Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25445 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/10/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – rel. Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1355-2018 proposto da:

C.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO TARANTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1964/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata

il 26/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO

MOCCI.

Fatto

RILEVATO

che C.T. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Ragusa. Quest’ultima, a sua volta, aveva respinto l’impugnazione della contribuente avverso un diniego di rimborso IRPEF, per gli anni 1990-1992.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo, la C. lamenta motivazione apparente su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, consistito nella mancata contestazione da parte dell’Ufficio, in sede giudiziale, del versamento delle imposte dichiarate sui modelli fiscali per gli anni 1991 e 1992;

che, mediante il secondo, la ricorrente assume violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: l’Agenzia delle Entrate mai avrebbe contestato, in sede giudiziale, la documentazione prodotta dal ricorrente, sicchè la CTR avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione tale fatto;

che, attraverso l’ultimo, la contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile la produzione di documenti in grado di appello;

che l’intimata si è costituita con controricorso;

che il primo motivo è inammissibile;

che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Sez. U, n. 8053 del 17/04/2014);

che è la stessa ricorrente a parlare non di un fatto storico, ma di “una questione giuridica” (la mancata considerazione della non contestazione);

che il secondo motivo è infondato;

che, infatti, nel processo tributario, il principio di non contestazione, che si fonda sul carattere dispositivo del processo, trova applicazione sul piano probatorio, ma non anche su quello delle allegazioni poichè la specificità del giudizio tributario comporta che la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione, nè determina il restringimento del “thema decidendum” ai soli motivi contestati (Sez. 5, n. 13834 del 18/06/2014; Sez. 6-5, n. 13483 del 30/06/2016);

che il terzo motivo è fondato;

che in materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009), essendo la materia regolata dal citato D.Lgs., art. 58, comma 2, che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Sez. 5, n. 17164 del 28/06/2018; Sez. 5, n. 8927 dell’11/04/2018);

che è la stessa CTR ad ammettere che la C. aveva prodotto in grado d’appello copia dei versamenti IRPEF;

che deve in definitiva procedersi alla cassazione della sentenza con rinvio alla CTR della Sicilia, in diversa composizione, affinchè si attenga ai principi di cui sopra, anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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