Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25427 del 20/09/2021

Cassazione civile sez. I, 20/09/2021, (ud. 15/09/2021, dep. 20/09/2021), n.25427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.S., rappr. e dif. dall’avv. Nicoletta Maria Mauro,

mauro.nicolettamaria.ordavvle.legalmail.it, come da procura allegata

in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e difeso

ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– costituito –

per la cassazione del decreto Trib. Lecce 21.7.2020, n. 3842/2020, in

R.G. 233/2019;

vista la memoria del ricorrente;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 15.9.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. A.S. impugna il decreto Trib. Lecce 21.7.2020, n. 3842/2020, in R.G. 233/2019 di rigetto del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. il tribunale, per quanto qui di interesse, ha dato atto di poter esaminare la vicenda del richiedente anche senza disporne l’audizione, posto che nessuna questione nuova era stata addotta dal difensore e dunque, all’esito dell’udienza, ha ritenuto infondato il ricorso, poiché: a) i fatti narrati (“anche qualora veritieri”) non integrano i requisiti della dedotta persecuzione, avendo la parte rappresentato il mero timore di essere arrestato per l’incendio in un’auto (del sindaco di (OMISSIS)), evento avvenuto nel (OMISSIS) a seguito di scontri tra tribù e già attribuito al richiedente, prima arrestato e poi rilasciato, ma di seguito fuggitivo per le minacce di morte del proprietario del mezzo, dopo una prima fuga da altra città per la vergogna di essere stato costretto “dai membri di un partito musulmano” ad avere un rapporto sessuale con la propria madre; b) la genericità e contraddittorietà del racconto, anche inverosimile, inoltre, precludeva il rinvenimento di circostanze anche solo allegate in punto di danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, nulla avendo riferito o prodotto la parte circa il rischio di morte o trattamenti degradanti; c) era insussistente un conflitto armato nella zona del Sud della Nigeria (Delta State), di provenienza del richiedente, secondo le fonti citate; d) non sussisteva prova di alcuna integrazione sociale effettiva (pur se presente in Italia dal 2017) o patologia rilevante idonee a determinare una situazione di vulnerabilità, così non emergendo una sicura compromissione del godimento di diritti fondamentali al rimpatrio coattivo, nemmeno ipotizzato con riguardo ad altre epidemie (febbre di Lassa);

3. il ricorrente propone un unico complesso motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. si deducono la erroneità del giudizio di credibilità del richiedente, motivata al di sotto del minimo costituzionale, anche per omessa considerazione delle fonti che avrebbero potuto collegare la persecuzione invocata al contesto dei fatti pubblici che il tribunale non ha approfondito d’ufficio;

2. l’inammissibilità delle censure proposte dal ricorrente, giustificando la conseguente preliminare reiezione del ricorso, in applicazione del criterio della ragione più liquida, esclude (conf. Cass. 22495/2021) la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione concernente l’invalidità della procura ad litem per mancanza di certificazione della data di rilascio, in conformità ad una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., 1/06/2021, n. 15177), seguita dalla rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, rt. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass., Sez. III, 23/06/2021, n. 17970);

3. il motivo è inammissibile, per eccentricità delle doglianze rispetto alla più complessa motivazione, posto che essa si sostanzia almeno in due rationes decidendi, la prima delle quali – l’estraneità dei fatti prospettati rispetto ai requisiti della persecuzione rilevante – non appare impugnata; la seconda, il giudizio di esclusione della credibilità del ricorrente, riflette a sua volta un apprezzamento di fatto, non rimeditabile in questa sede, postane la evidente e diffusa articolazione argomentativa per plurimi fatti convergenti nel giudizio finale (Cass. s.u. 8053/2014 e, nello specifico, Cass. 20580/2019);

4. mancano poi del tutto, quanto alla protezione umanitaria, l’impugnazione delle articolate ragioni di esclusa comparabilità per supposta compromissione dei diritti fondamentali al rimpatrio coattivo eventuale, così come la censura sull’assenza di conflitto armato nel Delta State, in funzione della protezione sussidiaria, parimenti negata;

5. il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per la condanna al cd. doppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

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