Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2545 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. I, 04/02/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 04/02/2020), n.2545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

N.M.N.G., elettivamente domiciliato in Roma, via

Torino 7, presso lo studio dell’avv. Laura Barberio (p.e.c.

laurabarberio.ordineavvocatiroma.org) che lo rappresenta e difende

nel presente giudizio, giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno – Commissione territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Roma;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6600/2017 della Corte di appello di Roma,

emessa il 18.9.17 e depositata 1118.10.17, n. R.G. 3940/2016;

sentita la relazione in Camera di consiglio del Pres. Dott. Giacinto

Bisogni.

Fatto

RILEVATO

che

1. Il sig. N.M.N.G., cittadino della (OMISSIS), ha proposto domanda di riconoscimento della protezione internazionale in una delle forme previste dal nostro ordinamento deducendo di essere fuggito dal suo paese per approdare in Italia nel 2014 perchè era stato ripetutamente perseguitato, arrestato e torturato dal Governo del suo Paese a causa della sua appartenenza al movimento BDK e alle sue attività politiche contrarie al Governo.

2. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma ha negato la protezione internazionale e umanitaria ritenendo la non credibilità del richiedente asilo e l’assenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione alla situazione politica e sociale della R.D.C..

3. Il sig. N.M.N.G. ha proposto ricorso al Tribunale di Roma che con sentenza dell’11.5.2016 lo ha respinto.

4. La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado ritenendo che.

5. Ricorre per cassazione il sig. N.M.N.G. con quattro motivi di impugnazione.

6. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione delle norme relative alla cooperazione istruttoria del giudice in materia di protezione internazionale.

7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g, artt. 3, 4, 5, art. 6, comma 2 e art. 14, lett. b, quanto ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria esistenti nella specie a causa dei trattamenti inumani e degradanti posti in essere ad opera del Governo della Repubblica Democratica del Congo nei confronti del movimento BDK, degli arresti indiscriminati, delle gravi condizioni carcerarie, della situazione di violenza indiscriminata esistente in Congo e specificamente nella regione di Kinshasa dove in un primo tempo era fuggito il richiedente asilo abbandonando la città natale di Matadi.

8. Con il terzo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la erronea valutazione della certificazione medica prodotta con riferimento alle torture subite dal sig. N.M.N.G..

9. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 5, comma 6 T.U. Imm., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, relativamente al mancato riconoscimento dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria.

10. Non svolge difese il Ministero dell’Interno.

Diritto

RITENUTO

che:

11. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè ripropone un excursus astratto delle disposizioni normative su cui si fonda il principio della cooperazione istruttoria e l’obbligo per il giudice di valutare la credibilità del richiedente asilo secondo parametri propri del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale. La Corte di appello ha evidenziato una serie di contraddizioni gravi che investono proprio le ragioni della fuga dal paese di origine rendendole non attendibili. Il dovere del giudice di cooperare nella acquisizione delle fonti di prova e il suo obbligo di valutare la credibilità del richiedente asilo secondo i canoni propri della materia della protezione internazionale non impediscono, per altro verso, una valutazione rigorosa della attendibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo. Secondo i giudici del merito, che hanno reso al riguardo una motivazione dettagliata e congrua dal punto di vista logico, emerge dalla narrazione del richiedente la scarsa conoscenza del movimento BDK e la contraddittorietà delle dichiarazioni attinenti al suo asserito impegno politico.

12. Il secondo motivo è infondato perchè la Corte di appello ha valutato la situazione del paese di origine del richiedente asilo e specificamente delle zone in cui ha vissuto prima di lasciare la RDC e si è basata su informazioni di riconosciute organizzazioni internazionali (specificamente l’ultimo rapporto annuale di Amnesty International) dalle quali ha potuto desumere l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata tale da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria.

13. Il terzo motivo è inammissibile perchè non conforme ai requisiti richiesti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come specificati dalla giurisprudenza di legittimità a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014. Il ricorrente deduce infatti una non condivisibile valutazione di un elemento di prova e non l’omesso esame di un fatto decisivo.

14. Il quarto motivo è infondato perchè la Corte di appello ha ritenuto non rilevante la prospettiva di inserimento in Italia del richiedente asilo una volta esclusa, per il giudizio di non credibilità sulle sue dichiarazioni, l’esistenza di una situazione di vulnerabilità in caso di rientro nella RDC, in conformità alla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. n. 4455 del 2018).

15. Il ricorso va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione e con presa d’atto, come riportato nel dispositivo, della applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, al ricorrente che non è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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