Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25447 del 12/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 25447 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –

contro
JOB Daniela, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Fabio Piacentini,
con domicilio eletto nel suo studio in Roma, via delle Milizie, n. 34;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 12/11/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Genova depositato
il 13 febbraio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

curatore Generale dott. Ignazio Patrone, che ha concluso per
il rigetto.
Ritenuto che la Corte d’appello di Genova, con decreto in

data 13 febbraio 2012, ha condannato il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di Daniela Job, della somma di euro 5.750, oltre accessori, a titoli di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n.
89, per la irragionevole durata, dinanzi al TAR Toscana, di un
giudizio amministrativo, protrattosi dal 16 luglio 1997 al 4
ottobre 2010;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Ministero dell’economia e delle finanze ha proposto ricorso,
con atto notificato il 26 settembre 2012, sulla base di due
motivi;
che l’intimata ha resistito con controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una

motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo (violazione dell’art. 71, secondo
comma, del codice del processo amministrativo, in combinato

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Giusti;

disposto con l’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del
2008, e successive modifiche ed integrazioni) si censura che
la Corte d’appello non abbia dichiarato improcedibile la domanda di equa riparazione, in relazione alla tardiva presenta-

tazione costituisce, a partire dal 25 giugno 2008, condizione
di proponibilità della domanda di equa riparazione e, dal 16
settembre 2010, condizione di valutabilità e, quindi, di fondatezza della pretesa;
che il motivo è infondato, giacché la Corte d’appello ha
accertato che nella specie si è verificato il presupposto processuale della domanda di equa riparazione ai sensi dell’art.
54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (conv. in legge 6
agosto 2008, n. 133), avendo la ricorrente depositato in data
22 gennaio 2010, nel corso del giudizio presupposto pendente
dinanzi al TAR per la Toscana, la prescritta istanza di prelievo;
che è da escludere che il periodo di tempo decorso anteriormente alla avvenuta presentazione dell’istanza di prelievo
sia irrilevante al fine del computo del termine di durata ragionevole del giudizio;
che con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 2934, 2935, 2946 cod. civ. e 4 della legge n. 89
del 2001) si censura che la Corte d’appello abbia respinto

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zione dell’istanza di prelievo, rilevandosi che detta presen-

l’eccezione di prescrizione della pretesa azionata dalla ricorrente;
che il motivo è infondato, perché, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del

diziale per ottenere l’equo indennizzo a ristoro dei danni subiti a causa dell’irragionevole durata del processo, contenuta
nell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, con riferimento
al mancato esercizio di essa nel termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della decisione che ha definito il procedimento presupposto, esclude la decorrenza dell’ordinario termine di prescrizione, in tal senso deponendo non solo la lettera dell’art. 4 richiamato, norma che ha evidente natura di
legge speciale, ma anche una lettura dell’art. 2967 cod. civ.
coerente con la rubrica dell’art. 2964 cod. civ., che postula
la decorrenza del termine di prescrizione solo allorché il
compimento dell’atto o il riconoscimento del diritto disponibile abbia impedito il maturarsi della decadenza; inoltre, in
tal senso depone, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere,
la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del
diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua
determinazione, nonché il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che

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processo, la previsione della sola decadenza dall’azione giu-

l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe
alla parte, in caso di ritardo ultredecennale nella definizione del processo (Caso., Sez. Un., 2 ottobre 2012, n. 16783);
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi euro 393, di cui euro 293 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 4 ottobre
2013.

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da

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