Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25434 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 12/10/2018), n.25434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14740/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.O.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI

PARIOLI 124, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GIRELLI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3307/10/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata il 22/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 3307/10/16 depositata in data 22 dicembre 2016 la Commissione tributaria regionale della Puglia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 2233/6/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso di C.O.M. contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2007. La CTR osservava anzitutto in particolare che doveva considerarsi corretta la sentenza appellata in punto affermazione di fondatezza dell’eccezione del contribuente di invalidità dell’atto impositivo impugnato per violazione del contraddittorio endoprocedimentale e che comunque le pretese creditorie erariali non erano fondate nel merito, avendo il contribuente medesimo adeguatamente contro provato la presunzione (legale), D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, derivante dagli accertamenti bancari espletati dall’agenzia fiscale.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso il contribuente che successivamente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, poichè la CTR ha affermato l’invalidità dell’avviso di accertamento impugnato perchè emesso ante tempus e quindi senza rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale.

La censura è fondata.

Va ribadito che:

– “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604-01);

– “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino” (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637605-01);

– più specificamente, “In tema di accertamento delle imposte, la legittimità della ricostruzione della base imponibile mediante l’utilizzo delle movimentazioni bancarie acquisite non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, anticipato alla fase amministrativa, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo, sicchè dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti” (Sez. 5, Sentenza n. 25770 del 05/12/2014, Rv. 633749-01).

E’ pacifico che nel caso di specie si tratti di un c.d. “accertamento a tavolino” e che comunque il contribuente è stato messo in condizione di difendersi, come infatti si è concretamente difeso.

Pertanto sicuramente la sentenza impugnata contrasta con i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, sia per quanto riguarda i tributi diretti “non armonizzati” sia perchè non ha espletato una precisa e puntuale “prova di resistenza” sulla “non pretestuosità” dell’opposizione del contribuente in relazione all’IVA “armonizzata”.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole della violazione/ falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 7 e art. 2697 c.c., poichè la CTR ha affermato l’assolvimento da parte del contribuente dell’onere di prova contraria a fronte delle presunzioni legali previste in caso di indagini finanziarie/bancarie dalle prime due disposizioni legislative.

La censura è fondata.

Va ribadito che:

– “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 11102 del 05/05/2017, Rv. 643970-01);

– “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti” (Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 09/08/2016, Rv. 640983-01; conforme, Sez. 6-5, Ordinanza n. 3628 del 10/02/2017, Rv. 643207-01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 7951 del 30/03/2018, Rv. 647721-01).

In relazione a quest’ultimo principio di diritto deve quindi precisarsi, anche in relazione alla deduzione difensiva del contribuente di cui alla memoria depositata, e considerarsi in tal senso superato il contrasto giurisprudenziale sezionale successivo alla sentenza n. 228/2014 della Corte costituzionale.

La sentenza impugnata, trattando cumulativamente e genericamente tutte le singole movimentazioni bancarie oggetto di contestazione, ha chiaramente violato entrambi i principi di diritto espressi nei citati arresti giurisprudenziali.

Peraltro nemmeno ha distinto, come appunto in esito alla sentenza n. 228/2014 della Corte costituzionale – correttamente interpretata ed applicata – è necessario, tra “versamenti” e “prelevamenti” e così, più in generale, appunto direttamente violato la presunzione legale relativa che residua nelle disposizioni del TU sull’accertamento dei redditi e del decreto IVA in questione.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ad entrambi i motivi dedotti, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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