Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25418 del 20/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/09/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 20/09/2021), n.25418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4961-2019 proposto da:

G.G., GR.GU., G.I.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio

dell’avvocato ROSARIO SICILIANO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRANCESCO SICILIANO;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO NIGRO;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1424/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata l’11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 26/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CRICENTI

GIUSEPPE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1.- Agiscono in giudizio Gr.Gu., G.I. e G.G. quali eredi di Ga.Ma.Bi.: quest’ultima ha subito una trasfusione di sangue nel 1981, e, più tardi, nel 1993 è emersa una epatite di tipo C, che una commissione medica ha ritenuto esser estata causata, per l’appunto, da quella trasfusione. Nel 1995, Ga.Ma.Bi. ha presentato domanda ed ottenuto indennizzo in base alla L. n. 210 del 1992.

Poi è deceduta nel 2002, sempre a causa dell’epatite.

Gli eredi hanno agito in giudizio nel 2004, per ottenere il risarcimento dei danni iure hereditatis, nonché il danno proprio da morte del congiunto nei confronti del Ministero della Salute, della ASL, ora ASP di Cosenza, e della Regione Calabria.

2.- Il giudice di primo grado ha accolto le domande integralmente, mentre quello di appello ha dichiarato prescritta la domanda iure hereditatis nei confronti di ciascun convenuto. Ha invece confermato il resto, ossia il risarcimento del danno proprio da morte del parente.

3.- Il ricorso è basato su sette motivi, che sono contrastati sia dal Ministero che dalla ASP di Cosenza, entrambi costituiti con controricorso. La ASP ha depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.- La ASP eccepisce inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 369 c.p.c., assumendo omesso deposito (e notifica) della sentenza impugnata.

Invece, la sentenza risulta depositata con attestazione di conformità, ossia con l’attestazione della corrispondenza di quella copia all’originale. Il che rende ammissibile il ricorso.

5.- Dei sette motivi, il primo, terzo, quarto e quinto attengono ad una medesima questione e possono esaminarsi insieme.

I ricorrenti assumono che alla decisione del giudice di considerare come prioritario, e dunque principale, l’appello del Ministero, ed invece successivo e dunque incidentale quello della ASP, non sono state fatte seguire le conseguenze dovute.

In particolare, la Corte avrebbe omesso di considerare che, avendo il Ministero proposto appello solo sulle spese, da questa impugnazione non derivava, per loro ricorrenti, alcun interesse ad impugnare in via incidentale, interesse che derivava invece dall’appello, considerato successivo e dunque incidentale, della ASP. Su questo punto vertono i motivi in questione, che mirano, in particolare il quinto, che denuncia violazione degli artt. 345 e 346 c.p.c., a dimostrare che le ragioni sostenute nel secondo grado di giudizio, non dovevano necessariamente essere proposte con un appello incidentale, formalmente tale, ben potendo essere oggetto di mera riproposizione, anche senza espressa incidentale impugnazione.

Si tratta di motivi inammissibili, per assoluto difetto di interesse.

Non c’e’ nella sentenza impugnata alcuna statuizione sfavorevole, sul punto, alle ricorrenti, ossia una statuizione che postuli come necessaria la devoluzione attraverso formale appello incidentale, anziché attraverso mera riproposizione delle eccezioni e delle questioni già poste in primo grado; che, anzi, la Corte di Appello chiaramente esamina nel merito, implicitamente ritenendo quelle questioni come ammesse.

6.- Invece, il secondo ed il sesto motivo attengono alla contestazione del capo di sentenza che ha ritenuto prescritto il diritto al risarcimento iure hereditatis verso tutti i convenuti.

La questione è la seguente: i ricorrenti avevano prospettato una interruzione di quella prescrizione, ossia avevano allegato due richieste di risarcimento, una del 1995 e l’altra del 2003, che invece non sono state utilmente, secondo loro, valutate dalla corte.

Cosi, con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto rilevante e controverso- l’interruzione della prescrizione- e con il sesto violazione dell’art. 2943 c.c.

Questi motivi sono parzialmente fondati.

E’ fondata l’osservazione che la Corte di Appello, pur ammettendo che agli atti v’era una richiesta di risarcimento danni del 1995, ed un’altra del 2003, non attribuisce valore alcuno ad entrambi.

I ricorrenti dimostrano di aver posto la questione in modo specifico, ossia di avere chiesto che si considerasse l’effetto interruttivo della prescrizione di quelle due diffide, mentre nella motivazione questa questione viene disattesa; la corte prende in considerazione la sola diffida del 1995, ma per ricavarne che la danneggiata dimostrava consapevolezza del danno sin da prima, ossia sin dalla data della domanda di indennizzo, non già per valutarla come atto interruttivo della prescrizione.

Ora, questa omissione (secondo motivo), o questa erronea valutazione dei due atti (sesto motivo) è irrilevante rispetto al Ministero, poiché la Corte di Appello ha correttamente considerato che nei confronti di quest’ultimo, stante la natura extracontrattuale della responsabilità dell’ente, la prescrizione è quinquennale, così che, anche a considerarla interrotta nel 1995, quando è stato notificato l’altro atto interruttivo (2003), o la citazione (2004), la prescrizione era maturata comunque.

Invece, la corte di merito ha attribuito natura contrattuale alla responsabilità sia della ASP che della Regione, con conseguente diversità (dieci anziché cinque anni) del termine di prescrizione nei confronti di questi altri due enti, e diversa rilevanza dunque dell’atto interruttivo: attribuire o meno efficacia interruttiva a quelle due diffide, mentre non ha rilevanza rispetto al Ministero, la ha invece rispetto all’ASP ed Alla Regione, nei cui confronti il diritto, per come accertato dalla stessa corte di merito, si prescrive nel più lungo termine di 10 anni, e quegli atti interruttivi, se ne è ammessa la loro efficacia in quanto tali, fanno la differenza.

7.- Il settimo motivo denuncia omessa pronuncia su una domanda fatta in primo grado e riproposta in appello: i ricorrenti avevano prospettato richiesta che si risarcisse il danno non patrimoniale, tenendo conto della varietà di pregiudizi subiti (danno morale, alla vita di relazione ecc.), mentre la liquidazione è stata unitaria.

Questa censura è proposta sia come violazione degli artt. 346 e 132 c.p.c. già esposto con il quinto motivo, che come omessa pronuncia.

Ossia, si ritiene che, da un lato la corte non avrebbe proprio deciso su questa richiesta – di liquidazione analitica del risarcimento- mentre, per altro verso, fornendo una liquidazione unitaria- avrebbe violato la regola della specifica ed esplicita decisione sulle questioni riproposte in appello, limitandosi a confermare la decisione di primo grado.

Il motivo è inammissibile.

Come detto, richiama in parte il quinto di cui si è detto per altri aspetti. Ma è inammissibile in quanto non v’e’ alcun modo di comprendere quale domanda di risarcimento del danno sia stata fatta in primo e secondo grado, ossia se effettivamente è stato chiesto il risarcimento di singole e separate voci di danno, come postulato dalle ricorrenti, che non riportano il tenore delle loro domande di merito, il cui contenuto è quindi sconosciuto.

Ma è inammissibile anche per difetto di interesse: non è dato sapere se alla fine il risarcimento liquidato dal giudice di merito è maggiore o minore di quello che sarebbe risultato dalla considerazione analitica, anziché unitaria delle voci di danno, e dunque non è dato sapere se vi sia soccombenza ed in che termini.

Il ricorso va dunque accolto nei termini di cui in motivazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie secondo e sesto motivo, verso ASP Cosenza e Regione Calabria, nei termini di cui in motivazione. Dichiara inammissibili primo, terzo, quarto, quinto e settimo. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

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