Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25408 del 26/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 25/01/2017, dep.26/10/2017),  n. 25408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29496-2014 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9,

presso lo studio dell’avvocato ANGELO GRANDONI, che lo rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI 13, presso lo studio dell’avvocato ALDO FERRARI, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

D.C.V. in proprio e nella qualità di legale

rappresentante pro tempore di SERISTYLE SAS, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE GIORDANO 36, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO ROSSI, rappresentato e difeso dall’avvocato

CARLA TIBONI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA, I.L., FALLIMENTO

(OMISSIS) SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5738/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/10/2013;

udita la relazione della causa ovolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato ANGELO GRANDONI;

udito l’Avvocato ALDO FERRARI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO FALCONI AMORELLI per delega.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 24/10/2013 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame in via principale interposto dal sig. F.C., nonchè dichiarato inammissibile quello in via incidentale spiegato dalla società Capitalia Service JV s.r.l., in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 34107/04, di: a) rigetto della domanda nei confronti di quest’ultima dal primo proposta di liberazione ex art. 1956 c.c. dagli obblighi fideiussori assunti in favore della società (OMISSIS) s.r.l. con la Banca di Roma – oltre che con il Banco di Napoli e la Cassa di Risparmio di Rovigo e Padova -, per avere erogato somme sproporzionate rispetto alla situazione finanziaria della predetta società beneficiaria, nella consapevolezza del relativo incipiente dissesto; b) parziale accoglimento della domanda di condanna alla restituzione in suo favore “dell’importo di Lire 26.000.000 oggetto di prestito personale ai con fideiussori”; c) rigetto della domanda di risarcimento dei conseguentemente lamentati danni; d) condanna al versamento in favore della Banca di Roma (poi Capitalia s.p.a.) dell'”importo garantito di Euro 102.777,33″.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il F. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resistono con separati controricorsi i sigg. D.C.V. e Assunta D., che hanno entrambi presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 e il 2 motivo il ricorrente denunzia “violazione e/o falsa applicazione della legge”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omesso esame” di “fatti decisivi della controversia”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, al “dato di bilancio rappresentato dal credito di Lire 486.709,126 vantato dalla (OMISSIS) s.r.l…. nei confronti della Seristyle s.a.s. di D.C.V.”, agli “atti del giudizio di primo grado”, alla “documentazione contabile della (OMISSIS) s.r.l.”, alla CTU, ai “decisivi elementi probatori”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Senza sottacersi che non risultano dal ricorrente invero nemmeno indicate le norme censurate.

Deve altresì osservarsi che il vizio di motivazione risulta nel caso inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), giacchè alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile, il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche – giusta quanto viceversa adombrato dall’odierno ricorrente – la contraddittorietà della motivazione o l’omesso esame di determinati elementi probatori, essendo sufficiente che come nella specie il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312), giacchè il vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio (in particolare in ordine all’accertamento circa l’asserita consapevolezza della banca in ordine allo stato d’insolvenza in cui versava la società) diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.500,00, di cui Euro 7.300,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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