Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25411 del 20/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/09/2021, (ud. 14/09/2021, dep. 20/09/2021), n.25411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14921/2014 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Germanico

197, presso lo studio dell’avvocato Mezzetti Mauro, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Nola Carlo;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 777/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA,

depositata depositata il 12/02/2014;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 settembre

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il contribuente L.G. ha separatamente impugnato due avvisi di accertamento, relativi ai periodi di imposta 2006 e 2007 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 41-bis, nonché una successiva cartella di pagamento per iscrizione a ruolo a titolo provvisorio. L’accertamento traeva origine da un PVC, in forza del quale si accertava una frode fiscale consumata da una terza società (Eurogames SRL), la quale avrebbe commercializzato schede elettroniche clonate di apparecchi di intrattenimento per il gioco lecito (videopoker), una delle quali rinvenuta all’interno dell’esercizio bar condotto del contribuente, con accertamento di maggiori ricavi non dichiarati e maggiori imposte e accessori.

La CTP di Milano, previa riunione, ha accolto i ricorsi nel merito, ritenendo non provate le circostanze di fatto addotte dall’Ufficio, sia in quanto fondate su dichiarazioni di un terzo, sia in quanto la tessera clonata non sarebbe stata rinvenuta nell’esercizio bar del contribuente.

La CTR della Lombardia, con sentenza in data 12 febbraio 2014, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Il giudice di appello ha preliminarmente rigettato sia l’eccezione di inammissibilità dell’appello per omessa sottoscrizione dello stesso da parte del Direttore dell’Ufficio, rilevando che l’atto di appello fosse stato firmato da un delegato, sia l’eccezione di inammissibilità D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 53, osservando che l’appello contenesse rilievi specifici alla sentenza impugnata. Nel merito, il giudice di appello ha accertato che fosse stata correttamente individuata la scheda elettronica oggetto di clonazione e che detta scheda fosse stata utilizzata dal contribuente. Tale circostanza è stata ritenuta provata, secondo la CTR, ritenendo utilizzabili e decisive le dichiarazioni rese da un terzo (Eurogames) e valorizzando il comportamento processuale del contribuente, che avrebbe lasciato intendere come la scheda sarebbe stata da lui utilizzata, benché avesse indicato un importo di ricavi dovuti inferiore.

Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria “integrativa”; resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, con riferimento all’art. 112 c.p.c.. Osserva il ricorrente che l’Ufficio in sede di appello non avrebbe specificamente contestato le argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado e soggiunge che il giudice di appello non avrebbe specificamente esaminato tale eccezione.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “nullità della sentenza impugnata per falsa ed erronea motivazione in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’appello” per omessa sottoscrizione da parte del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Il ricorrente osserva come il funzionario che avrebbe sottoscritto l’appello sarebbe dotato di delega della quale non sarebbero stati indicati gli estremi, né sarebbe stata prodotta copia della procura, deducendosi anche difetto di motivazione nell’accertamento compiuto dal giudice di appello in ordine alla legittimazione del sottoscrittore dell’atto di appello.

1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullità della sentenza per omessa e carente motivazione in relazione agli accertamenti effettuati D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41-bis, con particolare riferimento all’accertamento contenuto nella sentenza impugnata secondo cui il contribuente, come riportato nella sentenza impugnata, avrebbe lasciato intendere che la scheda sarebbe stata da lui utilizzata. Contesta il ricorrente l’accertamento compiuto dalla CTR e osserva anche come sarebbero state erroneamente valorizzate le dichiarazioni rese dal terzo Eurogames.

1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullità della sentenza per omessa motivazione in ordine agli accertamenti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis. Il ricorrente ripercorre gli accertamenti compiuti dai verbalizzanti della Guardia di Finanza in sede di redazione del PVC, i quali avevano segnalato l’esistenza di un apparecchio per gioco lecito (slot machine di videopoker), dotato di una scheda clonata, situato all’interno dell’esercizio commerciale del ricorrente; sulla base di tale accertamento i verbalizzanti avevano ricostruito gli incassi, procedendo dalla lettura del contatore e riscontrando ulteriore documentazione extracontabile proveniente dal terzo Eurogames – soggetto che aveva proceduto alla commercializzazione delle schede clonate – volta a provare la conoscenza della frode da parte dei gestori degli esercizi dove erano installate le macchine con scheda clonata, tra cui il ricorrente. Ritiene il ricorrente che nella documentazione extracontabile sequestrata alla Eurogames non vi sarebbero riferimenti al ricorrente e che, in ogni caso, tale accertamento sarebbe privo di riscontri. Censura, infine, il ricorrente la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui è stata accertata, sulla base delle dichiarazioni del terzo, la corresponsabilità dell’odierno ricorrente.

2. Il primo motivo è infondato in relazione alla dedotta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, essendosi il giudice di appello espressamente pronunciato su tale eccezione come risulta dalla sentenza impugnata (“chiede l’inammissibilità dell’appello (…) per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, (…) L’appello (…) muove specifiche critiche alla sentenza impugnata e come tale non può essere dichiarato inammissibile per mancanza di motivi specifici”).

3. Il motivo e’, ulteriormente, infondato in relazione alla dedotta violazione di legge (peraltro invocata senza adeguato corredo motivazionale), posto che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che il giudice di appello può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, anche in caso di mera riproposizione delle questioni a sostegno della legittimità dell’accertamento (Cass., Sez. V, 10 novembre 2020, n. 25106; Cass., Sez. V, 4 novembre 2020, n. 24533; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2020, n. 21774; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2018, n. 32838; Cass., Sez. VI, 23 novembre 2018, n. 30525; Cass., Sez. VI, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7369; Cass., Sez. VI, 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass., Sez. V, 29 febbraio 2012, n. 3064).

4. Il secondo motivo è infondato. In disparte dai profili di inammissibilità del motivo per mancata indicazione del parametro normativo, la giurisprudenza di questa Corte afferma che il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10 e art. 11, comma 2, riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio dell’Agenzia delle entrate, rappresentato dal direttore o da altro funzionario preposto al reparto competente, ritenendosi questo delegato in via generale; sicché è validamente apposta la sottoscrizione dell’appello proposto dall’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non venga esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza (Cass., Sez. V, 19 agosto 2020, n. 17369; Cass., Sez. V, 21 2014, n. 6691; Cass., Sez. VI, 26 luglio 2016, n. 15470). In assenza di specifica deduzione sul punto, la doglianza relativa all’assenza di specifica delega appare priva di pregio.

5. Gli ulteriori motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili. Il ricorrente, anziché censurare l’utilizzabilità degli elementi di prova valorizzati dal giudice di appello (le dichiarazioni del terzo e il comportamento processuale del contribuente), intende ripercorrere il ragionamento decisorio in fatto compiuto dal giudice di appello, che lo ha portato a ritenere che il contribuente abbia utilizzato la scheda elettronica clonata, quale fondamento dell’accertamento dei maggiori ricavi e delle conseguenti maggiori imposte dovute. Il ricorrente, pur denunciando formalmente le norme in tema di accertamento, mira a una rivalutazione del ragionamento che ha portato il giudice del merito a ritenere raggiunta la prova dell’utilizzo dell’apparecchio da intrattenimento per gioco lecito con scheda elettronica clonata. Così facendo il ricorrente, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di giudizio di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio non è più, in questo caso, l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito e a questi riservata (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8315), il cui apprezzamento in fatto può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 3 dicembre 2019, n. 31546; Cass., Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054).

6. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021

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