Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25426 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. III, 10/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3322/2018 proposto da:

T.S., V.V., V.A.C.R., sia in

proprio ed in qualità di eredi di V.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA BOCCHERINI 3, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELLO GLINNI, rappresentati e difesi dall’avvocato

CARLO FRANCESCO GLINNI;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, già INA ASSITALIA SPA, in persona del

procuratore speciale Dott. D.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio

dell’avvocato VALENTINO FEDELI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 321/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 20 gennaio 2018 per via telematica V.A.C.R., T.S. e V.V., rispettivamente genitori e fratello germano di V.F., deceduto (OMISSIS) in seguito a un incidente stradale avvenuto in (OMISSIS), mentre era alla guida dell’autovettura Fiat Uno, precipitata in una scarpata a causa della turbativa di un automezzo proveniente da una strada laterale che sembrava voler occupare la corsia del senso opposto di marcia, ricorrono per cassazione della sentenza numero 321-2017, pubblicata il 20 giugno 2017, pronunciata dalla Corte d’appello di Potenza nel procedimento dai medesimi instaurato nei confronti del Fondo Garanzia Vittime della Strada per ottenere il risarcimento dei danni subiti in seguito al sinistro in cui periva loro congiunto. Il ricorso è affidato a tre motivi. La parte intimata ha notificato controricorso.

2. Per quanto qui di interesse, la Corte d’appello accoglieva l’appello principale svolto dalla società Assitalia Assicurazioni d’Italia S.p.A. quale impresa territorialmente designata per la liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e, in riforma della sentenza di 1^ grado che aveva riconosciuto una quota parte di responsabilità in capo al conducente del veicolo rimasto ignoto, rigettava la domanda risarcitoria sull’assunto che non fosse stata raggiunta la prova che nel sinistro avesse avuto incidenza causale la vettura, rimasta ignota, che in tesi si era immessa sulla carreggiata percorsa dall’auto condotta dalla vittima, e ciò alla luce delle dichiarazioni rese dai terzi trasportati agli agenti di polizia intervenuti nell’immediatezza dell’incidente, piuttosto che di quelle, giudicate invece meno attendibili, rilasciate nel corso del procedimento penale e civile.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, viene dedotta violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in via gradata, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 e dell’art. 345 c.p.c., ovvero per vizio di ultrapetizione cui sarebbe incorso il Giudice dell’appello per mancato rilievo del divieto di ius novorum. In merito, i ricorrenti deducono che costituisce domanda nuova in appello l’aver eccepito, in carenza di una reiterazione della medesima eccezione nel giudizio di primo grado, l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dai terzi trasportati in sede di appello.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Nel giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del “tantum devolutum quantum appellatum”, non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all’applicazione di una norma giuridica diversa quelle invocate dall’istante, nè incorre nella violazione di tale principio il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del “petitum” e della “causa petendi”, confermi o muti la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (Sez. 6-L, Ordinanza n. 513 del 11/01/2019).

1.3. La compagnia assicuratrice appellante ha in realtà chiesto al giudice dell’appello un nuovo esame, in termini di valutazione circa la relativa attendibilità, delle dichiarazioni rese dai testimoni sentiti, sulla base di un’eccezione svolta nell’immediatezza delle testimonianze rese dai testi al giudice di primo grado, e pertanto la questione non si pone in termini di ingresso di nuove prove testimoniali o di nuove domande o eccezioni, oggetto del divieto sancito nell’art. 345 c.p.c., ma di possibilità di procedere a un riesame delle prove testimoniali acquisite, di cui è stata prontamente rilevata l’inattendibilità, il che rientra nel potere discrezionale di diversa valutazione delle prove assegnato al giudice dell’appello sulla base del principio devolutivo che dà facoltà al giudice dell’appello di costruire diversamente la fattispecie e di rivalutarla entro i limiti dei motivi di appello. A norma dell’art. 342 c.p.c., il giudizio di appello, pur essendo limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende alle parti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connesse a quelle censurate (Sez. 3, Sentenza n. 443 del 11/01/2011) e su questo punto, attinente al contenuto e all’ampiezza della censura mossa in sede di appello in ordine alla ricostruzione della dinamica dell’incidente fatta dal giudice di prime cure, non è stata posta alcuna questione da parte dei ricorrenti, avendo essi solo messo in discussione che l’eccezione sull’inattendibilità delle testimonianze raccolte fosse da considerarsi come questione nuova, in quanto non più reiterata in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado, mentre in realtà era già stata oggetto di eccezione prontamente rilevata.

1.4. Ciò posto, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attività selettiva si estende all’effettiva idoneità del teste a riferire la verità, in quanto determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte di prova, con la conseguente inammissibilità di una tardiva produzione documentale volta a confutarla, salva soltanto l’eventuale “remissione in termini” (Sez. 6-3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017; Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ex art. 360 c.p.c., n. 5, che la Corte d’appello avrebbe omesso l’esame delle dichiarazioni dei testi rese nel corso del giudizio, basando il proprio convincimento su presunzioni semplici tratte dalle dichiarazioni dei trasportati rilasciate ai carabinieri intervenuti nell’immediatezza del sinistro, disattendendo invece le dichiarazioni raccolte nella ritualità e garanzia data dal processo di 1^ grado, giungendo così a un travisamento della prova, e omettendo di dare rilievo ai rilievi tecnici e fotografici effettuati dai carabinieri.

2.1. Il motivo è inammissibile per più ragioni.

2.2. La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, come sopra detto riguardo al primo motivo. Tale attività selettiva si estende al giudizio sulla effettiva idoneità del teste a riferire la verità, in quanto tale determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte di prova, con la conseguente inammissibilità di una tardiva produzione documentale volta a confutarla, salva soltanto l’eventuale “remissione in termini” (Sez. 6-3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017; Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014).

2.3. Il motivo, in effetti, non dimostra che sia stata applicata una regola diversa da quella anzidetta; inoltre, sotto il profilo della denunciata omessa valutazione di una circostanza decisiva, quale le dichiarazioni dei testi rese nel contraddittorio delle parti, non si confronta con la ratio decidendi che ha sviluppato il suo ragionamento sulla base delle seguenti argomentazioni: 1) dalla comparazione delle dichiarazioni dei testi non è possibile ricostruire la dinamica dell’incidente in modo da attribuirne il concorso al veicolo rimasto ignoto; 2) gli stessi attori si sono espressi in maniera ipotetica in ordine all’invasione di corsia da parte di un veicolo che avrebbe determinato una “turbativa” sulla carreggiata percorsa dalla vittima che ha determinato la frenata e il successivo sbandamento dell’auto verso il guard rail con la parte posteriore dell’auto, poi precipitata nella scarpata; 3) le dichiarazioni rese dai testi nell’immediatezza dei fatti ai CC intervenuti sul posto, risultando contraddittorie rispetto a quelle rilasciate in sede di esame testimoniale, non collimano con la descrizione dell’incidente fatta dagli attori e sono maggiormente attendibili perchè raccolte a 10 giorni di distanza dall’occorso quando ne è presumibilmente ancora vivo il ricordo; 4) il fatto che in prossimità delle tracce di frenata vi fosse una strada laterale da cui sarebbe sopraggiunto il veicolo rimasto ignoto, non modifica il quadro probatorio carente in ordine all’attribuzione di una qualche responsabilità dell’incidente occorso al conducente del veicolo rimasto ignoto.

2.4. Le circostanze pertanto sono state esaminate tutte complessivamente e comparativamente, nell’ambito della discrezionalità propria del giudice del merito; la motivazione, per quanto succinta, non dimostra pertanto di avere omesso di considerare gli elementi di prova raccolti, ragionando sulla base di presunzioni, ma di averli valutati nel loro insieme al fine di verificare se fosse stata raggiunta la prova di una qualche responsabilità del conducente del veicolo sopraggiungente, di cui non è stata messa in discussione l’effettiva presenza, bensì la responsabilità dell’occorso. Pertanto la circostanza de qua, lungi dall’essere stata omessa, è stata valutata unitamente ad altre circostanze.

2.5. Oltretutto il motivo non indica in quali termini si evidenzi un

evidente contrasto tra le dichiarazioni rese dai testimoni ai CC e quelle successivamente raccolte dal giudice, impedendo così al giudice di legittimità di valutare la portata effettiva di detto contrasto già con la semplice lettura del motivo, alla luce del principio di autosufficienza cui deve conformarsi il ricorso per cassazione, ex art. 366 c.p.c., n. 6.

3. Con il 3 motivo i ricorrenti deducono la violazione delle disposizioni relative alla formazione della prova ex art. 116 c.p.c., nonchè la violazione dell’art. 2729 c.c., in quanto le presunzioni semplici sarebbero state utilizzate come esclusivo elemento di convincimento del giudice. In particolare deducono che le dichiarazioni rese ai carabinieri sono qualificabili come presunzioni semplici, in quanto scritti proveniente da terzi a contenuto testimoniale e che pertanto non possono costituire presunzione grave ai sensi dell’art. 2729 c.c..

3.1. Il motivo è in parte assorbito da quanto sopra detto con riferimento al 2 motivo in ordine alla valutazione svolta in concreto alla luce di tutti gli elementi di prova raccolti, comprese le dichiarazioni rese ai CC. La censura è in ogni caso inammissibile perchè non considera che il giudice non ha errato nel dare peso probatorio alle prove acquisite, ma le ha valutate alla luce del principio del libero convincimento racchiuso nell’art. 116 c.p.c., che opera sul piano dell’apprezzamento di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 (Rv. 645828-02): come si è visto, però, la censura non è fondata neanche sotto questo profilo (v. sopra p. 2).

3.2. Sul piano formale, le dichiarazioni rese dalle parti o dai terzi agli agenti di polizia si qualificano come prove atipiche in quanto assunte al di fuori del contesto giudiziale. Quanto al loro contenuto, non si può ritenere tuttavia che abbiano il valore di semplici presunzioni, perchè il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, ad esempio, anche le prove raccolte in un procedimento penale e, segnatamente, le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento, potendo la parte, del resto, contestare, nell’ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale (Sez. L, Sentenza n. 2168 del 30/01/2013). Non è d’altro canto preclusa la prova testimoniale contro le attestazioni, recepite nei verbali annessi al rapporto della polizia giudiziaria, le quali, assolvendo alla funzione – diversa da quella propria dell’atto pubblico – di informativa all’autorità giudiziaria di una notizia di reato, sono soggette, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., alla libera valutazione del giudice del merito in relazione alla intrinseca veridicità delle dichiarazioni dei soggetti verbalizzanti, specie quando esse abbiano la natura di una testimonianza ed esprimano valutazioni, percezioni e sensazioni in ordine alla rappresentazione di un fatto dal quale possano sorgere responsabilità penali; ogni valutazione del giudice del merito in ordine alla rilevanza o meno della prova in concreto è, peraltro, incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata (Sez. L, Sentenza n. 132 del 08/01/2008; Sez. 3, Sentenza n. 10820 del 11/05/2007).

3.3. Infine, la stessa prova per presunzioni semplici, che può anche

costituire l’unica fonte del convincimento del giudice, integra un apprezzamento di fatto che, se coerentemente motivato, non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 3, Ordinanza n. 5484 del 26/02/2019).

4. Conclusivamente il ricorso viene rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore delle parti separatamente resistenti.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 2.200, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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