Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25424 del 26/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.26/10/2017),  n. 25424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. SPAZIANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14179-2014 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, rappresentato

e difeso dagli avvocati GIORGIO CERIALE, ROBERTO MARCELLO DELFINO

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE ALBENGA, in persona del Sindaco pro-tempore Avv.

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso

lo studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIULIANO GERMANO giusta procura in calce al

controricorso;

I.L.C.E. IMPRESA LIGURE COSTRUZIONI ED ESERCIZI SPA, in persona

dell’amministratore delegato E.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio

dell’avvocato MARCO VINCENTI che la rappresenta e difende giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1340/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 27/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO SPAZIANI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. MISTRI CORRADO che ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Genova ha rigettato la domanda proposta da R.M. nei confronti del Comune di Albenga, avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incidente verificatosi il (OMISSIS), allorchè, mentre percorreva in bicicletta un tratto di strada comunale sul quale erano in corso lavori di adeguamento dell’acquedotto, era caduto a causa delle condizioni irregolari della strada medesima.

La Corte territoriale – pronunciando nel contraddittorio con la società Ilce s.p.a., concessionaria del servizio di acquedotto, e con la società di assicurazioni La Piemontese s.p.a. (chiamate in causa dal Comune), nonchè con la società Ambiente s.r.l., appaltatrice dei lavori (chiamata in causa dall’Ilce s.p.a.), e con la Milano Assicurazioni s.p.a. (chiamata in garanzia dall’Ambiente s.r.l.) – ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Savona, sul rilievo dell’omessa indicazione delle domande e delle eccezioni delle parti nonchè della scarna esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, in ragione delle quali non era stato possibile individuare compiutamente la materia del contendere.

Nel merito, la Corte di Appello, previa rivalutazione dell’istruttoria espletata in primo grado, ha ritenuto che l’attore non avesse fornito la prova dei fatti posti a fondamento della domanda risarcitoria e, in particolare, del rapporto di causalità tra la caduta dalla bicicletta e le cattive condizioni della strada.

Ricorre per cassazione R.M. sulla base di sei motivi. Rispondono con distinti controricorsi il Comune di Albenga e l’Ilce s.p.a.. Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.

Il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni scritte con le quali ha invocato il rigetto del ricorso. Il ricorrente e il Comune di Albenga hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A.1. Il primo motivo (violazione dell’art. 132 c.p.c.) censura il capo della sentenza d’appello relativo alla declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, sul presupposto che quest’ultima, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, avesse correttamente individuato gli elementi di fatto considerati nella decisione sulla domanda pricipale risarcitoria, sicchè il rilievo di nullità avrebbe dovuto essere limitato all’omessa pronuncia sulle domande accessorie di garanzia proposte dal Comune nei confronti dell’Ilce s.p.a. e della Piemontese Assicurazioni.

A.2. Il secondo motivo (violazione dell’art. 111 c.p.c. – recte: art. 112 – e art. 161 c.p.c.) censura la medesima statuizione per ultrapetizione, sul rilievo che l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado, sollevata dal Comune, era solo parziale ed aveva ad oggetto esclusivamente il mancato esame delle predette domande di garanzia, sicchè la Corte territoriale, nel dichiarare la nullità totale della sentenza, aveva indebitamente pronunciato oltre i limiti dell’eccezione.

A.3. Il terzo motivo (violazione degli artt. 2043 e 2697 c.c.; omessa applicazione dell’art. 2051 c.c.) lamenta che la Corte territoriale abbia rigettato la domanda senza previamente individuare la norma regolatrice della fattispecie. Deduce che se la Corte avesse ritenuto applicabile l’art. 2051 c.c., ne avrebbe dovuto trarre le conseguenti implicazioni in ordine al carattere presunto della responsabilità dell’ente, esonerando l’attore dall’onere di provarne i presupposti.

A.4. Il quarto motivo (violazione dell’art. 116 c.p.c.) imputa alla Corte territoriale il travisamento delle risultanze probatorie, in particolare per non aver tenuto conto delle dichiarazioni rese da una testimone oculare, in base alle quali la caduta del R. avrebbe dovuto ritenersi causata da “un affossamento lungo e profondo con bordi irregolari” presente sulla strada.

A.S. Il quinto motivo (omesso esame di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti) imputa alla Corte di merito l’omesso esame delle altre deposizioni testimoniali (da cui avrebbe dovuto desumersi la prova dei presupposti della responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 c.c.), nonchè degli esiti della consulenza medico-legale disposta in primo grado e della sua integrazione effettuata in appello.

A.6. Il sesto motivo (omesso esame di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti; difetto assoluto di motivazione con riguardo alle risultanze della integrazione di CTU espletata in appello), lamenta che la Corte di merito abbia omesso di motivare in ordine agli esiti del supplemento di consulenza medica da essa stessa disposto, il quale aveva dato conto della misura di inabilità permanente residuata in capo al danneggiato in conseguenza del sinistro, nonchè della compatibilità delle lesioni riportate con i fatti da lui dedotti.

B.1. In base al principio processuale della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – possono essere esaminati direttamente i motivi (dal terzo al sesto) con i quali si censura la statuizione sul merito della domanda risarcitoria, superando quelli (il primo e il secondo) con i quali si censura la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado.

In applicazione del predetto principio, infatti, deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale, atteso che esso, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico-sistematica, permette di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio (Cass. Sez. U. 8/05/2014, n. 9936; Cass. 28/05/2014, n. 12002).

B.2. I motivi dal terzo al sesto – da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro connessione – sono inammissibili.

La Corte di merito, all’esito della valutazione delle risultanze probatorie, ha ritenuto che l’unica circostanza che poteva ritenersi accertata era costituita dal fatto storico della caduta del R. dalla bicicletta (che non era stato contestato dal convenuto), mentre erano rimaste incerte le cause della caduta medesima, non essendo stata fornita la prova del necessario nesso eziologico tra l’evento dannoso e le (asserite) cattive condizioni della strada.

Avuto riguardo all’accertamento operato dalla Corte territoriale, per un verso deve reputarsi irrilevante la mancata preventiva qualificazione dell’azione esercitata quale azione di responsabilità ex art. 2051 c.c., atteso che anche l’applicazione di questo criterio speciale di imputazione della responsabilità richiede pur sempre che il danneggiato fornisca la prova del nesso causale tra l’evento dannoso e la cosa in custodia (Cass. 05/02/2013, n. 2660; Cass. 19/05/2011, n. 110168; Cass. 08/05/2008, n. 11227); per altro verso devono ritenersi inammissibili le doglianze con le quali il ricorrente ha denunciato l’omessa considerazione delle deposizioni testimoniali e delle risultanze della consulenza medico-legale, nonchè l’omessa motivazione sul supplemento di perizia disposto in appello.

Tali doglianze, infatti, ad onta della formale intestazione dei motivi con cui sono state proposte (che fanno riferimento alla violazione di norme di diritto o all’omesso esame di fatti decisivi), propongono invero una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie per giungere ad un accertamento del fatto diverso da quello motivatamente fatto proprio dalla Corte territoriale.

Una simile rivalutazione non è consentita a questa Corte, atteso, da un lato, che l’attività di valutazione delle prove è insindacabilmente riservata al giudice del merito cui compete anche la scelta, tra le prove stesse, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass.15/07/2009, n. 16499); e considerato, dall’altro lato, che nel caso di specie la Corte di Appello ha motivatamente escluso che fosse stata raggiunta la dimostrazione della causa del sinistro e della sua riconducibilità alle asserite condizioni irregolari della strada.

In definitiva, il ricorso per cassazione proposto da R.M. deve essere dichiarato inammissibile.

C. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti.

D. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida: per il Comune di Albenga, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; per l’Ilce s.p.a., in Euro 3.900,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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