposto che l’attività svolta dall’Associazione era di natura commerciale – venivano contestate violazioni in ordine alla mancata tenuta dei registri obbligatori IVA, omessa registrazione di corrispettivi, omessa installazione del registratore di cassa, omessa presentazione della dichiarazione per l’anno a riferimento ai fini Iva-Irpeg e Irap, omessa contabilizzazione dei ricavi; e vi si procedeva al recupero della complessiva somma di Euro 34.639,37, comprensiva di interessi e sanzioni amministrative.

Con il ricorso introduttivo l’Associazione Naturè aveva eccepito; – il difetto di motivazione dell’atto di accertamento in violazione dell’art.7 dello Statuto del Contribuente ed in relazione ad eccesso di potere esercitato in sede di verifica fiscale;

mancanza di presupposti oggettivi e soggettivi di accertamento per errore sui fatti e per abuso di presunzioni; – difetto di legittimazione (poichè il PVC era stato redatto nei confronti della supposta ditta individuale M.R., mentre l’accertamento era rivolto all’Associazione Culturale, alla quale genericamente tale atto era stato notificato); – nullità dell’accertamento per violazione della privacy; – travisamento dei fatti e di diritto in relazione all’attività socio-culturale, senza fini di lucro, dell’Associazione, erroneamente ritenuta quale attività commerciale individuale, in aperta violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148 (ex art. 111), commi 1 e 8; nullità dell’avviso di accertamento per illegittima ed inattendibile ricostruzione presuntiva ed indiziaria dei ricavi 2002 senza alcuna dimostrazione da parte dell’Ufficio impostore.

L’Ufficio resistente aveva contestato punto per punto le censure della ricorrente, eccependone la infondatezza e chiedendone il rigetto.

La Commissione Tributaria Provinciale di Chieti con sentenza aveva rigettato il ricorso, ritenendo infondate le eccezioni pregiudiziali in ordine alle dedotte diverse cause di nullità dell’accertamento e, sulla base del PVC e della documentazione ad essa allegata, aveva ritenuto acclarato che in concreto l’attività svolta dalla ricorrente Associazione si era concretizzata anche nella vendita di prodotti biologici e macrobiotici, cioè in attività commerciale. La C.T.P. inoltre, con riferimento alla ricostruzione dei ricavi operata dalla Guardia di Finanza con applicazione di una aliquota unica, rilevava che la sig.ra M., che aveva assistito a tale fase della verifica, non aveva contestato l’applicabilità di tale metodo.

Con l’appello, l’Associazione Culturale Naturò, in persona del legale rappresentante sig.ra M.R., eccepiva la erroneità in fatto e in diritto della sentenza di primo grado e ne chiedeva l’integrale riforma per diversi motivi.

Si costituiva in giudizio l’Ufficio finanziario eccependo l’infondatezza dell’appello, insisteva sulla legittimità del proprio operato, concludeva, chiedendo il rigetto.

La Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, con sentenza n. 277/1010, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata, compensava le spese.

In breve, sintesi, secondo la CTR dell’Aquila, l’avviso di accertamento non presentava difetti formali o sostanziali perchè risultava correttamente motivato, che il PVC impropriamente redatto nei confronti della ditta individuale M.R., in realtà, espressamente indicava che il controllo era stato intrapreso al fine di verificare l’effettiva attività svolta dalla Associazione Culturale Naturè. A sua volta, posto che per superare la presunzione di non commerciabilità della propria natura, l’Associazione era tenuta ad assolvere gli adempimenti formali di cui alla Circolare n. 124/1998, emanata ai fini applicativi delle specifiche disposizioni stabiliti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, comma 4 quinques adempimento, che nella specie non erano stati assolti. La ricostruzione dell’imponibile operata dai verificatori appariva logica e corretta, essendosi basata su dati certi e concreti (fatture e documenti di vendita).

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dall’Associazione Culturale Naturè con ricorso affidato a cinque motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanza ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo l’Associazione Culturale Naturè lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma e del D.P.R. n. 633 del 1972, del D.P.R.n. 917 del 1986, art. 111, commi 1 e 3 (ora art. 149 TIUR) dell’art. 36 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Omesso esame di atti e documenti decisivi, con conseguente difetto di motivazione. Secondo la ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso l’esame di atti e documenti decisivi e tra questi: a) copia dell’atto costitutivo e dello Statuto dell’Associazione Culturale Naturè, ove sarebbero specificate le finalità istituzionali non lucrative dell’Ente non commerciale de quo; b) copia del verbale assembleare dell’Associazione Culturale Naturè, che evidenzierebbe modifiche ed integrazioni allo Statuto; c) copia della sentenza della CTP di Chieti, che relativamente all’accertamento per l’anno di imposta 1999, aveva riconosciuto l’adeguamento dello Statuto dell’Associazione Culturale Naturè. Avendo omesso l’esame dello Statuto associativo, la CTR dell’Abruzzo avrebbe ritenuto che l’Associazione Culturale Naturè avrebbe esercitato la vendita al minuto di prodotti biologici e macrobiotici senza considerare la portata normativa dello statuto in ordine alla natura non commerciale della cessione dei beni agli associati.

Piuttosto, la CTR dell’Abruzzo avrebbe potuto verificare che l’Associazione cedeva specifici prodotti ai propri associati, ed è principio pacifico che non è considerata attività commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti in conformità alle finalità istituzionali delle associazioni, dai consorzi e dagli altri Enti non commerciali di tipo associativo.

1.1.= Il motivo è infondato ed, essenzialmente, perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi. La ricorrente non tiene conto che come afferma la sentenza impugnata, nel caso specifico, è stato accertato che l’Associazione non aveva assolto gli adempimenti formali di cui alla Circolare Ministeriale n. 124 del 1998 emanata ai fini applicativi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, comma 4 quinquies. Infatti. la Circolare, appena indicata specifica, che” (…) Viene imposto, alle associazioni ammesse a fruire del regime agevolativo in argomento, l’obbligo di redigere ed approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario riferito sia all’attività istituzionale, sia a quella commerciale, eventualmente esercitata, indipendentemente dal regime contabile, ordinario o semplificato, adottato dall’ente non commerciale. Il rendiconto annuale, redatto secondo le modalità stabilite dallo stesso ente nello statuto, deve riassumere le vicende economiche e finanziarie dell’ente in modo da costituire uno strumento di trasparenza e di controllo dell’intera gestione economica e finanziaria dell’associazione. Deve trattarsi di documento che evidenzia anche l’attività decommercializzata. La documentazione di supporto di tale documento, anche se non fiscale, deve essere conservata con le modalità previste dal D.P.R. n.600 del 1973 attesa la rilevanza attribuita allo stesso rendiconto annuale imposto da una norma tributaria quale specifico requisito per l’applicazione di particolare trattamento di favore. La mancata redazione ed approvazione del rendiconto annuale, determina la non applicabilità delle disposizioni concernenti la non commercialità recate dal’art. 111 T.U.I.R. citato, commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater.

Al riguardo la sentenza impugnata ha avuto modo di specificare che “(…) l’Associazione non era stata in grado di esibire alcun rendiconto economico e/o bilancio consuntivo; che dalle dichiarazioni di un gruppo di 12 associati era emerso che gli stessi non avevano mai partecipato ad assemblee dei soci e che la loro adesione era solo finalizzata all’acquisto dei prodotti biologici (….)”. E, in questa sede, la ricorrente pur richiamando diversi documenti, tuttavia, non ha richiamato /o prodotto l’unico documento utile, il rendiconto annuale dell’Associazione, perchè non esistente o non conforme alle prescrizioni normative già richiamate.

Per altro, e/o, comunque, la verifica effettuata dalla CTR dell’Abruzzo integra gli estremi di una valutazione di merito priva di vizi logici e/o giuridici, fondata sul verbale di accertamento svolto dalla Guardia di Finanza, razionalmente condivisibile, ergo, non soggetta ad un sindacato di legittimità, posto che la Corte di Cassazione è deputata a vagliare la legittimità della sentenza in diritto.

2.= Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,comma 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 in relazione all’art. 360 c.p.c, nn. 3 e 5. Nullità dell’avviso di accertamento per illegittima e inattendibile ricostruzione presuntiva ed indiziaria dei ricavi 2002 con sottrazione totale dell’onus probandi incombente sull’ufficio impositore. Omesso esame di atti e documenti decisivi. Omessa pronuncia. Secondo la ricorrente, la CTR dell’Abruzzo avrebbe errato nel rigettare l’eccezione dell’odierna ricorrente in ordine all’illegittimità ed inattendibilità della ricostruzione presuntiva ed indiziaria dei ricavi perchè non ha tenuto conto che la ricostruzione induttiva dei ricavi deve considerare i costi relativi e l’Iva su di essi gravanti da portare in detrazione dall’Iva sui ricavi.

2.1.= Il motivo è infondato ed essenzialmente perchè, contrariamene a quanto sostenuto dalla ricorrente, la ricostruzione dell’imponibile, è stata effettuata, anche alla presenza del rappresentante legale della Associazione, tenendo conto di tutte le componenti negative del reddito e dei costi sostenuti per gli acquisti destinati alla vendita.

Come, ampiamente, ha chiarito la CTR dell’Abruzzo, i Verificatori e l’Ufficio finanziario, nel determinare i ricavi, hanno tenuto conto dei costi sostenuti per gli acquisti destinati per la vendita ed in contraddittorio con la parte hanno determinato sull’imponibile complessivo di detti acquisti una percentuale media di ricarico del 35%, pervenendo così alla determinazione dei costi e dei ricavi dalla cui differenza era derivato l’imponibile soggetto a tassazione. E, la stessa Commissione Tributaria Regionale ha avuto modo di chiarire “(….) il Collegio osserva che la ricostruzione dell’imponibile operata dai verificatori appare logica e corretta essendosi basata, attrassero le fatture ed i documenti di acquisto, su dati certi e concreti, escludendo i costi relativi ad acquisti non destinati alla vendita Si osserva, ancora, che il sistema della media semplice applicata con metodo induttivo dai verificatori in luogo di quella ponderata (…) appare nella fattispecie giustificata dalla considerazione che tra i beni commercializzati dall’Associazione non sussistevano rilevanti differenze di valore come giustamente rilevato dal giudice di prime cure (.)”.

D’altra parte, neppure, in questa sede, la ricorrente indica specifici dati oggettivi che, prodotti, non siano stati considerati dai Verificatori e dallo stesso Ufficio finanziario, idonei a sovvertire la ricostruzione dei ricavi e dell’imponibile, di cui si dice. E, comunque, come ha avuto modo di evidenziare la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, non sarebbe senza significato il fatto che ” (…) alcuna obiezione era stata sollevata, dalla rappresentante legale dell’Associazione presente alla verifica, sulla ricostruzione dell’imponibile operata dai verificatori, sulla percentuale di ricarico applicata e sul calcolo delle imposte dovute (…)”.

3.= Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta nullità dell’avviso di accertamento per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Difetto di motivazione. Secondo la ricorrente, la CTR dell’Abruzzo avrebbe errato nel ritenere non fondata l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento, in quanto motivato per relationem dal PVC n. 202/2003, redatto il 7 aprile 2003 della Guardia di Finanza di Vasto ed effettuato nei confronti di altro soggetto giuridico, nei confronti, cioè, della ditta individuale M.R..

3.1.= Il motivo è infondato. E’ principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 10817 del 24/07/2002) quello secondo cui il requisito motivazionale dell’avviso di accertamento, (richiesto per le imposte dirette dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 che pone a carico dell’ufficio l’onere di indicare non solo gli estremi ed il titolo della pretesa impositiva, ma anche le situazioni giustificative del ricorso al metodo deduttivo o sintetico), può essere assolto “per relationem”, cioè, mediante il riferimento a elementi di fatto offerti da altri documenti, a condizione che gli stessi siano conosciuti o conoscibili dal destinatario; tale presupposto è in “re ipsa” quando il riferimento attiene a verbali d’ispezione e verifica compiuti alla presenza del contribuente, o a lui notificati o comunicati nei modi di legge; quando, invece, i verbali oggetto di “relatio” riguardano un soggetto diverso, deve dimostrarsi, anche tramite presunzioni, l’effettiva conoscenza dei documenti da parte del contribuente.

Ora, nel caso in esame, come specifica la sentenza impugnata, l’avviso di accertamento, di cui si dice, era ampiamente motivato per relationem, richiamando, cioè, il PVC redatto dalla Guardia di Finanza in data 7 aprile 2003, e in pari data, consegnato alla sig.ra M., rappresentante legale dell’Associazione Culturale Naturè. Tuttavia, la sentenza impugnata precisa che l’avviso di accertamento era, comunque, ampiamente motivato perchè riportava e descriveva sufficientemente il contenuto della verbalizzazione, tale che lo stesso contribuente era in grado, mediante la semplice conoscenza dell’avviso di accertamento, di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche su cui era fondata la pretesa tributaria.

Pertanto, l’avviso di accertamento, di cui si dice, risponde pienamente ai principi espressi dalla normativa di cui D.Lgs. n. 32 del 2001 che contiene le disposizioni di attuazione dello Statuto del contribuente, secondo cui se la motivazione di un atto tributario, fa riferimento ad altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

4.= Con il quarto motivo la ricorrente lamenta difetto di legittimazione con palese contraddizione sul destinatario dell’Iter accertativo. Mancanza di motivazione in contrasto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, artt 32 e 61, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Violazione del principio del contraddittorio. Vizi di notifica. Secondo la ricorrente la CTR dell’Abruzzo avrebbe erroneamente ritenuto non sussistente la carenza soggettiva passiva in capo all’Associazione Culturale Naturè sull’erroneo presupposto che la verifica della GF per il suo contenuto aveva riguardato l’attività da essa svolta e che il PVC nonostante impropriamente redatto nei confronti della ditta individuale M.R. era da intendersi quale verifica dell’effettiva attività posta in esser dall’Associazione. La CTR non avrebbe tenuto conto che il PVC era stata redatto unicamente nei confronti della ditta individuale Metrella Rossana e l’avviso di accertamento sarebbe stato indirizzato in via generica ed indeterminata nei confronti dell’Associazione Culturale Naturè con evidente contraddittorietà sul soggetto giuridico verso cui la pretesa fiscale era stata indirizzata. La notifica poi avrebbe avuto luogo genericamente ed astrattamente nei confronti dell’Associazione Culturale Naturè senza alcuna altra specificazione. Piuttosto dai dati oggettivi emergerebbe che l’azione verificatrice dei GF. di Vasto fosse diretta seppure infondatamente e indirettamente contro M.R. quale persona fisica titolare di attività commerciale esercitata nei locali dell’associazione Culturale Naturè.

4.1.= Il motivo è infondato e per le stesse ragioni indicate dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo con la sentenza impugnata. In verità, la questione prospettata dalla ricorrente è stata già esaminata sia dalla Commissione Tributaria Provinciale e sia pure dalla Commissione Tributaria Regionale ed entrambe hanno riconosciuto che la verifica della Guardia di Finanza abbia riguardato l’attività svolta dall’Associazione Culturale Naturè e che il relativo PCV pur se impropriamente redatto nei confronti della ditta individuale M.R. con sede in (OMISSIS), tuttavia, diversi elementi non lasciavano dubbi che l’attività posta in essere dalla GF riguardava l’Associazione Culturale Naturè. Infatti, come afferma la sentenza impugnata “(…) il controllo era stato intrapreso al fine di verificare l’effettiva attività posta in essere dall’Associazione Culturale Naturè. La stessa signora M. ha reso nel PVC dichiarazioni in qualità di presidente e legale rappresentante dell’Associazione Culturale Naturè con ciò ulteriormente evidenziandosi come la verifica fosse sostanzialmente indirizzata nei confronti dell’Associazione a carico della quale per altro era stato emesso l’avviso di accertamento in questione notificato alla sig.ra M. nella sua predetta veste di legale rappresentante dell’associazione Culturale (…)”.

Rispetto all’accertamento compiuto dalle Commissioni Tributarie, la ricorrente non offre, neppure in questa sede, ulteriori elementi per ritenere inattendibile, immotivato o contraddittorio il ragionamento dei Giudici del merito. Al riguardo inconferente, perchè non supera la soglia di una opinione personale, senza fondamento in fatto, è il rilievo secondo cui la M.R. svolgesse come persona fisica un’attività commerciale e, per altro, nella sede dell’Associazione Culturale Naturè.

Piuttosto a fronte delle valutazioni della Commissione Tributaria Regionale, la ricorrente contrappone le proprie ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, nè può la ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le proprie aspettative e convinzioni.

5.= Con il quinto motivo la ricorrente lamenta difetto di motivazione in relazione all’eccesso di potere esercitato in sede di verifica fiscale. Mancanza dei presupposti oggettivi e soggettivi di accertamento per errore sui fatti e per abuso di presunzioni Omesso esame di atti e documenti ed omessa pronuncia. Secondo la ricorrente la CTR dell’Abruzzo nel ritenere non sussistente il lamentato eccesso di potere da parte dei verificatori della Guardia di Finanza non avrebbe tenuto conto che i verificatori della Guardia d Finanza avevano travalicati i limiti conferiti perchè da verifica parziale avevano poi interessato tutti i periodi di imposta non prescritti e tutte le imposte sui redditi; e avrebbero acquisito quasi tutta la documentazione dell’associazione Culturale Naturè.

5.1.= Il motivo è infondato.

E’ giusto il caso di evidenziare che la verifica di cui si dice è stata svolta con la presenza del legale rappresentante dell’associazione che non ha formulato alcuna contestazione. Il che comporta a ritenere che le operazioni così come si sono svolte e i risultati siano stati accettati dal contribuente. Come ha già affermato questa Corte in altre occasioni: “la partecipazione alle operazioni di verifica senza contestazioni equivale sostanzialmente ad accettazione delle stesse e dei loro risultati. Non occorre per questo un’accettazione espressa, ma soltanto la mancanza di contestazioni. Se avesse avuto qualcosa da contestare sulle operazioni di verifica il contribuente avrebbe dovuto, e potuto, formulare immediatamente, seduta stante, il proprio dissenso e pretendere che le proprie contestazioni fossero riportate sul verbale. Oppure in caso di rifiuto da parte dei verbalizzanti di porle a verbale, comunicare immediatamente per iscritto la propria protesta, segnalando il rifiuto e ribadendo le contestazioni (Cass. n. 15851 del 29/07/2016).

5.2.= A sua volta, ad escludere che i verificatori abbiano commesso un eccesso di potere è il fatto che, come ha evidenziato la sentenza impugnata, gli stessi abbiano comunicato al contribuente di agire nel contesto di una verifica a carattere parziale rientrante in un piano di interventi finalizzati al contrasto dell’economia sommersa. Come prevede la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 2 quando “viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato sulle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonchè dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche” E, la circolare del Comando Generale della Guardia di finanza n. 250400/2000, nel confermare l’obbligo dei militari verificatori di dare contezza sull’oggetto del controllo, sulla sua estensione (se si tratta di verifica generale o parziale o di controllo di un singolo atto di gestione), sui tributi a tutela dei quali viene svolto, sul periodo di riferimento, sulla fonte d’innesco (se d’iniziativa o centralizzata), e nel ribadire quanto affermato nella precedente circolare n. 1/1998 circa l’esigenza di mantenere il massimo riserbo sull’attività informativa e “di intelligence”, stabilisce che sia data notizia sulla tipologia dell'”input” di attivazione del servizio.

E ad un tempo risulta dagli atti che i verificatori abbiano effettuato accessi ispezioni e verifiche nel rispetto della normativa di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 richiamato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 52.

In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro. 4500,00 più spese prenotate a debito e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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