Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25434 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. I, 11/11/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 11/11/2020), n.25434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14652-2019 proposto da:

F.I. (NIGERIA), elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. Giacinto Corace del foro di Milano che lo

rappresenta e difende (pec: giacinto.corace.milano.pecavvocati.it);

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3220/2018 (pubbl. il 26/11/2018) della Corte

di appello di Venezia;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 7/10/2020 dal consigliere relatore Dott. ARIOLLI

Giovanni.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.I., cittadino della Nigeria, ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 3220/2018 della Corte di appello di Venezia che ha rigettato – con revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato e con condanna alle spese – l’appello avverso l’ordinanza del tribunale di Venezia che aveva confermato il diniego della Commissione territoriale di Padova in ordine alle sue domande per il riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero di quella umanitaria; svolgendo tre motivi ne chiede l’annullamento.

2. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini; la difesa Erariale ha depositato nota al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo deduce la “Violazione e falsa applicazione dello status di protezione sussidiaria. Violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 6, 14,17, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, nonchè omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, n. 3 e n. 5”. La censura attiene al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, con particolare riguardo all’omessa valutazione delle fonti più aggiornate e pertinenti al caso di specie.

Il motivo è inammissibile. Invero, l’argomento critico, siccome sviluppato in ricorso, si compendia nella mera enfatizzazione di alcuni passaggi del rapporto redatto da un Organismo internazionale ed utilizzato dalla Corte di merito per ricavare informazioni utili a statuire circa la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), a fronte invece dell’esame di una pluralità di fonti documentali, di carattere autorevole ed affidabile, citate nella sentenza impugnata a conferma dell’esclusione, non già genericamente in relazione all’intero territorio della Nigeria, bensì, come prescritto, alla zona di pertinenza del ricorrente, di una situazione socio – politica caratterizzata da violenza diffusa. La censura, pertanto, risulta generica e fondata su tesi alternativa contrapposta alla valutazione correttamente espressa dal giudice di merito, sicchè finisce per sollecitare questa Corte di legittimità ad un’inammissibile valutazione di merito. Di conseguenza, nessun profilo di illegittimità “sconta” la sentenza impugnata laddove, dinanzi ad un complesso di fonti aggiornate e di elementi alternativi privi di decisività, ha escluso il ricorso ad approfondimenti istruttori.

4. Con il secondo motivo deduce la “Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 6 e 17”. Ad avviso del ricorrente, la Corte di appello di Venezia, accertata la situazione di possibili violenze nel sud della Nigeria, ha omesso di accertare l’adeguatezza e l’efficacia dei mezzi di tutela e di protezione messi a disposizione dallo Stato in favore della generalità dei cittadini.

La censura è manifestamente infondata in quanto muove da un errato presupposto di diritto. Al riguardo, va infatti precisato che il riferimento all’esistenza di possibili episodi di violenza inerenti alla gestione dei profitti che derivano dall’estrazione del petrolio e ad alcune fazioni politiche risulta non solo essere stato escluso dal contesto di vita del ricorrente, ma anche espressamente non ricondotto a fenomeni di violenza di carattere diffuso ed indiscriminato. Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere, infatti interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (ex multis Cass., ord. n. 18306/2019). Di conseguenza, anche sotto tale profilo non può farsi derivare a carico del giudice di merito alcun dovere di attivazione istruttoria.

5. Con il terzo motivo deduce la “Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 6 e 17”. Accertata la situazione di “possibili violenze” in Nigeria, la censura attiene all’omesso accertamento circa l’adeguatezza e l’efficacia dei mezzi di tutela e di protezione messi a disposizione dallo Stato in favore della generalità dei cittadini.

Il motivo è manifestamente infondato. Invero, la speciale forma di protezione richiesta – peraltro di carattere provvisorio – è stata motivatamente esclusa facendo corretta applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte di legittimità, anche a S.U., secondo cui in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Cass. S.U., n. 29459/2019). Nel caso in esame, si è escluso che in caso di rimpatrio il ricorrente si venga a trovare in una situazione di vulnerabilità, evidenziandosi anche l’assenza di una stabile integrazione in Italia e non potendo assumere rilievo in questa sede allegazioni documentali relative ad elementi di fatto sopravvenuti alla pronuncia della sentenza impugnata (vedi pag. 24 del ricorso ove si fa riferimento allo svolgimento di una nuova attività lavorativa dal mese di settembre 2018, nonchè all’inizio di una relazione affettiva sfociata con la nascita di una bambina a fine dicembre 2018). Infine, la censura si risolve nel chiedere a questa Corte di operare un’inammissibile sostituzione alla valutazione espressa dal giudice di merito.

6. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in ragione del fatto che l’Amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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