Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25410 del 26/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 25/01/2017, dep.26/10/2017),  n. 25410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30047-2014 proposto da:

B.A., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIETRO MIGLIOSI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A.R.;

– intimata –

Nonchè da:

F.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 71, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO BELLUCCI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO BIOLI giusta

procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

e contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 97/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 24/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito l’Avvocato ANTONIO HECTOR PORZIO per delega;

udito l’Avvocato VINCENZO BIOLI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 24/2/2014 la Corte d’Appello di Perugia, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla sig. F.R. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Perugia 10/2/2010, ha rideterminato in diminuzione l’ammontare liquidato in favore del sig. B.A. dal giudice di prime cure, in accoglimento della domanda dal medesimo proposta di regresso per quanto versato al Mediocredito dell’Umbria per pagamento di debiti della società (OMISSIS) s.r.l. a titolo di fideiussione prestata in via solidale con la prima.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la F., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente principale denunzia “insufficiente e contraddittoria” motivazione su fatti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1298,1954 e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 1 motivo la ricorrente in via incidentale denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2949 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “insufficiente e contraddittoria” motivazione su fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 2735,2697,2702 e 2714 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “insufficiente e contraddittoria” motivazione su fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

I motivi di entrambi i ricorsi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che come questa Corte ha già avuto modo di affermare il ricorso per cassazione richiede, da un lato, per ogni motivo la formulazione della relativa rubrica con la puntuale indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo – tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c. – è proposto; dall’altro, esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421).

Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza di legittimità che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa, con – fra l’altro – l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di merito (cfr., da ultimo, Cass., 2/4/2014, n. 7692).

Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, per soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è tuttavia indispensabile che il ricorso offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonchè delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del giudizio di merito, la sentenza impugnata (v. Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998).

E’ cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).

Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dagli odierni ricorrenti, in via principale e incidentale.

I motivi di entrambi i ricorsi risultano infatti formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno rispettivamente riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto notificato in data 16 settembre 2003″, alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di 1 grado di controparte, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, alla propria comparsa di costituzione e risposta in grado di appello, alla “produzione documentale”, ai “finanziamenti… assistiti anche da pegni su titoli di esclusiva proprietà del sig. B.A.”, alla “lettera datata 23 ottobre 2003 a firma del Mediocredito dell’Umbria s.p.a., inviata alla sig.ra F.A.R.”, alla vendita dell'”azienda della società fallita… alla pubblica asta”, alla “lettera alla Nuova Profilumbra srl e per conoscenza al Mediocredito dell’Umbria” inviata il 16/11/1995, ai “contratti di finanziamento concessi dal mediocredito alla fallita (OMISSIS) srl con atti del 14.7.83, 25.6.84, 12.6.85, 23.10.86, 5.10.90 e 16.9.92″, il ricorrente in via principale; all'”atto di citazione notificato in data 15.09.03”, alla propria comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di 1 grado, alla sentenza del giudice di 1 grado, all’atto di appello, alla “documentazione acquisita in giudizio”, al “rapporto fideiussorio”, al “pagamento del debito sociale (in data 18.11.1994 per il tramite del ricavato della vendita operata dal Mediocredito dei titoli dati in pegno dal medesimo sig. B.)”, alla “documentazione prodotta dalla sig.ra F.”, al “versamento a favore del B. di Euro 45.406,74”, alla “dichiarazione del B.”, la ricorrente in via incidentale) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nei rispettivi ricorsi nè fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279. E da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157).

A tale stregua non deducono le rispettive formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro rispettive aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Stante la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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