Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25409 del 12/12/2016

Cassazione civile, sez. I, 12/12/2016, (ud. 24/06/2016, dep.12/12/2016),  n. 25409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.F., (c.f. (OMISSIS)) e S.B. (c.f. (OMISSIS)),

rappresentati e difesi per procura speciale a margine del ricorso,

dagli avv.ti. MURRU Giovanni (c.f. MRRGNN65B07B745Y) e TONINO TEGAS

(TGSTNN60T11L0360) ed elettivamente dom.ti presso la sig.ra ANTONIA

DE ANGELIS in Roma, via Portuense n. 104;

– ricorrenti –

contro

AGRICOLTURA FRATELLI S. DI S.P. & C. S.N.C., in

persona dei soci amministratori e legali rappresentanti sig.ri

S.L., S.P., S.S., S.E.,

S.V. e S.M., rappresentata e difesa, per procura speciale

in calce al controricorso, dall’avv. Brunello Acquas (c.f.

CQSBNL49R20B354M) ed elett.te dom.ta presso lo studio dell’avv. Pio

Corti in Roma, Viale Parioli n. 79/h;

– controricorrente –

e contro

S.L., S.P., S.S., S.E.,

S.V., S.M., S.G., C.L., UNIPOL

ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

e sul ricorso proposto da:

S.G. (c.f. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, per

procura speciale a margine del controricorso, dagli avv.ti Carlo

Massacci (c.f. (OMISSIS)), Carlo Atzori (c.f. TZRCRL69D18B354L) e

Monica Marras (c.f. MRRMNC67B54B354F) ed elett.te dom.to presso lo

studio dell’avv. Marco Rossi in Roma, Via Pinerolo n. 22;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.F., SA.BA., S.L., S.P.,

S.S., S.E., S.V., S.M.;

– intimati –

e contro

AGRICOLTURA FRATELLI S. DI S.P. & C. S.N.C., come

sopra rappresentata difesa e domiciliata;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 8/2012 della Corte d’appello di Cagliari

pubblicata l’11 gennaio 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24

giugno 2016 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA;

udito per i ricorrenti principali l’avv. Giovanni MURRU;

udito per la società controricorrente l’avv. R. BACCARO, per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I sig.ri L., P., S., E., V. e S.M., in proprio e nella qualità di soci e legali rappresentanti della società in nome collettivo Agricoltura F.lli S., convennero davanti al Tribunale di Cagliari il sig. S.G., anch’egli socio amministratore della società, suo figlio sig. S.F. e la moglie di lui, sig.ra Sa.Ba., nonchè il notaio dott. C.L., chiedendo dichiararsi la nullità o annullarsi i contratti, rogati dal predetto notaio il (OMISSIS), con cui la società, in persona di S.G., aveva alienato ai coniugi S.- Sa. l’intero suo patrimonio immobiliare. Tutti i convenuti resistettero e il notaio Corda chiese ed ottenne di chiamare in garanzia la Unipol Assicurazioni s.p.a.

Il Tribunale rigettò la domanda in quanto proposta dagli attori in proprio, ma la accolse in quanto presentata dai medesimi a nome della società, sul rilievo che gli atti di vendita eccedevano l’oggetto sociale poichè costituivano una sostanziale liquidazione del patrimonio della società stessa, la quale, privata dei propri terreni, non sarebbe più stata in grado di realizzare il suo scopo costituito dall’esercizio di attività agricola; nè era stata dimostrata la sussistenza di una deliberazione societaria autorizzativa o di una procura speciale a vendere rilasciata da tutti i soci; irrilevante era, infine, l’asserita buona fede da parte degli acquirenti, atteso che l’art. 2193 c.c. prevede chi i fatti di cui è imposta l’iscrizione nel registro delle imprese – primo fra tutti l’atto costitutivo – una volta iscritti sono sempre opponibili ai terzi, a prescindere dalla loro effettiva conoscenza.

Proposero appello, con distinti atti, il sig. S.G. e i sig.ri S.F. e Sa.Ba.. La società, in persona dei soci amministratori sig.ri L., P., S., E., V. e S.M., propose appello incidentale sulla liquidazione delle spese processuali.

La Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale quanto al merito e l’ha riformata quanto alle spese del giudizio di primo grado, riliquidandone l’importo in accoglimento di un motivo del gravame principale e dichiarando conseguentemente assorbito l’appello incidentale. Ha inoltre compensato per metà le spese dei due gradi di giudizio tra gli appellanti e la società appellata e appellante incidentale e ha dichiarato interamente compensate le spese del giudizio tra gli appellanti, il notaio C.L., la Unipol Assicurazioni s.p.a. e gli S. in proprio.

I sig.ri S.F. e S.B. hanno proposto ricorso per sei motivi, illustrati anche con memoria. Il sig. S.G. ha proposto controricorso contenente ricorso incidentale per quattro motivi. La società Agricoltura F.lli S. di S.P. & C. s.n.c. si è difesa con distinti controricorsi avverso entrambi i ricorsi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 2266 c.c., comma 2, e art. 2298 c.c., comma 1,.

I ricorrenti, premesso che neppure una delibera societaria o una procura a vendere rilasciata dai soci uti singuli avrebbero potuto sanare l’eventuale inefficacia dell’atto di vendita in questione per eccedenza dell’atto dall’oggetto sociale e conseguente insussistenza del potere rappresentativo dell’amministratore che lo aveva posto in essere, sostengono che tuttavia era proprio tale eccedenza a dover essere esclusa, perchè la tipologia dell’atto era espressamente menzionata nello statuto della società, il quale faceva riferimento, nell’ambito della descrizione dell’oggetto sociale, anche a “tutte le operazioni immobiliari” e consentiva, altresì, agli amministratori di compiere “tutte le operazioni di ordinaria e straordinaria amministrazione occorrenti per il raggiungimento dell’oggetto sociale”. Inoltre l’espressa previsione statutaria faceva sì che dovesse presumersi la buona fede dei terzi contraenti.

2. – Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione delle norme invocate con il precedente motivo, nonchè del principio di buona fede e tutela dell’affidamento dei terzi.

Si deduce che anche nel caso di atti posti in essere dagli amministratori di società di persone, analogamente a quanto disposto dagli artt. 2384 e 2384 bis c.c. (nel testo, vigente all’epoca dei fatti, anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) per le società di capitali, quanto all’opponibilità ai terzi delle limitazioni del potere di rappresentanza degli amministratori, è necessario che il giudice di merito verifichi caso per caso se il comportamento tenuto dal rappresentante della società possa avere ingenerato nella controparte il ragionevole convincimento della sussistenza dei poteri rappresentativi, e si lamenta, quindi, che la Corte d’appello abbia “ricondotto i fatti a diversa fattispecie, da quella di cui all’art. 2298 c.c.”.

3. – Con il terzo motivo del ricorso principale, denunciando vizio di motivazione, si lamenta che la Corte d’appello abbia escluso la buona fede dei terzi acquirenti nonostante avesse accertato che la casa colonica facente parte del complesso immobiliare alienato era stata locata; che i terreni erano stati concessi in comodato; che alcuni dei soci avevano manifestato la volontà di vendere i beni e tale intenzione era stata portata a conoscenza degli acquirenti attuali ricorrenti.

4. – Con il quarto motivo del ricorso principale, sempre denunciando vizio di motivazione in ordine all’accertamento della buona fede degli acquirenti, si lamenta che la Corte d’appello non abbia ammesso l’interrogatorio formale degli attori dedotto in proposito sin dal primo grado di giudizio.

5. – Con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione dell’art. 2266 c.c., comma 2, e art. 2298 c.c., comma 1, (a) si ribadisce la tesi, sostenuta anche dai ricorrenti principali con il loro primo motivo, basata sulla espressa previsione statutaria del tipo di atto di cui si discute; (b) si aggiunge che la Corte d’appello, nel ritenere rilevante nei confronti dei terzi acquirenti il limite dell’utilità rispetto allo scopo sociale, sia incorsa in violazione dell’art. 2298 c.c. nella parte in cui non consente di attribuire rilievo ai “limiti statutari all’oggetto sociale” non risultanti dalla iscrizione nel registro delle imprese.

6. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione dell’art. 2251 c.c., art. 2253 c.c. e ss., artt. 2268 e 2697 c.c. e dell’art. 187 c.p.c., si censura il rigetto della richiesta di prova testimoniale dedotta dal ricorrente per dimostrare che aveva proceduto alla vendita con il consenso di tutti gli altri soci.

7. – Con il terzo motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione degli artt. 2275 c.c. e ss., si sostiene che l’affermazione secondo cui la vendita degli immobili in questione avrebbe comportato una sostanziale liquidazione della società è infondata sia in diritto che in fatto: in diritto, perchè la liquidazione è un procedimento tipico e complesso di estinzione di tutti i rapporti giuridici facenti capo a un ente, che dunque non può essere ravvisato in un unico atto di alienazione; in fatto, perchè, consistendo la liquidazione nell’attività di estinzione dei rapporti pendenti finalizzata alla graduale dismissione dell’attività societaria e dell’impresa nel suo complesso, tale non poteva essere stata la vicenda sottoposta all’attenzione dei giudici di merito, poichè i rapporti facenti capo ai terreni ceduti non avevano affatto i caratteri dell’attività imprenditoriale e costituivano delle poste addirittura in parte passive del bilancio sociale.

8. – I predetti motivi, tra loro connessi e parzialmente ripetitivi – dunque da esaminare congiuntamente – non possono essere accolti.

8.1. – Il primo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale sono infondati, dovendosi ribadire quanto questa Corte ha già avuto in passato occasione di chiarire, ossia che ai fini della valutazione della pertinenza di un atto degli amministratori di una società all’oggetto sociale, il criterio da seguire è quello della strumentalità, diretta o indiretta, dell’atto rispetto all’oggetto sociale stesso, inteso come la specifica attività economica (di produzione o scambio di beni o servizi) concordata dai soci nell’atto costitutivo in vista del perseguimento dello scopo di lucro proprio dell’ente, mentre non è sufficiente il criterio della astratta previsione, nello statuto, del tipo di atto posto in essere: da un lato, infatti, la elencazione statutaria di atti tipici non potrebbe mai essere completa, data la serie infinita di atti, di vario tipo, che possono essere funzionali all’esercizio di una determinata attività; dall’altro, anche la espressa previsione statutaria di un atto tipico non assicura che lo stesso sia, in concreto, rivolto allo svolgimento di quella attività (Cass. 16416/2002 e 26011/2007, che fanno riferimento alle società di capitali, ma il principio è estensibile alle società di persone).

Infondato è anche il rilievo sub (b) del primo motivo del ricorso incidentale, non trattandosi nella specie delle “limitazioni” ai poteri di rappresentanza degli amministratori definiti in base all’oggetto sociale, non opponibili ai terzi se non risultanti dal registro delle imprese a mente dell’art. 2298 c.c., comma 1, bensì del limite generale dell’oggetto sociale, risultante dal registro delle imprese unitamente all’atto costitutivo della società.

8.2. – Il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, nonchè il riferimento alla buona fede del terzo nell’ultima parte del primo motivo, non possono essere accolti per l’assorbente ragione che la buona fede del terzo contraente non rileva, ai sensi dell’art. 2298 c.c., comma 1, allorchè non si tratti, come appena detto, della violazione di specifici limiti al potere rappresentativo dell’amministratore, bensì dello stesso limite generale dell’oggetto sociale.

8.3. – Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.

La Corte d’appello, infatti, ha disatteso la richiesta di prova testimoniale di cui trattasi osservando che i primi quattro capitoli, contraddistinti dalle lettere da a) a d), erano irrilevanti, in quanto volti a dimostrare il concreto utilizzo dei beni costituenti l’azienda in epoca precedente alla vendita, e gli altri tre, contraddistinti dalle lettere f), g) ed h) erano inammissibili in quanto generici. Il ricorrente, invece, riproduce nel ricorso nove (non sette) capitoli di prova, contraddistinti non già da lettere, bensì da numeri; nè precisa in quale atto processuale fosse stata capitolata una siffatta prova testimoniale. Conseguentemente questa Corte non è in condizione di stabilire, sulla base del ricorso, quale fosse l’effettivo contenuto della prova capitolata dall’attuale ricorrente.

8.4. – Anche il terzo motivo del ricorso incidentale non può essere accolto.

Per un verso, infatti, esso non è aderente alla ratio della decisione impugnata, che parla di “sostanziale” liquidazione del patrimonio della società e non, dunque, dell’avvio di una formale procedura liquidatoria: in definitiva, la Corte d’appello ha inteso affermare che non poteva ritenersi funzionale alla realizzazione dell’oggetto sociale un atto che tale realizzazione avrebbe invece impedito; per il resto – in particolare nell’ultima parte, relativa al fondamento in fatto della statuizione censurata – la censura presuppone l’accertamento di circostanze non risultanti dalla sentenza impugnata.

9. – Con il quinto motivo del ricorso principale si censura la statuizione di assorbimento dell’appello incidentale della Agricoltura Fratelli S. s.n.c., relativo alle spese processuali, sostenendo che lo stesso era invece inammissibile, non avendo la società ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti dei sig.ri L., P., S. E., V. e S.M. in proprio impartito dalla Corte d’appello.

9.1. – Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. L’appello incidentale della società, infatti, comunque non è stato accolto dalla sentenza impugnata, che, quanto alle spese processuali, ha accolto invece l’appello principale degli attuali ricorrenti.

10. – Con il sesto ed ultimo motivo del ricorso principale si deduce l’omessa pronuncia sulla richiesta di condanna alle spese processuali dei sig.ri S. in proprio, risultati totalmente soccombenti nel giudizio di primo grado.

11. – Con il quarto ed ultimo motivo del ricorso incidentale la predetta denuncia viene integrata da quella di difetto di motivazione.

12. – Entrambi i motivi sono infondati, dovendosi invece ritenere che la Corte d’appello abbia provveduto anche sulla richiesta in questione nell’ultimo capoverso del dispositivo della sentenza, in cui è prevista la integrale compensazione delle spese processuali tra gli S., gli appellanti, il notaio Corda e la Unipol Assicurazioni; e che la motivazione implicita, ma evidente, della compensazione risieda nella circostanza che gli S. avevano agito in proprio con il medesimo atto con cui avevano agito quali amministratori della società, dunque senza determinare un effettivo aggravio difensivo per i convenuti.

13. – In conclusione sia il ricorso principale che il ricorso incidentale vanno respinti.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e condanna le parti ricorrenti alle spese processuali in favore della parte controricorrente, liquidate in Euro 6.200,00, di cui 6.000,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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