Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25459 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25459 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso 24152-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
2205

SOCIETA’

CISTELAIER SPA con socio unico

(già

CISTELAIER SRL) in persona dell’Amministratore Unico,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUIGI LUCIANI
42, presso lo studio dell’avvocato LORENZA ROBERTA
LEONE, rappresentato e difeso dagli avvocati LEONE

Data pubblicazione: 13/11/2013

GREGORIO, FONTANA VALERIA GRAZIA BRUNA giusta delega a
margine;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 102/2010 della COMM.TRIB.REG.
di GENOVA, depositata il 05/07/2010;

udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO che ha
chiesto raccoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato LEONE che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

Cistelaier s.p.a. effettuava due operazioni di importazione di semilavorati

dichiarati in dogana con bolletta IM14 n. 1181/M del 4.7.2002 come “fogli
e nastri su supporto di rame rinforzati con fibre di vetro” (copper clad
laminate), e con bolletta IM/4 n. 471/A del 3.9.2002 come “fogli di
politetrafluoroetilene contenenti ossido di alluminio o diossido di titanio
come carica o rinforzati con tessuto in fibre di vetro ricoperti su entrambi i
lati con un foglio di rame”, in entrambe le operazioni le merci venivano
classificate con la voce TARIC 7410 2100 10 con aliquota daziaria in
sospensione.
L’ufficio circoscrizionale di Genova della Agenzia delle Dogane in esito
a controllo a posteriori delle bollette doganali notificava alla società avvisi
di accertamento suppletivi ed in rettifica per il recupero del dazio pari al
5,2%, irrogando le relative sanzioni pecuniarie ai sensi dell’art. 303 comma
3 TULD, ritenendo errata la classificazione tariffaria in quanto i
semilavorati per circuiti stampati importati non contenevano
politetrafluoroetilene (PTFE “teflon”) come indicato specificamente nella
voce del NC 7410 2100 10 (“fogli o lastre di politetrafluoroetilene,
contenenti ossido di alluminio o diossido di titanio come carica o
rinforzate con tessuto in fibre di vetro, ricoperte su entrambi i lati con un
foglio di rame”), dunque dovendo essere riclassificati nella diversa voce
TARIC “altri” contraddistinta dal NC 7410 2100 90 e soggetta a dazio.

Gli avvisi in revisione erano opposti dalla società avanti la CTP di
Genova e la sentenza di primo grado, favorevole all’Ufficio doganale,
1
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Stefa

per circuiti stampati, prodotti dalla ITEQ Corporation con sede in Taiwan,

veniva integralmente riformata dalla Commissione tributaria della regione
Liguria che, con sentenza 5.7.2010 n.102, previa disamina della evoluzione
della normativa comunitaria in materia, accoglieva l’appello proposto dalla
società rilevando che: quanto alla importazione di cui alla bolletta 1M/4 n.
471/A l’avviso di rettifica era illegittimo atteso che la società aveva
designato correttamente la merce secondo la voce doganale corrispondente;

doganali, rispettivamente indicata dalla società e ritenuta dall’Ufficio,
presentavano margini di incertezza interpretativa; la ditta importatrice
aveva maturato un legittimo affidamento sulla correttezza della
classificazione tariffuria indicata al momento delle importazioni, in quanto,
in relazione a precedenti operazioni condotte nel 1998 e nel 2001 da altre
ditte ma su prodotti provenienti dallo stesso fornitore e con caratteristiche
analoghe se non identiche a quelli importati da Cistelaier s.p.a., le relazioni
di esame dei campioni di merce redatte dal Laboratorio chimico di Venezia
avevano concluso per tale classificazione; ricorreva il presupposto
dell’errore imputabile alla autorità doganale di cui all’art. 220, paragr. 2,
punto b) del reg. CEE n. 2913/92 (nel testo modificato dal reg. CE n.
2700/2000 applicabile ratione temporis) in quanto dai documenti
commerciali presentati in dogana risultava che la merce era costituita da
“copper clad laminate” e dunque l’Ufficio avrebbe dovuto rilevare
immediatamente che nel prodotto era assente il “teflon”: accettando le
bollette di importazione aveva quindi indotto la ditta in errore senza che
questa potesse scoprirlo “fidando su quanto avvenuto in occasione delle
precedenti importazioni” ed avendo osservato tutte le disposizioni
concernenti la presentazione delle merci in dogana.

La sentenza, non notificata, è stata ritualmente impugnata dalla Agenzia
delle Dogane con tre mezzi ai quali ha resistito con controricorso la società.
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RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

quanto alla importazione di cui alla bolletta IM/4 n. 1181/M le voci

Motivi della decisione

0. La eccezione di giudicato interno parziale proposta dalla società
resistente sul presupposto della omessa specifica impugnazione con i
motivi di ricorso per cassazione del capo della sentenza di appello

pecuniarie per l’illecito doganale previsto dall’art. 303 TULD (sanzione
irrogata contestualmente all’avviso di accertamento del dazio) è infondata.
Se non appare dubbio che la obbligazione tributaria avente ad oggetto il
debito daziario e la obbligazione derivante da cndtta lecita avete ad oggetto
il pagamento della sanzione pecuniaria integrano differenti rapporti
giuridici cui corripondono distinte pretese, rispetto alle quali si configura
una ipotesi di connessione di cause che legittima la riunione nel medesimo
processo, rileva il Collegio che la identità in entrambe del presupposto
fattuale (importazione di merci dichiarate non corrispondenti a quelle
accertate dall’Ufficio doganale) determina tra le stesse un nesso di
pregiudizialità (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 14814 del 04/06/2008) tale
per cui l’accertamento di detto presupposto nella causa pregiudicante
(obbligazione tributaria) riverbera automaticamente nella causa
pregiudicata (obbligazione sanzionatoria), con la conseguenza che in caso
di opposizione proposta -come nella specie- avverso un provvedimento
amministrativo plurimo, i motivi di ricorso concernenti il presupposto
unitario (salvo eventuale limitazione che deve essere espressamente
dichiarata dalla parte ricorrente) debbono intendersi rivolti alla
impugnazione tanto della pretesa impositiva quanto della pretesa
sanzionatoria.
Il rapporto di pregiudizialità/dipendenza tra le cause indicate trova
riscontro, peraltro, nella stessa condotta processuale dall’attuale resistente,
laddove —come si evince dalla lettura della sentenza di appello- la società
3
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

concernente l’annullamento del provvedimento irrogativo delle sanzioni

aveva impugnato la decisione di primo grado sostenendo la inapplicabilità
della contabilizzazione a posteriori stante la buona fede dell’operatore
economico che aveva fatto affidamento su precedenti errate determinazioni
dell’autorità doganale e stante la scarsa chiarezza delle norme doganali
(censurando la decisione di prime cure per violazione dell’art. 303 TULD –

resistente- soltanto “in via subordinata”), con ciò palesando chiaramente
che la richiesta di annullamento del capo della sentenza di primo grado
relativo al debito daziario comportava anche quella di annullamento -per
effetto di automatica cauducazione- del capo concernente la irrogazione
della sanzione doganale.

0.1 Orbene nella sentenza di appello non è contenuta alcuna espressa
statuizione concernente le sanzioni pecuniarie: la CTR, correttamente, non
ha esaminato i motivi di gravame proposti dalla società in via subordinata,
in quanto, avendo accolto l’appello e dichiarato la insussistenza della
obbligazione doganale (motivando esclusivamente in ordine alla prteesa
tributaria), ha implicitamente esteso la pronuncia di annullamento del
provvedimento impugnato anche alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie,
attesa la inconfigurablità della condotta illecita contestata in assenza di
obbligazione tributaria).
La Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso per cassazione censurando
le “rationes decidendi” della sentenza di appello in ordine all’accertata
insussistenza della obbligazione doganale, e concludendo per la integrale
cassazione della sentenza impugnata.
Deve conseguentemente ritenersi che la Agenzia ricorrente ha inteso
investire la decisione di secondo grado anche in ordine alla pronuncia di
annullamento del provvedimento irrogativo, vertendo la controversia
unicamente sul medesimo presupposto comune ad entrambi i rapporti
obbligatori.
4
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

st

Stefano

en

con ulteriori motivi di gravame, tuttavia non specificati dalla CTR nè dalla

1. Con il primo motivo la Agenzia fiscale deduce il vizio di insufficiente
motivazione ex art. 360co1 n 5 c.p.c. sul fatto decisivo e controverso
concernente l’errore attivo dell’Ufficio doganale, ritenuto dalla CTR
rilevante ai fini della applicazione del divieto di contabilizzazione a

1.1 Sostiene la Agenzia che l’errore attivo, rilevante ai fini della
applicazione della norma comunitaria, deve essere tale da configurare una
relazione di causalità giuridica tra la condotta commissiva tenuta
dall’Ufficio e la omessa od inesatta contabilizzazione del dazio, con la
conseguenza che tale errore deve realizzarsi nell’ambito della stessa
operazione doganale oggetto di controversia, ovvero può attenere anche a
precedenti e diverse operazioni doganali, in tal caso potendo ravvisarsi la
richiesta incidenza causale soltanto nel caso in cui l’errore attivo commesso
dalla autorità doganale inducente in inganno l’operatore si riferisca a
merci della stessa specie e si caratterizzi come prassi interpretativa costante
e prolungata nel tempo, solo a tali condizioni potendo essere suscettibile di
ingenerare un affidamento incolpevole.
Nella specie tali condizioni non erano state affatto considerate dalla CTR
che si era limitata ad attribuire rilevanza ad interpretazioni classificatorie
relative a merci di cui non vi era prova di identità di specie e comunque
sporadiche e risalenti nel tempo.
Quanto alla statuizione relativa all’annullamento dell’avviso di rettifica
concernente la bolletta IM14 n. 471/A del 3.9.2002 , l’Agenzia rilevava che
la CTR aveva omesso di considerare che dal processo verbale di revisione
(trascritto a pag. 10 ed 11 ricorso) allegato all’avviso di rettifica e prodotto
nei gradi di merito risultava che all’esito delle ulteriori indagini svolte
dall’Ufficio doganale, mediante acquisizione -dal sito web della ditta
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RG n.24152/201I
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Stefa

.est.
livieri

posteriori previsto dall’art. 220 paragr. 2 lett. b) del reg. 2913/1992 CDC.

produttrice ITEQ Corporation- di informazioni sulla composizione della
merce importata, era emerso che anche il prodotto descritto nella bolletta
doganale n. 471/A era privo di politetrafluoroetilene, in quanto costitutio
invece da “fogli o lastre di resina epossidica ricoperti su entrambi i lati
con un foglio di rame”, e tale circostanza non era mai stata contestata dalla

2. Con il secondo motivo la sentenza di appello viene impugnata per
vizio di violazione dell’art. 220 CDC in relazione all’art. 360co 1 n. 3)
c.p.c..
La Agenzia sostiene che nella specie la CTR ha erroneamente ritenuto di
riconoscere la buone fede della ditta importatrice, quando la stessa doveva
invece ritenersi esclusa in considerazione della incompleta descrizione,
nella dichiarazione di importazione (DAU) della qualità delle merce
importata denominata soltanto come Copper Clad Laminate (CCL) senza
alcuna indicazione delle caratteristiche del “supporto” ricoperto dalla lastra
di rame, elemento essenziale ai fini della classificazione tariffaria, e che è
stato possibile individuare soltanto nella successiva fase di controllo,
attraverso le indicazioni apprese dal sito web della ditta fornitrice (ITEQ
Corporation) da cui emergeva che tale “supporto” era costituito da fibra di
vetro rinforzata con resina epossidica (woven glass reinforced expocy
resin), circostanza incontestata e ben nota alla ditta importatrice che,
pertanto, non poteva avanzare alcuna incertezza sulla inapplicabilità a tale
prodotto del codice tariffario che beneficiava della sospensione del dazio.

3. Con il terzo motivo la Agenzia delle Dogane censura la sentenza della
CTR per vizio di insufficiente motivazione sul fatto decisivo e controverso
concernente la affermata “incertezza normativa” in ordine alla esatta
classificazione doganale della merce.
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RG n.24152/20I 1
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

.est.
Stefano ivieri

ditta importatrice nel corso del giudizio.

Rileva la ricorrente che la argomentazione della CTR secondo cui la
necessità della previsione di una specifica voce 7410 2100 30 relativa a
prodotti con resina epossidica confermerebbe che la voce 7410 2100 10
“non era tanto chiara da escludere che i prodotti in questione potessero
essere classificati in quella voce”, risulta smentita dalla disciplina
comunitaria vigente al tempo delle importazioni e specificamente dal reg.

della sospensione daziaria beneficiassero soltanto i prodotti con “supporti
in teflon”, con la conseguenza che difettava nella specie quella condizione
di oggettiva impossibilità -all’esito di un procedimento ermeneutico
corretto- di individuazione della norma applicabile, che soltanto poteva
configurare -secondo la giurisprudenza di questa Corte- una incertezza
normativa tale da giustificare un errore incolpevole del contribuente.

4. I motivi debbono ritenersi fondati nei limiti di seguito precisati.

5. Quanto al primo e secondo motivo, da trattare congiuntamente in
quanto attinenti all’accertamento delle condizioni di esclusione del
controllo a posteriori per omessa o inesatta applicazione del dazio, occorre
premettere che l’art. 220, paragr. 2, punto b) del reg. CEE n. 2913/92 (nel
testo modificato dal reg. CE n. 2700/2000 applicabile “ratione temporis”)
dispone che non si procede a contabilizzazione a posteriori quando
l’importo del dazio non è stato liquidato

“per un errore della autorità

doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore,
avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste
dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione alla dogana”e
sempre che risulti dimostrata la “buone fede” del debitore, dovendo questi
“dimostrare che, per la durata delle operazioni commerciali in questione,
ha agito con diligenza per assicurarsi che sono state rispettate tutte le
condizioni per il trattamento preferenziale” (la prova della buona fede rimane,
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RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

CE n. 2264/2002 entrato in vigore in data 1.1.2003 che precisava come

tuttavia, esclusa dalla pubblicazione sulla GUCE di avvisi che segnalino fondati
dubbi sulla corretta applicazione del regime preferenziale da parte del Paese
beneficiario).

5.1 Più in generale l’art. 220 paragr. 2 CDC è da considerarsi il referente
normativo del principio di tutela del legittimo affidamento che, secondo la

sentenze Corte giustizia in data 1.4.1993, causa C-250191, Hewlett Packard
France; Corte giustizia dell’11.11.1999, causa C-48/98, Sohl e Solke; Corte
giustizia del 22.6.2006, in causa C-419/04, Conseil generai de la Vienne;
Tribunale prima istanza dell’ 8.10.2008, causa T-51/07, Agrar Invest-Tatschl
GmbH; Corte giustizia UE 15.12.2011, causa C-409/10, Hauptzollamt HamburAfasia Knits, punto 47, che richiama le sentenze in data 14.5.1996 cause riunite
C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood; in data 3.3.2005 in causa C-499/03 , Biegi
Nahrungsmittel e Commonfood c/ Commissione , punto 46; in data 18.10.2007 in
causa C-173/06 Agrover, punto 30) può ravvisarsi le volte in cui venga

accertato il concorso delle seguenti condizioni:

l’importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per
un errore della autorità doganale

– tale errore non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore

quest’ultimo ha agito in buona fede
tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla
dichiarazione in dogana sono state rispettate.

5.2 Tanto premesso, occorre distinguere nel caso di specie l’errore
commesso dall’Ufficio doganale con la accettazione delle dichiarazioni di
importazione della merce classificata con codice TARIC in sospensione
daziaria, presentate da Cistelaier s.p.a., dall’errore in cui sarebbero -in
ipotesi- incorse, in altre precedenti operazioni di importazione, le autorità
doganali che, dopo aver sottoposto ad esame presso il Laboratorio chimico
di Venezia campioni delle merci importate nel 1998 da ITEQ Corporation
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RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Stefa

ns.est.
ivieri

costante interpretazione della norma fornita dal Giudice comunitario (cfr.

(descritte come “lastre sottili di lame raffinato fissate su entrambi i lati di un
supporto rinforzato con fogli in tessuto in fibre di vetro “) e nel 2001 dalla ditta

Melandri (descritte come “lastre sottili di rame raffinato fissate su un supporto
rinforzato con fogli in tessuto in fibre di vetro”), hanno ritenuto di classificare

tali merci con il cod. 7410 2100 10: se le merci esaminate in laboratorio
dovessero, infatti, ritenersi identiche a quelle importate da Cistelaier s.p.a.

statuizione che non risulta specificamente impugnata dalla Agenzia fiscale),

e

dunque risultassero anch’esse prive di supporto in “teflon”, la
classificazione daziaria operata da quelle autorità doganali dovrebbe
certamente considerarsi errata.
La CTR ligure ha accomunato le due distinte tipologie di errore sopra
indicate sotto il comune denominatore del

“comportamento

dell’Amministrazione doganale in occasione della importazione delle merci
di che trattasi”, dovendo tuttavia essere tenuta distinta la nozione di “errore
attivo” riferibile alla condotta commissiva dell’Ufficio (implicante atti e
condotte della autorità doganale che rivestono diretta incidenza causale
sulla omessa od inesatta liquidazione del dazio alla importazione) dalla
condizione di “buona fede” dell’operatore che trova fondamento nella non
riconoscibilità dell’errore (e che può essere ingenerata, a talune condizioni,
anche da atti e prassi tenute dalla autorità doganale in relazione a distinte
operazioni e nei confronti di operatori economici diversi).

5.3 L’ “errore attivo”, rilevante ai fini della applicazione dell’art. 220
paragr. 2 lett. b) CDC, può essere, infatti, ravvisato soltanto in quello
commesso dall’Ufficio doganale competente alla accettazione delle merci
importate da Cistelaier s.p.a., non intervenendo le precedenti
determinazioni -anche ove assunte dalla medesima autorità doganale- rese nei
confronti di operatori diversi, quali atti strumentali o presupposti, tanto
meno dotati di efficacia vincolante, nel procedimento di importazione
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Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Stefa

est.
livieri

(circostanza oggetto di accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito con

concernente le merci oggetto della presente controversia (cfr. in senso
analogo è stata affermata la irrilevanza, ai fini del legittimo affidamento ex art. 5 n. 2
reg. CEE n.1697179 -successivamente ripreso dall’art. 220 CDC-, dell’errore di
liquidazione del dazio commesso dalla autorità doganale di un altro Stato membro in
relazione ad operazioni doganali condotte dal medesimo soggetto e concernenti lo
stesso genere merceologico: Corte giustizia in data 1.4.1993, causa C- 250/91,

amministrative delle autorità doganali, tenute in relazione ad operazioni di
importazione -diverse da quelle oggetto della presente causa- condotte da altri
operatori economici, possono invece rilevare ai fini dell’accertamento
dell’altra condizione di esonero dal controllo a posteriori costituita dalla
“buona fede” dell’operatore (con riguardo alle circostanze giustificative
della non rilevabilità dell’errore attivo).
Tanto premesso, rileva il Collegio che, secondo la interpretazione fornita
dalla Corte di Lussemburgo, l’ “errore attivo” imputabile all’Ufficio
doganale, da individuarsi nel caso di specie nella accettazione delle bollette
senza alcuna obiezione sulla classificazione doganale delle merci effettuata
dall’operatore economico nelle dichiarazioni di importazione, può
configurarsi soltanto qualora : a) l’operatore abbia designato chiaramente
ed espressamente la merce “secondo le specificazioni della nomenclatura a
lato della voce doganale dichiarata”, fornendo tutti i dati completi per
identificare la merce secondo il proprio regime doganale (obbligo di condotta
riconducibile, peraltro, al dovere di diligenza cui è tenuto l’operatore nell’osservare
le disposizioni che disciplinano il procedimento di importazione); b) l’autorità

doganale -che esegue il controllo a posteriori sulle importazioni effettuate in un
determinato periodo dal medesimo operatore- non abbia sollevato obiezioni in

ordine alla classificazione tariffaria dichiarata dall’operatore economico “malgrado il numero e l’importanza delle importazioni”- sebbene fosse
possibile rilevare la oggettiva difformità delle caratteristiche merceologiche
dei prodotti rispetto a quelle individuate nella classificazione doganale in
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Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Stefa

s.est.
livieri

Helwett Packard France, punti 15-18). Tali determinazioni e precedenti prassi

base al mero raffronto cartolare “tra la voce doganale dichiarata e la
designazione espressa delle merci secondo quanto disposto dalla
nomenclatura”, e dunque senza che si rendesse necessaria la acquisizione
di ulteriori e nuovi elementi di indagine, come ad esempio nel caso della
esecuzione di prove di laboratorio o verifica diretta della merce (cfr. Corte

5.4 Tali condizioni sono state erroneamente ravvisate nel caso di specie
dalla sentenza di appello, laddove viene affermato che, se elemento
individuante il codice TARIC 7410 2100 10 era il supporto in
politetrafluoroetilene, allora dalle dichiarazioni di importazione
“correttamente compilate” da Cistelaier s.p.a. risultava evidente, senza
necessità di ulteriori controlli, che la descrizione della merce non
corrispondeva al codice tariffario indicato.

5.5 Tale affermazione -limitata peraltro alla sola bolletta doganale IM14
n. 1181/M- deve ritenersi inficiata nella premessa dello schema logico
deduttivo, in quanto la asserita correttezza dei dati indicati dall’operatore
rimane smentita dalla imprecisa descrizione delle merce (“fogli e nastri su
supporto di rame rinforzati con fibre di vetro”: cfr. sentenza CTR, motiv.
pag. 8) riportata nella dichiarazione di importazione (DAU) e nei
documenti commerciali allegati

(“Copper Ciad Laminate”):

tale

descrizione non assolve affatto al requisito di conformità della indicazione
delle caratteristiche individuanti ad una delle voci della nomenclatura
combinata, risultando al contrario del tutto equivoca proprio la descrizione
del prodotto (non è dato chiarire, infatti, se la componente “rame” si
riferisca ai “fogli e nastri” -come sembrerebbe ipotizzabile dalla definizione
riportata nei documenti commerciali-, od invece al “supporto”, in entrambi i

casi rimanendo ignota la composizione dell’altro elemento del
semilavorato), non essendo dato desumere se il semilavorato abbia
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RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

giustizia 1.4.1993, Helwett, cit., punti 19-21).

componenti realizzate in “teflon”, che costituisce l’elemento specificativo
della merce classificata con il codice TARIC 7410 2100 10. La descrizione
del prodotto fornita dall’operatore nella dichiarazione di importazione non
rispondeva, pertanto, al requisito di evidenza oggettiva delle cartteristiche
merceologiche tale da consentire immediatamente la verifica di difformità
del prodotto dalla voce doganale dichiarata, essendo con certezza risultato

accertamenti sulla qualità e le caratteristiche della merce importata
effettuati sulla scorta delle informazioni acquisite presso il sito web della
ditta taiwanese produttrice del semilavorato.

5.6 Orbene premesso che il criterio decisivo per la classificazione
doganale delle merci deve essere ricercato in generale nelle loro
caratteristiche e proprietà oggettive, quali definite nel testo della “voce
doganale” e delle “note” delle sezioni o dei capitoli della nomenclatura
combinata di cui all’All. I del regolamento CEE n. 2658/1987 e succ. mod.
(cfr. Corte giustizia 18.7.2007, causa C-142106, Olicom; Corte giustizia
2.11.2008, causa C-375/07, Heuschen & Schrouff Oriental Foods Trading BV),

osserva il Collegio che, se dalla definizione della “voce doganale”
emergono in modo inequivoco gli elementi individuatori del prodotto (tra
cui, nella specie, il “politetrafluoroetilene”), la ditta importatrice che
indichi nel DAU caratteristiche generiche od incomplete della merce (nella
specie non specificando la composizione in “politetrafluoroetilene” o teflon del
supporto, come previsto alla sottovoce TARIC 10), attribuendo consapevolmente

un codice tariffario non corrispondente alle reali proprietà merceologiche
del prodotto importato (in quanto il semilavorato non presenta un supporto in
teflon ma in fibra di vetro rinforzata con resina epossidica), da un lato, non può

ritenersi correttamente adempiente agli impegni assunti con la
presentazione delle merci in dogana ai sensi dell’art. 199 del reg. CEE n.
2454/1993 (recante disposizioni di esecuzione del CDC) in ordine alla
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RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Ckik esl.
Stefano
ieri

assente il “teflon” dai prodotti importati, soltanto a seguito degli ulteriori

”esattezza” delle indicazioni riportate nella dichiarazione; dall’altro non
può invocare la propria “buona fede” sull’errore dell’autorità doganale che
ha accettato senza contestazioni le predette dichiarazioni di importazione
recanti la indicazione del codice tariffario errato, atteso che detto errore di
per sé non vale ad elidere la piena consapevolezza da parte dell’operatore,

corrispondenza qualitativa tra la merce effettivamente importata e la voce
doganale in sospensione daziaria indicata nel DAU, venendo quindi meno
l’elemento essenziale -ai fini del non assoggettamento al controllo a
posteriori- della non riconoscibilità dell’errore commesso dall’Uffico
doganale.
Palesemente viziata sotto il profilo logico, per inconferenza, deve poi
ritenersi la statuizione della sentenza di appello -concernente la bolletta
doganale IM14 n. 471/A- che ha ritenuto illegittimo l’avviso suplettivo e di
rettifica in quanto la ditta importatrice aveva fornito nella dichiarazione di
importazione una descrizione del prodotto corrispondente a quella della
voce tariffaria 7410 2100 10, atteso che la questione controversa devoluta
al Giudice di appello, e che questi era chiamato a decidere, concerneva
proprio la mancanza di corrispondenza tra le qualità della merce dichiarate
dalla società all’importazione e la reale composizione del prodotto
accertata, invece, dall’Ufficio doganale.

5.7 Escluso quindi che la mera accettazione delle bollette doganali
presentate alla importazione dalla società resistente possa integrare l’errore
preclusivo della contabilizzazione a posteriori di cui all’art. 220 paragr. 2
lett. b) del CDC, occorre esaminare anche l’altra “ratio decidendi” della
sentenza di appello posta a fondamento dell’accertamemto del legittimo
affidamento della società importatrice. In relazione alla “buona fede”
dell’operatore economico -quale oggettiva impossibilità, per un professionista
esperto del settore, di riconoscere l’errore in cui è incorsa l’autorità doganale13
RG n.24152/20I I
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Co .est.
Stefano ivieri

la

al momento della presentazione delle merci in dogana, della mancanza di

CTR ligure ha inteso ravvisare tale condizione nel fatto che Cistelaier
s.p.a., “fidando” nella attribuzione del codice 7410 2100 10 a merci
precedentemente importate negli anni 1998 e 2001 da altre ditte, “non
poteva ritenere che vi fosse alcun errore nella classificazione delle merci”
dalla stessa importate, ed inoltre nel fatto che doveva ritenersi “innegabile
che le ripetute variazioni della classificazione doganale delle merci in

individuazione della voce doganale”.
La Agenzia fiscale impugna la sentenza sostenendo che gli episodi
relativi alle precedenti importazioni indicati dall’operatore difettavano dei
caratteri propri della prassi interpretativa costante e prolungata nel tempo,
con la conseguenza che non potevano ingenerare una legittima aspettativa
nella esatta classificazione doganale della merce (risultata invece errata),
tanto più che la CTR della Liguria non forniva alcuna certezza neppure
sulla identità dei prodotti oggetto delle precedenti importazioni, ed inoltre
(terzo motivo del ricorso) che la normativa comunitaria vigente al tempo
delle importazioni effettuate da Cistelair s.p.a. non presentava alcun
margine di complessità o di equivoco.

5.8 Osserva il Collegio che, secondo una costante giurisprudenza del
Giudice comunitario (cfr. sentenze Corte giustizia 14 maggio 1996, cause
riunite C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e altri; Corte giustizia 14.11.2002,
causa C-251/00 Ilumitronica; Corte giustizia 3.3.2005, causa C-499/03, Peter
Biegi e Commonfood) la rilevabilità da parte dell’operatore economico di un

errore commesso dalle autorità doganali competenti (che si riflette sulla
condizione di buona fede) deve essere valutata tenendo conto della “natura
dell’errore”, “dell’esperienza professionale”

degli operatori interessati e

“della diligenza” di cui questi ultimi hanno dato prova.
La “natura dell’errore”, si deve valutare alla luce della complessità
ovvero della sufficiente semplicità della normativa di cui trattasi (cfr.
14
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

C
.est.
Stefano ivieri

questione” avessero “potuto creare difficoltà agli operatori circa la esatta

sentenze

Corte giustizia 16 luglio 1992, causa C-187/91, Belovo,

Racc. pag. 1-4937, punto 18, e Faroe Seafood e a., cit., punto 100; Corte giustizia
C-250/91 , Helwett cit, punto 22; Corte giustizia 20.11.2008, causa C-38/07 P,
Heuschen & Schrouff Orientai Foods Trading BV, punto 42, che esclude la

ravvisabilità di una “complessità normativa” ove “il regolamento di classificazione,
direttamente applicabile ed obbligatorio in tutti i suoi elementi, descrive in maniera

e del lasso di tempo durante il quale le autorità hanno perseverato nel loro
errore (cfr. sentenze Corte giustizia 12 dicembre 1996, causa C-38/95, Foods
Import, Racc. pag. 1-6543, punto 30, e Ilumitrónica, cit., punto 56).

Quanto alla “esperienza professionale” dell’operatore la stessa richiede
di verificare se si sia in presenza o meno di un operatore economico di
professione, la cui attività consista essenzialmente in operazioni di
importazione ed esportazione, se lo stesso disponesse già di una certa
esperienza del commercio delle merci considerate, e se in precedenza abbia
effettuato operazioni analoghe per le quali i dazi doganali erano stati
calcolati correttamente (cfr. Corte giustizia 1.4.1993 causa C-250/91, Helwett
Packard France, punto 26).

Relativamente all’

“onere di diligenza” richiesto all’operatore

economico il Giudice comunitario ha precisato che non si conforma al
predetto canone la condotta dell’operatore che, pur in presenza di di un
regolamento di classificazione che “descrive in modo esplicito ed
inequivocabile le merci che devono essere classificate alla sottovoce”,
continua ad effettuare importazioni della propria merce sotto una voce NC
errata, “solo perchè tale classificazione è stata accettata” dalla
amministrazione doganale, accoratasi solo successivamente dell’errore
commesso, atteso che

“ammettere una negligenza siffatta finirebbe per

incoraggiare gli operatori a trarre profitto dagli errori delle autorità
doganali” (cfr. Corte giustizia 20.11.2008, causa C-38/07, Heuschen &
Schrouff, punti 62-64).

15
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Co est.
Stefa
livieri

esplicita e inequivocabile i prodotti che debbono essere classificati alla.. .sottovoce”)

5.9 Incontestato nella specie il requisito di professionalità dell’operatore
economico, la non riconoscibilità dell’errore commesso dalla autorità
doganale viene fondata dalla CTR ligure esclusivamente sulla prassi
amministrativa anteriore e sulla incertezza normativa determinata dalle
variazioni della voce doganale.

in quanto:

a) le “precedenti prassi” richiamate si riferiscono soltanto a due
sporadiche operazioni di importazione, una delle quali, peraltro,
risalente nel tempo (1998); la classificazione di quelle merci con il
codice 7410 2100 10 -asseritamente attribuito dalla autorità doganale
in assenza di “teflon” nei prodotti- non appare confortata da alcun
chiarimento interpretativo della voce doganale da partte del’Ufficio
finanziario, tale da giustificare negli altri operatori un legittimo
convincimento in ordine alla identificazione del semilavorato anche
se privo di “teflon” con quel codice TARIC anziché con la voce
“altri” del codice 7410 2100 90; la condotta dell’Ufficio relativa alle
due precedenti importazioni, non consente di ravvisare l’elemento
della continuità e della stabilità nel tempo di determinazioni
conformi della autorità doganale che è da ritenersi indispensabile per
ingenerare la fondata aspettativa sulla reiterazione futura di tale
prassi;

b) la “incertezza normativa”, ravvisata dalla CTR ligure, troverebbe
fondamento nella difficoltosa interpretazione dei regolamenti
comunitari succedutisi nel tempo: premesso che le norme
comunitarie in questione, succedutesi nel tempo, diversamente da
quanto ritenuto dai Giudici di appello, non avevano lo scopo di
16
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Co est.
ieri
Stefano

Entrambi gli argomenti motivazionali appaiono inficiati da vizio logico

fornire chiarimenti o correggere il contenuto equivoco di talune voci
tariffarie, ma soltanto quello di individuare nuovi prodotti -ovvero di
individuare i prodotti già designati nelle voci del nomenclatore
combinato- ai quali applicare la misura della sospensione
temporanea parziale o totale dei dazi autonomi della tariffa doganale
comune, occorre rilevare che le riclassificazioni doganali, disposte

in questione, o hanno apportato soltanto modeste modifiche alla
descrizione della merce, irrilevanti ai fini della questione
controversa. Ed infatti il reg. CE n. 1255/96 del Consiglio del
27.6.1996 ha inserito in sospensione daziaria la merce identificata
con il codice ex

7410 2100 10

“fogli o lastre di

politetrafluoroetilene, contenenti ossido di alluminio o diossido di
titanio, o rinforzate con tessuto di fibre di vetro, ricoperte su
entrambi i lati con un foglio di rame, oppure fogli di poliimmide,
ricoperte su un lato o su entrambi i lati con un foglio di rame”; il
reg. CE n. 1159/2001 del Consiglio in data 11.6.2001

(applicabile

dall’1.7.2001) ha mantenuto la sospensione daziaria della merce di cui

al codice ex 7410 2100 10 “fogli o lastre di politetrafluoroetilene,
contenenti ossido di alluminio o diossido di titanio come carica, o
rinforzate con tessuto di fibre di vetro, ricoperte su entrambi i lati
con un foglio di rame” , distinguendola dal codice ex 7410 2100 30
“foglio di poliimmide, anche contenente cariche: -metallizzato
mediante spruzza mento catodico con rame su un lato o su entrambi
i lati, -metallizzato mediante spruzzamento catodico con rame e
placcato su un lato o su entrambi i lati con rame raffinato o —
ricoperto su un lato o su entrambi i lati con un foglio di rame” ed ha
inserito, ai fini del beneficio predetto, anche la merce identificata con
il codice 7410 2100 20 “fogli o lastre di resina epossidica, ricoperte
su entrambi i lati con un foglio di rame, di spessore totale di 0,051
17
RG n.24152/201I
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Co
Stefano QiNieri

da tali regolamenti, o non hanno affatto interessato la voce tariffaria

mm o di 3,2 mm”; il successivo reg. CE n. 2499/2001 del Consiglio
in data 19.12.2001 (applicabile dall’1.1.2002) ha confermato la
sospensione daziaria per la merce di cui al codice ex 7410 2100 10 apportando una lieve modifica nella descrizione del prodotto- “fogli
o lastre di politetrafluoroetilene, contenenti ossido di alluminio o
diossido di titanio come carica, o rinforzate con tessuto di fibre di

il reg. CE n. 2264/2002 del Consiglio in data 19.12.2002
(applicabile a decorrere dall’1.1.2003) ha mantenuto nell’elenco dei

prodotti che beneficiavano della sospensione la merce predetta con
identico codice TARIC ed identica designazione. Orbene dall’esame
della normativa comunitaria emerge in modo evidente come alcun
equivoco od ambiguità abbia ingenerato sulla designazione della
merce in questione la evoluzione delle norme sulla sospensione
daziaria, non essendo mai venuta meno la associazione del codice
7410 2100 10 al materiale (“politetrafluoroetilene” o teflon) di cui
dovevano essere costituiti i fogli o le lastre, risultando pertanto del
tutto apodittica l’affermazione della CTR secondo cui le modifiche
legislative creavano per gli operatori professionali incertezze
applicative. Manifestamente errato è poi l’argomento fondato sulla
asserita difficoltà interpretativa della voce 7410 2100 30 “foglio di
poliimmide non contenente resina epossidica e/o fibre di vetro
metallizzato

55 :

premesso che tale designazione -che non

corrisponde a quella della originaria voce doganale, contraddistinta
dal medesimo codice TARIC, ed inserita dal reg. n. 1159/2001 in
sospensione daziaria- trova applicazione solo dall’anno 2003,
l’argomento addotto dai Giudice di merito secondo cui tale
previsione sarebbe sintomatica della necessità di risolvere una
incertezza interpretativa della voce 7410 2100 10 appare
palesemente inconferente, tenuto conto che nel caso controverso la
18
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Co
st.
Stefano OUIieri

vetro, ricoperte su entrambi i lati con un foglio di rame”, ed ancora

inapplicabilità della sospensione daziaria, non viene ricollegata alla
presenza o meno nel semilavorato di “resina epossidica”, quanto
piuttosto alla assenza -non contestata- del componente “teflon”.

5.10 Risulta dunque inficiata dal denunciato vizio logico la insufficiente
ricostruzione -compiuta dai Giudici territoriali- degli elementi della

difettando tanto l’elemento della realizzazione di una prassi amministrativa
-errata- conforme e perdurante nel tempo, quanto l’elemento della
“complessità normativa” generatrice di incertezza, valutata sia in relazione
alla possibile corretta rilevazione da parte di un operatore professionale
esperto -alla stregua della lettura del testo delle disposizioni normative- delle
caratteristiche della merce indicate nella designazione contenuta nella voce
doganale della nomenclatura combinata, sia in relazione ad eventuali
(inesistenti nel caso di specie) difficoltà interpretative oggettive evidenziate
da ripetuti interventi normativi volti a modificare gli elementi identificativi
della merce, ovvero da persistenti difformi significati attribuiti alla
designazione delle merci predette, dalle autorità doganali o ancora dalla
irrisolta insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il
procedimento d’interpretazione normativa, definito con metodo corretto,
operato dalla autorità giudiziaria (cfr. Corte eass. v sez. 11.9.2009 n. 19638;
id. V. Sez. 27.7.2012 n. 13457; id. V sez. ord. 11.2.2013 n.3245).

5.11 In conclusione la sentenza impugnata, incorrendo nei vizi di
legittimità denunciati, deve essere cassata.

6. La società resistente ha richiesto alla Corte di sospendere il processo
e rimettere ai sensi dell’art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia in via
pregiudiziale i quesiti formulati alle pagg. 33 e 34 del controricorso.
19
RG n24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Cons
Stefano O

fattispecie concreta integrante la “buona fede” dell’operatore economico,

6.1 Con il primo quesito la società intende richiedere alla Corte di
Lussemburgo se “un prodotto venduto come Copper Ciad Laminate (FR4)
e cioè fogli o nastri su supporti di rame rinfornzati con tessuto di fibra di
vetro con resina epossidica, sia corretto classificarlo alla sottovoce della
tariffa TARIC 7410 2100 10” alla stregua dei criteri interpretativi frniti
dalle regole di cui al punto 3 lett. a) e b) delle Disposizioni preliminari della

classificato nella voce doganale 7410 2100 90 in base alla regola
interpretativa sussidiaria di cui al punto 3 lett. c) della medesime
disposizioni “e ciò tenuto conto che i laminati in questione contengono
diversi elementi che caratterizzano la voce specifica per classificare la
merce nella sottovoce di tariffa 100 30”.

6.2 Premesso che “secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della
cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, stabilita dall’art. 267
TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la
controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda
decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze
della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una pronuncia
pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la
rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte” (cfr. sentenze Corte di
giustizia 14 dicembre 2006, causa C-217105, Confederación Espailola de
Empresarios de Estaciones de Servicio, punto 16; id. 2 aprile 2009, causa
C-260107, Pedro IV Servicios, punto 28: id. 7.12.2010, causa C-439/08, VEBIC,
punto 41: ed è appena il caso di rilevare che fin dalla sentenza della Corte giustizia
6.10.1982 causa C-283/81, CILFIT s.r.1., punto 10 -avente ad oggetto la
interpretazione dell’art. 177 del Trattato CE di Roma del 1957, trasfuso nell’art. 234
del Trattato UE di Maastricht del 1992, e quindi nell’attuale art. 267 del TFUE- è
stato chiarito che l’ “obbligo” di rimessione della questione pregiudizionale statuito
nei confronti del giudice nazionale le cui decisione non siano impugnabili
nell’ordinamento interno, non implicava una “deminutio” rispetto all’ambito di
20
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Nomenclatura combinata, ovvero se tale prodotto debba invece essere

discrezionalità riservata agli giudici nazionali in ordine alla valutazione della
necessità di una pronuncvia pregiudiziale sulla questione di interpretazione delle
norme comunitarie sollevata da una della parti in giudizio: “…tali giudici non sono
pertanto tenuti a sottoporre alla Corte una questione di interpretazione delle norme
comunitarie sollevata dinanzi ad essi se questa non è pertinente, vale a dire nel caso
in cui la sua soluzione, qualunque essa sia , non possa in alcun modo influire

introduce una questione del tutto nuova che esula dall’oggetto del giudizio
devoluto alla cognizione dei Giudici di merito interamente ed
esclusivamente incentrato sulla applicabilità alla fattispecie concreta
(definita “ab origine” dal presupposto incontestato che la merce importata
non rispondeva alle caratteristiche individuate nella designazione della voce
doganale 7410 2100 10, difettando il semilavorato della componente
essenziale costituita dal “politetrafluoroetilene”) della disposizione dell’art.
220 paragr, 2 lett. b) del reg. CEE n. 2913/1992 nel testo modificato dal
reg. CE n. 2700/2000, rimanendo pertanto preclusa alla parte resistente, in
considerazione dei limiti entro cui deve svolgersi il sindacato di legittimità,
la possibilità di un surrettizio ampliamento del “thema decidendum”
attraverso lo strumento della questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE,
tenuto conto altresì che, per conosldiata giurisprudenza della Corte di
giustizia questa

“può rifiutare di pronunciarsi su una questione

pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale quando, in particolare,
risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione
richiesta dal giudice nazionale non ha alcuna relazione con la realtà o con
l’oggetto della causa principale…” (cfr. Corte giustizia sentenza 7 gennaio
2003, causa C-306/99, BIAO punto 89, sentenza 7 dicembre 2010, causa
C-439/08, VEBIC, punto 42; id. sentenza 20.10.2011, causa C- 396/09, Interedil
s.r.l. in liq., punto 23; id. sentenza 5 luglio 2012, Geistbeck, C-509/10, punto 48).

La istanza di rinvio pregiudiziale relativa alla prima questione deve,
quindi, essere rigettata.
21
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

st.
Stefano O .eri

sull’esito della lite”), il quesito, come formulato, è inammissibile in quanto

6.3

Anche la seconda questione pregiudiziale sollevata dalla parte

resistente non impone il rinvio alla Corte di giusitizia.
La società chiede infatti una interpretazione dell’art. 220 paragr. 2 lett. b)
CDC, tanto in relazione alla nozione di “errore attivo” costituito da prassi
amministrative adottate dall’Ufficio doganale in relazione a precedenti
importazioni della “stessa” merce classificata con la voce TARIC 7410

ordine alla attribuzione alla merce importata della classificazione tariffaria
risultata successivamente errata.
Richiamata la costante giurisprudenza della Corte di giustizia secondo
cui spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia
e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione
giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa,
sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di
emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone
alla Corte, e considerato che quest’ultima non è chiamata a risolvere la
questione controversa operando il giudizio di sussunzione della fattispecie
concreta nello schema considerato dalla norma comunitaria di cui si chiede
la interopretazione, osserva il Collegio che la costante giurisprudenza
rilevabile dai numerosi precedenti del Giudice di Lussemburgo in ordine
alla interpretazione delle condizioni cui l’art. 220 paragr. 2 lett. b) CDC
subordina la esenzione dell’operatore economico alla contabilizzazione a
posteriori, esime questa Corte -alla stregua delle indicazioni fornite dalla citata
sentenza 6.10.1982 , causa C-283/81 CILFIT s.r.I., punto 14- dalla necessità dal

rinvio pregiudiziale atteso che la giurisprudenza costante della Corte di
giustizia -“anche in mancanza di una stretta identità tra le materie del
contendere” esaminate nei precedenti e quella oggetto del presente
giudizio- consente comunque agevolmente di “risolvere il punto di diritto
litigioso” (cfr. oltre alla giurisprudenza della Corte di giustizia richiamata al
paragrafo 5.8 della presente moitvazione, sentenze Corte giustizia 17.7.1997, causa
22
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

C
est.
Stefano lvieri

2100 10, quanto alla nozione di “buona fede” dell’operatore economico in

C-97/95, Pascoal & Filhos Ltd; id. 3.3.2005, causa C-499/03 P, Peter Biegi; id.
1.10.2009, causa C-552/08, Agrar-Invest-Tatschl Gmbh; id. 15.12.2011, causa C409/10, Afasia Knits Gmbh).

7. La società resistente ha invocato la applicazione al rapporto
controverso del “jus superveniens” in materia di qualificazione e

corrisposti, fondato sulla interpretazione vincolante dell’art. 232 n. 1 lett. b)
del reg. CE n. 2913/1992 (CDC) fornita dalla sentenza della Corte di
giustizia 31.3.2011 , causa C-546/09, Aurubis Balgaria AD. Alla stregua
della predetta interpretazione la società sostiene che il debito accessorio per
interessi moratori, liquidato negli avvisi di rettifica con decorrenza dalla
data della presentazione della dichiarazione di importazione per la
immissione della merce in libera pratica, deve essere ridotto, iniziando a
decorrere detti interessi soltanto dopo la scadenza del termine di dieci
giorni assegnato per il pagamento nell’atto di contabilizzazione a posteriori
comunicato al debitore.

7.1 Il Giudice comunitario, nella citata sentenza, rilevato che la norma
del CDC prevede che gli interessi di mora possono decorrere soltanto dopo
la scadenza del termine indicato per il pagamento del dazio (che deve
individuarsi in quello stabilito dalla autorità doganale nella “comunicazione”
trasmessa al debitore in cui è liquidato l’importo dei dazi: artt. 221 e 222 n. 1 lett. a)
CDC), e che nè la medesima norma, nè le disposizioni del regolamento CE

di applicazione n. 2454/1993, contengono prescrizioni in ordine alla
applicazione di interessi di mora nel periodo intercorrente tra il momento
della insorgenza della obbligazione doganale e quello relativo alla
contabilizzazione “a posteriori”, ha statuito: a) che gli “interessi di mora”,
anche in caso di contabilizzazione a posteriori, iniziano a decorrere dalla
scadenza del termine per il pagamento indicato nella comunicazione
23
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

st.
Stefano b1ien

decorrenza della obbligazione per interessi relativa all’importo dei dazi non

trasmessa al debitore dalla autorità doganale; b) che non possono trovare
applicazione in tale periodo neppure gli “interessi compensativi” in
considerazione delle specifiche condizioni richieste per la liquidazione di
tali interessi dall’art. 214 n. 3 CDC e dall’art. 519 n. 1 reg. esec..

7.2 La società resistente ha, tuttavia, travisato completamente la portata

riferimento alla specifica fattispecie concreta esaminata da quel Giudice
che se, trascurato, determinerebbe un insanabile contrasto tra la pronuncia
predetta e quella adottata dalla medesima Corte di giustizia 16.10.2003,
causa C-91/02, Hannl + Hofstetter International Spedition Gmbh,
secondo cui il reg. 2913/1992 ed il reg. n. 2454/1993 non ostano ad una
normativa dello Stato membro “che prevede una maggiorazione dei
dazi il cui importo corrisponde agli interessi di mora che maturerebbero
nel corso del periodo intercorrente tra il sorgere della obbligazione
diganale e la relativa contabilizzazione o, nel caso di recupero a posteriori
ai sensi dell’art. 220 CDC, tra la data dell’esigibilità della detta
obbligazione originariamente contabilizzata e la contabilizzazione a
posteriori di tale obbligazione, a condizione che il tasso di interesse sia
fissato in base a parametri analoghi a quelli previsti nel diritto nazionale
per infrazioni della stessa natura e gravità e che conferiscono alla sanzione
un carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo….”.

7.3 Ed infatti, la soluzione adottata dalla Corte nella decisione invocata
dalla società resistente, presupponeva la assenza nell’ordinamento dello
Stato membro di disposizioni volte a disciplinare la decorrenza degli
interessi di mora nel periodo tra la insorgenza o la originaria liquidazione
del dazio e la definizione del procedimento di revisione a posteriori (nella
specie si verteva in materia di IVA doganale e la norma dell’ordinamento bulgaro,
prevedeva, in ordine alla disciplina degli interessi sull’IVA non riscossa, un mero
24
RG n.24152/201I
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

Stefano

.est.
vieri

interpretativa della predetta sentenza, prescindendo dall’indispensabile

rinvio alla medesima disciplina degli interessi in materia doganale contenuta nelle
norme comunitarie: cfr. Aurubis, punti 10 ed 11), mentre quella adottata nel

precdente della Corte del 2003 presupponeva, al contrario, la esistenza
nell’ordinamento interno (austriaco) di una norma espressa che prevedeva,
con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 220 CDC, l’applicazione di
una maggiorazione del dazio di importo pari agli interessi di mora, nel

doganale originariamente contabilizzata e la contabilizzazione a posteriori
della suddetta obbligazione ” (cfr. Hannl, punto 10).

7.4 Proprio in considerazione della diversa normativa interna, viene a
risolversi, infatti, l’apparente dicotomia delle due decisioni atteso che,
mentre, nel primo caso, la disciplina degli interessi da ritardo dovuti nel
periodo intertemporale predetto non era rinvenibile nell’ordinamento
statale, nè era mutuabile dall’art. 232 n. 1 lett. b) del CDC (per le ragioni
evidenziate dai Giudici comunitari: cfr. Aurubis punti 32 e 33),
diversamente, nel secondo caso, la Corte di giustizia ha ritenuto
compatibile con l’ordinamento comunitario la norma statale che
determinava l’applicazione degli interessi di mora anche durante l’indicato
periodo intertemporale, sulla scorta delle argomentazioni che di seguito si
trascrivono :
17. A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente ad una
costante giurisprudenza, qualora una normativa comunitaria non contenga
una specifica sanzione in caso di violazione delle proprie disposizioni
ovvero rinvii al riguardo alle disposizioni nazionali, l’art. 10 CE impone
agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e
l’efficacia del diritto comunitario. A tal fine, pur conservando un potere
discrezionale in merito alla scelta delle sanzioni, essi devono vegliare a che
le violazioni del diritto comunitario siano sanzionate, sotto il profilo
sostanziale e procedurale, in termini analoghi a quelli previsti per le
25
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

C
st
Stefano ìl’t eri

periodo intercorrente “tra il momento dell’esigibilità della obbligazione

violazioni del diritto interno simili per natura e per importanza e che, in
ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere di effettività, di
proporzionalità e di capacità dissuasiva (v., in particolare, sentenza 7
dicembre 2000, causa C-213/99, De Andrade, Racc. pag. 1-11083, punto
19).
18.

Per quanto riguarda le infrazioni doganali, la Corte ha precisato

settore, gli Stati membri hanno la competenza di scegliere le sanzioni che
sembrano loro più appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare
questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi
generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v.
sentenza De Andrade, cit., punto 20).
19.

Ora, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 36 delle

sue conclusioni, né il codice doganale né il regolamento d’applicazione
prevedono misure particolari allorché l’obbligazione sorge sulla base degli
artt. 202-205, 210 e 211 nonché 220 del codice doganale, che riguardano
tutti situazioni caratterizzate da una violazione, da parte dell’operatore
interessato, della normativa doganale comunitaria.
20.

In tale contesto, si deve concludere che gli Stati membri sono

competenti ad adottare i provvedimenti appropriati per assicurare il
rispetto della normativa doganale comunitaria, a condizione che, come
risulta dal punto 18 della presente sentenza, i detti provvedimenti rispettino
il principio di proporzionalità.
21.

Il principio stesso di una maggiorazione quale quella di cui

trattasi nella causa principale, che mira a garantire che gli operatori
economici rispettino le disposizioni della normativa comunitaria, non
sembra incompatibile con il diritto comunitario. Infatti, come ha fatto
valere il governo austriaco, in assenza di un tale provvedimento, gli
operatori avrebbero un beneficio nel ritardare, adottando un
comportamento illecito o negligente, la contabilizzazione dell’obbligazione
26
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

che, in assenza di armonizzazione delle normative comunitarie in questo

doganale. Il provvedimento avrebbe come obiettivo di non sfavorire gli
operatori economici che rispettano la normativa comunitaria e il cui
comportamento consente una contabilizzazione e un pagamento rapido
dell’obbligazione doganale

95

7.5 Orbene l’art. 3 comma 1 del decreto legislativo 8 novembre 1990 n.

secndo le norme del testo unico delle dispoiszioni legislattive in materia
doganale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23
gennaio 1973 n. 43 e delle altre leggi in materia doganale, salvo che sia
diversamente disposto dalle specifiche leggi che li riguardano”.
L’art. 86 comma 1 del Dpr n. 43/1973 ( TULD) prevede che “Per il
ritardato pagamento dei diritti doganali e di tutti gli altri tributi che si
riscuotono in dogana si applica un interese pari pari al tasso stabilito per
il pagamento differito dei diritti doganali, di cui all’articolo 79, maggiorato
di quattro punti. L’interesse si computa per mesi compiuti a decorrere dalla
data in cui il credito e’ divenuto esigibile” (ed ai sensi dell’art. 201 n. 1 lett.
a, n. 2, del CDC la obbligazione sorge al momento della immissiione della
merece in libera pratica ovvero della accettazione della dichiarazione in
dogana). Tale norma trova applicazione anche nel procedimento di
cntabilizzazione a posteriori, come è agevole ricavare anche dalla
diposizione dell’art. 20 comma 4 della legge 27.12.1997 n. 449 che prevede
una esenzione dagli interessi di mora limitatamente alla sola ipotesi in cui
l’operatore economico, entro 90 giorni dalla data in cui l’accertamento è
divenuto definitivo, “….ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (CEE)
n.2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, chiede spontaneamente la
revisione dell’accertamento di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 8
novembre 1990, n. 374”.

27
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

S ef

Co .est.
ivieri

374 dispone che “I diritti doganali sono accertati, liquidati e riscossi

7.6 Sussistendo, pertanto, nell’ordinamento nazionale una espressa
disciplina relativa alla applicazione degli interessi di mora per il periodo
intercorrente tra la esigibilità della obbligazione doganale e la definizione
del procediemnto di contabilizzazione a posteriori, la questione prospettata
dalla società resistente appare infondata, da un lato, essendo inconferente il
fichiatne alla sentenza della Corte di giustizia “Aurubis” del 2011

dall’altro dovendo ritenersi pienamente compatibile con l’ordinamento
comunitario la disciplina degli interessi moratori contenuta nel’art. 86
TULD, in consoderazione dei principi affermati dalla sentenza della Corte
di giustizia “Hannl” del 2003.

8. In conseguenza il ricorso della Agenzia delle Dogane deve essere
accolto, le istanze della società rigettate, la sentenza impugnata cassata e,
non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la cuasa può
essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384co2 c.p.c. con il rigetto del
ricorso introduttivo proposto dalla contribuente e la condanna della società
resistente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in
dispositivo, dichiarate interamente compensate tra le parti le spese dei gradi
di merito.

P.Q.M.

La Corte :
– accoglie il ricorso, rigetta le istanze della parte resistente, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo
proposto dalla contribuente che condanna alla rifusione delle spese del
presente giudizio, liquidate in € 3.500,00 per compensi oltre le spese
28
RG n.24152/2011
Ric. Ag. Dogane c/ Cistelaier s.p.a.

.est.
Stefano livieri

(concernente fattispecie diversa da quella sottoposta all’esame di questa Corte);

prenotate a debito, dichiarate interamente compensate tra le parti le spese
dei gradi di merito.

Così deciso nella camera di consiglio 25.6 .2013

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