Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25432 del 26/10/2017
Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.26/10/2017), n. 25432
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. ROSSI Agnello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24565-2015 proposto da:
Q.C., elettivamente domiciliato in ROMA, V. G.
CAMOZZI 1, presso lo studio dell’avvocato DELFO MARIA SAMBATARO, che
lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Commissario Straordinario pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.TEMPIO DI GIOVE 21,
presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CIAVARELLA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOMENICO ROSSI giusta
procura in calce al controricorso;
EQUITALIA SUD SPA (OMISSIS), in persona del Responsabile del
Contenzioso Regionale, S.M., elettivamente domiciliata in
ROMA, P.ZZA DELLA CANCELLERIA, 85, presso lo studio dell’avvocato
BARBARA PAOLETTI, che la rappresenta e difende giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 15803/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata
il 16/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/09/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato MARIA SAMBATARO DELFO.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Q.C. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi ed illustrato da memoria nei confronti di Equitalia Sud s.p.a. e di Roma Capitale, che resistono con controricorso, per la cassazione della sentenza n. 15803/2015 emessa ex art. 281 sexies c.p.c. dal Tribunale di Roma in data 16.7.2015, non comunicata nè notificata, con ricorso notificato il 12 e il 19 ottobre 2015.
Rappresenta di aver proposto opposizione all’esecuzione dinanzi al giudice di pace avverso un sollecito di pagamento relativo ad una cartella esattoriale emessa per omesso pagamento di sanzioni amministrative relative a violazioni del codice della strada, facendo presente di aver opposto la cartella, di aver ottenuto la sospensione dell’esecutività di essa e, nel corso del giudizio, di aver ottenuto l’annullamento della cartella di pagamento, con sentenza passata in giudicato, che assume di aver prodotto nel giudizio di opposizione al sollecito di pagamento formulando l’eccezione di giudicato esterno.
Il Tribunale di Roma rigettava l’appello del Q. rilevando il suo difetto di interesse, per aver impugnato un atto privo di valenza giuridica.
Sia Roma Capitale che Equitalia resistono con controricorso.
Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c. per essersi il tribunale discostato dal consolidato orientamento della Corte secondo il quale solleciti e diffide sono atti autonomamente impugnabili.
Il motivo è fondato e va accolto.
La sentenza impugnata è dichiaratamente immotivata nel punto in cui sceglie di aderire alla tesi secondo la quale i solleciti di pagamento e le diffide non sono autonomamente impugnabili. Non enuncia nè gli argomenti a favore della tesi che predilige, nè tanto meno puntualizza perchè essi indurrebbero a discostarsi dalla prevalente opinione di legittimità o quali particolari elementi della fattispecie sottoposta al suo esame renderebbero i solleciti impugnati atti privi di qualunque valenza giuridica.
Contrariamente alla apodittica affermazione contenuta nella sentenza di merito, a fronte della ricezione di un sollecito di pagamento emesso in relazione ad un titolo esecutivo sospeso nella sua esecutività, e successivamente rimosso, esiste un interesse giuridicamente rilevante ad opporsi, in quanto l’opposizione è tesa ad eliminare ogni situazione di incertezza relativa alla pretesa creditoria che l’amministrazione ha segnalato al debitore di avere intenzione di far valere. Si può in proposito richiamare il principio di diritto espresso da Cass. S.U. n. 12244 del 2009: “L’atto amministrativo di sollecito di pagamento, pur distinguendosi dall’avviso di mora, per la sua natura ontologicamente non impositiva, è autonomamente impugnabile da parte del destinatario, davanti al giudice competente, quando, nonostante il carattere atipico derivante dalla diversa denominazione attribuitagli dall’Amministrazione, abbia lo stesso contenuto e funzione del provvedimento tipizzato impugnabile. Ne consegue l’ammissibilità dell’opposizione ad ordinanza ingiunzione L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 23 avverso un atto contenente un sollecito di pagamento per una sanzione amministrativa rientrante nell’ambito di applicazione di tale legge”.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio costituito dall’avvenuto deposito di copia della sentenza costituente giudicato esterno in questo giudizio.
Anche questo motivo è fondato.
Sebbene la deduzione del ricorrente sia meramente assertiva, in quanto egli si limita ad affermare l’esistenza della sentenza passata in giudicato, non precisando di averla prodotta in questa sede, e non riproducendo il passo del verbale di causa dal quale dovrebbe risultare l’avvenuta produzione, non è possibile fermarsi ad un rilievo in termini di difetto di autosufficienza. Il giudicato esterno infatti costituisce un elemento che non può essere incluso nel fatto ma è assimilabile agli elementi normativi ed il suo accertamento, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, è effettuabile anche d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo in quanto corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche attraverso la stabilità della decisione. Pertanto, a fronte di una eccezione di intervenuta formazione del giudicato esterno, è compito del giudice attivarsi e verificare l’effettiva esistenza di una pronuncia avente tale valenza. Previa una verifica del fascicolo d’ufficio d’appello, la sentenza di annullamento della cartella esattoriale sulla cui base è stato emesso il sollecito di pagamento esiste (sentenza del Giudice di pace di Roma n. 29980 del 2013) e risulta effettivamente prodotta in appello, munita della certificazione dell’avvenuto passaggio in giudicato, ma non è stata minimamente presa in considerazione.
In accoglimento di entrambi i motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendo necessario alcun accertamento in fatto, questa Corte può avvalersi della facoltà prevista dall’art. 384 c.p.c., comma 2 e decidere nel merito l’opposizione proposta accogliendola, e per l’effetto annullare il sollecito di pagamento.
Sussistono motivi idonei a giustificare l’integrale compensazione delle spese dell’intero processo attesa la limitata completezza espositiva, ai limiti dell’inammissibilità, della difesa di parte ricorrente.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’opposizione ed annulla il sollecito di pagamento.
Spese compensate.
Non sussistono i presupposti di legge per un raddoppio del contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017