Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2546 del 31/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.31/01/2017), n. 2546
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19087/2015 proposto da:
L.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI
RIENZO 212, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO BRASCA, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Z.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORRI IN
SABINA 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LOTTA,
rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO DI GIACOMO;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata il
15/05/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
17/11/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;
udito l’Avvocato Domenico Di Giacomo.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che il Consigliere designato ha depositato, in data 3 maggio 2016, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Il Tribunale di Avellino, con ordinanza in data 15 maggio 2015, emessa ai sensi della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28, D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 14 e art. 702-bis c.p.c., ha accolto la domanda dell’Avv. Z.C. e ha condannato l’Avv. L.G., contumace, al pagamento, in favore dell’attore, a titolo di competenze professionali per l’attività prestata in un giudizio civile svoltosi dinanzi allo stesso Tribunale, della somma di Euro 2.804,98, oltre accessori.
Per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Avellino l’Avv. L.G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 13 luglio 2015, sulla base di quattro motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso.
Il primo motivo – con cui si contesta la ritualità della dichiarazione di contumacia in ragione della dedotta nullità della notifica – appare infondato, giacchè il ricorso introduttivo è stato ritualmente notificato presso lo studio professionale ove la convenuta esercita l’attività di avvocato a mezzo raccomandata ricevuta, in data 23 gennaio 2014, dal padre convivente della stessa, a nulla rilevando che la grafia della sottoscrizione ivi apposta per ricevuta sia illeggibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27 aprile 2010, n. 9962).
Il secondo ed il terzo motivo, concernenti l’asserita incompetenza del Tribunale di Avellino, per ragioni di valore e di territorio, sono, ad avviso del relatore, infondati, perchè tale eccezione avrebbe dovuto essere sollevata nel giudizio di merito, nell’osservanza dei tempi di deduzione di cui all’art. 38 c.p.c..
Il quarto motivo – relativo all’errata applicazione delle tabelle di liquidazione onorari, perchè effettuata, ai fini dell’individuazione dello scaglione applicabile secondo il D.M. n. 127 del 2004, tenendo conto del disputatum e non del decisum – appare infondato, venendo qui in gioco il rapporto tra professionista e cliente, e non la condanna al rimborso delle spese a carico della parte soccombente.
Il ricorso, ad avviso del relatore, può essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi rigettato.”
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che il ricorso deve essere rigettato;
che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il .U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 1.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 17 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017