Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25411 del 12/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25411 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 28839-2007 proposto da:
FERRARI CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CRESCENZIO 2 A, presso lo studio dell’avvocato
ROSANIA

VINCENZA,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato BARONE ARCANGELO giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1769

contro

TREGLIA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA DELLA LIBERTA’

20,

pressd

lo

studio

dell’avvocato CAROLEO FRANCESO, che la rappresenta e
difende unitamente allyvocato PLAISANT ANGELO

1

Data pubblicazione: 12/11/2013

giusta delega in atti;
ZUCCHETTI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA R.GRAZIOLI LANTE, 7, presso lo studio
dell’avvocato RUSICH SONIA, rappresentata e difesa
dagli avvocati GRADASSI MARINA, ANTONUCCI ROBERTO

controricorrenti

avverso la sentenza n. 4120/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/09/2006 R.G.N.
12659/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/10/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato ILLUMINATA CONTE per delega;
udito l’Avvocato FRANCESCO CAROLEO;
udito l’Avvocato MARINA GRADASSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

giusta delega in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con

citazione

ritualmente

notificata

Maria

Zucchetti,

conduttrice di un immobile adibito ad attività commerciale,
sito nel Comune di Anzio, oggetto di vendita dalla

giudizio la venditrice e l’acquirente dell’immobile assumendo
che il prezzo riportato nell’atto pubblico, pari a lire 24
milioni, era inferiore a quello di L.50 milioni che le era
stato comunicato dalla proprietaria ai fini dell’esercizio del
diritto di prelazione. Chiedeva pertanto la declaratoria di
inefficacia dell’atto traslativo. In esito al giudizio, in cui
si costituivano la Treglia ed il Ferrari, il Tribunale adito
respingeva la domanda attrice, dichiarando assorbita la
domanda di garanzia proposta dal Ferrari nei confronti della
Treglia. Avverso tale decisione proponeva appello la Zucchetti
ed, in esito al giudizio, in cui si costituivano gli appellati
resistendo al gravame, la Corte di Appello di Roma con
sentenza depositata in data 28 settembre 2006, in
accoglimento dell’appello, dichiarava trasferita la proprietà
dell’immobile in favore della Zucchetti, rigettava la domanda
di garanzia proposta dal Ferrari nei confronti della Treglia,
provvedeva al governo delle spese. Avverso la detta sentenza
il Ferrari ha quindi proposto ricorso per cassazione
articolato in due motivi. Resistono con controricorso la
Treglia e la Zucchetti, la quale ha depositato altresì memoria
illustrativa.

3

proprietaria Maria Treglia a Claudio Ferrari, conveniva in

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa
applicazione dell’art.1485 co.2 cc, il ricorrente ha censurato
la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello

della Treglia in ragione della considerazione che sarebbe
stato lo stesso Ferrari con il suo comportamento a determinare
l’evizione del bene perdendo il diritto alla garanzia ex
art.1485 co.2 cc.
Ha concluso quindi il motivo di impugnazione accompagnandolo
con il seguente quesito di diritto: ” è giusto nella specie de
quo applicare l’art.1485, 2 comma, cc in relazione
all’art.1483 cc che stabilisce il diritto del compratore che
subisce l’evizione totale della cosa ad essere risarcito dal
venditore. Ha diritto 11 Ferrari ad essere risarcito da parte
di Treglia Maria della somma di euro 12.350,01 oltre interessi
e rivalutazione, quale differenza del prezzo realmente versato
per l’acquisto dell’immobile de quo?”
Con la seconda doglianza, svolta per violazione dell’art.39
della legge 392/78, il ricorrente ha lamentato che la Corte di
appello avrebbe errato quando ha ritenuto che il Ferrari non
avesse diritto ad ottenere un corrispettivo superiore a quello
risultante dall’atto di trasferimento in guanto avrebbe dovuto
eccepire la decadenza dall’esercizio dell’azione di riscatto.
Ha concluso quindi il motivo di impugnazione accompagnandolo
con il seguente quesito di diritto:

4

è giusto nella

ha rigettato la domanda di garanzia proposta nei confronti

fattispecie in esame applicare l’art.39 della legge 392/78 in
riferimento alla sentenza della Cassazione sopra menzionata
che stabilisce che la decorrenza del termine di pagamento del
prezzo è quello in cui viene contestato l’immediato e diretto

Entrambi

i motivi,

come

sopra riportati nella loro

essenzialità, sono inammissibili in quanto nessuno dei due
quesiti soddisfa le prescrizioni di legge. Ed invero, posto
che la norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. non può
essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa
desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di
ricorso, poiché una siffatta interpretazione si risolverebbe
nell’abrogazione tacita della norma in questione (Cass. n.
23153/07, ord. n. 4646/08 e n.21979/08), deve altresì
sottolinearsi che il quesito non può risolversi in una
generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione
di legge denunziata nel motivo né nell’invito alla S.C. perché
decida in ordine alla fondatezza della censure come
illustrate ovvero si pronunzi se sia giusto o meno applicare
una norma piuttosto che un’altra, così come è avvenuto nella
specie. Occorre invece che il ricorrente nella redazione del
quesito proceda alla riassuntiva esposizione degli elementi di
fatto sottoposti al giudice di merito, alla sintetica
indicazione della regola di diritto applicata dal quel
giudice; alla diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.

5

soddisfacimento del diritto del riscattante ? –

Soprattutto, ha l’onere di provvedere all’enunciazione di un
principio di diritto diverso da quello posto a base del
provvedimento impugnato e tale da implicare un ribaltamento
della decisione adottata dal giudice a quo, indicandone

applicare” (cfr S.U. n. 3519/2008, Cass.n.19769/08)
Ne consegue che il ricorso per cassazione in esame deve essere
dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente
alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri
di cui al D.M. n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i
compensi professionali.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile

il ricorso. Condanna il

ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di

l’errore o gli errori compiuti e specificando la regola da

legittimità che liquida in complessivi E 3.800,00 di cui. EZ00,0 0-../
per compensi, oltre accessori di legge, ed E 200,00 per
esborsi.
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 1.10.2013

l 1Presidente

Il Consigliere esten ore

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