Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25426 del 26/10/2017

Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.26/10/2017),  n. 25426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. SPAZIANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21511-2015 proposto da:

SUPERBETON SPA in persona del suo legale rappresentante sig.ra

C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13,

presso lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIETRO BAROLO giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del dirigente procuratore dott.

R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA ADRIANA 5 PAL A

INT 13, presso lo studio dell’avvocato ELENA VACCARI, rappresentata

e difesa dall’avvocato CRISTIANO ALESSANDRI giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Z.I., F.B.M., GILMATEX SRL, REHAU SPA,

F.B.G., D.Z.M., EREDI F.B.A.

DI F.B.G. E S. & C SNC, ACE ICNA ITALY

SRL, ACE INSURANCE SA, MEC MASTER GRIGLIATI DI BUZIOL ANTONIO &

SNC, FALLIMENTO GM MONTAGGI DI ROSSETTO NICOLETTA & C SNC,

HAUSBRANDT TRIESTE 1892 SPA, FALLIMENTO SET IN SPA, MILANO

ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2464/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO SPAZIANI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 17 settembre 2007, il Tribunale di Treviso condannò la Superbeton s.p.a. a risarcire a Z.I. e a F.B.M. il danno da loro subito in conseguenza della morte della minore F.G., dell’età di nove anni, figlia della prima e sorella del secondo, la quale era rimasta schiacciata sotto il cancello metallico posto all’ingresso dell’area industriale in cui stava giocando col fratellino, che le era caduto addosso dopo che ella lo aveva manualmente aperto, per essere fuoriuscito dalla guida a causa della mancanza del perno di chiusura.

Con la medesima sentenza il tribunale condannò: la Eredi F.B. s.n.c. e la Rehau s.p.a., in solido tra loro, a tenere indenne la Superbeton s.p.a. nella misura del 65 per cento dell’importo risarcitorio (sul rilievo che la prima era comproprietaria – insieme alla Superbeton s.p.a. – dell’area in cui era stato installato il cancello, mentre la seconda era conduttrice di un capannone di proprietà della Superbeton medesima); la Set In s.p.a. a tenere indenne la Eredi F.B. s.n.c. nella misura del 10 per cento dello stesso importo (in quanto conduttrice di un capannone di proprietà della Eredi F.B. s.n.c.); e la Milano Assicurazioni s.p.a. a tenere indenne la Set In dell’esborso effettuato.

Il tribunale rigettò, invece, sia la domanda formulata dalla convenuta nei confronti della G.M. Montaggi s.n.c. (che aveva provveduto, in qualità di subappaltatrice, alla costruzione ed installazione del cancello) sia la domanda di garanzia proposta dalla stessa Superbeton nei confronti dell’Axa Assicurazioni s.p.a., con cui la convenuta aveva stipulato un contratto di assicurazione della responsabilità civile verso terzi.

Con sentenza del 4 novembre 2014, la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha condannato la GM Montaggi s.n.c. a tenere indenne la Superbeton s.p.a. nella misura del 10 per cento ma ha ridotto la condanna emessa nei confronti della Eredi F.B. s.n.c. e ha rigettato le domande di manleva formulate contro la Rehau s.p.a. e la Set In s.p.a..

Ha confermato, infine, la pronuncia di rigetto della domanda di garanzia proposta dalla Superbeton s.p.a. nei confronti dell’Axa Assicurazioni, provvedendo di conseguenza in ordine alle spese.

Con specifico riguardo a quest’ultima statuizione, l’unica ancora rilevante in questa sede, la Corte di merito ha osservato, in particolare:

– che dalla polizza stipulata risultava testualmente che il rischio assicurato era circoscritto a quello derivante dall’attività produttiva esercitata dalla società, consistente nella produzione di calcestruzzi e conglomerati bituminosi, nonchè dalle attività ad essa accessorie e/o complementari, quali l’estrazione o il trasporto del materiale;

– che la nozione di attività complementare ed accessoria dovesse essere restrittivamente riferita all’attività industriale vera e propria, deponendo in tal senso la circostanza che nella polizza era stato espressamente specificato che essa si identificava con l’estrazione e il trasporto dei materiali;

– che dunque doveva escludersi dal rischio assicurato quello derivante dalla locazione a terzi di un immobile di proprietà;

– che, inoltre, nessun ampliamento del rischio assicurato poteva desumersi dalla locuzione “come da iscrizione camerale all.”, posta tra parentesi nel testo della polizza subito dopo la specificazione che le attività complementari o accessorie si identificavano con quelle di estrazione e trasporto dei materiali, posto che non avrebbe avuto alcun senso individuare con precisione le attività complementari e accessorie se l’assicurazione fosse stata estesa a tutte le attività indicate nell’iscrizione camerale;

– che, infine, non poteva attribuirsi rilievo, in senso contrario, alle modalità di pagamento del premio assicurativo (asseritamente calcolato tenendo conto pure dei canoni di affitto riscossi dalla società), anche in considerazione dell’esito della prova testimoniale, le cui risultanze sembravano accreditare l’ipotesi che i canoni di affitto considerati ai fini del premio erano soltanto quelli relativi agli immobili destinati all’attività produttiva dell’assicurata.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia propone ricorso per cassazione la Superbeton s.p.a., sulla base di un unico, articolato motivo. Risponde con controricorso l’Axa Assicurazioni s.p.a.. Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.

Sia la ricorrente che la controricorrente hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e s. c.c..

Si duole che la Corte di appello abbia ritenuto irrilevante la locuzione “come da iscrizione camerale all.”, contenuta nella clausola contrattuale in cui era descritto l’ambito di estensione del rischio assicurato; sostiene che, alla luce di tale locuzione, avrebbero dovuto ritenersi comprese nell’oggetto dell’assicurazione non solo le attività industriali in senso stretto ma anche le attività commerciali e mobiliari relative agli immobili societari.

Lamenta, inoltre, che nell’interpretazione del contratto di assicurazione non sia stata attribuita rilevanza alle modalità di computo del premio di polizza, che era stato determinato avendo riguardo anche ai corrispettivi della vendita di immobili nonchè ai fitti attivi percepiti dalla società in ragione della locazione dei medesimi. Deduce che, in tal modo, la Corte territoriale si sarebbe indebitamente limitata al senso letterale delle parole utilizzate nella clausola contrattuale, senza indagare la comune intenzione delle parti alla luce degli ulteriori criteri ermeneutici previsti dalla legge, i quali avrebbero imposto, in particolare, per un verso, di non limitare l’operatività della clausola medesima alle fattispecie contemplate nelle espressioni esemplificative in essa contenute, nonchè di attribuire uno specifico effetto all’espressione posta tra parentesi (“come da iscrizione camerale all.”) successivamente alla predetta esemplificazione (artt. 1365 e 1367 c.c.); per altro verso, di valutare il comportamento complessivo delle parti (art. 1362 c.c., comma 2), nell’ambito del quale non avrebbe potuto non attribuirsi rilevanza alle modalità di computo del premio assicurativo, asseritamente composto da una quota fissa ed una variabile, quest’ultima proporzionata al fatturato globale della società, comprensivo anche dei ricavi provenienti dai fitti immobiliari.

2. L’unico motivo – e con esso l’intero ricorso – è inammissibile.

Esso, infatti, pur denunciando formalmente la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, si sostanzia nella richiesta di una nuova valutazione dell’attività negoziale delle parti e nella contrapposizione di un’interpretazione della medesima a quella già motivatamente compiuta dalla Corte di Appello.

Secondo il pacifico e consolidato orientamento di questa Corte (tra le tante, Cass. 22/06/2005, n.13399), l’interpretazione del contratto, supponendo la ricerca e l’individuazione della comune volontà dei contraenti, è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non in presenza di vizi di motivazione o di un errore c.d. di sussunzione.

Nel caso di specie, la Corte di Appello ha debitamente dato conto, con ampiezza e rigore logico, della ragioni per le quali ha interpretato la polizza della responsabilità civile verso terzi stipulata dalla Suprebeton nel senso che l’ambito del rischio assicurato dovesse ritenersi limitato a quello derivante dall’attività produttiva svolta dalla società (consistente nella produzione di calcestruzzi e conglomerati bituminosi) e dalle attività complementari e/o accessorie (consistenti nell’estrazione e nel trasporto del materiale), nonchè delle ragioni per le quali dall’oggetto dell’assicurazione dovessero invece ritenersi escluse le attività non rientranti in quella industriale vera e propria, e dunque anche l’attività di locazione di immobili.

La Corte territoriale, inoltre, non ha omesso di esaminare l’espressione “come da iscrizione camerale all.” (dalla quale, secondo la ricorrente, dovrebbe desumersi che anche le attività commerciali e mobiliari relative agli immobili societari formavano oggetto della polizza) nè ha omesso di attribuire rilevanza alle modalità di computo del premio assicurativo.

Con riguardo alla predetta espressione, ha peraltro ritenuto, con motivazione logica e congrua, che la specifica e precisa individuazione delle attività complementari ed accessorie non consentisse di ritenere estesa l’assicurazione a tutte le attività indicate nell’iscrizione camerale.

Con riguardo alle modalità di computo del premio assicurativo, ha invece evidenziato come, alla stregua della prova testimoniale espletata, dovesse ritenersi verosimile che i canoni di affitto considerati ai fini del premio medesimo fossero soltanto quelli relativi agli immobili destinati all’attività produttiva, formulando, anche in considerazione di questa circostanza, il giudizio in ordine all’estraneità dell’attività di mera locazione di immobili dall’oggetto dell’assicurazione. Pertanto, nel riproporre la diversa tesi secondo cui, al contrario, il premio sarebbe stato computato anche in ragione dei fitti immobiliari attivi, il ricorrente solo formalmente deduce violazione del criterio ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c., comma 2, (che appare pienamente rispettato dalla Corte di Appello), mentre in sostanza tende piuttosto ad invocare dalla Corte di legittimità un nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie e un nuovo giudizio di fatto in contrapposizione a quello già insindacabilmente formulato dal giudice di merito, a cui è riservata non solo l’attività di valutazione delle prove ma anche la scelta, tra queste, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass.15/07/2009, n. 16499).

Il ricorso proposto dalla Superbeton s.p.a. deve dunque essere dichiarato inammissibile.

3. Le spese del giudizio legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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