Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25411 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. III, 10/10/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 10/10/2019), n.25411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4089/2015 R.G. proposto da:

P.C., rappresentato e difeso da se stesso ai sensi

dell’art. 86 c.p.c., con domicilio eletto in Roma, via Tintoretto,

n. 88, presso lo studio dell’Avv. Ciro Galiano;

– ricorrente –

contro

D.F.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Giarrusso,

domiciliato, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza collegiale del Tribunale di Palermo r.g. n.

15664/2014 pubblicata il 23 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso e il controricorso.

Fatto

RITENUTO

L’avvocato P.C., in qualità di debitore esecutato, proponeva opposizione avverso l’esecuzione intrapresa a suo danno dalla ex moglie D.F.A., deducendo l’impignorabilità relativa ai sensi dell’art. 515 c.p.c., comma 3, – della propria autovettura, in quanto funzionale all’esercizio della propria attività professionale.

Con ordinanza del 5 novembre 2014 il giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di sospensione, osservando che, sebbene l’autovettura dell’opponente dovesse considerarsi indispensabile all’esercizio della sua attività professionale, il presumibile valore di realizzo degli altri beni pignorati non appariva sufficiente alla soddisfazione del credito. Per tale ragione, il giudice dichiarava pignorabile l’autovettura nei limiti di un quinto, disponendone la vendita.

Avverso tale ordinanza il debitore proponeva reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c..

In particolare, il debitore contestava la pronuncia impugnata nella parte aveva rapportato l’insufficienza del presumibile valore di realizzo dei beni solamente a quelli già pignorati, senza considerare che egli possedeva invece altri beni utilmente pignorabili. Deduceva, specificatamente, di aver già indicato, a verbale di un primo pignoramento mobiliare, l’esistenza di “altri beni utilmente pignorabili”, il cui valore avrebbe potuto ampiamente soddisfare le ragioni creditorie, e di non averli potuti indicare anche al momento del pignoramento dell’autovettura, in quanto quest’ultimo era stato effettuato in sua assenza.

Il Tribunale di Palermo in composizione collegiale rigettava il reclamo, ritenendo che l’indicazione da parte del debitore degli ulteriori beni utilmente pignorabili non fosse sufficiente. In particolare, evidenziava, da un lato, la dubbia proprietà dei beni mobili indicati, situati nella abitazione della creditrice, e, dall’altro, la difficile liquidabilità dell’unico bene immobile intestato al debitore.

Avverso tale ordinanza il P. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, articolato in due motivi. D.F.A. ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Il ricorrente propone ricorso straordinario per cassazione avverso un provvedimento emesso in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c., lamentando sotto diversi profili la violazione e falsa applicazione dell’art. 515 c.p.c..

Il ricorso è inammissibile.

Questa, infatti, Corte ha ripetutamente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso l’ordinanza pronunciata in sede di reclamo cautelare ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c., essendo essa destinata a perdere efficacia a seguito della decisione di merito e, pertanto, inidonea a produrre effetti sostanziali e processuali con autorità di giudicato (Sez. 3, Ordinanza n. 9830 del 20/04/2018, Rv. 648431 – 01; ma anche Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23763 del 22/11/2016, Rv. 642793 – 01).

Presupposto fondamentale del ricorso straordinario per cassazione è infatti il carattere di decisorietà del provvedimento impugnato, il quale deve presentare caratteri tali da acquisire efficacia di giudicato in senso sostanziale in ipotesi di mancata impugnazione.

Tale presupposto non si riscontra nel provvedimento emesso in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c., neppure quando il provvedimento reclamato sia in tema di sospensione del processo esecutivo, ex art. 624 c.p.c..

Infatti, i provvedimenti con i quali il giudice dell’esecuzione o il collegio in sede di reclamo provvedono sulla istanza di sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c., comma 1, non hanno carattere autonomamente decisorio. Che si tratti di opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.), oppure di opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.), è sempre nella facoltà delle parti introdurre il giudizio nel merito. Mentre l’ipotesi di estinzione del pignoramento per omessa introduzione del giudizio di merito non rappresenta un elemento caratterizzante il provvedimento del giudice dell’esecuzione come definitivo. Il consolidamento dei suoi effetti, difatti, non dipende dall’efficacia in sè del provvedimento, bensì dalla successiva condotta delle parti che, prestando in sostanza – acquiescenza alla decisione interinale, rendono superfluo lo svolgimento del giudizio di merito volto verificare la fondatezza delle ragioni in considerazione delle quali è stata disposta la sospensione dell’esecuzione. Del resto, che il provvedimento ex art. 624 c.p.c., comma 1, non abbia i caratteri di definitività e stabilità propri del giudicato è reso evidente anche dal fatto che l’effetto estintivo di cui al comma 3 del medesimo articolo si può determinare solo in caso di accoglimento della richiesta di sospensione; non si tratta, quindi, di una caratteristica che riguarda la tipologia di provvedimento in sè considerata, a prescindere dal tenore della decisione.

Non conducono a diverse conclusioni i rilievi del ricorrente, il quale pone l’accento sulla prosecuzione del procedimento esecutivo e sulla irretrattabilità degli effetti che potrebbero derivarne. Questi ultimi, infatti, non sono effetti diretti del provvedimento impugnato, ma dell’efficacia del titolo esecutivo, che legittima la creditrice a sottoporre ad espropriazione forzata i beni del debitore: è in forza del titolo esecutivo, non del provvedimento di diniego della sospensione, che alla D.F. viene riconosciuto il potere di porre in essere i singoli atti esecutivi, della cui irreversibilità si lamenta il P..

Deve essere quindi riaffermato il seguente principio di diritto:

“Il provvedimento emesso in sede di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c., anche quando il provvedimento reclamato sia in tema di sospensione del processo esecutivo ex art. 624 c.p.c., non è ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di un provvedimento privo del carattere di decisorietà. Non depone in senso contrario neppure la circostanza che, nel caso di provvedimento di contenuto sospensivo, l’omessa introduzione del giudizio di merito produce l’effetto dell’estinzione anticipata del pignoramento, ai sensi dell’art. 624 c.p.c., comma 3. Infatti, le parti sono sempre nella facoltà di introdurre il giudizio di merito e l’eventuale estinzione del processo esecutivo sospeso non dipende, dunque, dal carattere decisorio del provvedimento collegiale, bensì dall’acquiescenza allo stesso prestata”.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorso incidentale, proposto “in via subordinata”, è assorbito dall’inammissibilità di quello principale.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente principale, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal versamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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