Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25427 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 12/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep.12/12/2016),  n. 25427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16445-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.M., imprenditore individuale, titolare dell’omonima

ditta qualificata S.O.A. Cat. OS30 CLASS. 2^, elettivamente

domiciliato in ROMA CORSO D’ITALIA, 19, presso lo studio

dell’avvocato BARBARA SANTESE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCA CICCARELLI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7194/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO dell’8/10/2014, depositata il 24/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA;

udito l’avvocato Barbara Santese (delega avvocato Luca Ciccarelli)

difensore del controricorrente, che si riporta agli scritti del

controricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa a cartella di pagamento per iva 2007, con unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta la “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, poichè la decisione impugnata, ritenuta corretta con riguardo al fatto che “il credito IVA maturato in un’annualità per la quale sia stata omessa la relativa dichiarazione non può essere utilizzato in detrazione nelle dichiarazioni successive”, sarebbe invece errata con riferimento a “sanzioni” ed “interessi”, in quanto la comunicazione di irregolarità era legittima, e dunque erano “dovuti gli interessi e la sanzione, contestata ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 sul credito indebitamente ed effettivamente utilizzato”; la ricorrente aggiunge che, “in altri termini, la sussistenza del credito, accertata a posteriori, non può certo esentare dall’applicazione degli interessi e della sanzione correlata a un comportamento evidentemente illegittimo del contribuente”.

2. Va preliminarmente respinta l’eccezione di nullità di tutti gli atti processuali “in quanto sottoscritti e/o svolti e rappresentati da soggetti privi del relativo potere”, alla luce della sentenza della Corte Cost. n. 37/2015.

2.1. Invero, proprio con riferimento ad analoga eccezione di nullità, questa Corte ha statuito che “in tema di contenzioso tributario, è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con cui si denunci un vizio dell’atto impugnato diverso da quelli originariamente allegati, censurando, altresì, l’omesso rilievo d’ufficio della nullità, atteso che nel giudizio tributario, in conseguenza della sua struttura impugnatoria, opera il principio generale di conversione dei motivi di nullità dell’atto tributario in motivi di gravame, sicchè l’invalidità non può essere rilevata di ufficio, nè può essere fitta valere per la prima volta in sede di legittimità” (Cass. sez. 5, n. 22810/15).

2.2. Con la stessa pronuncia è stato altresì chiarito che “in tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito nella L. n. 44 del 2012” (Cass. Sez. 5, n. 22810/15 cit.; conf. Cass. nn. 22800/15 e 22803/15).

3. Il controricorrente eccepisce altresì l’inammissibilità del ricorso in quanto esso non attingerebbe la “pronuncia di disapplicazione delle sanzioni operata dalla CTR, conformemente a quanto previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 in considerazione del riconosciuto comportamento collaborativo del contribuente e dell’assolata evidente assenza di colpa dello stesso in ordine alla mancata risoluzione dell’anomalia concernente lo “scarto” operato dall’Agenzia delle entrate”, con conseguente “definitività di tale pronunciamento per acquiescenza da parte della ricorrente”.

4. L’eccezione è fondata, poichè la motivazione della sentenza impugnata si incentra sul fatto che, all’esito di conciliazione giudiziale tra le parti, “il credito iva per l’anno 2006 spettante al Sig. R. e da esso utilizzabile è stato definitivamente riconosciuto e ridotto, passando dai vantati Euro 99.316,00 ad 84.907,00”, con conseguente riduzione del credito dell’amministrazione alla differenza di Euro 14.409,00. Quanto a sanzioni ed interessi, la motivazione recita: “considerata la modalità partecipativa con cui si è addivenuti alla definizione del credito de quo, pare corretto escludere l’applicabilità delle sanzioni, pur riconoscendo l’applicabilità degli interessi alla summenzionata cifra, considerata l’effettività del credito ab origine vantato dall’amministrazione”; pertanto, gli interessi (contrariamente a quanto dedotto) risultano riconosciuti, mentre la disapplicazione delle sanzioni è fondata su una motivazione non censurata con il ricorso.

5. Il motivo e comunque infondato nel merito, alla luce della recente pronunzia delle S.U. di questa Corte, n. 17757 dell’8/9/2016, la quale, contrariamente alla tesi sostenuta dall’odierno ricorrente, ha fissato il seguente principio di diritto: “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili”.

6. Di conseguenza, sotto il profilo sanzionatorio le S.U. hanno riconosciuto l’applicabilità delle sole sanzioni per l’omessa dichiarazione, precisando che esse “sono pur sempre dovute coi peculiari criteri di scomputo di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5 in base al quale “per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti e, versamenti relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonchè le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”. In altri termini, la sanzione applicabile attiene alla violazione degli obblighi formali, mentre la condotta del contribuente non può ritenersi illegittima sotto il profilo sostanziale, con conseguente inapplicabilità della sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 (omesso versamento), invocata in ricorso.

7. Nonostante il rigetto del ricorso sussistono le condizioni per la compensazione delle spese tra le parti, poichè l’indirizzo nomoflattico è sopravvenuto nel corso del giudizio di legittimità.

8. Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, in quanto per la ricorrente amministrazione pubblica opera il meccanismo della prenotazione a debito delle spese (cfr. Cass. S.U. n. 9338/14; conf. Cass. sez. 6-L, n. 1778/16 e 6-T n. 18893/16).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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