Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25445 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. I, 11/11/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 11/11/2020), n.25445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30949/2019 r.g. proposto da:

SABA COSTRUZIONI S.R.L. (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in Roma,

alla Piazza G. Ambrosini n. 25, in persona del legale rappresentante

pro tempore, R.S., rappresentata e difesa, giusta procura

speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Enrico Santilli,

con cui elettivamente domicilia in Roma, alla via Radicofani n. 140,

presso lo studio dell’Avvocato Ornella Lovello;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ AZIONARIA PRODOTTI ASFALTICO BITUMINOSI AFFINI –

S.A.P.A.B.A. S.P.A. (p. iva (OMISSIS)), con sede in Sasso Marconi

(BO), alla via Pila n. 8, in persona del consigliere delegato e

legale rappresentante pro tempore, Dott. N.A.,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al

controricorso, dall’Avvocato Vittorio Lupoli, con cui elettivamente

domicilia in Roma, alla via V. Colonna n. 39, presso lo studio

Bonelli Erede.

– controricorrente –

e

ENARRAY S.P.A., con sede in Bologna, alla via degli Agresti n. 6, in

persona del legale rappresentante pro tempore;

FELSINEA FACTOR S.R.L., con sede in Bologna, alla via degli Agresti

nn. 4-6, in persona del legale rappresentante pro tempore;

SADAM S.P.A., con sede in Bologna, alla via degli Agresti nn. 4 e 6,

in persona del legale rappresentante pro tempore;

SECI ENERGIA S.P.A., con sede in Bologna, alla via degli Agresti n.

6, in persona del legale rappresentante pro tempore;

S.E.C.I. SOCIETA’ ESERCIZI COMMERCIALI INDUSTRIALI S.P.A., con sede

in Bologna, alla via degli Agresti nn. 4-6, in persona del legale

rappresentante pro tempore;

EXERGY S.P.A., con sede in Bologna, alla via degli Agresti n. 6, in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimate –

avverso il decreto della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA depositato il

12/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 20/10/2020 dal Consigliere Dott. Campese Eduardo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La SABA Costruzioni s.r.l. ricorre per cassazione, ex art. 111 Cost., affidandosi a due motivi, avverso il decreto della Corte di appello di Bologna del 7/12 agosto 2019, reiettivo del reclamo L.Fall., ex art. 26, dalla stessa promosso contro il decreto del tribunale di quella stessa città che aveva assegnato alla S.A.P.A.B.A. – Società Azionaria Prodotti Asfaltico Bituminosi Affini s.p.a. (d’ora in avanti, più semplicemente, S.A.P.A.B.A. s.p.a.) un termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui alla L.Fall., art. 161, commi 2 e 3, superiore a quello previsto dalla L.Fall., art. 161, u.c.. Ciò malgrado fosse già pendente, nei confronti di quest’ultima, all’atto della presentazione della sua domanda L.Fall., ex art. 161, comma 6, un’istanza di fallimento proposta dalla medesima SABA Costruzioni s.r.l.. Resiste, con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1, la S.A.P.A.B.A. s.p.a., eccependo, pregiudizialmente, la inammissibilità dell’avverso ricorso per la carenza di definitività e decisorietà del provvedimento impugnato. Sono rimaste solo intimate, invece, la Enerray s.p.a., la Felsinea Factor s.r.l., la Sadam s.p.a., la Seci Energia s.p.a., la S.E.C.I. Società Esercizi Commerciali Industriali s.p.a. e la Exergy s.p.a., tutte società del medesimo Gruppo Saci di cui era parte anche la S.A.P.A.B.A. s.p.a..

1.1. Ha opinato quella corte che: i) “…contrariamente a quanto sostenuto da SABA, il primo Giudice non ha (…) applicato una norma non ancora entrata in vigore (D.Lgs. n. 14 del 2019, art. 284 “concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo”) ma ha ritenuto che, a fronte della presentazione contestuale, o a distanza di pochi giorni, della domanda di concordato in bianco da parte di società appartenenti al medesimo gruppo, ipotesi non prevista dalla vigente normativa, il citato D.Lgs. n. 14 del 2019, art. 284 “costituisse sin da ora un valido parametro interpretativo di riferimento al fine di individuare la disciplina applicabile”; che, in tale ottica, le esigenze esposte dalla debitrice, ritenute prevalenti rispetto a quelle del singolo creditore istante, di una trattazione unitaria delle procedure mediante la nomina dei medesimi commissari giudiziali all’evidente fine di evitare asimmetrie informative che avrebbero potuto nuocere all’ordinato svolgimento delle diverse procedure, consentissero l’assegnazione, anche a S.A.P.A.B.A., dello stesso termine già concesso alle altre società del gruppo L.Fall. ex art. 161, comma 6, per il deposito della domanda definitiva di ammissione al concordato preventivo”; ii) “tali argomentazioni, incentrate sulla necessità di procedere ad una valutazione unitaria dei rispettivi piani, dei rapporti infragruppo e delle relative interferenze tra gli stessi nell’ottica della complessiva ristrutturazione delle singole società e dell’intero Gruppo Seci, evidentemente anche nell’interesse del ceto creditorio, non sono state censurate dalla reclamante, che ha svolto le proprie difese senza considerare l’elemento fattuale su cui il Tribunale ha fondato l’impugnato decreto, nè, tanto meno, ha indicato le ragioni per le quali il primo Giudice di tale elemento non avrebbe dovuto tener conto, come pure non ha smentito quanto anche ivi esposto ovvero che per la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8980/2019) “la nuova regolamentazione della crisi di impresa, nonostante la vacatio legis, fa ormai parte dell’ordinamento vigente”…”; iii) “…l’esigenza di trattare in maniera unitaria le procedure concorsuali di società appartenenti al medesimo gruppo è da tempo riconosciuta dalle fonti internazionali (l’art. 54 del Regolamento UE 2015/848 richiede, ad esempio, che venga instaurata una adeguata forma di cooperazione fra gli organi delle procedure delle diverse società appartenenti ad un gruppo e ciò al fine precipuo di “consentire la ristrutturazione coordinata del gruppo”) e già prima dell’ultima riforma della legge fallimentare la giurisprudenza di merito ha avvertito l’esigenza di garantire un coordinamento fra le procedure delle diverse società appartenenti al medesimo gruppo”; iv) non poteva ritenersi, in assenza di contraddittorio, “che le rilevate esigenze di unitaria trattazione avrebbero dovuto portare il Tribunale a “ridurre il termine” concesso alle altre società del Gruppo e non ad “estenderlo” a favore di S.A.P.A.B.A.”; v) infine, “che il termine, fino al 6.8.2019, ritenuto corretto per la presentazione del piano è ormai decorso e che non pare neppure ravvisabile un concreto ed effettivo interesse della reclamante ad anticipare i tempi per il deposito della domanda definitiva di ammissione al concordato preventivo di cui si discute, atteso che la sua istanza di fallimento verrebbe comunque trattata all’udienza prefallimentare del 19.11.2019 fissata dal Tribunale, con autonomo decreto, L.Fall., ex art. 15”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate censure prospettano, rispettivamente, in sintesi:

1) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione della L.Fall., art. 161, comma 10, in relazione agli L.Fall., artt. 6 e 15. Violazione di legge per concessione del termine di 120 giorni, oltre sospensione feriale dei termini, per il deposito della documentazione prescritta in pendenza di procedura prefallimentare”. Si contesta alla corte distrettuale di aver considerato legittima l’assegnazione a S.A.P.A.B.A. s.p.a., ad opera del tribunale, di un termine di 120 giorni per il deposito della documentazione prevista dalla L.Fall., art. 161, commi 2 e 3, benchè, al momento in cui quest’ultima aveva presentato il proprio ricorso L.Fall., ex art. 161, comma 6, fosse già pendente, nei confronti della stessa, l’istanza di fallimento promossa da SABA Costruzioni s.r.l.;

2) “Art. 360 c.p.p., comma 1, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione alla L.Fall., art. 161, comma 10, L.Fall., artt. 162,6 e 15. Interesse della parte istante alla dichiarazione di fallimento”. Si censura l’affermazione con cui la medesima corte aveva ritenuto non ravvisabile alcun concreto ed effettivo interesse in capo a SABA Costruzioni s.r.l. ad anticipare i tempi per il deposito della domanda di concordato, avuto riguardo al fatto che l’istanza di fallimento formulata dalla odierna ricorrente sarebbe stata comunque discussa all’udienza del 19.11.2019.

2. L’odierno ricorso, evidentemente proposto ex art. 111 Cost., deve considerarsi inammissibile alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.

2.1. Giova premettere che questa Corte (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 7120 del 2020; Cass. n. 212 del 2019) ammette il ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso i provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentino, tuttavia, i requisiti della decisorietà e della definitività, il cui significato – in particolare del primo – si coglie nella fondamentale continuità della giurisprudenza (sin dal primo riconoscimento del rimedio del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., allora comma 2, con la sentenza resa da Cass., SU, n. 2953 del 1953) sul fatto che la garanzia costituzionale di cui si tratta mira a contrastare “il pericolo di applicazioni non uniformi della legge con provvedimenti suscettibili di passare in giudicato, cioè con provvedimenti tipici ed esclusivi della giurisdizione contenziosa”, mediante i quali “il giudice, per realizzare la volontà di legge nel caso concreto, riconosce o attribuisce un diritto soggettivo, oggetto di contestazione, anche solo eventuale, nel contraddittorio delle parti” (così, nitidamente, tra le altre, Cass. n. 824 del 1971, in motivazione).

2.1.1. La decisorietà, dunque, – come ancora ribadito da Cass. SU, n. 27073 del 2016 – consiste nell’attitudine del provvedimento del giudice non solo ad incidere su diritti soggettivi delle parti, ma a farlo con la particolare efficacia del giudicato (nel che risiede appunto la differenza tra il semplice “incidere” ed il “decidere”. Cfr., per tutte, Cass. n. 10254 del 1994), il quale, a sua volta, è effetto tipico della giurisdizione contenziosa, di quella, cioè, che si esprime su una controversia, anche solo potenziale, fra parti contrapposte, chiamate perciò a confrontarsi in contraddittorio nel processo.

2.2. Affinchè, peraltro, un provvedimento non avente veste di sentenza sia impugnabile in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, non è sufficiente che abbia carattere decisorio, occorre anche che non sia soggetto ad un diverso mezzo d’impugnazione, dovendosi, altrimenti, esperire anzitutto tale mezzo – appello, reclamo o quant’altro – sicchè il ricorso per cassazione riguarderà il successivo provvedimento emesso all’esito. In ciò consiste il requisito della definitività.

2.3. Su tali principi vi è sostanziale uniformità giurisprudenziale (al di là di differenze, più che altro terminologiche, allorchè si inserisce l’attitudine al giudicato nel requisito della definitività, intesa come immodificabilità del provvedimento, piuttosto che nel requisito della decisorietà), attestata, di recente (oltre che dalla già citata Cass. SU, n. 27073 del 2016), anche da Cass., SU, n. 1914 del 2016, in cui si ribadisce che “un provvedimento, ancorchè emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio – requisito necessario per proporre ricorso ex art. 111 Cost., quando pronuncia o, comunque, incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi, con la conseguenza che ogni provvedimento giudiziario che abbia i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti, nonchè della definitività – in quanto non altrimenti modificabile – può essere oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost.” e si aggiunge che “se il provvedimento al quale il processo è preordinato non ha carattere decisorio perchè, non costituendo espressione del potere-dovere del giudice di decidere controversie tra parti contrapposte, in cui ciascuna tende all’accertamento di un proprio diritto soggettivo nei confronti dell’altra, non ha contenuto sostanziale di sentenza” (richiamando, sul punto, i precedenti delle medesime Sezioni Unite nn. 3073 e 11026 del 2003) e che, quando “si tratta di provvedimenti per i quali non è prevista alcuna forma di impugnazione ordinaria”, si realizza “il presupposto della “definitività” (intesa come non modificabilità) in relazione al rimedio straordinario previsto dall’art. 111 Cost.”.

2.4. Merita, poi, di essere rimarcato che, come chiarito dalla recente Cass. n. 7117 del 2020: i) la domanda che introduce il concordato preventivo, pur potendo essere accompagnata dalla contemporanea presentazione di proposta, piano e documentazione prevista dalla L.Fall., art. 161, commi 2 e 3, ovvero prevedere un deposito ritardato dei medesimi, rimane comunque unica (posto che pure nella seconda ipotesi essa non deve essere ripresentata) e funge da elemento di riferimento dell’inizio della procedura. Quest’ultima, infatti, ha il suo avvio, anche ove introdotta nelle forme della L.Fall., art. 161, comma 6, con la pubblicazione della domanda nel registro delle imprese e non dal momento del deposito del piano e della proposta; ii) il cd. concordato in bianco o preconcordato costituisce, quindi, non un procedimento autonomo anticipatorio, prodromico all’introduzione della procedura concordataria vera e propria, ma una mera opzione di sviluppo del concordato, alternativa a quella prevista dalla L.Fall., art. 161, commi 1, 2 e 3, secondo cui all’imprenditore, che già ha assunto la qualità di debitore concordatario, è concessa la facoltà di procrastinare il deposito di proposta, piano e relativa documentazione, al fine di anticipare i tempi dell’emersione della crisi, in un termine fissato dal tribunale; iii) il debitore, ove presenti una domanda anticipata di concordato accompagnata da tutti gli elementi stabiliti dalla L.Fall., art. 161, comma 6, ha diritto alla concessione del termine per predisporre la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3, a meno che il tribunale non rilevi aliunde, fin da quel frangente, che l’iniziativa è assunta con abuso dello strumento concordatario; iv) la mera presentazione di una richiesta di fissazione di un termine L.Fall., ex art. 161, commi 6 e 10, costituisce un fatto neutro inidoneo, di per sè, a dimostrare la volontà del debitore di sfuggire alla dichiarazione di fallimento, ove si consideri che una simile domanda implica, per sua natura, un differimento del procedimento prefallimentare che lo contiene e che tale differimento rimane neutralizzato dal fenomeno di consecuzione delle procedure concorsuali.

2.5. Se, dunque, un provvedimento con forma diversa dalla sentenza è soggetto a ricorso straordinario per cassazione esclusivamente allorchè è decisorio e definitivo, nel senso sopra indicato, e se al cd. concordato in bianco o preconcordato devono riconoscersi, tra le altre, le caratteristiche procedimentali predette, deve concludersi che, nell’odierna fattispecie, avverso il decreto della corte distrettuale reiettivo del reclamo proposto dalla Saba Costruzioni s.r.l., L.Fall., ex art. 26, contro il decreto del tribunale che aveva assegnato alla S.A.P.A.B.A. s.p.a. un termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui alla L.Fall., art. 161, commi 2 e 3, superiore a quello previsto dalla L.Fall., art. 161, u.c., malgrado fosse già pendente, nei confronti di quest’ultima, all’atto della presentazione della sua domanda L.Fall., ex art. 161, comma 6, un’istanza di fallimento proposta dalla medesima SABA Costruzioni s.r.l., non è dato il menzionato rimedio ex art. 111 Cost., perchè quel decreto sicuramente non presenta, quanto meno, il carattere della decisorietà.

2.6. Al provvedimento di assegnazione del termine L. Fall., ex art. 161, u.c., invero, deve essere riconosciuta natura meramente interlocutoria, non decisoria. Infatti, l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente ed unicamente da esso, ma, eventualmente, solo dal successivo decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore. Quest’ultimo decreto, come chiarito da Cass., SU, n. 27073 del 2016, ha carattere decisorio, poichè è emesso all’esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi della L.Fall., art. 183, comma 1, non è definitivo e, quindi, soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della corte d’appello conclusivo del giudizio sull’eventuale reclamo.

2.6.1. Con la medesima statuizione, del resto, le Sezioni Unite hanno anche sancito che il decreto con cui il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi della L.Fall., art. 162, comma 2, (eventualmente, anche a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell’art. 179, comma 1), ovvero revoca l’ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell’art. 173, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, non è soggetto a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, non avendo carattere decisorio. Esso, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi, è inidoneo al giudicato e viene emesso dal tribunale a prescindere da una controversia, anche solo potenziale, tra parti contrapposte, nonchè all’esito di un procedimento che non prevede alcun contraddittorio, bensì la sola audizione del debitore (“sentito il debitore”, recita il più volte richiamato art. 162, comma 2). Che i creditori siano, o meno, favorevoli alla proposta di concordato presentata dal debitore è del tutto irrilevante: il tribunale deve provvedere comunque, d’ufficio, a tutela di un interesse più generale, che prescinde dall’interesse individuale di ciascun creditore. Mancando addirittura una controversia – o, meglio, non rilevando comunque la sua eventuale sussistenza – non può affermarsi che il decreto “decida” su diritti soggettivi di parti contrapposte e sia destinato al giudicato.

2.7. Considerazioni affatto analoghe valgono, allora, per il decreto della corte di appello che si pronunci sull’eventuale reclamo (qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate avanti a detta corte) promosso, L.Fall., ex art. 26, contro il decreto del tribunale recante, in tema di concordato cd. in bianco o preconcordato, la fissazione del termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui alla L.Fall., art. 161, commi 2 e 3.

2.7.1. Questo provvedimento assolve, invero, una funzione meramente processuale, propedeutica allo sviluppo successivo della procedura concordataria destinata a concludersi con una delle statuizioni di cui si è detto precedentemente. Esso, in altri termini, si configura come un provvedimento ad effetti meramente processuali, deputato per legge a lasciare del tutto impregiudicati i diritti delle parti sul piano del diritto sostanziale ed insuscettibile di passaggio in giudicato. Di talchè eventuali vizi in procedendo allo stesso attinenti non possono che essere fatti valere, nei limiti di cui si è detto in precedenza, mediante l’impugnazione del provvedimento conclusivo della procedura concordataria, ove quest’ultima non sia seguita da dichiarazione di fallimento del proponente la domanda concordataria, oppure tramite l’impugnazione di quest’ultima dichiarazione, proponendo, in quella sede, anche eventuali censure attinenti la procedura concordataria.

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità, tra le sole parti costituite, regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo, altresì dandosi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del(la) ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la SABA Costruzioni s.r.l. al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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