Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2541 del 01/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2541 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso 26300-2015 proposto da:
EQUITALIA SUD SPA 11210661002, in persona del Responsabile
del Contenzioso Esattoriale Regione Campania, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 143, presso lo studio
dell’avvocato FEDERICA PATELMO, rappresentata e difesa
dall’avvocato MARIA ROSARIA MERLINO;
– ricorrente contro
IMMOBILIARE ALKAID SRL, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE
199, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO TALLARICO,
rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO FERRARI;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 01/02/2018

avverso la sentenza n. 3708/46/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 22/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/11/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO
NAPOLITANO.

La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.,
come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del
d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo
Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente
motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
La CTR della Campania, con sentenza n. 3708/46/2015, depositata il
22 aprile 2015, non notificata, rigettò l’appello proposto da Equitalia
Sud S.p.A. nei confronti della Immobiliare Alkaid S.r.l. avverso la
sentenza di primo grado della CTP di Napoli che aveva accolto il
ricorso della contribuente avverso avviso d’intimazione di pagamento.
Avverso la pronuncia della CTR Equitalia Sud S.p.A. ha proposto
ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La contribuente resiste con controricorso.
Con il primo motivo l’agente della riscossione censura l’impugnata
sentenza per «violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d. lgs. 546/92
– omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1,
n.ri 3-5 c.p.c.», deducendo che il giudice tributario d’appello avrebbe
errato nel ritenere autonomamente impugnabile per vizi propri
l’intimazione di pagamento, atto non compreso nell’elenco, da
intendersi come tassativo, di cui all’art. 19 del citato decreto.
Ric. 2015 n. 26300 sez. MT – ud. 09-11-2017
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FATTO E DIRITTO

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia «violazione e falsa
applicazione dell’art. 50 d.P.R. n..602/73 – omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio – anche con riferimento alla determinazione degli interessi – in
relazione all’art. 360, comma 1, n.ri 3-5 c.p.c.», rilevando che

ministeriale che prevede, come elemento essenziale, il riferimento alla
cartella presupposta e spiegando l’ammontare degli interessi richiesti
rispetto alla sorta capitale con il notevole lasso di tempo trascorso tra
la notifica della cartella e quella dell’intimazione.
I motivi sono entrambi inammissibili.
Di là dal cumulo di censure in ciascun motivo in relazione ai diversi
parametri di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., con
riferimento ad entrambi è dato rilevare

in primis

la palese

inammissibilità di ciascun motivo concernente il preteso vizio
motivazionale, atteso che la motivazione adottata dalla CTR è in punto
di diritto, incontroverso l’accertamento dei fatti (regolare notifica della
cartella presupposta ed impugnazione autonoma dell’intimazione di
pagamento per vizio di motivazione di quest’ultima non essendo
esplicitato in modo chiaro il calcolo degli interessi).
Nel resto, in ordine al primo motivo, quanto alla censura di violazione
di norma di diritto, la stessa è del pari inammissibile (cfr. Cass. sez.
unite 21 marzo 2017, n. 7155), perché la decisione adottata è conforme
alla giurisprudenza di questa Corte che, pur nella qualificazione
tassativa degli atti elencati nell’articolo 19 del d. lgs. n. 546/1992, ha
ammesso l’autonoma impugnabilità di quegli atti che, benché ivi non
espressamente indicati, contengano una pretesa impositiva ben
determinata, come espressione di una facoltà e non di un onere,
ampliando quindi la sfera di tutela del contribuente ( tra le molte cfr.
Ric. 2015 n. 26300 sez. MT – ud. 09-11-2017
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l’intimazione di pagamento notificato è conforme al modello

Cass. sez. 5, 5 ottobre 2012, n. 17010; Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio
2016, n. 14675).
Né parte ricorrente ha evidenziato argomenti nuovi atti a giustificare
un mutamento di detto indirizzo.
Relativamente al secondo motivo, quanto al denunciato vizio di

autosufficienza, atteso che la questione controversa è l’idoneità
dell’atto, sotto il profilo motivazionale, a porre il contribuente in
condizione di poter esercitare in modo non eccessivamente
difficoltoso le proprie difese in giudizio, esplicitando in maniera chiara
i presupposti di fatto e di diritto della relativa pretesa.
Essendo la contestazione della contribuente relativa alla criptica
indicazione dell’importo dovuto per interessi senza che ne fosse
esplicitata in alcun modo la modalità di calcolo, era onere della
ricorrente trascrivere il contenuto dell’atto d’intimazione onde porre la
Corte in condizione di poter svolgere il sindacato richiesto (con
riferimento a cartella di pagamento cfr. Cass. sez. 5, 29 luglio 2015, n.
16010).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed
agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
Ric. 2015 n. 26300 sez. MT – ud. 09-11-2017
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violazione di legge, lo stesso incorre in palese difetto di

ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto a titolo di
contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello

stesso articolo 13.

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