Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25463 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. I, 10/10/2019, (ud. 09/09/2019, dep. 10/10/2019), n.25463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24360/2018 proposto da:

O.K., elettivamente domiciliato in Roma Via S.

Cansacchi, 11 presso lo studio dell’avvocato Caporilli Valentina che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Scalco Erica;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento

Protezione Internazionale Roma;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 01/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/09/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Roma sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 3/7/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma in ordine alle istanze avanzate da O.K. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma di essere fuggito dal proprio paese in quanto tutta la sua famiglia (padre, madre e sorella) era stata uccisa da sicari che volevano impossessarsi della sua terra dove vi era il petrolio.

Avverso il decreto del Tribunale di Roma ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 nonchè D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, nonchè alla valutazione delle dichiarazioni rese giudicate poco attendibili in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 7 e art. 14, lett. B) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria nonostante le condizioni sociopolitiche del paese di origine.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. C) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto il Tribunale, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

I motivi di ricorso, pur rubricati sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contengono in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto diretti a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente.

Il Tribunale di Roma ha confermato il provvedimento della Commissione Territoriale ritenendo non credibili le affermazioni del ricorrente in quanto incoerenti, inattendibili ed inverosimili.

In ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali della persona tenuto anche conto della concreta possibilità di accesso alla protezione interna da pericoli derivanti da soggetti non statuali, non risultando dimostrata la sua assenza. Inoltre il Tribunale ha comunque indagato e verificato, sulla base del rapporto internazionale indicato in motivazione e citando le fonti di informazione, che la situazioni del paese di origine in generale e quella della zona di provenienza del ricorrente non comportano il rischio di un danno grave derivante da violenza indiscriminata.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale relativo alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Del tutto generica, comunque si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal Tribunale di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva del Ministero.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non essendo il ricorrente stato ammesso al gratuito patrocinio a carico dello Stato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima della Corte di Cassazione, il 9 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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