Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25464 del 26/10/2017
Cassazione civile, sez. lav., 26/10/2017, (ud. 18/10/2016, dep.26/10/2017), n. 25464
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15290/2011 proposto da:
M.F., C.F. (OMISSIS), P.G. C.F. (OMISSIS),
S.M. C.F. (OMISSIS), B.T. C.F. (OMISSIS),
F.R. C.F. (OMISSIS), R.G. C.F. (OMISSIS), PR.PA.
C.F. (OMISSIS), F.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 42, presso lo studio
dell’avvocato ANTONIO DE PAOLIS, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PAOLO ERMINI, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
PROCTER & GAMBLE ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso lo studio dell’avvocato
MATTIA PERSIANI, che la rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1618/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 12/03/2011 R.G.N. 515/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;
udito l’Avvocato BERETTA GIOVANNI per delega Avvocato PERSIANI
MATTIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FRESA Mario, che ha concluso per inammissibilità in subordine
rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 12/3/2011, respingeva il gravame interposto da M.F., F.R., R.G., Pr.Pa., P.G., Ma.Gi., F.P., B.T., S.M., Be.Fa., nei confronti della Procter & Gamble Italia S.p.A., avverso la sentenza del Tribunale di Velletri con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dai lavoratori al fine di ottenere l’accertamento della declaratoria della continuazione giuridica del rapporto di lavoro con la medesima società, ovvero della nullità dell’accordo del 26/6/1998 e la condanna della società al pagamento del premio di produzione maturato dal 16/9/1998 al 31/1/2001 per le somme analiticamente indicate nei conteggi prodotti.
Per la cassazione della sentenza ricorrono il M., il F., il R., il Pr., il P., il F., il B. ed il S. sulla base di due motivi ulteriormente illustrati da memoria.
La Procter & Gamble Italia S.p.A. resiste con controricorso, depositando altresì memoria.
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione in data 14/9/2016.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1352 c.c., in relazione alla forma degli accordi aziendali così come prescritto dal CCNL di categoria (art. 16) e dal Protocollo del 23/7/1998, nonchè dal Regolamento per il funzionamento delle RSU nel settore chimico; dell’art. 1362 c.c. e segg., in relazione all’interpretazione dell’accordo del 26/6/1998, degli artt. 16 e 60 CCNL Chimici; degli artt. 1398 e 1399 c.c., nonchè la omessa, in sufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo (validità e ratifica dell’accordo aziendale del 26/6/1998).
1.1. Il motivo non è fondato.
Del tutto ineccepibile risulta, infatti. l’iter motivazionale della Corte di Appello di Roma, laddove ha accertato la piena validità ed efficacia dell’accordo aziendale del 26/6/1998.
La Corte distrettuale, inoltre, con un iter motivazionale del tutto condivisibile, suffragato dalla valutazione delle prove e scevro da vizi logico-giuridici, ha verificato, appunto, che “sulla base dell’esame complessivo dell’atto introduttivo del giudizio e delle risultanze probatorie acquisite,… non è possibile ricavare le ragioni per argomentare sul fatto che il vero datore di lavoro degli appellanti sia stata solo la Procter & Gamble a cui facevano capo le altre società (tra cui la Fater)…-. A fronte di ciò, il motivo di ricorso non indica con precisione quale sarebbe il momento di contrasto, nella sentenza oggetto del giudizio di legittimità, tra le affermazioni in diritto poste a fondamento della decisione e le norme regolatrici della fattispecie di cui si deduce la violazione e falsa applicazione. Inoltre, i ricorrenti non hanno specificato i canoni ermeneutici che sarebbero stati violati e si sono limitati a rimettere alla Corte di legittimità l’interpretazione della disciplina di cui si tratta. Ciò, in violazione dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte (cfr., tra le molte, Cass. n. 1582/2008) alla stregua dei quali,. nel caso in cui sia stata denunciata la violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il giudice di legittimità può procedere alla diretta interpretazione del contenuto del contratto collettivo, la cui natura negoziale impone che l’indagine ermeneutica debba essere compiuta secondo i criteri dettati dagli artt. 1362 c.c. e segg.; con la conseguenza che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, è necessario che in esso sino motivatamente specificati i canoni ermeneutici negoziali in concreto violati, nonchè il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia discostato da essi.
Infine, quanto al dedotto vizio di motivazione. va ribadito, anche in questa sede, quanto questa Corte ha affermato, in più occasioni (cfr., tra le altre, Cass. nn. 23807/2011, 19912/2011), in merito al fatto che i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione, in qualunque modo sollevati dalla parte ricorrente, sia pure in connessione con la pretesa violazione di norme di legge, sono configurabili solo quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza oggetto del giudizio emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando si evinca l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U.. n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014).
E nel caso di specie la censura si risolve in una inammissibile richiesta di revisione del “ragionamento decisorio”, non sussumibile nel “controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5”, vigente ratione temporis (v. tra le altre. Cass. nn. 11789/2005. 4766/2006. 91/2014).
Pertanto, le doglianze articolate dai ricorrenti con il primo motivo, sotto il profilo di errores in indicando e, subordinatamente, come generico vizio di motivazione appaiono inidonee, per i motivi anzidetti, a scalfire la coerenza della sentenza sotto il profilo dell’iter logico-giuridico.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, sempre in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e segg., nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata riguardo alla compensazione delle spese, poichè in motivazione si dispone la compensazione delle spese, mentre nel dispositivo gli appellanti vengono condannati, in solido, al pagamento delle spese di lite.
2.2. Neppure tale motivo può essere accolto, posto che, all’evidenza, si è in presenza di un mero errore materiale in cui la Corte territoriale è incorsa nella motivazione. Ed alla stregua dei consolidati arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità, “il contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale” (cfr., tra le molte, Cass. n. 17392/2004). E, nella fattispecie, che ciò non si verifichi non è chi non veda.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017