Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25464 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34599-2018 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA

CANCELLERIA 85, presso lo studio dell’avvocato BARBARA PAOLE che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.N. & SOCI S.N.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2582/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La S.N. e soci s.n.c. si avvalse del patrocinio dell’avv. F.R. in un giudizio volto ad ottenere il riconoscimento, nei confronti della propria società di assicurazione, dell’indennizzo derivante da un furto subito nel proprio esercizio commerciale.

La domanda fu respinta sul rilievo che la prova necessaria al suo accoglimento era stata dal difensore tardivamente prodotta e che il richiamo al contratto di assicurazione avrebbe dovuto essere compiuto con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, trattandosi di una precisazione della domanda.

A seguito dell’esito negativo di tale causa, la società S.N. e soci s.n.c. convenne in giudizio l’avv. F.R., davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale per le manchevolezze a lui riconducibili nello svolgimento dell’attività difensiva, nonchè per ottenere il riconoscimento di nulla dovere versare al professionista per l’attività svolta.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla società soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 20 aprile 2018, in parziale riforma di quella di primo grado, ha dichiarato che la società appellante nulla doveva all’avv. F. a titolo di onorari professionali ed ha condannato il professionista alla rifusione della somma di Euro 2.598,40 a titolo di esborsi sostenuti, nonchè al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che l’appello era fondato nella parte in cui aveva imputato al difensore l’omessa formulazione dei capitoli di prova in relazione alle specifiche modalità del furto, omissione che integrava gli estremi della negligenza professionale. In relazione, però, alla quantità ed al valore della merce rubata, pur avendo omesso l’avv. F. di chiedere una prova specifica, la società S.N. neppure nel giudizio di appello aveva “capitolato apposite circostanze o depositato documenti atti a supportare il lamentato danno”. Ciò nonostante, meritava accoglimento il motivo di appello relativo all’accertamento negativo del credito professionale ed agli esborsi sostenuti in dipendenza del rigetto della domanda proposta contro la società di assicurazione, somma quest’ultima da ritenere dovuta in quanto collegata all’accertato inadempimento professionale.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre l’avv. F.R. con atto affidato a tre motivi.

La società S.N. e soci non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione dell’art. 2236 c.c. e dell’art. 1176c.c., comma 2, nonchè dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente la responsabilità professionale nonostante non vi fosse un nesso di causalità tra il comportamento omissivo del professionista ed il rigetto della domanda contro la società di assicurazione.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’art. 2229 c.c. e dell’art. 2233 c.c., comma 1, per avere la sentenza ritenuto inesistente il diritto del professionista al pagamento del compenso professionale, pur avendo escluso l’esistenza di una negligenza tale da causare il danno lamentato.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte di merito condannato l’avv. F. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio pur in presenza di un accoglimento molto limitato della domanda e, quindi, di una sostanziale reciproca soccombenza.

4. Il primo ed il secondo motivo, benchè tra loro diversi, possono essere trattati congiuntamente, e sono entrambi fondati.

La sentenza impugnata, pur avendo evidenziato alcune negligenze professionali imputabili all’avv. F. nella causa nella quale egli aveva assistito la società S.N., ha poi rigettato la domanda risarcitoria avanzata da quest’ultima, limitandosi a riconoscere soltanto l’insussistenza del diritto al compenso professionale.

Costituisce acquisizione pacifica nella giurisprudenza di questa Corte, alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuità, il principio per cui l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. può essere opposta dal cliente all’avvocato che abbia violato l’obbligo di diligenza professionale, purchè la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del primo, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole del giudizio ed essendo contrario a buona fede l’esercizio del potere di autotutela ove la negligenza nell’attività difensiva, secondo un giudizio probabilistico, non abbia pregiudicato le possibilità di vittoria (v. le sentenze 5 luglio 2012, n. 11304, 15 dicembre 2016, n. 25894, e 22 marzo 2017, n. 7309). Ancora più di recente, poi, si è ribadito che “nell’ipotesi in cui un’azione giudiziale svolta nell’interesse del cliente non abbia potuto conseguire alcun risultato utile, anche a causa della negligenza o di omissioni del professionista, non è solo per questo ravvisabile un’automatica perdita del diritto al compenso da parte del professionista, ove non sia dimostrata la sussistenza di una condotta negligente causativa di un effettivo danno, corrispondente al mancato riconoscimento di una pretesa con tutta probabilità fondata” (ordinanza 21 giugno 2018, n. 16342).

La Corte d’appello non ha fatto buon governo di tali principi perchè, mentre da un lato ha riconosciuto la sostanziale irrilevanza delle negligenze imputate all’avv. F. – sul rilievo che la società appellata non aveva in alcun modo precisato, neppure in appello, quale fosse l’entità del danno realmente subito – ha poi, contraddittoriamente, negato il diritto del professionista al compenso; condannando per di più il medesimo alla rifusione della somma di Euro 2.598,40 (probabilmente pari alla condanna alle spese subita dalla società S.N. nel giudizio patrocinato dall’avv. F.). Ne consegue che, data l’ininfluenza delle negligenze, la Corte di merito avrebbe dovuto indagare in modo chiaro e preciso sulle ragioni per le quali ha negato il diritto al compenso professionale, apparendo l’eccezione di inadempimento impropriamente applicata.

2. Il terzo motivo rimane assorbito.

3. In conclusione, sono accolti il primo ed il secondo motivo, con assorbimento del terzo.

La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, affinchè riesamini la questione alla luce delle indicazioni contenute nella presente pronuncia.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese dell’odierno giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

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