Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25466 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25466 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 7509-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore
pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –

2013
2528

contro

SOCOBA SRL in liquidazione in persona del Liquidatore
e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA MONTE DELLE GIOIE 24, presso
lo studio dell’avvocato MODENA ROBERTO GIOVANNI

Data pubblicazione: 13/11/2013

ORESTE, che lo rappresenta e difende giusta delega a
margine;
– controricorrente

avverso

la

sentenza

n.

556/2010

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO,

della

depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/09/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che si
riporta e chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

21/12/2010;

In accoglimento dell’appello proposto da SOCOBA s.r.l. ed in riforma della decisione
di prime cure, la Commissione tributaria della regione Campania con sentenza
21.12.2010 n. 556 dichiarava illegittimi gli avvisi di rettifica emessi dall’Ufficio di
Salerno dell’Agenzia delle Dogane con i quali veniva richiesto il pagamento della
differenza tra il dazio pieno dovuto dalla ditta importatrice ed il dazio agevolato,
previsto in regime tariffario di contingentamento dal reg. CE n. 404/1993 ed
effettivamente corrisposto dalla società, in relazione ad operazioni di importazioni di
banane, provenienti da Pesi terzi, effettuate negli anni 1999-2000 sulla base di titoli
AGRIM emessi dalla autorità spagnola e risultati falsi a seguito delle indagini svolte
dall’OLAF.
I Giudici territoriali fondavano la decisione : a) sul decreto emesso in data 20.1.2006
dal GIP presso il Tribunale di Salerno con il quale veniva disposta l’archiviazione del
procedimento penale instaurato nei confronti dell’amministratore della società
contribuente, non essendo emersi elementi idonei a comprovare che la società predetta
avesse contraffatto i documenti di importazione, b) sull’inadempimento da parte delle
autorità spagnole dell’obbligo di trasmissione alla Commissione europea, ai sensi
dell’art. 28 del reg. CEE n. 3719/1988, delle impronte dei timbri ufficiali utilizzati per il
rilascio dei titoli AGRIM.

La Agenzia delle Dogane ha impugnato, per cassazione, la sentenza di appello, non
notificata, affidando il ricorso -ritualmente notificato alla società contribuente- a cinque
mezzi.

RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Con st.
Stefano livieri

Svolgimento del processo

Ha resistito con controricorso SOCOBA s.r.1..
La Agenzia fiscale ha depositato anche memoria illustrativa.

Motivi della decisione

§ 1. La Agenzia delle Dogane censura, con il primo motivo, la sentenza di appello

dell’art. 111 Cost., dell’art. 132co 1 n. 4 c.p.c. e dell’art. 36co2 n. 4 Dlgs n. 546/1992
avendo fondato la propria decisione la CTR su una motivazione del tutto avulsa dal
“thema decidendum”.
La medesima censura è stata reiterata anche con il secondo motivo, sotto il differente
profilo di legittimità della carente e contraddittoria motivazione in punto di falsità dei
certificati AGRIM, in relazione all’art. 360co1 n. 5 c.p.c..

1.1 il primo motivo è infondato.

1.2 li vizio di carenza assoluta di motivazione per violazione dell’art. 132co 1 n. 4)
c.p.c. (relativamente al giudizio tributario, art. 36co2 n. 4 Dlgs n. 546/1992) attiene ai
requisiti formali di validità del provvedimento giurisdizionale, in ordine ai quali il
sindacato di legittimità non involge valutazioni di adeguatezza intrinseca degli
argomenti logici adottati dal Giudice di merito, ma si esaurisce in un enunciato
apofantico -limitato alla affermazione della esistenza od inesistenza- in ordine alla
materiale individuazione nel documento-sentenza di una “relatio” tra la questione
controversa -definita in premessa- e la soluzione adottata mediante applicazione di una
regola di diritto -individuata nel dispositivo-, indipendentemente quindi da ogni
valutazione attinente alla logicità della argomentazione giustificativa della decisione
(che, pertanto, può sussistere nella sua materialità -così rimanendo integrato l’elemento costitutivo
di validità del provvedimento giurisdizionale- pur potendo risultare, invece, logicamente inadeguata
a sorreggere la soluzione scelta dal Giudice di merito).
2
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

ConMest.
Stefa Olivieri

per vizio di nullità processuale ex art. 360co1 n. 4 c.p.c., in relazione alla violazione

A parte il caso di scuola della “materiale” assenza di rappresentazione di tale
“relatio” nella sentenza (che si verifica quando il giudice in sentenza si limita a dare atto della
questione controversa e della regola di diritto applicata, senza alcuna spiegazione dell’iter logico
seguito per collegare il fatto al diritto), il provvedimento giurisdizionale incorre nel radicale

vizio di nullità tutte le volte in cui detta “giustificazione” risulti “meramente

apparente”, e cioè pur essendo materialmente individuabile nel testo scritto, tuttavia non
161 del 08/01/2009), come nel caso in cui la “relatio” sia effettuata mediante rinvio a

precedenti o a massime giurisprudenziali richiamati in modo acritico e “non ricollegati

esplicitamente alla fattispecie controversa”

(cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 15949 del

17/12/2001; id. Sez. L, Sentenza n. 662 del 17/01/2004; id. Sez. 5, Sentenza n. 11710 del
27/05/2011), o ancora quando il giudice di merito “apoditticamente” neghi che sia stata

data la prova di un fatto ovvero che, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita,
omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico
oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza
n. 871 del 15/01/2009), od ancora quando la sentenza sia del tutto priva di riferimenti ai

“criteri di diritto” che hanno determinato l’applicazione della “regula juris” (cfr. Corte
eass. Sez. 5, Sentenza n. 16581 del 16/07/2009; id. Sez. 1, Sentenza n. 18108 del 04/08/2010.

Tanto premesso e considerato che il vizio in questione deve essere accertato alla
stregua del “corpus” unitario costituito dalle diverse parti in cui si articola la sentenza
(descrizione del fatto e delle vicende processuali; argomenti logici e criteri giuridici; affermazione
della regola applicata nel caso concreto, come evidenziato nel dispositivo), ritiene il Collegio che

la pronuncia impugnata vada esente dal vizio di nullità denunciato in quanto, se da un
lato, in essa sono agevolmente individuabili due distinte “rationes decidendi” (l’una
indicata con argomento “per relationem” al decreto di archiviazione del procedimento
penale; l’altra fondata sulla rilevata violazione da parte delle autorità spagnole delle
prescrizioni del regolamento CEE n. 3719/1988), dall’altro proprio la pluralità di
autonome ragioni di decisione preclude la fondatezza della censura che -anche in
relazione al vizio di motivazione cd. “apparente”- non può essere rivolta separatamente
3
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

ConsJ1st.
Stefandblivieri

consente di rilevare quale sia stata la “ratio decidendi” (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n.

ad uno soltanto dei due argomenti che sorreggono la decisione, ma deve involgere
necessariamente -proprio in quanto fondata sulla carenza di un elemento costitutivo del
provvedimento giurisdizionale- l’intero apparato motivazionale della sentenza.

1.3 Fondato è invece il secondo motivo.

basata sul presupposto della falsità materiale -accertata su richiesta dell’OLAF dal
Ministero della Economia del Regno di Spagna- dei titoli AGRIM utilizzati dalla società
SOCOBA nelle operazioni di importazione regolate a regime tariffario agevolato.

1.5 Premesso che il giudizio civile di falso ed il procedimento penale di falso, pur
conducendo entrambi ad un’eliminazione dell’efficacia rappresentativa del documento
risultato falso, sono sostanzialmente differenti tra loro (il primo tende soltanto a dimostrare
la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto
obiettivo o nella sua sottoscrizione; il secondo, mira anche ad identificare l’autore, al fine di
assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge: cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2524 del
07/02/2006), da quanto è dato evincere dalla motivazione della stessa sentenza di appello,

il provvedimento di archiviazione penale emesso dal GIP del Tribunale Ordinario di
Salerno, non aveva affatto escluso la falsità materiale dei documenti in questione, ma
aveva soltanto accertato la mancanza di prove di un coinvolgimento dell’amministratore
di SOCOBA s.r.l. nel reato di contraffazione dei certificati AGRIM, dovendo
logicamente presumersi, in conseguenza, che il Giudice penale per escludere la
partecipazione dell’imputato al reato (di falso materiale ed ideologico ovvero di uso di
atto che sa essere falso) abbia implicitamente presupposto la esistenza di tale reato e cioè
la falsità dei documenti.

1.6 Ne segue la assoluta inconferenza dell’argomentazione motivazionale svolta, dai
Giudici territoriali, “per relationem” al contenuto del decreto di archiviazione in data
4
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Con st.
Stefan
livieri

1.4 La pretesa tributaria, oggetto degli avvisi di rettifica impugnati dalla società, era

20.1.2006, riprodotto per stralcio in sentenza (limitatamente alla proposizione: “nel
corso delle indagini non sono stati acquisiti elementi idonei a comprovare l’effettiva
contraffazione dei documenti da parte della SOCOBA s.r.l.”), in quanto inidonea a
supportare il rigetto della pretesa tributaria sulla errata supposta equivalenza dei fatti
accertati nelle indagini penali e dei fatti posti a base degli avvisi di accertamento emessi
“proprio in base ai certificati AGRIM ritenuti dalle Dogane contraffatti” (cfr. motiv.

prove della condotta criminosa (reato di contraffazione di atto amministrativo) ascritta
all’amministratore, ed invece la indebita fruizione della agevolazione daziaria in difetto
di un valido titolo di legittimazione (in quanto contraffatto all’origine da ignoti).
Deve rilevarsi, inoltre, che i principi di diritto enunciati da questa Corte in ordine alla
utilizzabilità da parte del Giudice tributario di prove atipiche e di prove acquisite in altri
giudizi diversi da quello tributario (cfr. Corte cass. V sez. 2.12.2002 n. 17037; id. III sez.
4.3.2004 n. 4394 secondo cui il Giudice tributario “può legittimamente porre a base del proprio
convincimento, in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria in lite, le
prove assunte in un diverso processo e anche in sede penale, quali prove atipiche idonee a fornire
elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico – riservato al
giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – con le altre
risultanze del processo”; id. V sez. 21.2.2007 n. 4054), non possono evidentemente estendersi

all’intero apparato motivazionale della sentenza (o nella specie del decreto) emessa dal
Giudice penale che, per quanto concerne al suo contenuto critico-valutativo (dei fatti
provati processualmente), non assolve direttamente ad alcuna funzione dimostrativa di
un fatto storico, dovendo distinguersi a tal fine le prove raccolte nel corso delle indagini
e verificate nel processo penale, dalla valutazione di tale prove compiute dal Giudice
all’esito di quello stesso procedimento e compendiate nella motivazione della sentenza
(nel caso di specie nel decreto di archiviazione). Ne segue che il mero richiamo alle
“conclusioni” cui è pervenuto il Giudice penale (in ordine alla valutazione della
inefficacia probatoria degli elementi fattuali acquisiti al giudizio), non può dunque
costituire “ex se” valido e sufficiente supporto alla decisione adottata dal Giudice
tributario, stante la relazione di autonomia in cui si pongono il giudizio penale ed il
5
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Coi. est.
Stefa Olivieri

Sentenza CTR), apparendo del tutto evidente la ontologica differenza tra la assenza di

giudizio tributario (che ha ricevuto espressa conferma nell’art. 20 del Dlgs 10.3.2000 n. 74),
poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto di quella
testimoniale ex art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992) che non operano nel giudizio penale e,

dall’altro, possono invece valere anche presunzioni legali (ed anche presunzioni prive dei
requisiti prescritti dall’art. 2729 c.c.) inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna

(cfr. Corte cass. V sez. 24.5.2005 n. 10945; id. 8.10.2010 n. 20860), atteso che “nessuna

alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di
reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali
l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del
contribuente. Pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di
una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli
effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma,
nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del
materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve, in ogni caso,
verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare” (cfr.
Corte cass. V sez. 21.6.2002 n. 9109. Vedi: Corte cass. V sez. 8.3.2001 n. 3421; id. 25.1.2002 n.
889; id. 19.3.2002 n. 3961; id. 24.5.2005 n. 10945; id. 12.3.2007 n. 5720; id. 18.1.2008 n. 1014 –

in materia di fatturazione per operazioni inesistenti: ribadisce che la efficacia del giudicato concerne
solo circostanze fattuali specifiche, ma non può estendersi anche agli elementi di valutazione di
quei fatti-; id. 17.2.2010 n. 3724; id. 8.10.2010 n. 20860; id. 27.9.2011 n. 19786; id. 23.5.2012 n.
8129).

1.7 La sentenza di appello appare, peraltro, inficiata dal vizio di legittimità dedotto
dalla ricorrente anche in relazione all’inadeguato impiego della tecnica motivazionale
“per relationem”. Come ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, deve ritenersi
pienamente legittima la cd. motivazione “per relationem” agli argomenti in punto di
diritto sui quali è fondata la sentenza di primo grado (od altra sentenza intervenuta in un
diverso giudizio tra le stesse parti o ad altro provvedimento giurisdizionale acquisito agli
atti del giudizio od anche agli stessi atti difensivi delle parti), sempre che il rinvio venga
6
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Co est.
Stefa Olivieri

automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel separato giudizio tributario

operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione,
essendo necessario che venga comunque dato conto delle argomentazioni delle parti
nonché dell’identità di tali argomentazioni con quelle che erano state esaminate dalla
pronuncia oggetto del rinvio (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 7347 del 11/05/2012). La

“relatio”, operata dal Giudice di appello, deve realizzare pertanto una saldatura tra il
contenuto motivazionale dell’atto richiamato e l’esame e la valutazione di infondatezza

Sentenza n. 15483 del 11/06/2008; id. Sez. 2, Sentenza n. 18625 del 12/08/2010).

Va ravvisato,

al contrario, il vizio di motivazione quando il giudice non indichi affatto le ragioni del
proprio convincimento rinviando, genericamente e “per relationem”, come nel caso di
specie, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, né alcuna
disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr.
Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012): nella specie infatti non è riferito dalla

CTR quali elementi siano stati acquisiti nel corso delle indagini penali e siano stati
sottoposti al vaglio critico del GIP.

§ 2. Il terzo motivo, con il quale la Agenzia delle Dogane censura la sentenza di
appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 39 Dlgs n. 546/1992 e dell’art. 2700
c.c., in relazione all’art. 360co1 n. 4 c.p.c., deve ritenersi fondato nei limiti di seguito
indicati.

2.1 La censura è rivolta alla statuizione della sentenza di appello con la quale viene
rigettato il motivo di gravame, proposto dall’appellante SOCOBA s.r.1., concernente la
mancata “sospensione necessaria” del processo da parte del primo Giudice e con la quale
-sembra- sia stata rigettata anche la istanza di sospensione del giudizio reiterata in grado
di appello dalla stessa società (almeno così sembra intendersi il motivo di gravame -come
riportato nella sentenza della CTR- secondo cui l’appellante avrebbe dedotto “la necessità della
sospensione del giudizio nell’attuale fase e rimessione al primo Giudice per l’intervenuta
violazione della norma” ), motivo di gravame in ordine al quale l’Ufficio doganale
7
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Cons est.
Stef
Olivieri

dei motivi di gravame (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 2268 del 02/02/2006; id. Sez. 3,

convenuto in grado di appello aveva controdedotto la insussistenza dell’obbligo di
sospensione del processo a seguito di presentazione da parte della stessa società della
querela di falso (volta a destituire di efficacia probatoria -come è dato comprendere dalla lettura
della sentenza civile integralmente riprodotta nel ricorso per cassazione- la “dichiarazione” resa
all’OLAF dalla Autorità spagnola attestante che non erano stati emessi duplicati originali dei titoli

2.2 Se sussiste, evidentemente, la carenza di interesse della Agenzia ricorrente alla
impugnazione della statuizione con la quale i Giudici territoriali hanno ritenuto esente da
vizi la decisione di prime cure nella parte in cui non aveva disposto la sospensione del
processo, difettando il presupposto della soccombenza in ordine alla questione decisa,
deve invece ritenersi fondata la censura rivolta all’errore di attività processuale in cui
sarebbero incorsi i Giudici di appello, non avendo disposto la sospensione del giudizio di
appello in attesa della definizione del pregiudiziale giudizio di falso.

2.3 Come risulta dalla esposizione del motivo di ricorso, in cui viene riprodotta la
sentenza emessa dal Tribunale Ordinario di Roma in data 26.10.2010 n. 21089 (emessa
tra SOCOBA s.r.l. ed Agenzia delle Dogane -erroneamente indicata nella intestazione come
“Agenzia del Demanio”-), la società SOCOBA aveva impugnato, in via principale, con

querela di falso “la dichiarazione con la quale il Ministero spagnolo ha affermato di non
avere mai emesso i certificati di importazioni (ndr. utilizzati dalla società per fruire del dazio
agevolato)” , venendo pertanto ad incidere tale giudizio, di riflesso, sugli stessi certificati

AGRIM contestati negli avvisi di rettifica emessi dall’Ufficio doganale ed opposti avanti
il Giudice tributario. Manifestamente illogico -ed inesplicato nelle sue ragioni in
diritto- appare quindi il diniego della CTR di sospendere il giudizio di appello in quanto,
se è corretto il principio di diritto enunciato da questa Corte, richiamato dalla CTR ,
secondo cui l’obbligo di sospensione del giudizio ex art. 39 Dlgs n. 546/1992, in caso di
presentazione di querela di falso, non può prescindere dalla verifica, compiuta dal
Giudice di merito, della idoneità della querela ad arrestare il corso del giudizio pendente
8
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Con est.
Stefarf6 cflivieri

AGRIM).

innanzi a lui, accertando – con valutazione che resta insindacabile in sede di legittimità la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua
rilevanza ai fini della decisione (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 18139 del 07/08/2009;
id. Sez. 5, Sentenza n. 8046 del 03/04/2013), del tutto carente è la valutazione compiuta in

ordine alla irrilevanza della impugnazione di falso, essendosi limitata la CTR a
condividere il “valore neutro” assegnato dal Giudice di prime cure alla querela di falso

fondamento della ritenuta irrilevanza probatoria -ai fini dell’accertamento della pretesa
tributaria fondata sulla falsità dei certificati AGRIM-

del documento (attestazione del

Ministero spagnolo relativa alla inautenticità dei titoli) impugnato di falso avanti il
Tribunale Ordinario di Roma.

2.4 La sentenza quindi deve ritenersi affetta dal vizio denunciato, risultando viziata la
pronuncia -a causa della mancata sospensione necessaria del processo di appello- dalla
omessa valutazione dell’accertamento, sopravvenuto, della falsità dei certificati AGRIM
compiuto dal Giudice della causa pregiudicante.

§ 3. Con il quarto motivo

la Agenzia fiscale impugna la sentenza di appello

censurando, per violazione e falsa applicazione dell’art. 28 reg. CEE n. 3719/88 e
dell’art. 239 reg. CE n. 2913/92, la seconda “ratio decidendi” fondata sulla violazione da
parte della autorità spagnole della disposizione comunitaria (art. 28 cit.) che prevede
l’obbligo di trasmissione alla Commissione, da parte degli Stati membri, delle impronte
ufficiali dei timbri utilizzati per la emissione dei certificati AGRIM.

3.1 La sentenza della CTR ha deciso l’annullamento degli avvisi di rettifica “anche in
considerazione” dell’inadempimento da parte delle autorità spagnole dell’obbligo di
comunicazione previsto dal regolamento (CEE) della Commissione 16 novembre 1988,
n. 3719 (che stabilisce le modalità comuni d’applicazione del regime dei titoli d’importazione, di
esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli) e che trova applicazione
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RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Cons. st.
Stefano livieri

presentata dalla società, omettendo qualsiasi indicazione delle ragioni poste a

anche in relazione al rilascio dei titoli di cui all’art. 17 del Regolamento (CEE) n. 404/93
del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel
settore della banana.

3.2 In particolare il reg. n. 3719/1988 -nel testo successivamente modificato,

Articolo 27
1. Quando sussistano dubbi in merito all’autenticità del titolo o dell’estratto di titolo o delle diciture
e dei visti che vi figurano, i competenti servizi nazionali rinviano il documento contestato o una sua
fotocopia alle autorità interessate ai fini di un controllo.
Questa procedura può essere applicata anche a titolo di sondaggio; in tal caso viene rinviata solo
una fotocopia del documento.
2. Se i servizi nazionali competenti rinviano il documento contestato conformemente al paragrafo 1,
essi ne rilasciano ricevuta a richiesta dell’interessato.
Articolo 28
1. Le autorità competenti degli Stati membri si comunicano reciprocamente, nella misura
necessaria alla regolare applicazione del presente regolamento, le informazioni relative ai titoli e
agli estratti, nonché alle irregolarità ed alle infrazioni che li riguardano.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, non appena ne vengano a conoscenza, le
irregolarità e le infrazioni al presente regolamento.
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l’elenco e gli indirizzi degli organismi
competenti per l’emissione dei titoli e degli estratti, per la riscossione dei prelievi e per il
pagamento delle restituzioni. La Commissione pubblica tali dati nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee.
4. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione le impronte dei timbri ufficiali e, se del
caso, dei timbri a secco delle autorità competenti. La Commissione ne informa immediatamente gli
altri Stati membri.

3.3 Orbene la statuizione della CTR risulta affetta dal vizio denunciato avendo
ritenuto i Giudici di merito di escludere la insorgenza della obbligazione doganale e
l’applicazione del dazio pieno alla importazione (in dipendenza del superamento del
10
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Co s est.
Stefak6 blivieri

applicabile ratione temporis- dispone quanto segue:

limite di contingentamento), in quanto l’autorità emittente non aveva adempiuto alla
preventiva trasmissione alla Commissione europea delle impronte dei timbri utilizzate
dagli uffici competenti per il rilascio dei certificati AGRIM, in tal modo venendo ad
inserire nello schema normativo previsto dal reg. CEE n. 404/1993 -che disciplina il regime
di contingentamento tariffario della importazione di banane dai Paesi della zona APC (AfricaCaribi-Pacifico)- un elemento ulteriore e del tutto estrinseco alla fattispecie costitutiva

territoriali la ipotetica relazione logica che dovrebbe venire ad istituirsi tra
l’accertamento dei fatti costitutivi della pretesa tributaria (fondata sulla falsità dei
documenti di importazione, e sulla violazione del contingentamento) e la inosservanza
della indicata disposizione comunitaria da parte delle autorità spagnole, dovendo in
particolare escludersi -alla stregua delle norme esaminate- che da tale inadempimento
possa derivare una preclusione in ordine all’accertamento, da parte di quelle stesse
autorità inadempienti, della falsità dei documenti di importazione.

3.4 Qualora poi -come ipotizzato dalla ricorrente- l’indicazione della predetta
violazione della norma comunitaria, contenuta nella sentenza di appello, dovesse
preludere ad una criptica motivazione fondata sulla tutela della buona fede dell’operatore
economico (a ciò potrebbe indurre il riferimento alla decisione -non “Direzione” come
erratamente riportato in sentenza- della Commissione europea Rec n. 6/07 in data
8.4.2010, che a quanto è dato comprendere dalle difese delle parti concerne il
procedimento amministrativo di sgravio di dazi alla importazione, disciplinato dall’art.
239 reg. CE n. 2913/1992 CDC e dagli artt. 905 ss. del reg. CE n. 2454/93 della
Commissione in data 2.7.1993 e succ. mod.) palesemente errata risulterebbe la mera
trasposizione al caso controverso di una decisione della Commissione in applicazione
della clausola generale di equità prevista dall’art. 239 del CDC assunta, nell’esercizio di
un potere discrezionale, all’esito di un procedimento concernente soggetti diversi da
SOCOBA s.r.1., nel quale la Commissione deve prendere in considerazione gli specifici
fatti nella loro interezza e l’operatore economico è tenuto a fornire prova dell’esistenza di
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RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Co s. est.
Stef4ao Olivieri

della obbligazione doganale, non essendo stata neppure prospettata dai Giudici

una “situazione particolare” (che rimane accertata soltanto “qualora emerga dalle circostanze
del caso specifico che il debitore si trova in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori
che esercitano la stessa attività e che, in assenza di dette circostanze, egli non avrebbe subito il
pregiudizio connesso alla contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali”: cfr. Corte giustizia
sent. in data 26.3.1987, causa C-58186, Cooperative agricole d’approvisionnement des
Avirons; id. in data 25.7.2008, causa C-204/07 P, CAS s.p.a.) nonchè della mancanza di

(dovendo valutarsi la

dimostrazione della assenza di manifesta negligenza alla stregua “della complessità delle norme il
cui inadempimento ha fatto sorgere l’obbligazione doganale, nonchè della esperienza professionale
e della diligenza dell ‘operatore”: cfr. Corte giustizia sent. 13.9.2007, causa C-443/05 P,
Common Market Fertilizers; id. in data 20.11.2008, causa C-38/07 P, Heuschen & Scrouff
Oriental Foods Trading BV), presupposti normativi che, peraltro, non risultano siano stati

dedotti ed accertati nei precedenti gradi di merito neppure sotto il diverso profilo della
tutela del legittimo affidamento determinato da errore imputabile a comportamento cd.
attivo dell’autorità doganale ex art. 220 paragr. 2, lett. b) del CDC: in proposito si rileva
infatti che, anche a qualificare come errore attivo, la condotta omissiva delle autorità
spagnole, risulta del tutto carente la verifica da parte della CTR degli ulteriori elementi
richiesti dalla norma come interpretata dal Giudice di Lussemburgo nel senso che
“l’importatore può utilmente invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’art. 220
paragr. 2 lett. b) del codice doganale e così beneficiarie della deroga al recupero a
posteriori prevista da detta disposizione solo quando ricorrano tre condizioni
cumulative. Occorre anzitutto che il rilascio irregolare dei certificati……sia dovuto ad
un errore delle autorità competenti stesse, poi che l’errore commesso dalle medesime
sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato dal debitore di buona
fede e infine, che quest’ultimo abbia osservato tutte le prescrizioni della normativa in
vigore ” (cfr. Corte giustizia UE 15.12.2011, causa C-409/10, Hauptzollamt Hambur-Afasia
Knits, punto 47, che richiama le sentenze in data

14.5.1996 cause riunite C-153/94 e C-204/94,

Faroe Seafood; in data 3.3.2005 in causa C-499/03 , Biegi Nahrungsmittel e Commonfood c/
Commissione , punto 46; in data 18.10.2007 in causa C-173106 Agrover, punto 30).

12
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

Cns. est.
Olivieri

negligenza manifesta e di manovra fraudolenta da parte sua

§ 4. Con il quinto motivo la Agenzia delle Dogane censura la sentenza di appello
deducendo la violazione degli artt. 2697, 2699, 2700 c.c., degli artt. 12 e 45 del reg. CE
13.3.1997 n. 515, dell’art. 9 del reg. CE 25.5.1999 n. 1073, degli artt. 115 e 116 e 213
c.p.c. nonchè dei principi generali in tema di onere della prova, in relazione all’art.
360co1 n. 3 c.p.c..
La Agenzia sostiene che i Giudici di merito hanno errato a non ritenere sufficiente la

deposito del documento INF AM A 36/2000 con il quale l’OLAF portava a conoscenza
degli Stati membri le risultanze delle verifiche eseguite che aveva condotto ad accertare
la contraffazione dei titoli all’importazione utilizzati anche da SOCOBA s.r.l. nelle
operazioni oggetto della presente controversia, dovendo attribuirsi a tale prova
documentale efficacia probatoria privilegiata ai sensi degli artt. 2699 e 2700 c.c., con la
conseguenza che, disattendendo detta efficacia probatoria, la CTR aveva addossato alla
PA l’onere della prova in violazione della regola del riparto secondo cui era la società
che vantava il diritto alla fruizione del regime daziario agevolato a dover dimostrare la
sussistenza dei presupposti di legge (tra cui la genuinità dei documenti di importazione) .

4.1 H motivo è infondato.

4.2 Questa Corte ha ripetutamente precisato che tutti gli accertamenti compiuti
dall’OLAF (servizio antifrode dell’Unione Europea) hanno rilevanza probatoria
nell’ordinamento comunitario in forza di quanto previsto dal Regolamento CEE n.
1073/1999, poiche’ non solo l’art. 9, comma primo, riconosce efficacia probatoria
privilegiata ai fatti accaduti in presenza degli ispettori, e l’art. 9, comma secondo,
stabilisce l’equipollenza della relazione redatta al termine delle indagini a quella redatta
agli ispettori amministrativi dello Stato membro, ma l’art. 9, comma terzo, e l’art. 10,
comma primo, prevedendo la trasmissione alle autorita’ degli Stati membri interessati,
rispettivamente, di “ogni documento utile” acquisito e la comunicazione di “qualsiasi
informazione” ottenuta nel corso delle indagini, inducono a ritenere l’utilizzabilita’ anche
13
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

C2Asst.
Stefno Y1ivieri

prova della falsità dei certificati AGRIM offerta dall’Ufficio doganale mediante il

di altre fonti di prova emergenti dalle indagini svolte dall’organismo antifrode, e quindi
anche dei verbali delle operazioni di missione (cfr. Corte cass. V sez. 27.7.2012 n. 13496;
Id. V sez. 3.8.2012 n. 14036).

4.3 Tale peculiare disciplina della prova dettata dalla norma comunitaria si impone
anche alle Autorità giudiziarie degli Stati membri che non possono, pertanto, prescindere

consegue che l’Amministrazione finanziaria assolve al proprio onere probatorio in
ordine alla pretesa di recupero fiscale mediante riferimento alle risultanze di tali indagini
comunicate dall’OLAF con note di trasmissione nelle quali vengono fornite le
informazioni e gli elementi essenziali indispensabili per la emissione degli avvisi di
accertamento ed in rettifica. Prodotta in giudizio la relazione dell’OLAF, viene quindi
a ribaltarsi sul contribuente l’onere di dimostrare i fatti contrari idonei a contrastare la
pretesa impositiva (cfr. da ultimo Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 5892 del 08/03/2013).

4.4 Nella specie l’accertamento della falsità dei titoli AGRIM compiuto dall’OLAF si
fondava sulle verifiche eseguite dalla stessa Autorità amministrativa nazionale
competente ad emetterli (Ministero del Commercio dello Stato spagnolo) che aveva
appurato come i titoli predetti (identificati nel numero e nella data) non fossero stati mai
emessi.
Risulta, pertanto, evidente come alcun altro elemento probatorio dovesse essere
aggiunto alla predetta dichiarazione di inesistenza originaria dei documenti utilizzati da
SOCOBA s.r.l. per effettuare le importazioni, venendo invece a gravare sulla società
l’onere di allegare e dimostrare la esistenza di circostanze fattuali idonee a sostenere che
i certificati erano stati effettivamente emessi dalla autorità competente, ovvero che i
numeri e le date indicate nell’elenco trasmesso dal’OLAF non corrispondevano a quelli
riportati nei certificati AGRIM utilizzati dalla società.
Orbene la censura si palesa infondata in quanto la statuizione della CTR con la quale
il valore di elemento di prova della relazione OLAF è stato ritenuto recessivo rispetto
14
RG n. 7509/2011
rie. Ag.Dogane e/ SOCOBA s.r.l.

Co
Stef

st.
livieri

dalle risultanze istruttorie delle indagini condotte dall’organo ispettivo della UE. Ne

”all’assorbente e specifica valutazione effettuata dal Tribunale di Salerno”, non
disconosce la efficacia di mezzo di prova riconosciuta dalle norme comunitarie ai
documenti redatti dai funzionari ispettivi dell’OLAF, ma si limita piuttosto a dare conto
dell’esito del giudizio di ponderazione tra i diversi elementi probatori acquisiti al
processo, e della preferenza accordata alle risultanze delle indagini penali tratte dal
decreto di archiviazione del GIP del Tribunale di Salerno.

esclusivamente i fatti compiuti e le dichiarazioni ricevute dal pubblico ufficiale ma non
anche il contenuto critico dell’atto costituito dai giudizi espressi o dalle valutazioni di
tali fatti e dichiarazioni (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 12386 del 25/05/2006; id. Sez. 3,
Sentenza n. 12086 del 24/05/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 11012 del 09/05/2013), con la

conseguenza che eventuali interpretazioni e ricostruzioni dei fatti rilevati che inducano i
funzionari OLAF a ritenere falsi i titoli di importazione bene possano essere contrastate
dall’operatore economico -che introduca il giudizio di opposizione al provvedimento di
recupero daziario- prospettando una diversa valutazione ovvero con la dimostrazione di
altri fatti (eventualmente accertati nel corso del distinto procedimento penale) idonei a
supportare il diritto alla fruizione del regime tariffario agevolato.

4.5 Non sussiste, pertanto, violazione delle norme comunitarie ed interne indicate in
rubrica, mentre la grave carenza motivazionale in ordine al giudizio di ponderazione tra
gli elementi probatori è stata già oggetto di esame in relazione al diverso vizio di
legittimità dedotto dalla Agenzia ricorrente con il secondo motivo.

§ 5. In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto al secondo, terzo e quarto
motivo (infondati il primo ed il quinto motivo), la sentenza impugnata va cassata con
rinvio ad altra sezione della Commissione della regione Campania che provvederà a
nuovo esame nonchè a liquidare anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.
15
RG n. 7509/2011
ric. Ag.Dogane c/ SOCOBA s.r.l.

st.
Co
Stefano livieri

Non è a dubitare, infatti, che la fede privilegiata riconosciuta agli atti pubblici investe

La Corte :
-1.L.c.c>:

ai=

ex< - accoglie il ricorso( cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione d Commissione della regione Campania che provvederà a nuovo esame nonchè a liquidare anche le spese del presente giudizio. Così deciso nella camera di consiglio 23.9.2013

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