Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25431 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. I, 11/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 11/11/2020), n.25431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20901/2015 proposto da:

Banca di Credito Cooperativo di Pratola Peligna Soc. Coop. r.l., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Piero Foscari n. 40, presso lo studio

dell’avvocato Colaiacovo Vincenzo, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.M.C., elettivamente domiciliata in Roma, Via Pietro

Ottoboni n. 37, presso lo studio dell’avvocato Serafini Antonio,

rappresentata e difesa dall’avvocato Sambenedetto Paolo, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 632/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Sulmona ha dichiarato risolto il contratto di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari stipulato tra F.M.C. e la Banca di Credito Cooperativo di Pratola Peligna in data 13/1/2000 ed eseguito con l’acquisto di titoli obbligazionari (OMISSIS) (cd. (OMISSIS)), in virtù del grave inadempimento agli obblighi informativi gravanti sull’intermediario in relazione all’alta rischiosità dell’investimento. Ha, inoltre, condannato la banca alla restituzione della somma pari alla differenza tra il capitale investito e gli interessi incassati.

2.La Corte d’Appello ha confermato la pronuncia impugnata sulla base delle seguenti affermazioni.

2.1 In relazione al dedotto vizio di ultrapetizione fondato sulla espressa qualificazione come restitutoria della statuizione di condanna in assenza di una domanda ad hoc di ripetizione d’indebito, è stato rilevato che il nomen iuris contestato è ininfluente nella specie, non essendo modificato nè il petitum sostanziale nè i fatti posti a sostegno dello stesso ed essendo l’importo liquidato inferiore a quello richiesto.

2.2. In relazione all’improcedibilità della domanda per omessa indicazione nell’atto introduttivo dell’offerta di restituzione titoli, la Corte d’Appello ha rilevato che il Tribunale aveva espressamente ordinato all’attrice di restituire i titoli in suo possesso in accoglimento della domanda subordinata proposta dalla banca.

2.3 In relazione al motivo relativo all’omessa valutazione della condotta contrattuale delle parti con riferimento alla deposizione del teste L., la Corte territoriale ha rilevato che il Tribunale ha accertato la radicale mancata informazione sull’elevatissima rischiosità dell’investimento di cui la banca, come operatore qualificato, era a conoscenza, a causa della grave crisi finanziaria del Gruppo Cirio, quali l’assenza di rating, di un prospetto illustrativo e della insufficienza dell’offering circular. In più il teste ha espressamente riferito di non aver nè sconsigliato nè consigliato l’investimento perchè non c’era motivo per farlo, così confermando l’omessa informazione.

2.4 In relazione alla contestazione relativa alla scarsa propensione al rischio dell’attrice, la Corte d’Appello ha condiviso la valutazione del Tribunale in quanto fondata sull’esame specifico degli investimenti precedenti, rilevando la genericità della censura svolta.

In relazione alle istanze istruttorie non accolte la Corte d’Appello ha condiviso la valutazione d’irrilevanza gia formulata dal Tribunale.

2.5. Quanto all’invocato concorso colposo dell’attrice ex art. 1227 c.c. per aver trasferito i titoli presso un’altra banca e per non averli venduti così insistendo nel rischioso investimento, la Corte ha osservato che al momento del trasferimento titoli non solo l’inadempimento si era consumato ma anche il danno come attestato dalla consulenza tecnica d’ufficio.

2.6 Infine il nesso causale tra condotta inadempiente e danno, avuto riguardo alla natura dei titoli e al profilo di piccolo risparmiatore dell’attrice secondo un criterio di normalità ben poteva prevedersi che, un’adeguata informazione, avrebbe fatto desistere l’investitrice. Peraltro, al momento dell’esecuzione degli ordini, erano già in luce le caratteristiche di alta rischiosità degli investimenti come analiticamente evidenziato dal Tribunale.

3. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’istituto di credito intermediario. Ha resistito con controricorso l’investitrice.

4. Nel primo e secondo motivo viene ribadito il vizio di ultrapetizione. La censura è inammissibile perchè non si confronta con una delle rationes della sentenza impugnata avendo la Corte d’Appello precisato che al di là del nomen juris, l’accertamento svolto dal Tribunale era esclusivamente fondato sui fatti costitutivi dedotti a sostegno della domanda risarcitoria avanzata e coincideva con il petitum sostanziale, essendo l’importo liquidato frutto della differenza tra la somma impiegata e le cedole riscosse e, comunque inferiore a quello richiesto. Tale ratio, infine, è del tutto corretta, perchè fondata sull’esame effettivo della domanda svolto dal Tribunale in perfetta coerenza con quanto richiesto dalla parte.

5. Nel terzo motivo viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo consistente sul dedotto vizio d’improcedibilità della domanda risarcitoria a causa della omessa riconsegna dei titoli. La censura è manifestamente infondata. La Corte ha risposto puntualmente alla censura rilevando che non può sussistere alcun profilo d’improcedibilità ove, come nella specie, il Tribunale abbia accolto la domanda subordinata di restituzione titoli che, ove non adempiuta, ben può essere eseguita coattivamente. In relazione al rilievo di tardività della richiesta di assegnazione di un termine per la predetta restituzione, la Corte ha correttamente rilevato che, al di là della fondatezza del rilievo, era stata la banca a formulare la domanda di restituzione cui il Tribunale aveva dato seguito così da escludere qualsiasi rilevanza alla condotta omissiva o intempestiva della parte.

6. Nel quarto motivo viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo consistente nel fatto che la Corte d’Appello non aveva correttamente riprodotto il terzo motivo di appello in particolare in relazione all’omesso esame delle conseguenze della differenza tra causa genetica di nullità e causa funzionale. La censura è radicalmente inammissibile non avendo ad oggetto l’omesso esame di un fatto decisivo ma la riproduzione di una censura peraltro esattamente centrata dalla Corte d’Appello.

7. Nel quinto motivo viene dedotta la violazione degli artt. 244 e 245 c.p.c. per l’illegittima esclusione di alcuni capitoli di prova orale, ritenuti erroneamente irrilevanti. La censura non supera il vaglio di ammissibilità essendo diretta a sostituire la valutazione strettamente attinente al merito, relativa alla rilevanza delle istanze istruttorie.

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con applicazione della soccombenza in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali da liquidarsi in Euro 4000 per compensi, Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

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