Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25413 del 12/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25413 Anno 2013
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 5388-2008 proposto da:
MARIANI

CATIA

MRNCTA67H59A701X,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA D’ARBOREA 30, presso
lo STUDIO LEGALE CARTONI, rappresentata e difesa
dall’avvocato ANGELONI ANGELO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

ITALFONDIARIO S.P.A. in qualita’ di procuratore di
INTESA SAN PAOLO S.P.A. e CASTELLO FINANCE S.R.L. che
ha acquistato pro soluto da INTESA BCI GESTIONE
CREDITI S.P.A. 00169760659, in persona del suo

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Data pubblicazione: 12/11/2013

procuratore speciale dott. ALESSANDRO DELLA LUCILLA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRESSANONE 3,
presso lo studio dell’avvocato CASOTTI CANTATORE MARIA
LUISA, che la rappresenta e difende giusta procura
speciale notarile del Dott. Notaio ENZO ROMANO in Roma

– controricorrente nonchè contro

MARIANI NICOLINO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 358/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 25/01/2007 R.G.N. 5247/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

02/10/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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del 19/01/2010 rep. n. 380062;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Intesa Gestione Crediti S.p.A., nella qualità di cessionaria

della Carivit S.p.A. citò in giudizio Nicolino Mariani e Catia
Mariani per sentire dichiarare l’inefficacia, ai sensi dell’art.
2901 cod. civ., dell’atto per notaio Casadei del 14 luglio 1999

un mezzo del diritto di proprietà di un terreno specificato in
atti, deducendo che l’atto fosse stato posto in essere in
pregiudizio dei diritti della creditrice Cassa di Risparmio
della provincia di Viterbo.
1.1.- Mentre Nicolino Mariani rimase contumace, si costituì la

convenuta Catia Mariani, eccependo che parte attrice non aveva
dimostrato la propria qualità di cessionaria del credito della
Carivit né che la procura alle liti fosse stata rilasciata da
soggetto legittimato. Nel merito, resistette alla domanda di
controparte, deducendo che la donazione le era stata fatta dai
genitori per consentirle di edificare, sul terreno donato, una
casa di abitazione per sé ed il suo nucleo familiare (non
essendo ella nubile e convivente con i genitori, come sostenuto
con l’atto di citazione, bensì coniugata e convivente con la
propria famiglia in una casa diversa da quella dei genitori).
1.2.-

Il Tribunale di Viterbo – sezione distaccata di Civita

Castellana, con sentenza del 26 febbraio 2003, rigettò nel
merito la domanda e condannò la società attrice al pagamento
delle spese di lite.

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I

con il quale il primo aveva donato alla figlia Catia la quota di

2.- IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A., sostituitasi ad Intesa
Gestione Crediti S.p.A., propose appello.
L’appellata si costituì e dedusse, in via pregiudiziale,
l’inammissibilità dell’appello perché proposto da soggetto
diverso da quello che aveva agito in primo grado ed, inoltre,

rappresentativi in capo alla persona fisica indicata come legale
rappresentante e che in tale qualità aveva rilasciato il
mandato. Nel merito, resistette al gravame.
2.1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 25 gennaio

2007, la Corte d’Appello di Roma ha accolto l’appello ed, in
riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato inopponibile ad
IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A. l’atto di donazione per notaio
Casadei, con condanna degli appellati al pagamento delle spese
dei due gradi di giudizio.
3.-

Avverso la sentenza Catia Mariani ha proposto ricorso

affidato a tre motivi.
Italfondiario S.p.A., in qualità di procuratore di Castello
Finance S.R.L. (cessionaria dei crediti di Intesa Gestione
Crediti S.P.A.) e di Intesa Sanpaolo S.P.A. (già Banca Intesa
S.P.A., per atto di fusione tra Sanpaolo IMI e Banca Intesa,
quest’ultima incorporante la cessata Intesa Gestione Crediti
S.P.A.) si è difeso con controricorso.
Nicolino Mariani non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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per difetto di procura, non essendo prova dei poteri

1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 115 c.p.c., al fine di censurare il
rigetto, da parte della Corte d’Appello, dell’eccezione di
difetto di legittimazione attiva dell’appellante IntesaBCI
Gestione Crediti S.P.A.

sarebbe trattato del mutamento di denominazione dello stesso
soggetto, perché risultavano invariati sia la sede che la
partita IVA delle società. Secondo la ricorrente, questi ultimi
dati di fatto (indirizzo della sede legale e partita IVA)
sarebbero stati soltanto affermati dall’appellante ma non
riscontrati con documenti, sicché la Corte non avrebbe potuto
porre gli stessi a fondamento della propria decisione.
1.1.- Il motivo non merita accoglimento.
Come rilevato dalla resistente col controricorso, la sentenza
del Tribunale risulta essere stata pronunciata nei confronti di
IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A., poiché quest’ultima
intervenne già nel corso del primo grado di giudizio, deducendo
la modifica della denominazione sociale di Intesa Gestione
Crediti S.p.A., che aveva agito originariamente.
Pertanto, l’appello risulta proposto esattamente dallo stesso
soggetto che, con la stessa denominazione sociale, è stato
destinatario della pronuncia di rigetto in primo grado e che,
soltanto perciò, era legittimato a proporre l’impugnazione.
Sulla legittimazione attiva di IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A.
si è pronunciato il Tribunale di Viterbo, quando ha disatteso la

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La ricorrente critica l’affermazione del giudice secondo cui si

relativa eccezione proposta già in primo grado dalla parte ivi
convenuta, Mariani Catia.
Avendo quest’ultima riproposto l’eccezione, ai sensi dell’art.
346 cod. proc. civ., la Corte d’Appello ha tenuto conto di due
dati di fatto, che, già valutati dal giudice di primo grado, non

appellata. In particolare, non risulta affatto che l’appellata,
con la comparsa di costituzione in appello, nel riproporre
l’eccezione disattesa dal giudice di primo grado, abbia
contestato che sede e partita IVA della società appellante
fossero quelle indicate in atti, vale a dire che i dati
riportati nell’atto di appello non fossero corrispondenti al
vero.
Ne segue che il giudice di secondo grado, quando ha compiuto il
giudizio di merito a lui riservato, non ha violato l’art. 115
cod. proc. civ. poiché ha valutato elementi di fatto in sé non
specificamente contestati, al fine di concludere che la loro
identità rispetto a quelli della società originaria attrice
dimostrava che non vi fosse stata affatto una sostituzione
soggettiva, ma soltanto una diversa denominazione sociale della
società già costituita.
Il primo motivo va perciò rigettato.

2.

Col secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa

applicazione degli artt. 75, III comma e 115 cod. proc. civ.,
nonché il vizio di motivazione insufficiente, al fine censurare
l’affermazione del giudice d’appello che i poteri

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risultano essere stati, in sé, contestati, dalla parte

rappresentativi del soggetto che ebbe a rilasciare la procura
alle liti per la società appellante risultavano dalla procura
per notaio Lanzillotti del 16 dicembre 1999 rep. 46914,
«prodotta in copia nel corso del giudizio di primo grado e che,
del resto, non risulta revocata>>

(pag. 3 della sentenza).

stata presente agli atti di causa e che comunque sarebbe stata
rilasciata da Intesa Gestione Crediti S.p.A. e non da IntesaBCI
Gestione Crediti S.p.A.
Aggiunge che, peraltro, la società appellante non aveva
indicato,

nell’atto di appello,

rappresentativi

del

soggetto

quale fonte dei poteri
costituito

come

legale

rappresentante (il quale aveva rilasciato il mandato al
difensore), la procura valutata dalla Corte territoriale, bensì
la diversa procura per notar Scalamogna di Abbiategrasso del 14
novembre 2001, non prodotta agli atti del giudizio di appello.
Censura perciò la sentenza impugnata perché il rigetto
dell’eccezione di difetto di procura sarebbe stato fondato su un
documento non acquisito agli atti.
2.1. – Nemmeno questo motivo è fondato.

La Corte d’Appello ha confermato la valutazione della procura
per notaio Lanzillotti del 16 dicembre 1999 già compiuta dal
giudice di primo grado, limitandosi a verificare la mancanza di
revoca sopravvenuta -circostanza, quest’ultima, non contestata.
Quanto al fatto che si trattasse di procura rilasciata da Intesa
Gestione Crediti S.p.A., e non da IntesaBCI Gestione Crediti

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La ricorrente sostiene che quest’ultima procura non sarebbe

S.p.A., la circostanza è stata giustamente trascurata dalla
Corte d’Appello, poiché assorbita dall’accertamento, compiuto
dalla stessa Corte alla stregua di quanto sopra, dell’identità
soggettiva delle due società.
Avendo così individuato una fonte, valida ed efficace -perché

al Di Renzo (vale a dire alla persona fisica che rilasciò il
mandato al difensore dell’appellante), la Corte d’Appello ha
adeguatamente motivato in punto di validità della procura alle
liti, senza necessità di dover esaminare la (diversa) procura
indicata dalla stessa appellante.
Il secondo motivo di ricorso va perciò rigettato.
3.

Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione

dell’art. 2901 cod. civ., nonché vizio di motivazione
insufficiente e contraddittoria.
La ricorrente imputa alla Corte territoriale un malgoverno delle
risultanze istruttorie, per avere frainteso l’argomentazione del
Tribunale fondata sull’inerzia da parte del Mariani (che la
Corte ha, invece, attribuito alla creditrice) nel procedere alla
donazione (avendola compiuta sei anni dopo il sorgere nel
credito, e non nell’immediatezza) e per avere reputato
“indifferente” la circostanza (valorizzata, invece, dal
Tribunale) della destinazione dell’immobile a casa coniugale da
parte della donataria.
Secondo la ricorrente, invece, tale ultima circostanza, valutata
unitamente ad altre, quali la donazione del terreno fatta da

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mai revocata, dei poteri rappresentativi della società in capo

entrambi i genitori, la richiesta di concessione edilizia, le
spese sostenute per costruire l’abitazione, il matrimonio
avvenuto pochi mesi dopo la donazione, avrebbe dovuto portare la
Corte a soluzione opposta.
Aggiunge la ricorrente che mancherebbe nella sentenza ogni

degli elementi della prova presuntiva.
3.1.- Il motivo è infondato e va rigettato.

Trattandosi di azione revocatoria di atto a titolo gratuito
posto in essere dopo che il credito era sorto, è sufficiente,
per l’accoglimento della domanda ex art. 2901, comma primo, n.
l, cod. civ. è la sussistenza in capo al debitore (e non anche
al terzo donatario, il cui stato soggettivo, di buona o mala
fede, è del tutto irrilevante), non certo della volontà di
sottrarre i beni ai propri creditori -come sembra reputare la
ricorrente-, bensì soltanto della consapevolezza da parte dello
stesso debitore del «pregiudizio che l’atto arrecava alle
ragioni del creditore>>.
Ed invero, per un verso, non può che ribadirsi che l’azione
revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che
il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia
conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo
beneficiario, il quale ha comunque acquisito un vantaggio senza
un corrispondente sacrificio e, quindi, ben può vedere il
proprio interesse posposto a quello del creditore (cfr., da
ultimo, Cass. n. 12045/10).

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valutazione in merito alla gravità, precisione e concordanza

Per altro verso, ai fini della configurabilità della
damni

scientia

per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti

dal debitore successivamente al sorgere del credito, non è
necessaria l’intenzione di nuocere ai creditori, essendo
sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso, del

concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la
cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni (cfr.
Cass. n. 17867/07).
3.2.-

Pertanto, è da escludere che la Corte territoriale abbia

violato l’art. 2901 cod. civ. quando ha mostrato di
disinteressarsi dello stato soggettivo della donataria (ed, in
correlazione, della destinazione dell’immobile a sua abitazione
coniugale) ovvero quando ha dato rilievo alla consapevolezza, da
parte del debitore, della propria situazione di insolvenza
piuttosto che alla deliberata intenzione di nuocere alle ragioni
dell’istituto bancario creditore.
4.- Quanto alla prova di siffatta consapevolezza, la motivazione

non può certo dirsi viziata soltanto perché, in effetti, il
giudice di secondo grado ha equivocato sul punto della
motivazione della sentenza del Tribunale che faceva leva
sull’inerzia del debitore.
Infatti, gli elementi presi in considerazione dalla Corte
territoriale per fondare la prova presuntiva della
damni

sci entia

risultano più che adeguati allo scopo. Si tratta della

pendenza di un processo esecutivo su altro bene di proprietà del

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pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in

debitore; dei successivi ribassi dei prezzi base d’asta di tale
bene pignorato fino a quello di lire 137.000.000 dell’ultimo
avviso di vendita precedente la donazione; quindi, della
consapevolezza da parte del debitore esecutato dell’incapienza
del bene pignorato a fronte del proprio debito nei riguardi

all’importo di lire 378.392.801, soltanto per sorte capitale.
Sono elementi non contestati che, valutati unitamente all’altro,
dato dal fatto che con la donazione in oggetto il debitore
donante si spogliava dell’unico altro bene di sua proprietà
oltre quello pignorato (fatto presupposto dalla Corte e non
contestato), sono più che sufficienti a fornire la prova della
consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio che la
donazione arrecava alle ragioni del suo creditore.
Tutti gli altri elementi, dei quali la ricorrente lamenta la
mancata considerazione da parte del giudice di merito (sopra
elencati), sarebbero stati tutt’al più significativi della
mancanza di consapevolezza del pregiudizio in capo alla
donataria, non certo della mancanza, in capo al donante, del
venir meno di ogni (ulteriore) garanzia patrimoniale utile a
soddisfare il cospicuo credito vantato nei suoi confronti.
Pertanto, è corretta la decisione impugnata che ha ritenuto
integrato l’elemento soggettivo della scientia damni nel caso di
donazione avente per oggetto la quota dell’unico immobile
residuo ancora nel patrimonio del disponente, stipulata a favore
della figlia dopo che era emersa in sede di processo esecutivo

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dell’istituto di credito procedente, Carivit S.p.A., ammontante

avente ad oggetto altro bene del debitore l’insufficienza di
questo ad assicurare la soddisfazione del creditore.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento
in favore della resistente delle spese del giudizio di
cassazione, che liquida complessivamente in C 4.200,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, in data 2 ottobre 2013.

Per questi motivi

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