Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25412 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 11/11/2020), n.25412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7672/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

RICCARDO CIANFAGLIONE SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof.

MASSIMO BASILAVECCHIA, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Prof. PIERO SANDULLI in Roma, Via F. Paulucci dè Calboli,

9;

– controricorrente –

e nei confronti di:

COMUNE DI CAPPELLE SUL TAVO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. MASSIMO DI PAOLO,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo n. 773/01/2018, depositata in data 12 febbraio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 24 settembre 2020 dal Consigliere Relatore Dott. D’Aquino

Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La società contribuente RICCARDO CIANFAGLIONE SRL ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo all’anno di imposta 2010 per errata applicazione di IVA agevolata all’aliquota del 10% in luogo di quella ordinaria, oltre sanzioni e interessi, motivato (come risulta dagli atti), dall’avere negato l’applicazione delle categorie agevolabili di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nn. 127-quinquies, 127-sexies, 127-septies, 127-quaterdecies Tab. A), parte terza.

La CTP dell’Aquila ha accolto il ricorso e la CTR dell’Abruzzo, con sentenza in data 12 febbraio 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello, ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata, che le opere di cui alle fatture per cui è causa attengono non a lavori di manutenzione ordinaria, bensì a opere aventi carattere di novità, trattandosi di lavori tali da attribuire all’opera realizzata caratteristiche e funzioni nuove, in considerazione della considerazione in fatto che tali lavori hanno modificato radicalmente le caratteristiche delle opere preesistenti.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi, resiste con controricorso parte contribuente, nonchè il Comune intimato, che ha prodotto anche memoria.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1 – Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento ex art. 111 Cost., nonchè del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1, 2, 36, artt. 132,274 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., per non avere il giudice di appello evidenziato analiticamente le ragioni di inapplicabilità – in relazione ai singoli lavori realizzati nel caso di specie (analiticamente indicati come risultanti dall’avviso di accertamento) – dell’aliquota agevolata, circostanza in grado di incidere, a giudizio del ricorrente, sulla comprensibilità del ragionamento logico giuridico seguito dal giudice di appello.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 127-quinquies, sexies e septies, Tabella A, parte Terza allegata, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto corretta l’applicazione dell’aliquota agevolata e ha ritenuto che l’Ufficio non avrebbe offerto alcun elemento tecnico per giungere a una più corretta applicazione delle opere. Deduce il ricorrente violazione delle regole della distribuzione dell’onere della prova, laddove è onere della parte contribuente provare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’aliquota agevolata. Deduce, inoltre, il ricorrente che le opere realizzate siano prive dei requisiti di cui all’art. 127-quinquies cit. (“opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nella L. 29 settembre 1964, n. 847, art. 4, integrato dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 44; linee di trasporto metropolitane tramviarie ed altre linee di trasporto ad impianto fisso; impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica; impianti di depurazione destinati ad essere collegati a reti fognarie anche intercomunali e ai relativi collettori di adduzione; edifici di cui alla L. 19 luglio 1961, n. 659, art. 1, assimilati ai fabbricati di cui alla L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13, e successive modificazioni”), in quanto meri interventi di manutenzione o ammodernamento di opere preesistenti, prive del carattere di novità, i quali non potrebbero fruire dell’aliquota agevolata.

2 – Diversamente dalla proposta del relatore, il ricorso deve ritenersi tempestivo. Si rende, difatti, applicabile il disposto del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 1, conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136, secondo cui “per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonchè per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019”. Stante il fatto che il termine lungo per impugnare la sentenza depositata in data 12.07.2018 ricade nel periodo in oggetto (12.02.2019), la proposizione del ricorso notificato in data 22 febbraio 2019 risulta tempestiva. Il ricorso va, pertanto, esaminato nel merito.

3 – Il primo motivo è infondato.

3.1 – Le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata devono ritenersi circoscritte alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940). Ne consegue che la fattispecie della motivazione apparente, che ricorre nel caso in cui non possa considerarsi assolto l’obbligo di motivazione imposto costituzionalmente al giudice, presuppone che la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

3.2 – Nella specie non vi è motivazione apparente, posto che il giudice di appello ha chiaramente tracciato il percorso motivazionale, ascrivendo alle opere realizzate un carattere di novità tale da incidere sulla qualificazione delle stesse e sull’aliquota IVA applicata (“occorre verificare se tali lavori fossero da qualificarsi opere costruite ex novo o che per lo meno consistessero in lavori di ampliamento e ricostruzione che, per la loro tipologia e caratteristiche, avessero comunque l’effetto di portare alla realizzazione di opere aventi un carattere di novità”). La Commissione Regionale ha, poi, analizzato, ancorchè sommariamente, i lavori eseguiti dalla contribuente e ha attribuito loro la caratteristica suddetta (“in tema di strade i lavori sono tali e di tale entità e tipologia che l’opera risultante per caratteristiche e funzione rispetto a quella preesistente si atteggia come nuova opera”).

4.1 – Il secondo motivo è infondato quanto alla dedotta violazione delle regole di distribuzione dell’onere della prova (peraltro articolata senza individuazione di adeguato parametro normativo), posto che la violazione delle regole di ripartizione dell’onere della prova sussiste nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui le stesse si sarebbero dovute far gravare (Cass., Sez. VI, 23 ottobre 2018, n. 26769). Il giudice di appello ha, invece ritenuto, nell’esercizio del potere di scrutinamento delle fonti di prova, giustificata l’attribuzione dell’aliquota agevolata.

4.2 – Il motivo è, invece, inammissibile, sia per il fatto che non raffronta analiticamente, in relazione alla richiamata disposizione normativa, i singoli lavori eseguiti posti ad oggetto dell’avviso di accertamento, sia in quanto tende a un riesame nel merito delle valutazioni in fatto compiute dal giudice di appello.

Il vizio di violazione di legge – che consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge – come anche il vizio di falsa applicazione di legge – che consiste nel sussumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addica, sul presupposto che la fattispecie astratta da essa prevista – implicano una questione interpretativa. Diversamente, l’allegazione, come nella specie, di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa – nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che le opere realizzate sono dotate dei caratteri di novità al fine di rientrare nell’aliquota agevolata in oggetto – è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura non è consentita come violazione di legge ma sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054). Nel qual caso, deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476).

4.3 – La sentenza impugnata ha, difatti, ritenuto che tali opere sono da considerare come nuove (“costruite ex novo” o “che consistessero in lavori di ampliamento e ricostruzione che, per la loro tipologia e caratteristiche, avessero comunque l’effetto di portare alla realizzazione di opere aventi un carattere di novità”) ed escludendo trattarsi di meri lavori di manutenzione ordinaria o anche straordinaria (“non può considerarsi come mera manutenzione, seppure di carattere straordinario”). Giudizi in fatto (quelli relativi alla novità delle opere e alla non ascrivibilità a opere di intervento per la manutenzione, ancorchè straordinaria, di opere preesistenti), incensurabili in sede di legittimità in quanto tendenti alla rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di appello.

5 – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza, tenendosi conto del fatto che la memoria in atti ha affrontato unicamente la questione della tardività del ricorso, irrilevante ai fini della decisione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida per ciascuna parte in complessivi Euro 5.600,00, oltre 15% rimborso spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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