Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25432 del 20/09/2021

Cassazione civile sez. I, 20/09/2021, (ud. 15/09/2021, dep. 20/09/2021), n.25432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.M., rappr. e dif. dall’avv. Francesco Perone,

perone.francesco.cert.ordineavvocatipotenza.it, come da procura

allegata in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e difeso

ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– costituito –

per la cassazione della sentenza App. Potenza 12.5.2020, n. 275, in

R.G. 348/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 15.9.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. A.M. impugna la sentenza App. Potenza 12.5.2020, n. 275, in R.G. 348/2019 di inammissibilità dell’appello avverso l’ordinanza Trib. Potenza 20.6.2019 a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. la corte ha dato atto che l’appello era innanzitutto inammissibile, per violazione dei canoni di specificità dei motivi, articolati genericamente con mero riferimento alle condizioni di arretratezza e instabilità politica della Nigeria, il Paese di provenienza del richiedente, ma senza collegamenti con la vicenda personale, tratta da un allontanamento circoscritto a ragioni di migrazione cd. economica;

3. l’appello, per la sentenza, era altresì infondato nel merito, poiché: a) le citate ed inizialmente dedotte ragioni di espatrio non integravano alcun requisito alla base delle forme di protezione richiesta, avendo omesso lo stesso appellante di correlare la situazione personale a circostanze persecutorie o di danno grave ai sensi della disciplina pur invocata, nemmeno bastando il generico rinvio – nella sola sede d’appello – alla professata religione cristiana; b) non sussisteva alcuna rappresentazione, da parte del richiedente, di un conflitto armato per la parte Sud della Nigeria, provenendo egli dal Delta State, area già secondo le fonti estranea a violenza indiscriminata e con riferimenti inesistenti a pericolo di sanzioni o condanne rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, medesimo art. 14; c) quanto alla protezione umanitaria, era insussistente ogni forma di vulnerabilità già in astratto, avendo il richiedente riferito la fuga alla volontà di sottrarsi ad una condizione di generica povertà e senza provare un significativo percorso di stabile integrazione sociale in Italia, per come comparabile con il godimento di diritti fondamentali al rimpatrio coattivo; il ricorrente propone due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. si deducono: a) la erroneità della sentenza, perché la natura della controversia comunque imporrebbe il dovere giudiziale di riesaminare per intero la vicenda narrata, sotto tutti i profili di protezione e a prescindere dalla specifica richiesta del ricorrente, avendo omesso di valutare dichiarazioni della parte e stato d’indigenza e arretratezza della Nigeria; b) identiche censure quanto al diniego della protezione umanitaria, anche per difetto di motivazione sulla vulnerabilità e l’influenza della situazione del Paese sul bisogno di tutela così richiesto;

2. il primo motivo è inammissibile, per genericità dell’enunciato argomentativo e difetto assoluto di coerenza rispetto alla motivazione della sentenza impugnata che ha, decisivamente, non solo argomentato la inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei suoi motivi, ma altresì articolato ampia motivazione sull’assenza totale di fondatezza del gravame anche nei suoi aspetti di merito; la prima ratio decidendi appare invero censurata in modo del tutto generico e contrastante con il principio per cui “il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla S.C. anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi” (Cass. 13403/2019; 18704/2015); la seconda ratio decidendi non risulta nemmeno censurata, così determinandosi altra causa di inammissibilità ai sensi del principio, operante in tali casi di pluralità, dell’essenzialità di una completa impugnazione (Cass. 10815/2019).

3. il secondo motivo è inammissibile, poiché per un verso il diniego di vulnerabilità costituisce apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, avendo superato il cd. minimo costituzionale (Cass. s.u. 8053/2014);

per altro verso, la critica non si dirige in modo specifico “sulla argomentata insufficienza, al fine del conseguimento della protezione umanitaria, delle condizioni di esposizione a rischio del richiedente, escluse in sentenza per la mancata intrapresa di un percorso di stabile integrazione in Italia, aspetto parimenti non affrontato dal ricorrente (Cass. 10815/2019), il quale invoca l’astratta esigenza di indagine su detta integrazione ovvero sulla comparazione, senza però indicare quali circostanze siano state omesse o trascurate dalla corte ed in quali sedi di merito siano state ritualmente rappresentate;

4. osserva infine il Collegio che anche il collegamento tra la situazione generale in Nigeria e la ipotetica compromissione dei diritti fondamentali ha trovato adeguata illustrazione in sentenza, con la citata motivata esclusione del conflitto armato localizzato e risulta poi solo genericamente invocato nel motivo, per di più quale mero contesto di riferimento, mancando altra individuazione di dettaglio sulle cause specificamente proprie della vulnerabilità, senza che poi le citate conclusioni della corte vengano poste in discussione con fonti alternative (Cass. 28433/2018) o diversa accentuazione del pericolo (Cass. 5675/2021);

5. il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per la condanna al cd. doppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

 

 

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