Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25452 del 21/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 21/09/2021), n.25452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8026/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Z.P.G., in proprio e nella qualità di ex legale

rappresentante della cessata Associazione Gruppo Ciclistico Sportivo

Dilettantistico Alto Vicentino, rappresentato e difeso dall’Avv.

Roberto Atzeni, con domicilio eletto presso l’Avv. Pier Francesco

Carpitelli, in Roma, via Flarninia n. 441, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 1404/31/14, depositata il 23 settembre 2014.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 11 maggio

2021 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle entrate impugna per cassazione, con un motivo, la sentenza della CTR in epigrafe che, confermando la sentenza della CTP di Vicenza, aveva ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento, per Iva, Irap e Ires per il 2008 e Irap per il 2007, perché emesso nei confronti dell’Associazione Gruppo Ciclistico Sportivo Dilettantistico Alto Vicentino quando questo soggetto era già cessato.

Z.P.G., in proprio e nella qualità di ultimo legale rappresentante dell’Associazione, resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 38 c.c., per aver la CTR ritenuto l’avviso di accertamento emesso esclusivamente nei confronti della Associazione Gruppo Ciclistico Sportivo Dilettantistico Alto Vicentino, già estinta al momento della formazione dell’atto impositivo, e non anche nei confronti del sig. Z.P.G., ultimo legale rappresentante della stessa e responsabile solidale ex art. 38 c.c., al quale l’atto medesimo era stato notificato.

2. Il motivo è fondato.

2.1. Occorre premettere, in primo luogo, che l’estinzione o la cessazione dell’ente di diritto comune ossia, nella specie, dell’associazione (non riconosciuta) non preclude, di per sé, all’Amministrazione finanziaria la possibilità di far valere le pretese fiscali emerse con riguardo al periodo di sua esistenza.

Milita in tal senso la circostanza che per l’erario i termini per l’accertamento, previsti quanto all’Iva dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, e per le imposte dirette dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, decorrono dall’anno (successivo) a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, sicché, ove si ritenesse che l’estinzione del soggetto intervenuta nelle more fosse idonea ad impedire la ripresa, ne deriverebbe una ingiustificata riduzione dei termini e deroga delle norme in questione.

2.2. E’ invece esatto che, cessato il soggetto, l’azione accertativa (fuori dalle ipotesi D.Lgs. n. 175 del 2014, ex art. 28, comma 5, qui non rilevante e, comunque, non applicabile ratione temporis) non può più essere esperita direttamente nei confronti dell’ente, né ad esso, in quanto non più esistente, può essere notificato l’avviso.

In questa evenienza, difatti, la pretesa può essere rivolta solo nei confronti di coloro che sono succeduti nella posizione che era propria già dell’ente.

Con riguardo alle società, invero, le Sezioni Unite, dapprima con le decisioni 22 febbraio 2010, n. 4060, n. 4061 e n. 4062 (chiarendo che la norma sulla cancellazione riguardava le società sia di capitali che di persone), poi, con intervento specifico rilevante anche sulle questioni qui in rilievo, con le sentenze 12 marzo 2013, n. 6070, n. 6071 e n. 6072, hanno precisato che l’estinzione della società si produce anche qualora rimangano debiti insoddisfatti, poiché, in tale evenienza, i creditori potranno far valere le loro ragioni nei confronti dei soci, considerati successori universali seppur sui generis, e, se in colpa, nei confronti dei liquidatori. Si è inoltre affermato, con le medesime pronunce, che, dopo l’estinzione, la società non può agire in giudizio o essere legittimamente convenuta.

2.3. La vicenda in giudizio invero riguarda un soggetto diverso dalle società poiché viene in considerazione una associazione non riconosciuta, rispetto alla quale diversamente si atteggiano i presupposti per la sua estinzione e per la responsabilità residua per le obbligazioni pregresse.

Sotto il primo profilo, infatti, l’associazione non riconosciuta (diversamente da quella riconosciuta) si estingue immediatamente, ipso facto, con il verificarsi di una delle cause di estinzione (identiche a quelle previste per l’associazione riconosciuta) e la liquidazione si attua secondo le modalità stabilite dallo statuto o dall’assemblea, senza che si applichi ex lege il particolare procedimento di liquidazione previsto per le associazioni riconosciute dagli artt. 29,30,31 e 32 c.c., e dal relativo art. 11 disp. att..

Sotto il secondo profilo, l’art. 38 c.c., prevede “Perle obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”: ne deriva che, in caso di estinzione dell’associazione non riconosciuta, la pretesa può legittimamente essere fatta valere nei confronti di coloro che “hanno agito in nome e per conto dell’associazione” e, dunque, nei confronti, in particolare, dell'”ultimo” legale rappresentante della associazione stessa, destinatario di una obbligazione personale e solidale.

3. Da tale premessa emerge chiaramente che la pretesa può essere legittimamente fatta valere, una volta estinta l’associazione non riconosciuta, direttamente rei confronti del legale rappresentante, al quale l’atto, pur intestato all’associazione, deve essere notificato.

L’irrilevanza della intestazione dell’atto al soggetto cessato e la necessità, invece, che l’atto sia notificato agli “eredi” trova, del resto, un preciso riscontro normativo nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4, secondo il quale “La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso…” (v. anche Cass. n. 31037 del 28/12/2017; Cass. n. 25487 del 12/10/2018, che precisa che la notifica al socio dell’atto impositivo intestato alla società “trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società”; da ultimo Cass. n. 7545 del 31/03/2021 in motivazione).

Occorre infine precisare, sul punto, che, in questa evenienza, tale soggetto può essere destinatario della pretesa e dell’avviso sotto la duplice veste di responsabile diretto e solidale e, in via “successoria”, di ex legale rappresentante dell’associazione stessa.

3.1. Orbene, nella vicenda in giudizio è incontroverso che l’associazione era già cessata al momento dell’emissione dell’avviso e, anzi, prima ancora dell’avvio della verifica.

e’ poi altrettanto pacifico, perché accertato dalla stessa CTR, che gli atti impositivi erano stati “notificati in persona del sig. Z.”.

La CTR, peraltro, afferma che nei suddetti atti “non si afferma affatto che il soggetto accertato è il medesimo legale rappresentante nonché responsabile delle obbligazioni dell’associazione non riconosciuta ex art. 38 c.c…. bensì che i redditi e le maggiori imposte dovute sono di pertinenza dell’associazione come se la stessa non fosse da tempo cessata”.

Da ciò ha derivato la conseguenza della “radicale nullità o inesistenza giuridica dei provvedimenti impositivi in quanto emanati nei confronti di soggetto non esistente”.

3.2. Tale statuizione è errata sotto un duplice profilo.

Da un lato la CTR trascura che l’avviso – riprodotto in parte qua per autosufficienza dall’Ufficio – testualmente, dopo aver indicato la persona del rappresentante legale dell’associazione, precisava che “pertanto si sottolinea che ai sensi dell’art. 38 c.c., delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”, sicché l’atto era rivolto anche, ed espressamente, nei confronti del responsabile solidale e non solo nei confronti della associazione.

Dall’altro, inoltre, la stessa circostanza che l’atto fosse stato notificato al medesimo sig. Z., con spendita della qualità in concreto rilevante, rende ben chiaro che l’intestazione dell’avviso all’associazione non riconosciuta e la determinazione dei rilievi in riferimento all’attività svolta da parte della stessa individuava non già il destinatario, non più esistente, ma il titolo della ripresa e della responsabilità dell’ex rappresentante legale, cui l’atto era rivolto anche nella sua qualità di “successore”.

4. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

PQM

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Veneto in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

 

 

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