Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25410 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 12/12/2016, (ud. 27/10/2016, dep.12/12/2016),  n. 25410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24605/2010 proposto da:

IMPRESA S. S.R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TARANTO 95, presso l’avvocato MAURO MONACO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCO ALTAMURA, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ZIBIDO SAN GIACOMO, B.S., RIUNIONE ADRIATICA DI

SICURTA’ RAS S.P.A., STUDIO COATO S.R.L.;

– intimati –

Nonchè da:

COMUNE DI ZIBIDO SAN GIACOMO (MI) – P.I. (OMISSIS), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCULLO

3, presso l’avvocato ROBERTO VILLANI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati FRANCESCA SIGNORINI, ANGELO RAVIZZOLI,

giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

IMPRESA S. S.R.L. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TARANTO 95, presso l’avvocato MAURO MONACO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCO ALTAMURA, giusta procura in

calce al ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

B.S., RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ RAS S.P.A., STUDIO

COATO S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2811/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale COMUNE,

l’Avvocato ANGELO RAVIZZOLI che ha chiesto il rigetto del ricorso

principale, l’accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso principale, con l’assorbimento dei restanti motivi e per

il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.Nell’esecuzione di un contratto di appalto per la realizzazione di un allacciamento della fognatura comunale al collettore consortile (OMISSIS), stipulato il 27 febbraio 1998 tra l’impresa S. srl e il Comune di Zibido S. Giacomo, insorgeva controversia in ordine a lavori extracontratto, agli oneri di sospensione delle opere, a ipotizzati danni risarcibili ed alla liberazione della garanzia assicurativa prestata da RAS SpA, coinvolgente anche il direttore dei lavori, ing. B.S., oltre che la società a cui quest’ultimo aderiva, lo Studio Coato srl.

1.1. L’impresa conveniva davanti al Tribunale di Milano il Comune ed il direttore dei lavori, chiedendone la condanna per la ragioni anzidette, e costoro eccepivano la carenza di giurisdizione del GO in ragione del richiamo contrattuale al D.P.R. n. 1063 del 1962, e, il secondo dei due, anche la chiamata in causa dello studio professionale di appartenenza.

1.2. Il Comune, inoltre, proponeva domanda riconvenzionale, chiedendo la risoluzione contrattuale per inadempimento e la condanna risarcitoria nei riguardi dell’impresa.

1.3. All’originario giudizio veniva riunito anche l’altro promosso dall’impresa, con opposizione al DI rilasciato in favore della RAS, a titolo di rimborso per quanto dalla medesima corrisposto al Comune a seguito dell’escussione della polizza fideiussoria “a prima richiesta”, a suo tempo prestata dalla impresa medesima.

2. Il Tribunale, disattesa la pregiudiziale, decideva nel merito, ritenendo: a) fondata l’eccezione di decadenza delle riserve, ma legittimo il rifiuto dell’impresa di riprendere i lavori dopo la cessazione della causa di sospensione degli stessi, con condanna del Comune ad una somma ridotta in favore della appaltatrice; b) insussistente la responsabilità del direttore dei lavori e della società terza chiamata; c) infondata l’opposizione al DI ma sussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda di manleva verso il Comune; d) le spese regolate nelle varie misure di cui in dispositivo.

3. I gravami proposti dalle parti (principale, quello del Comune, e incidentale, quello dell’impresa) venivano regolati, dalla Corte d’appello di Milano, affermando, in accoglimento del primo mezzo dell’appello principale, l’improponibilità della domanda dell’impresa, per la presenza di una clausola compromissoria devolutiva della controversia agli arbitri, ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 45, con l’assorbimento delle doglianze di merito contenute nelle due impugnazioni e una nuova regolazione delle spese processuali.

3.1. Il giudice dell’impugnazione affermava, in ragione del valore normativo e vincolante del richiamo contenuto nel contratto – ed in particolare nell’art. 1, del capitolo 2, del capitolato speciale -, al D.P.R. n. 1062 del 1963, applicabile così in via negoziale e non già per la sua diretta operatività, trattandosi di un ente pubblico non statale. Infatti, la fonte richiamata avrebbe operato senza limitazioni di sorta, compresa la devoluzione della controversia al collegio arbitrale di cui all’art. 45, D.P.R. cit., non ponendosi al riguardo, dato il richiamo negoziale, alcuna questione inerente il divieto dell’arbitrato obbligatorio.

4. La decisione è stata impugnata per cassazione dalla impresa soccombente, con ricorso articolato in tre mezzi di impugnazione principale, contro cui resiste, con controricorso, il Comune che, a sua volta, propone anche ricorso incidentale affidato ad un unico mezzo di cassazione.

5. Il direttore dei lavori e la società terza chiamata non hanno svolto difese in questa fase.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.I1 primo motivo di ricorso di ricorso principale (falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 43 e 45, in relazione all’art. 47, nel testo originario, così come ripristinato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996; L. n. 741 del 1981, art. 16; art. 113 c.p.c., e art. 111 Cost.; insufficiente, inadeguata e contraddittoria motivazione), la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui, affermando che il richiamo al D.P.R. n. 1062 cit. (contenuto nel capitolato speciale), valeva sul piano giuridico – come atto negoziale per l’applicazione dell’art. 45 del menzionato testo normativo, avrebbe mancato di tener conto del successivo art. 47, derogativo della competenza arbitrale, sulla base del solo impulso di parte.

1.1. Secondo il ricorrente, nella specie, sarebbero stati inapplicabili al caso i principi contenuti nelle menzionate decisioni di legittimità (le sentt. nn. 3802 del 1999 e 23670 del 2006) in quanto riguardanti contratti di appalto stipulati dopo l’entrata in vigore della L. n. 741 del 1981, art. 16: normativa che aveva novellato il contenuto dell’art. 47 del menzionato Capitolato generale di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, e, così, affidato la soluzione delle controversie in materia di pubblici appalti alla sede arbitrale, con esclusione di ogni altra giurisdizione.

1.2. Infatti, all’appalto oggetto della vertenza, stipulato il 27 febbraio 1998, si applicherebbe il testo originario dell’art. 47 del Capitolato generale, così come ripristinato a seguito della pronuncia dell’illegittimità costituzionale (ad opera della sentenza n. 152 del 1996 della Corte costituzionale) della L. n. 741 del 1981, art. 16, che aveva sostituito l’originario testo della disposizione.

2. Con il secondo (falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 44 e 45, in relazione all’art. 47, nel testo originario, così come ripristinato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996; L n. 741 del 1981, art. 16; L. n. 69 del 2009, artt. 110, 112 e 113, e art. 132, n. 4, e art. 45 n. 17, art. 167 c.p.c.; omessa motivazione), la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui, a fronte dell’eccezione di difetto di giurisdizione del GO, il Comune aveva proposto alcune domande riconvenzionali (di risoluzione per fatto e colpa dell’impresa, di risarcimento dei danni per la mancata ripresa ed ultimazione delle opere, di manleva verso il terzo chiamato): con la conseguenza che l’eccezione sulla carenza della giurisdizione sollevata dal detto ente doveva essere dichiarata incompatibile con il tenore delle domande riconvenzionali da esso proposte e, perciò, doveva essere respinta dal giudice distrettuale.

3. Con il terzo mezzo (falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 43 e 45, in relazione agli artt. 807 e 808 c.p.c., e art. 1341 c.c.; artt. 807 e 808 c.p.c., e art. 1341 c.c.; violazione e falsa applicazione della L. n. 741 del 1981, art. 16, e del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 47, nel testo originario, così come ripristinato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996; violazione dell’art. 113, e art. 132, n. 4, anche nel testo novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 45; omessa motivazione), la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui la clausola negoziale di arbitrato non era stata specificamente approvata per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2.

3.1. Nella specie, il capitolato speciale, redatto dal progettista, non risulterebbe sottoscritto dall’impresa, ivi inclusa la clausola concernente il compromesso arbitrale.

3.1.1. La questione, prospettata nella fase di merito non sarebbe stata esaminata e decisa dalla Corte territoriale, così che essa non potrebbe essere considerata come espressione certa ed in equivoca della volontà delle parti.

4.Con l’unico mezzo di ricorso incidentale (falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.; omessa motivazione), il Comune censura la statuizione sulle spese processuali data dal giudice del gravame, con riferimento a quelle liquidate in favore del direttore dei lavori, Ing. B., poste a carico all’ente locale in solido con l’impresa, nonostante che solo quest’ultima fosse stata la parte richiedente la sua chiamata in causa.

5. Il primo motivo del ricorso principale comporta l’applicazione dei principi di diritto relativi alla facoltà di declinatoria della competenza arbitrale, da parte di ciascun contraente, così come ripristinati secondo il testo originario dell’art. 47, del capitolato generale delle opere pubbliche (il cui tenore testuale era il seguente: In deroga alle disposizioni degli articoli 43 e seguenti, la parte attrice ha facoltà di escludere la competenza arbitrale, proponendo, entro il termine di cui all’articolo precedente, la domanda davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile e del testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611. La parte convenuta nel giudizio arbitrale a sensi dell’articolo precedente, ha facoltà, a sua volta, di escludere la competenza arbitrale. a questo fine, entro trenta giorni dalla notifica della domanda di arbitrato, deve notificare la sua determinazione all’altra parte, la quale, ove intenda proseguire il giudizio, deve proporre domanda al giudice competente a norma del comma precedente), a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’obbligatoria devoluzione al giudizio arbitrale delle controversie insorte tra l’amministrazione appaltante e l’appaltatore, dopo la modifica testuale intervenuta a seguito dalla L. n. 741 del 1981, art. 16, (l’art. 47 del capitolato generale d’appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori pubblici approvato con decreto del presidente della repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, è sostituito dal seguente: In deroga alle disposizioni dell’art. 43 e ss., la competenza arbitrale può essere esclusa solo con apposita clausola inserita nel bando o invito di gara, oppure nel contratto in caso di trattativa privata. (…)) (cfr., per tutte, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1166 del 2013).

5.1. Il mezzo si rivela fondato e, come tale, deve essere accolto per le ragioni svolte qui di seguito.

5.2. Infatti, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine al fatto che l’applicazione della disposizione di cui al D.P.R. n. 1063, più volte citato, è stato il frutto della volontà contrattuale delle parti le quali hanno volontariamente richiamato, con relatio perfectam, il portato della disposizione di cui all’art. 47, di quel testo di legge, ma nel tenore testuale in cui esso di presentava al momento della stipula (27 febbraio 1998), così rendendo quella regola insensibile alle successive vicende legislative o alla sua stessa verifica di costituzionalità.

5.3. In sostanza, nel caso qui esaminato, deve trovare applicazione il principio già stabilito da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17083 del 2008), secondo cui: “Qualora in un contratto d’appalto stipulato (..) da un Comune, le parti abbiano fatto espresso richiamo, quale parte integrante del contratto, alle norme del capitolato generale per le opere pubbliche approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, fra le quali sono comprese quelle relative alla competenza arbitrale per la definizione delle controversie, non v’è necessità di una separata clausola compromissoria, posto che la volontà dei contraenti trova già la sua espressione “per relationem perfectam” nel richiamo pattizio. In tal caso la fonte della competenza arbitrale va individuata non nella legge, bensì in una convenzione compromissoria concretamente intercorsa fra le parti, da cui deriva anche la forza vincolante della convenzione stessa. Ne segue che, formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata nel capitolato generale vigente nel momento in cui il contratto è stato concluso, l’intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina e le eventuali modificazioni sopravvenute di tale capitolato, così come gli interventi abrogativi della Corte costituzionale, non possono alterare il regime pattizio dei contratti in corso: ciò vale sia per le previsioni di carattere sostanziale sia per le previsioni di carattere processuale, come quelle concernenti la competenza del collegio arbitrale”.

5.4. Ma, al momento della stipula dell’appalto (e della clausola), avvenuta il 27 febbraio 1998, il testo del D.P.R. n. 1063 cit., art. 47 (quello cioè che, per effetto del rinvio, doveva intendersi materialmente trascritto nel contratto) era il seguente:

“In deroga alle disposizioni dell’art. 43 e ss., la parte attrice ha facoltà di escludere la competenza arbitrale, proponendo, entro il termine di cui all’articolo precedente, la domanda davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile e del testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611.

La parte convenuta nel giudizio arbitrale a sensi dell’articolo precedente, ha facoltà, a sua volta, di escludere la competenza arbitrale. a questo fine, entro trenta giorni dalla notifica della domanda di arbitrato, deve notificare la sua determinazione all’altra parte, la quale, ove intenda proseguire il giudizio, deve proporre domanda al giudice competente a norma del comma precedente.

Nei casi di deroga alla competenza arbitrale, la decisione prevista dall’ultimo comma dell’art. 44 spetta al giudice competente”.

5.5. In forza di tale tenore testuale, ognuna delle parti aveva il potere di escludere la competenza arbitrale nei modi e nelle forme indicate dal testo della disposizione normativa incorporata dalle parti nell’accordo contrattuale, per mezzo del rinvio ad essa operato.

5.6. A nulla rileva che, negli anni precedenti alla stipulazione del contratto, la disposizione richiamata con relatio perfecta fosse stata modificata dalla L. n. 741 del 1981, art. 16, (secondo il dato testuale che si è già visto: In deroga alle disposizioni degli art. 43 e ss., la competenza arbitrale può essere esclusa solo con apposita clausola inserita nel bando o invito di gara, oppure nel contratto in caso di trattativa privata) e ciò sia perchè è rilevante soltanto il tenore della disposizione richiamata quale era vigente al momento della stipula (cfr., per tutte, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16544 del 2015: Qualora le parti nell’ambito di un contratto d’appalto di opere pubbliche abbiano fatto riferimento ad una norma legislativa (nella specie, l’art. 32 della l. n. 109 del 1994, in tema di arbitrato), il contenuto della stessa viene recepito nella dichiarazione negoziale formandone elemento integrante, sicchè l’estensione e i limiti del contratto vanno individuati esclusivamente con riferimento al contenuto della disposizione richiamata al momento della stipula, mentre le successive vicende della norma possono spiegare influenza sul rapporto solo se e quando le parti manifestino, anche tacitamente, la volontà di tenerne conto a modificazione dei pregressi accordi.); sia perchè la modifica era stata, in tempi anteriori alla stipula de qua (1996), dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale ed espunta ex tunc dall’ordinamento giuridico.

5.7. In conclusione, il primo mezzo del ricorso deve essere accolto in ossequio al principio di diritto secondo cui:

In tema di arbitrato relativo ad appalto di opere pubbliche, qualora le parti nel regolare i mezzi giustiziali per far valere i propri diritti abbiano fatto riferimento ad una norma legislativa (nella specie, l’art. dell’art. 47 del capitolato generale delle opere pubbliche di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, in tema di arbitrato), il contenuto della stessa viene recepito nella dichiarazione negoziale formandone elemento integrante, sicchè l’estensione e i limiti del contratto vanno individuati esclusivamente con riferimento al contenuto della disposizione richiamata al momento della stipula, sicchè la fonte della competenza arbitrale va individuata non nella legge, bensì in una convenzione compromissoria concretamente intercorsa fra le parti, da cui deriva anche la forza vincolante della convenzione stessa. Ne segue che, formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata nell’art. 47 del capitolato generale vigente nel momento in cui il contratto è stato concluso, l’intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina; perciò le eventuali modificazioni sopravvenute di tale capitolato, così come gli interventi incisivi della Corte costituzionale, non possono alterare il regime pattizio dei contratti in corso: ciò vale sia per le previsioni di carattere sostanziale sia per le previsioni di carattere processuale, come quelle concernenti la competenza del collegio arbitrale.

6. Una volta accolto il primo mezzo del ricorso principale consegue l’assorbimento di tutte le altre questioni poste con i restanti motivi del ricorso principale per cassazione, anche se per mero chiarimento (e con riferimento al secondo mezzo) la Corte ritiene utile precisare che la propria giurisprudenza ha ormai definitivamente superato l’indirizzo posto da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12475 del 2004, essendo ormai assestata sul diverso indirizzo inaugurato da questa stessa sezione (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12684 del 2007): “In tema di arbitrato, configurandosi la devoluzione della controversia agli arbitri come rinuncia all’esperimento dell’azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, attraverso la scelta di una soluzione della controversia con uno strumento di natura privatistica, la relativa eccezione dà luogo ad una questione di merito, riguardante l’interpretazione e la validità del compromesso o della clausola compromissoria, e costituisce un’eccezione propria e in senso stretto, in quanto avente ad oggetto la prospettazione di un fatto impeditivo dell’esercizio della giurisdizione statale, con la conseguenza che dev’essere proposta dalle parti nei tempi e nei modi propri delle eccezioni di merito. La contestuale proposizione di tale eccezione e della domanda riconvenzionale nella comparsa di risposta non implica peraltro la necessità di subordinare espressamente la seconda al rigetto della prima, onde evitare che essa sia ritenuta rinunciata, in quanto l’esame della domanda riconvenzionale è ontologicamente condizionato al mancato accoglimento dell’eccezione di compromesso, essendo la fondatezza di quest’ultima incompatibile con l’esame della prima.”.

7. Va del pari dichiarato assorbito l’unico mezzo di ricorso incidentale, con il quale il Comune si duole, per difetto di motivazione e per violazione di legge (l’art. 91 c.p.c.) della statuizione sulle spese processuali data, sulla sua specifica impugnazione, dal giudice del gravame, con riferimento a quelle liquidate in favore del direttore dei lavori, Ing. B., poste a carico all’ente locale in solido con l’impresa, nonostante che esso fosse risultato vincitore del giudizio e che solo l’impresa fosse stata la parte richiedente la sua chiamata in causa.

8.In conclusione: il primo mezzo di cassazione contenuto nel ricorso principale deve essere accolto, mentre i restanti mezzi ed il ricorso incidentale devono essere dichiarati assorbiti.

8.1. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese di questa fase, alla medesima Corte d’appello, ma in diversa composizione, affinchè riesamini la controversia alla luce dei principi di diritto poc’anzi affermati e ribaditi.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al mezzo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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