Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25441 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/10/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – rel. Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 831-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

UNIPOL GRUPPO SPA, in persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 107, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO LUCA LOBUONO TAJANI, rappresentata e difesa

dagli avvocati LAURA CASTALDI, NICOLA LEONE DE RENZIS SONNINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4743/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 23/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/05/2019 dal Presidente Relatore Dott. MAURO

MOCCI.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione della Unipol Gruppo Finanziario s.p.a. contro un avviso di liquidazione per imposta di registro, per l’anno 2012;

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, u.c., e art. 57, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe erroneamente ritenuto la società obbligata nell’ambito della garanzia, operando l’annullamento integrale della pretesa impositiva, invece della parte ad essa eccedente; che l’intimata si è costituita con controricorso;

che il motivo è inammissibile;

che la ratio della decisione impugnata si fonda sulla considerazione che “per coloro che intervengono volontariamente in un processo e che rimangono estranei al giudicato della sentenza non può essere esteso il principio di solidarietà passiva previsto per il pagamento dell’imposta di registro dovuta per la registrazione della sentenza”;

che tale conclusione è conforme, del resto, al principio per il quale, in tema di imposta di registro, l’obbligazione solidale prevista dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, per il pagamento dell’imposta dovuta in relazione ad una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti non grava, quando si tratti di litisconsorzio facoltativo, indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte all’unico procedimento, poichè in tale ipotesi – diversamente dal litisconsorzio necessario – pur nell’identità delle questioni, permane l’autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole causae petendi, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte. Pertanto, poichè l’imposta non colpisce la sentenza in quanto tale, ma il rapporto racchiuso in essa, quale indice di capacità contributiva, il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza (Sez. 5, n. 1710 del 24/01/2018);

che, per converso, l’Agenzia censura il fatto che la CTR non abbia proceduto alla rideterminazione dell’imposta effettivamente dovuta dalla società, e dunque una ratio differente;

che va pertanto dato atto dell’inammissibilità del ricorso (Sez. U, n. 7155 del 21/03/2017);

che a tale declaratoria segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore della controricorrente, in Euro 3.500, oltre alle spese forfettarie in misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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