Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25426 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 11/11/2020), n.25426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10512/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

ESTRUSIONE TECNOLOGIE AVANZATE SPA in SIGL, in persona del legale

rappresentante pro tempore

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Molise, n. 656/012018, depositata in data 11 ottobre 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10 settembre 2020 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Come risulta dalla sentenza impugnata, la società contribuente ESTRUSIONE TECNOLOGIE AVANZATE SPA ha impugnato un avviso di accertamento con il quale, in relazione al periodo di imposta dell’anno 2009, venivano recuperate a tassazione IRES e IRAP e disconosciuta la detrazione IVA, a fronte dell’accertamento che la contribuente si sarebbe avvalsa di fatture fittizie per operazioni inesistenti (“soggettivamente false”) e costi per carburanti non documentati, oltre che non deducibili.

La CTP di Isernia ha parzialmente accolto il ricorso relativamente all’IVA e la CTR del Molise, con sentenza in data 11 ottobre 2018, ha rigettato l’appello principale dell’Ufficio e l’appello incidentale del contribuente, relativo alla statuizione sulle spese. Ha osservato il giudice di appello, per quanto qui rileva, che la società contribuente ha operato con soggetti realmente esistenti che avevano avviato a loro volta rapporti con soggetti privi di organizzazione aziendale, circostanza della quale la società contribuente – trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti – non era a conoscenza, come accertato in sede penale.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a tre motivi; la società contribuente intimata non si è costituita in giudizio.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1 – Con il primo motivo si denuncia violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, e dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto non provata la consapevolezza da parte della società contribuente della frode commessa dalla società emittente le fatture fittizie, ritenendo insussistenti le presunzioni allegate dall’Ufficio, alla luce delle risultanze di un procedimento penale. Deduce il ricorrente come siano stati illustrati nei gradi di merito elementi idonei a provare presuntivamente la consapevolezza della società contribuente della natura fittizia delle operazioni sottostanti, attinenti alle modalità con cui le merci sono state commercializzate. Deduce come ai fini della indetraibilità dell’IVA la consapevolezza della frode da parte della contribuente possa essere desunta da comportamenti obiettivi tali da porre mediamente sull’avviso un imprenditore del settore, nel qual caso grava sul contribuente la prova dell’estraneità alla frode.

1.1 – Il primo motivo è inammissibile, posto che con il suddetto motivo non si denuncia una erronea interpretazione delle norme di legge (l’errore di sussunzione non è neanche prospettato), ma una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa – nella parte in cui la sentenza ha ritenuto provata la non consapevolezza da parte della società contribuente della frode commessa dalla società emittente le fatture fittizie – è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura non è consentita come violazione di legge ma sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054).

1.2 – Il che è reso evidente dal parametro normativo invocato, costituito dalle norme sostanziali di regolazione dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.); così facendo, il ricorrente si limita a dedurre supposte carenze della delibazione e nella individuazione del materiale probatorio, valutazioni che spettano al giudice del merito (Cass., Sez. Lav., 7 giugno 2013, n. 14463), essendo consolidato nella giurisprudenza della Corte che il principio del libero convincimento è situato interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, pertanto insindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), salvo che si deduca che il giudice del merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o abbia disatteso, valutandole secondo prudente apprezzamento, prove legali (Cass., VI, 17 gennaio 2019, n. 1229).

2 – Con il secondo motivo si deduce violazione del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, art. 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 109, ritenendo errata la valutazione compiuta dal giudice di appello in ordine al recupero dei costi per spese di carburanti non documentati o comunque non inerenti, non essendo risultate le schede debitamente sottoscritte e incomplete quanto alla contabilizzazione dei chilometri percorsi, oltre che non conformi al modello richiesto.

2.1 – Il secondo motivo, proposto per violazione di legge, è inammissibile, posto che dell’esame di tale questione non vi è traccia nella motivazione della sentenza impugnata; il ricorrente avrebbe dovuto formulare il motivo nelle forme della nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto trattata in grado di appello ma il cui esame è stato pretermesso dal giudice di appello.

3 – Con il terzo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 54 e 60-bis, del TUIR, art. 109, nonchè degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la società contribuente avesse assolto il proprio onere probatorio dimostrando di non essere consapevole di partecipare a una operazione fraudolenta. Deduce l’Ufficio ricorrente che la frode, attuata nel campo dei metalli ferrosi, è stata documentata dall’Ufficio in maniera adeguata. Deduce il ricorrente che, a fronte della prova da parte dell’Ufficio di una partecipazione alla frode, il contribuente ha l’onere di provare non solo la propria estraneità, ma anche l’inconsapevolezza della falsità delle fatture, essendo posto a carico del cessionario un obbligo di diligenza specifico sia nella scelta del fornitore, sia in relazione ai requisiti del cedente.

3.1 – Il terzo motivo è fondato. E’ principio condiviso quello secondo cui in tema di IVA, il principio di neutralità dell’imposizione comporta che l’Amministrazione finanziaria, ove contesti che siano state poste a fondamento della detrazione della relativa imposta operazioni soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche in via presuntiva, la ricorrenza di elementi oggettivi dai quali emerga che il contribuente, nel momento in cui acquistò il bene o il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva evaso l’imposta o partecipato ad una frode (Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721). Spetta, pertanto, al destinatario della fattura emessa per un’operazione inesistente, ai fini della detrazione dell’imposta, la prova della propria buona fede nel caso in cui dimostri di avere adempiuto a tutti gli obblighi formali e di diligenza richiesti a un operatore del settore e di essere stato nell’oggettiva impossibilità di conoscere l’eventuale frode (Cass., Sez. V, 27 maggio 2015, n. 10939).

3.2 – La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ancorato la prova contraria del contribuente alla mera inconsapevolezza soggettiva della società contribuente, ricavata dal giudizio penale, anzichè all’accertamento dell’esistenza di oggettivi parametri cui fare riferimento per desumere l’onere di diligenza di un accorto operatore commerciale (“la società ha avuto rapporti commerciali con soggetti realmente esistenti i quali poi hanno operato secondo la gdf con le cartiere senza che vi sia la prova certa che la prima sapesse tant’è che il dolo è stato escluso dal giudice penale di Torino”), non ha fatto buon governo di tali principi.

4 – Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al terzo motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Molise, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Molise, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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