Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25438 del 12/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25438 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PETITTI STEFANO

Appello – costituzione
mediante velina

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DI GOVERNO DI REGGIO
CALABRIA

(80009220809),

rappresentante

in

pro tempore,

persona

del

legale

rappresentata e difesa

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata per legge;

ricorrente

intimato

contro
SIBIO Giuseppe;

avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n.
973/11, depositata il 21 giugno 2011.

– 1 –

Data pubblicazione: 12/11/2013

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 22 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 11 maggio 2010 e
depositato in copia per l’iscrizione a ruolo il successivo
13 maggio, la Prefettura – Ufficio territoriale del Governo
di Reggio Calabria proponeva appello avverso la sentenza n.
52 del 2010, con la quale il Giudice di Pace di Gioiosa
Ionica aveva annullato un’ordinanza ingiunzione emessa
dalla Prefettura di Reggio Calabria, accogliendo
l’opposizione proposta da Sibio Giuseppe.
Il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza
depositata il 21 giugno 2011, dichiarava l’improcedibilità
del gravame ex art. 348 cod. proc. civ., compensando per
intero tra le parti le spese del giudizio.
Secondo il giudice adìto, l’appello era da considerare
improcedibile poiché l’amministrazione appellante si era
costituita in giudizio depositando una copia dell’atto di
citazione in appello priva della notifica alla controparte,
provvedendo solo successivamente, alla prima udienza

Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, il quale ha

svoltasi in data 2 novembre 2010,

al deposito

dell’originale con la prova della notifica.
Per la cassazione della predetta sentenza, la
Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Reggio

motivo.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Con l’unico motivo di ricorso, l’amministrazione

ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 348, 347, 165 e 156 cod. proc. civ., dolendosi che il
Tribunale di Reggio Calabria abbia dichiarato improcedibile
l’appello introdotto mediante il deposito della sola copia,
anziché dell’originale, dell’atto di citazione. Invero, il
deposito della sola copia dell’atto (c.d. “velina”)
integrerebbe non già una fattispecie di improcedibilità,
bensì un’ipotesi di mera irregolarità sanabile attraverso
il successivo deposito dell’originale notificato entro la
prima udienza di trattazione, momento in cui il giudice è
chiamato a controllare la regolare costituzione in giudizio
delle parti.
2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il

Tribunale,

nel

dichiarare

l’improcedibilità

dell’appello con la sentenza impugnata, si è conformato ad
uno specifico orientamento emerso nella giurisprudenza di

3

Calabria ha proposto ricorso, affidandolo ad un solo

questa Corte, espressosi soprattutto nelle sentenze n.
18009 del 2008 e n. 10 del 2010.
Secondo queste due pronunce, infatti, il deposito
dell’atto di citazione in appello privo della notifica alla

secondo grado, determinerebbe l’improcedibilità del gravame
ex art. 348 cod. proc. civ., essendo privo di effetti
sananti l’eventuale deposito dell’atto notificato in prima
udienza, oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.
Per come ampiamente motivato nella sentenza oggetto del
ricorso (nella quale è stato ripercorso l’intero iter
logico-sistematico posto a fondamento della citata sentenza
n. 18009 del 2008), la costituzione in giudizio
dell’appellante con il deposito di un atto non notificato
(ovvero non recante la prova documentale allegata della
richiesta od eseguita notificazione) sarebbe sprovvista del
necessario requisito per il raggiungimento dello scopo cui
è destinato il controllo di procedibilità che la legge
conferisce al giudice dell’impugnazione, con la conseguenza
che, sulla scorta di una lettura sistematica e coordinata
degli artt. 347 e 348 cod. proc. civ., l’atto di appello
dovrebbe essere dichiarato improcedibile allorquando
l’appellante non depositi, nel termine stabilito per la sua
costituzione (in relazione al richiamato art. 165 cod.

controparte, all’atto della costituzione nel giudizio di

proc. civ.), l’atto di impugnazione notificato ad almeno
una delle controparti.
Ed era proprio questa la situazione processuale che si
era venuta a verificare nel caso di specie, laddove

costituzione nel termine di legge, aveva depositato
semplicemente una copia (“velina”) dell’atto di citazione
in appello, la quale, tuttavia, era priva di qualsiasi
indicazione in ordine alla richiesta o all’avvenuta
notificazione alla controparte, mentre solo in corso di
causa aveva depositato l’originale dell’atto di appello
notificato (ovvero munito del riscontro documentale
dell’intervenuta notificazione).
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale al quale ha
aderito il Tribunale di Reggio Calabria con la sentenza
impugnata, la sanzione della improcedibilità esprimerebbe
una valutazione legale in ordine alla necessità di un
adempimento – la costituzione in giudizio entro il termine
– che il giudice è chiamato ad accertare d’ufficio al fine
di poter dare seguito e sviluppo al procedimento. D’altra
parte, la perentorietà del termine di costituzione in
appello e la rilevabilità d’ufficio della mancata
osservanza dello stesso comporterebbero l’impossibilità di
sanare (ovvero di considerare alla stregua di mere
irregolarità suscettibili di successiva regolarizzazione),

l’amministrazione appellante, al momento della sua

imperfezioni e mancanze della costituzione in giudizio
dell’appellante tali da impedire l’accertamento della
validità ed efficacia dello stesso atto di impugnazione.
Sulla scorta di tali argomentazioni il giudice di

applicabilità della sanzione dell’improcedibilità e la
possibilità di configurare nella predetta situazione
processuale relativa all’attività di costituzione in
appello dell’amministrazione una mera irregolarità, non
potevano considerarsi degne di rilievo perché la possibile
regolarizzazione avrebbe, comunque, presupposto che la
costituzione, pur potendo avvenire con il deposito di una
mera copia dell’atto di appello, sarebbe dovuta, in ogni
caso, intervenire nel termine di cui all’art. 165 cod.
proc. civ. con l’allegazione della idonea indicazione e
del relativo riscontro documentale in ordine all’effettuata
rituale richiesta o avvenuta esecuzione della
notificazione.
3. Il collegio, aderendo alla soluzione adottata di
recente da Cass. 21434 del 2013 (in senso conforme v. anche
Cass. n. 20401 del 2013; Cass. n. 15715 del 2013), ritiene
che il complessivo impianto argomentativo che sorregge la
sentenza impugnata non sia condivisibile.
Contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale di
Reggio Calabria, la prevalente giurisprudenza di questa

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secondo grado ha ritenuto che la ipotizzata non

Corte

è

schierata nel

senso che

l’accertamento

dell’avvenuto deposito, al momento della costituzione in
giudizio dell’appellante, di una copia (o velina) dell’atto
di appello in luogo dell’originale contenente la relata

la sanzione dell’improcedibilità del gravame (Cass. 9
dicembre 2004, n. 23027; Cass. 24 agosto 2007, n. 17958;
Cass.

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luglio 2009, n. 17666, ord.; Cass. 17 novembre

2010, n. 23192; Cass. 8 maggio 2012, n. 6912 e, da ultimo,
Cass. 23 novembre 2012, n. 20789, ord.).
Questo orientamento deve essere privilegiato, in quanto
saldamente basato: a) sull’indiscusso principio di
tassatività delle cause di improcedibilità (tra le quali,
per l’appunto, non è prevista quella del deposito
dell’originale dell’atto di appello notificato all’atto
dell’iscrizione a ruolo della causa da parte
dell’appellante); b) sulla esclusività del richiamo, in
detta norma, ai soli termini di costituzione
dell’appellante (da intendersi riferiti a quelli
contemplati dall’art. 165 cod. proc. civ., per il giudizio
di primo grado, in virtù del rinvio formulato nel primo
comma dell’art. 347 cod. proc. civ.) e non anche alle
forme; c) sulla non configurabilità di una lesione del
diritto di difesa e sul rilievo dell’instaurazione del
contraddittorio per effetto dell’avvenuta notificazione.

dell’avvenuta notificazione dello stesso atto, non comporta

Del resto,

la possibilità di provvedere alla

costituzione in giudizio da parte dell’attore (e,
corrispondentemente, da parte dell’appellante in secondo
grado) e alla contestuale iscrizione a ruolo della causa

deposito della c.d. “velina”) è un dato che deve ritenersi
acquisito alla luce della lettura (costituzionalmente
orientata) operata dal Giudice delle leggi (cfr. sentenza 2
aprile 2004, n. 107, e ordinanza 12 aprile 2005, n. 154; ma
già prima, in senso analogo, l’ordinanza 23 giugno 2000, n.
239), secondo cui tale ultimo adempimento si perfeziona per
il notificante sin dalla consegna dell’atto all’ufficiale
giudiziario, sicché a partire da tale momento egli è
legittimato a compiere tutte le attività che presuppongono
la notificazione, ferma restando la decorrenza del termine
ultimo per la costituzione dalla consegna effettiva al
destinatario. Ed anche le Sezioni unite di questa Corte con la sentenza 18 maggio 2011, n. 10864 – hanno affermato
che solo la mancata costituzione in termini dell’appellante
determina automaticamente l’improcedibilità dell’appello (a
nulla rilevando che l’appellato si sia costituito nel
termine assegnatogli).
In modo ancor più incisivo è stato chiarito (cfr., in
particolare, Cass. n. 23192 del 2010) come il nuovo testo
dell’art. 348 cod. proc. civ. (nella versione introdotta

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prima del perfezionamento della notificazione (mediante il

dalla legge n. 353 del 1990 e successive integrazioni)
abbia apportato significative modifiche alla disciplina
dell’improcedibilità dell’appello, in quanto ha previsto,
quali ipotesi tassative (sull’operatività del principio di

2171 del 2009 e Cass. n. 238 del 2010), solo due casi.
Infatti, mentre nella disposizione prevista al primo comma
viene fatto riferimento alla mancata tempestiva
costituzione dell’appellante, nel capoverso è disciplinata
la mancata comparizione dello stesso, una volta
costituitosi, alla prima udienza e in quella successiva;
pertanto, in relazione al primo degli indicati profili,
risulta univocamente evincibile come, sul piano letterale
della disposizione, la sanzione immediata ed insanabile,
anche quindi a prescindere dalla condotta processuale
dell’appellato, attiene alla sola mancata tempestiva
costituzione dell’appellante che deve aver luogo “in
termini”, non anche all’omessa osservanza delle ”forme”
previste per i procedimenti davanti al tribunale,
nonostante alle stesse, compreso dunque il deposito
dell’originale della citazione, operi rinvio il precedente
art. 347 cod. proc. civ.
Oltretutto, bisogna rilevare che, sebbene l’art. 165
cod. proc. civ. imponga all’attore di costituirsi, entro
dieci giorni dalla notificazione della citazione,

tassatività in proposito cfr., anche di recente, Cass. n.

depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo ed
il

proprio fascicolo contenerne l’originale della

citazione, la procura ed i documenti offerti in
comunicazione, tuttavia la giurisprudenza concorde di

costituzione in giudizio dell’attore avvenuta mediante
deposito in cancelleria, oltre che della nota di iscrizione
a ruolo, del proprio fascicolo contenente una copia anziché
l’originale dell’atto di citazione, depositato in seguito
dopo la scadenza del termine prescritto, non determina
alcuna nullità della costituzione stessa, ma integra,
semmai, una semplice ipotesi di irregolarità rispetto alle
modalità stabilite dalla legge, non conseguendo a tale
violazione – come già sottolineato – alcuna lesione dei
diritti della controparte e venendosi ad instaurare il
contraddittorio con la notifica della citazione (Cass. n.
15777 del 2004, cit.).
Orbene, l’applicazione al giudizio d’appello di tali
condivisibili principi non consente di ricondurre la
fattispecie in esame – come dedotto dall’Amministrazione
ricorrente all’ipotesi di mancata tempestiva
costituzione, dal momento che solo essa giustificherebbe,
ai sensi dell’art. 348 cod. proc. civ. (nel testo come
novellato dalla legge n. 353 del 1990), la declaratoria di
improcedibilità del gravame.

questa Corte ha già avuto modo di evidenziare come la

Non appare, perciò, convincente la diversa soluzione
adottata da questa Corte con la sentenza n. 18009 del 2008,
che si fonda su una distinzione tra l’art. 165 cod. proc.
civ., in relazione al quale condivide la giurisprudenza che

deposito dell’originale notificato dell’atto di citazione,
e l’art. 348 cod. proc. civ., in riferimento al quale,
ravvisando la ragione giustificatrice della comminatoria
dell’improcedibilità nell’esigenza di certezza
dell’instaurazione del giudizio, assume invece
l’essenzialità del deposito dell’originale in funzione di
un necessario controllo preventivo, da parte del giudice di
appello, dell’effettiva proposizione dell’impugnazione (e,
quindi, della prova dell’attivazione del correlato
adempimento notificatorio nei confronti della controparte).
Questa impostazione non valorizza, innanzitutto,
l’espressa limitazione del dettato normativo del suddetto
art. 348 cod. proc. civ., che ricollega la procedibilità
dell’appello alla sola tempestività della costituzione (di
per sé rivelatrice della effettiva volontà di impugnare), e
non alle modalità della costituzione stessa, ma,
soprattutto, presuppone una necessaria attività di
controllo preventivo inauditae partes da parte del giudice
a seguito della sola costituzione, che – però – il diritto
positivo non prevede (e che avrebbe dovuto necessariamente

esclude l’essenzialità, in sede di costituzione, del

contemplare per giungere alla conclusione predicata, alla
stregua del pacifico principio di tassatività che deve
caratterizzare, nell’ambito processuale, i casi di
improcedibilità e, in genere, quelli che comportano

potrebbe giustificare anche un’immediata declaratoria
d’improcedibilità, ma – alla stregua dell’assetto normativo
vigente – tale controllo può aver legittimamente luogo
successivamente, già alla prima udienza (e, invero, l’art.
350, comma secondo, cod. proc. civ., demanda a tale sede la
verifica della regolare costituzione del giudizio, con la
possibilità di disporre anche la rinnovazione della
notificazione dell’atto di appello: cfr., per questa
sottolineatura, Cass. n. 6912 del 2012, cit.) con la
visione, da parte del giudice, della copia notificata pur
se tardivamente depositata.
Soluzione, questa, alla quale si perviene anche in base
al principio di proporzionalità delle sanzioni processuali,
apparendo invero del tutto non adeguata una sanzione
definitiva – quale la improcedibilità del gravame
riferita

non al

mancato

compimento

dell’attività

prescritta, ma allo svolgimento della stessa in forme
diverse da quelle prescritte, in tutti i casi in cui lo
scopo della instaurazione del contraddittorio nel giudizio
di appello sia raggiunto con la notificazione della

decadenze processuali). Solo in tal caso, infatti, si

citazione in appello e il giudice del gravame sia posto in
grado, in sede di prima udienza, di verificare la
conformità della citazione notificata a quella depositata.
Alla declaratoria d’improcedibilità si potrebbe dunque

fosse accertata una difformità tra la copia depositata (al
momento di iscrizione a ruolo, pur se priva di qualsivoglia
indicazione in ordine alla già avvenuta o richiesta
notifica alla controparte) e l’originale dell’atto di
impugnazione (successivamente depositato) ovvero, a
fortiori,

in caso di mancato deposito, non nel caso in cui

– come nella controversia in questione non sia in
discussione il deposito dell’atto di appello notificato e
la conformità di questo a quello depositato al momento
della costituzione; in questo caso, invero, si deve
ravvisare una mera irregolarità, non dando luogo il
deposito della copia in luogo dell’originale a una
costituzione priva dei requisiti essenziali al
raggiungimento dello scopo dell’atto e non comportando
essa, di per sé, alcuna violazione dei diritti difensivi
dell’appellato, nei confronti del quale il contraddittorio
viene a radicarsi con la notifica dell’atto di
impugnazione.
Si deve solo aggiungere che questa interpretazione è
idonea ad offrire una soluzione al problema pratico del

pervenire, all’esito del giudizio di appello, soltanto ove

ritardo nella consegna, da parte degli ufficiali
giudiziari, degli originali notificati, che altrimenti
finirebbe per far incorrere l’appellante in incolpevoli
tardive costituzioni.

orientamento

in

consonanza

assolutamente

con

il

condivisibile

maggioritario

della

giurisprudenza di questa Corte (avallato anche
dall’interpretazione costituzionalmente orientata fatta
propria dalla giurisprudenza del Giudice delle leggi) e con
l’impianto normativo sistematicamente inquadrato che il
codice di rito riserva al giudizio di appello (e, in
particolare, alle forme, alla costituzione delle parti e
alla fase della trattazione, non disgiunte dalla
valorizzazione, quale imprescindibile corollario, del
principio della tassatività dei casi di improcedibilità),
deve enunciarsi (come già statuito con la recente Cass. n.
6912 del 2012) – ravvisandosi la fondatezza del proposto
ricorso seguente principio di diritto:
«l’improcedibilità dell’appello è comminata dall’art. 348,
primo comma, cod. proc. civ. per l’inosservanza del termine
di costituzione dell’appellante, ma non anche per il
mancato rispetto delle forme di costituzione, sicché,
essendo il regime dell’improcedibilità di stretta
interpretazione in quanto derogatorio al sistema generale
della nullità, il vizio della costituzione tempestiva ma

Pertanto,

inosservante delle forme di legge soggiace al regime della
nullità e, in particolare, al principio del raggiungimento
dello scopo, per il quale rilevano anche comportamenti
successivi alla scadenza del termine di costituzione; ne

l’appello se l’appellante, nel costituirsi entro il termine
di cui agli artt. 165 e 347 cod. proc. civ., ha depositato,
all’atto dell’iscrizione a ruolo, una c.d. “velina”
dell’atto d’appello in corso di notificazione – priva,
quindi, della relata di notifica -, qualora egli abbia
depositato, successivamente alla scadenza del termine
medesimo, l’originale dell’atto notificato, conforme alla
“velina”».
4. Nel caso di specie, la Prefettura – Ufficio
territoriale di Governo di Reggio Calabria ha depositato,
in data 13 maggio 2010, copia della citazione dell’atto di
appello priva di qualsiasi indicazione in ordine alla
notifica in corso. In data 2 novembre 2010, e cioè alla
prima udienza di trattazione, l’amministrazione appellante
ha poi provveduto a depositare l’originale dell’atto con la
prova della notifica.
Il Tribunale di Reggio Calabria ha quindi violato il
principio ora affermato, sicché il ricorso deve essere
accolto, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale
di Reggio Calabria (in composizione monocratica), in

consegue che non può essere dichiarato improcedibile

persona di altro magistrato che, nel conformarsi al
principio di diritto sopraenunciato, provvederà, ai sensi
dell’art. 385 cod. proc. civ., anche sulle spese della
presente fase del giudizio.

La Corte
impugnata e

accoglie
rinvia,

il ricorso;

cassa

la sentenza

anche per le spese del giudizio di

legittimità, al Tribunale di Reggio Calabria, in
composizione monocratica, in persona di altro magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione,
il 22 ottobre 2013.

PER QUESTI MOTIVI

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