Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25428 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. III, 10/10/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 10/10/2019), n.25428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1955/2018 proposto da:

P.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ROBERTO TRIGILIO;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, D.G., DE.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2250/2016 del TRIBUNALE di SIRACUSA,

depositata il 25/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/06/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 26 novembre 2005, P.G. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Siracusa, la compagnia assicurativa Groupama e D.G. e Gi. deducendo di avere subito un danno in occasione del sinistro verificatosi il (OMISSIS) in occasione del quale l’attore, alla guida della propria Vespa Piaggio, mentre percorreva (OMISSIS), era entrato in collisione con l’autovettura condotta da De.Gi. che impegnava (OMISSIS) (strada che incrociava (OMISSIS)), controsenso, omettendo di dare la precedenza al ciclomotore che proveniva da destra. Si costituiva la compagnia di assicurazione. Il proprietario dell’autovettura, D.G., spiegava domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni subiti dal veicolo. L’attore eccepiva l’improponibilità della riconvenzionale, per l’assenza della precedente lettera di messa in mora ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22. Nella causa istruita con l’interrogatorio formale delle parti e le due consulenze, cinematica e medica, l’attore, alla luce dei risultati della consulenza medica, chiedeva la condanna dei convenuti per il pagamento di importo superiore rispetto al limite di competenza per valore del Giudice di pace, chiedendo la rimessione della causa davanti al Tribunale competente per valore;

con sentenza del 2 gennaio 2008 il Giudice di pace di Siracusa rigettava la richiesta di rimessione della causa al Tribunale poichè il profilo relativo alla competenza per valore avrebbe potuto essere rilevato non oltre la prima udienza di trattazione, con conseguente tardività dell’eccezione. Nel merito accoglieva la domanda in ragione del 50% anche con riferimento a quella riconvenzionale;

avverso tale decisione proponeva appello P.G. contestando il profilo relativo alla incompetenza per valore, per essersi limitato l’attore ad ampliare il petitum, deducendo una errata valutazione delle risultanze processuali, atteso che la controparte transitava in (OMISSIS) contromano, ribadendo che la domanda riconvenzionale non era stata preceduta dalla lettera di messa in mora e lamentando che le spese della consulenza cinematica erano state poste interamente a carico dell’attore;

il Tribunale, con sentenza del 25 novembre 2016 rigettava l’appello rilevando che la eccezione di incompetenza per valore era stata tardivamente formulata dopo l’udienza prevista dall’art. 320 c.p.c., comma 3 e che, comunque, non poteva essere fatta valere dalla parte che aveva adito il Giudice di pace. Nel merito, le risultanze processuali non consentivano di individuare una responsabilità esclusiva, mentre riguardo alla domanda riconvenzionale non era necessaria la previa messa in mora. Quanto alle spese di consulenza, le stesse erano state ripartite tra quelle relative alla dinamica e quelle relative all’accertamento medico;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.G. affidandosi a tre motivi. Le parti intimate non svolgono attività processuale in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 5,7,38 e 320 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare l’attore dopo avere proposto una domanda nel limite del valore di Euro 15.000, che al tempo costituiva l’ambito di competenza per valore del Giudice di pace, si era limitato a modificare il petitum e tale attività deve ritenersi consentita anche oltre l’udienza prevista dall’art. 320 c.p.c., comma 3. Pertanto il Giudice di pace avrebbe dovuto rimettere gli atti al Tribunale che avrebbe potuto decidere la controversia;

il motivo è inammissibile perchè non si confronta con la decisione di secondo grado reiterando le considerazioni già oggetto di impugnazione e facendo riferimento a copiosa giurisprudenza degli anni 80, precedente alla istituzione dell’ufficio del Giudice di pace e all’introduzione dell’art. 320 c.p.c., comma 3;

con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 143 e 145 C.d.S. e art. 2054 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Dalle risultanze della consulenza emergeva chiaramente che la conducente dell’autovettura, transitando su (OMISSIS), non avrebbe dovuto proseguire dritto. Peraltro non sarebbe prospettabile un concorso di colpa riferito alla velocità, perchè il ciclomotore viaggiava a 10 km all’ora. Su P. non gravava neppure un obbligo di comune prudenza. Sotto altro profilo non sarebbe pertinente la ricostruzione fattuale del Tribunale secondo cui l’autovettura aveva già impegnato il crocevia, per cui si sarebbe trattato di un tamponamento;

il motivo è inammissibile perchè non si confronta con la decisione impugnata che ha richiamato l’orientamento di legittimità secondo cui opera la presunzione di pari responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c., comma 2, quando una delle parti non abbia tenuto una condotta di guida corretta. Pertanto, sulla base della localizzazione dei danni, il Tribunale ha rilevato che il conducente del ciclomotore aveva urtato l’autovettura, e non viceversa. A ciò il Tribunale è pervenuto sulla base di una ricostruzione in fatto delle risultanze processuali, non censurabile in questa sede e neppure contrastata dal ricorrente. Questi si disinteressa della valutazione operata dal Tribunale il quale ha evidenziato che l’attore non ha fornito elementi concreti in ordine alla dinamica del sinistro e, sebbene abilitato alla prova testimoniale, non aveva provveduto a citare i testi. Inoltre, l’autovettura al momento dello scontro aveva quasi oltrepassato l’incrocio per cui entrambi si trovavano sulla prosecuzione di (OMISSIS) ed “è stato il motoveicolo dell’attore ad urtare l’autovettura della convenuta nella parte posteriore destra”. Sulla base di tali elementi ha ritenuto operante la presunzione di pari responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c.;

questa Corte con ordinanza n. 13672 del 21.05.2019 ha recentemente puntualizzato che “nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, libera quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054 c.c., comma 2, nonchè dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (tra le tante, Cass. n. 4648/1999). Con la precisazione che la prova che uno dei conducenti si è uniformato alle norme sulla circolazione dei veicoli ed a quelle di comune prudenza può essere acquisita anche indirettamente, tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente” (Cass. n. 5226/2006, Cass. n. 9550/2009);

i principi sopra ricordati confermano la correttezza della decisione impugnata secondo cui (come detto, in forza di valutazione di fatto non fatta oggetto di specifica e idonea doglianza) non sarebbe stata raggiunta la prova liberatoria, neanche in via indiretta, in considerazione della localizzazione dei veicoli (entrambi viaggiavano ormai sulla prosecuzione di (OMISSIS)) e del punto d’urto (l’impatto era addebitabile al motoveicolo);

con il terzo motivo si deduce la violazione della L. n. 990 del 1969, art. 22, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si induce in particolare che nel caso di specie trattandosi di sinistro verificatosi prima dell’entrata in vigore del codice delle assicurazioni la norma di riferimento è la L. n. 990 del 1969, art. 22, che trova applicazione anche per l’ipotesi di domanda riconvenzionale;

il motivo è fondato: in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, anche la proponibilità della domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto, il quale assuma a sua volta la responsabilità dell’attore, è subordinata alla richiesta del risarcimento all’assicuratore, nonchè al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, a norma della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22, applicabile “ratione temporis” (Sez. 3, Sentenza n. 22981 del 11/11/2015, Rv. 637835-01),

la censura è fondata anche se, per quello che si legge nel ricorso, il Giudice di pace ha accolto la domanda riconvenzionale condannando il solo P.G. al risarcimento del danno, verosimilmente perchè quest’ultimo, a fronte di una domanda riconvenzionale, non ha evocato in giudizio il proprio assicuratore (sebbene l’obbligo di dotare i ciclomotori fino a 50cc di cilindrata di targa e di copertura assicurativa è in vigore dal 1 luglio 1993);

la condizione di proponibilità della domanda, costituita dall’assolvimento dell’onere della richiesta rivolta all’assicuratore con raccomandata della L. 24 dicembre 1969, n. 990, ex art. 22 (applicabile “ratione temporis”) opera sia nel caso di azione diretta, ai sensi dell’art. 18 della Legge citata, sia nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana a norma dell’art. 2054 c.c.. Essa infatti è imposta dalla legge senza distinzione fra le persone contro cui l’azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente, con la conseguente improponibilità della domanda formulata ai sensi dell’art. 2054 c.c., che sia promossa prima della decorrenza del termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all’assicuratore r.c.a. (Cass. Sez. 3 n. 12910 del 09/06/2014 e Cass. Sez. 3, n. 2269 del 02/02/2006);

da tale onere il danneggiato è dispensato esclusivamente laddove dimostri di non essere stato in grado, nonostante l’uso dell’ordinaria diligenza, di identificare la compagnia assicuratrice sino alla data di esperimento dell’azione risarcitoria, come in caso di mancata risposta da parte del responsabile del danno alla richiesta di indicare se, e presso quale compagnia, abbia stipulato l’assicurazione obbligatoria; in tale ipotesi, proposta la domanda contro il solo responsabile, se questi è assicurato e lo dichiari in giudizio, il danneggiato può proporre l’azione diretta contro l’assicuratore dopo avergli inutilmente richiesto il risarcimento in base alla L. n. 990 del 1969, art. 22 (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18493 del 25/08/2006);

di tali questioni non si occupano i giudici di merito. Pertanto, tali valutazioni dovranno essere espletate dal giudice di rinvio sulla base delle domande proposte;

ne consegue che primo e secondo motivo devono essere dichiarati inammissibili. Il terzo motivo va accolto e la sentenza va cassata con rinvio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo motivo, dichiara inammissibile il primo e il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Siracusa in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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