Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25407 del 26/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 06/12/2016, dep.26/10/2017),  n. 25407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28281-2013 proposto da:

TOYOTA MOTOR ITALIA SPA (OMISSIS) in persona del suo procuratore

speciale Dott. M.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. NICOTERA 24, presso lo studio dell’avvocato PIETRO

CICERCHIA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE CARSO

43, presso lo studio dell’avvocato CARLO GUGLIELMO IZZO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

TOYOTA MOTOR ITALIA SPA (OMISSIS) in persona del suo procuratore

speciale Dott. M.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. NICOTERA 24, presso lo studio dell’avvocato PIETRO

CICERCHIA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso introduttivo;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 2844/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 5/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato PIETRO CICERCHIA;

udito l’Avvocato ADRIANO IZZO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato nell’anno 2007, V.M.T. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Toyota Motor S.p.a., chiedendo accertarsi e dichiararsi il diritto della ricorrente ad incamerare il deposito cauzionale, pari ad Euro 33.853,60, compresi gli interessi legali alla data della consegna, nonchè condannarsi la resistente a versare l’ulteriore somma di Euro 29.340,00, oltre al risarcimento del danno da lucro cessante, determinato in Euro 30.000,00, oltre interessi dalla domanda al saldo, con vittoria di spese, ivi comprese quelle di ATP.

A sostegno della domanda la ricorrente dedusse che: 1) in data 30 ottobre 2006 era stata effettuata la riconsegna dell’appartamento sito in (OMISSIS), che aveva locato in perfetto stato e parzialmente ammobiliato alla Toyota Motor Italia S.p.a., quale abitazione del Presidente della società; 2) le parti, in occasione della riconsegna, avevano redatto in contraddittorio un verbale in cui ciascuna aveva espresso la propria posizione ed in particolare la locatrice aveva evidenziato l’esistenza di consistenti danni e mancanze agli arredi fissi, ai mobili, alle finiture e ai bagni; 3) la stessa ricorrente aveva, pertanto, promosso l’accertamento tecnico preventivo RG n. 21711/07 ed il consulente nominato dal Tribunale aveva concluso evidenziando l’esistenza di danni ai beni ed alle cose da risarcire per l’importo complessivo di Euro 33.271,00.

La Toyota Motor resistette alla domanda e propose domanda riconvenzionale di restituzione del deposito cauzionale.

Il Tribunale adito, con sentenza del 22 aprile 2009, condannò la V. al pagamento, in favore della società resistente, della somma di Euro 34.417,31, con interessi nella misura legale dalla pronuncia al saldo, oltre alla rifusione delle spese del giudizio in favore della resistente e pose le spese di consulenza tecnica preventiva definitivamente a carico della parte ricorrente, rilevando che l’attrice non aveva provato la domanda, in relazione all’esistenza dei danni che avrebbero giustificato l’incameramento della cauzione.

In particolare il Tribunale ritenne che, dal verbale di consegna del 2003, le cui fotografie risultavano sfuocate, non era possibile verificare se l’immobile fosse stato restituito nel 2006 nelle medesime condizioni in cui era stato consegnato e, cioè, se fossero presenti danni eccedenti il normale degrado e, pertanto, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannò la locatrice alla restituzione, in favore della conduttrice, del deposito cauzionale, rigettando così la domanda attorea volta all’incameramento della cauzione e ritenne che l’attrice avesse rinunciato ad ogni altra pretesa risarcitoria non elencata nel verbale di riconsegna contenente le contestazioni dei danni riscontrati.

Avverso detta sentenza propose appello la V., chiedendo l’accoglimento della domanda avanzata in primo grado nonchè la condanna della Toyota Motor Italia alla restituzione in suo favore di tutte le somme versate in esecuzione della sentenza del Tribunale e, cioè, dell’importo di Euro 51.871,93, oltre alla rivalutazione degli interessi legali dalla data del saldo (19 febbraio 2010) sino all’effettivo soddisfo e al risarcimento dei danni da lite temeraria.

Si costituì l’appellata, chiedendo il rigetto del gravame e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, la condanna della V. alla restituzione del deposito cauzionale, con vittoria delle spese di quel grado.

La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata in data 5 giugno 2013, in parziale accoglimento dell’appello principale, dichiarò il diritto della V. ad incamerare il deposito cauzionale, compresi gli interessi legali dalla data della consegna; dichiarò inammissibili le ulteriori richieste di risarcimento dei danni proposte dall’appellante principale e rigettò nel resto l’appello principale; rigettò l’appello incidentale; condannò la Toyota Motor Italia S.p.a., alla restituzione, in favore della V., di tutte le somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado e, cioè, l’importo di Euro 51.871,93, oltre rivalutazione ed interessi legali dalla data del saldo (19 febbraio 2010), sino all’effettivo soddisfo e condannò la Toyota Motor Italia S.p.a. alla rifusione, in favore della V., delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

Avverso la sentenza della Corte territoriale la Toyota Motor Italia S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione basato su sette motivi e illustrato da memoria.

V.M.T. ha resistito con controricorso contenente pure ricorso incidentale basato su quattro motivi, cui ha resistito con controricorso la Toyota Motor Italia S.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ricorso principale.

2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta “violazione dell’art. 1362 cod. civ., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”, sostenendo che la Corte di merito, nel ritenere che, con il verbale di consegna e con la clausola n. 7.1. del contratto di locazione, le parti avessero dato atto che quanto oggetto del contratto era stato consegnato in una condizione di perfezione assoluta, avrebbe violato le regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c..

3. Con il secondo motivo si censura la medesima statuizione della Corte territoriale per “violazione dell’art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per aver la Corte di merito “attinto ai fini della decisione” solo dal contratto di locazione e dal verbale di consegna dell’immobile, sottoscritto al momento della consegna di quest’ultimo e non anche dal “verbale di constatazione relativa allo stato di manutenzione dell’appartamento” redatto dalle parti qualche giorno dopo la materiale consegna della cosa.

4. Con il terzo motivo, censurandosi, sotto il profilo motivazionale, le medesime statuizioni della Corte territoriale richiamate nel primo motivo, si deduce “omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, dato che la Corte di appello, nel sostenere che quanto oggetto del contratto di locazione sarebbe stato consegnato in “perfetto stato di conservazione e manutenzione ed idoneo all’uso convenuto”, non avrebbe considerato che la cosa locata (l’appartamento e il suo arredo) era caratterizza da sostanziale vetustà, che l’appartamento era caratterizzato da strutture e rifiniture risalenti agli anni ‘70, che i mobili erano anch’essi antichi/vecchi con la conseguenza che, ancorchè essi fossero stati ritenuti dalle parti “in buono stato di conservazione e manutenzione ed idoneo all’uso convenuto”, “giammai sarebbe stato possibile ricavarne una condizione di perfezione assoluta tale che, dalla semplice constatazione, ad esempio della presenza di un graffio sul parquet, se ne potesse ricavare una differenza tra la condizione di perfezione al momento della consegna ed una condizione di imperfezione al momento della restituzione”.

In particolare la ricorrente lamenta che la Corte di merito avrebbe omesso di esaminare il materiale fotografico allegato al verbale di consegna che avrebbe permesso invece di accertare la “natura” della cosa locata, ovvero se questa riguardasse un bene della vita “nuovo” (e, quindi, presuntivamente perfetto) o beni comunque “segnati” dal tempo e dall’uso (e, come tali, imperfetti, anche se ben conservati) ed avrebbe, altresì, omesso di considerare il “verbale di constatazione relativa allo stato di manutenzione dell’appartamento” nel cui contesto la conduttrice aveva evidenziato alla locatrice, che ne aveva preso atto, le numerose anomalie che erano state rinvenute poco dopo la consegna dell’immobile.

5. I primi tre motivi, che, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente, non possono essere accolti.

5.1. Va osservato che l’interpretazione di un contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice del merito, censurabile in cassazione, oltre che per la violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis (Cass. 14/07/2016, n. 14355).

5.2. Sotto il primo profilo, la violazione delle norme ermeneutiche va dedotta con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poichè, in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si sostanzia nella proposta di un’interpretazione diversa; in altri termini, il ricorso in sede di legittimità, riconducibile, in linea generale, al modello dell’argomentazione di carattere confutativo, laddove censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, non può assumere tutti i contenuti di cui quel modello è suscettibile, dovendo limitarsi ad evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta, e non potendo, invece, affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue (Cass. 23/08/2006, n. 18375; Cass. 30/04/2010, n. 10554), come avvenuto, in sostanza, nella specie, evidenziandosi, peraltro, che proprio dall’art. 7.1. del contratto, cui pure la Corte di merito ha espressamente fatto riferimento, risulta evidente che trattavasi di immobile ammobiliato non nuovo, essendo in tale articolo richiamati gli interventi di ripristino dello stesso specificati all’art. 1.2. del medesimo contratto.

5.3. Inoltre, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (Cass., 21/07/2010, n. 17097; Cass. 2/08/2016, n. 16056).

5.4. Ed è stato pure affermato che la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 10/06/2016, n. 11892).

5.5. Come già sopra evidenziato, risulta che la Corte, riferendosi all’art. 7.1 del contratto, ha tenuto conto di quella che la ricorrente definisce “natura della cosa locata” ossia che “l’immobile e gli arredi consegnati… potessero ritenersi “già usati””, nè è emersa la decisività del “verbale di constatazione relativa dello stato di manutenzione dell’appartamento” del cui mancato esame si lamenta la ricorrente non essendo stato da quest’ultima neppure dedotto che da tale verbale già risultassero i danni poi riscontrati in sede di riconsegna.

5.6. A quanto precede va aggiunto che, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato – come nel caso all’esame comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

6. Con il quarto motivo, lamentando “omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe affermato la responsabilità della conduttrice in ordine ai pretesi danni lamentati dalla locatrice, omettendo qualsiasi esame in merito alla loro addebitabilità a fatto e colpa della conduttrice medesima e che la motivazione addotta al riguardo dalla Corte sarebbe “solo apparente e… priva di elementi atti a ricavare il ragionamento logico giuridico seguito dall’estensore”.

6.1. Il motivo va disatteso, evidenziandosi che la Corte di appello, sia pure sinteticamente, ha comunque argomentato sul punto in questione (v. sentenza impugnata p. 6), fornendo al riguardo una motivazione che non può ritenersi meramente apparente; si rileva, altresì, che, con le censure all’esame, la ricorrente pone pure questioni di fatto e tende, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.

7. Con il quinto motivo si deduce “violazione dell’art. 1590 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, sostenendosi che, a tutto voler concedere, la Corte territoriale avrebbe accertato una violazione dell’obbligo restitutorio previsto dalla richiamata norma senza tener conto nè dello stato in cui la cosa locata era stata ricevuta e senza tener conto degli effetti prodotti dal consumo risultante dell’uso della cosa in conformità del contratto.

7.1. Il motivo è inammissibile atteso che, pur deducendosi con lo stesso una violazione dell’art. 1590 cod. civ., si mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non consentita in questa sede.

8. Con il sesto motivo, rubricato “omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente sostiene che la Corte di appello, nell’accertare la violazione dell’obbligazione restitutoria a carico della conduttrice di quanto ricevuto in sede di verbale di consegna avrebbe incluso tra le violazioni addebitate alla conduttrice anche l’omessa restituzione dei mobili che componevano la cucina di proprietà della V., mobilio la cui sostituzione era stata quantificata dal C.T.U. in sede di A.T.P. in complessivi Euro 15.980,00, condannando la Toyota Motor Italia S.p.a. al relativo risarcimento. Così decidendo la predetta Corte avrebbe, ad avviso della ricorrente, omesso di considerare che i mobili della cucina della V. non facevano parte degli arredi consegnati all’inizio del rapporto sicchè non era ipotizzabile un onere restitutorio a carico della conduttrice.

8.1. Il motivo va disatteso, tendendo ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede; inoltre, pur essendo previsto dalla clausola 1.2. del contratto tra le parti (riportata a p. 2 del ricorso principale) che il locatore avrebbe dovuto rimuovere i componenti della cucina, nel verbale di riconsegna, riportato testualmente a p. 5 del ricorso principale, è indicato che detta cucina “risulta essere stata rimossa dalla TMI in sede di sostituzione” e neppure è stato dedotto in questa sede che sia stata fornita la prova della consegna dell’arredo della cucina o della ricorrenza di un caso fortuito che ne abbia impedito la restituzione.

9. Con il settimo motivo, deducendo “violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver la Corte di merito, nonostante l’accoglimento della domanda risarcitoria, formulata per Euro 93.193,60, nel limite di Euro 33.271,00, e della domanda riconvenzionale formulata dalla conduttrice e volta alla restituzione del deposito cauzionale (anche se il relativo importo era stato dichiarato compensato con quanto dovuto a titolo di risarcimento dei danni in favore della V.), ritenuto totalmente soccombente la Toyota Motor Italia S.p.a., ponendo a carico della stessa l’intero onere delle spese del doppio grado del giudizio di merito.

9.1. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite (Cass. 19/06/2013, n. 15317; v. anche Cass. 31/01/2014, n. 2149).

Infine, si rileva che in tema di spese processuali, l’identificazione della parte soccombente è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 16/06/2003, n. 9631; Cass. 7 aprile 2000, n. 4371).

10. Il ricorso principale deve, pertanto, essere rigettato.

11. Ricorso incidentale.

12. Con il primo motivo, rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Declaratoria di inammissibilità delle ulteriori domande risarcitorie per mancata impugnazione dei relativi capi della sentenza. Contraddittorietà della motivazione”, V.M.T. lamenta “l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, n. 5 nella parte in cui la Corte Territoriale ha dichiarato inammissibili le ulteriori domande risarcitorie proposte dalla Sig.ra V. per omessa impugnazione dei capi della sentenza che le hanno rigettate, omettendo di formulare una specifica critica atta a contrastare le statuizioni di rigetto”, e sostiene che, invece, i capi in questione sarebbero stati oggetto di specifica critica con il primo e il terzo motivo di appello.

12.1. Il motivo è inammissibile in quanto la violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato con riferimento ai motivi di appello – di cui sostanzialmente si duole la V. – integra la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello (Cass. 27/01/2006, n. 1755; Cass., 27/10/2014, n. 22759).

12.2. Neppure sussiste il lamentato insanabile contrasto tra le argomentazioni della Corte di merito, risultando evidente dalla motivazione della sentenza impugnata che l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di appello si riferisce alle sole voci di danno di cui al verbale di consegna mentre la declaratoria di inammissibilità si riferisce espressamente alle ulteriori domande risarcitorie.

13. Con il secondo motivo, deducendo “violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia sul primo motivo di appello”, la V. lamenta che la Corte di merito non si sia pronunciata sul motivo in questione.

13.1. Il motivo è infondato.

Al riguardo si osserva che il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass. 26/01/2016, n. 1360), come avvenuto nel caso all’esame, e di tanto, del resto, è ben consapevole la stessa V. (v. p. 49 del controricorso e ricorso incidentale).

14. Con il terzo motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 “consistente nell’omessa e/o insufficiente motivazione in ordine al terzo motivo di appello”, sostenendosi che, all’espresso riconoscimento della fondatezza del terzo motivo, inerente alla mancata valutazione della documentazione comprovante i fatti lamentati, non farebbe seguito alcuna spiegazione dei motivi di accoglimento del medesimo.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, riferendosi esso alla statuizione di accoglimento del motivo di appello proposto dalla medesima attuale controricorrente ricorrente incidentale; inoltre, il mezzo all’esame, per quanto attiene alla dedotta insufficiente motivazione, risulta veicolato sulla base del previgente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile al caso di specie ratione temporis (Cass., sez. un., 7/04/2014, 8053), con conseguente inammissibilità, anche sotto tale profilo, del motivo all’esame.

15. Con il quarto motivo, rubricato “Rigetto della domanda di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Insufficiente motivazione”, la V. si duole che la Corte di merito abbia rigettato la domanda di risarcimento per lite temeraria da lei proposta senza considerare i fatti decisivi posti dall’attuale ricorrente a fondamento di tale domanda; assume in particolare la controricorrente ricorrente incidentale che le richieste restitutorie e risarcitorie avanzate dalla Toyota in assenza di qualsivoglia diritto legittimante l’azione, unitamente alla messa in esecuzione della sentenza di primo grado nonostante il difetto palese di presupposti giustificativi dell’azione, sarebbero circostanze sintomatiche della malafede dell’odierna ricorrente principale, oltre che dell’assenza di qualsivoglia regola di prudenza, segnalate dall’attuale controricorrente ricorrente incidentale, le quali, se adeguatamente valutate, avrebbero certamente portato all’accoglimento della domanda.

15.1. Il motivo non può essere accolto.

Va anzitutto evidenziato che, sia pure sinteticamente, la Corte di merito ha motivato la sua decisione, con riferimento, alla domanda ex art. 96 cod. proc. civ., ritenendo non sussistenti i presupposti per l’accoglimento della stessa e che in base al nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Inoltre, il mezzo all’esame, per quanto attiene alla dedotta insufficiente motivazione, risulta veicolato sulla base del previgente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile al caso di specie ratione temporis (Cass., sez. un., 7/04/2014, 8053), con conseguente inammissibilità di tale censura.

Nella specie, peraltro, non risulta riportato, nel mezzo all’esame, in quali specifici termini la V. abbia evidenziato al Giudice del merito le circostanze che assume sintomatiche dell’assenza di qualsivoglia regola di prudenza.

A quanto precede va poi aggiunto che la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ. non può trovare accoglimento tutte le volte in cui la parte istante non abbia assolto l’onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (Cass. 27/10/2015, n. 21798) e la V. non ha neppure dedotto in questa sede di aver assolto tale onere.

16. Anche il ricorso incidentale deve essere, pertanto, rigettato.

17. Tenuto conto della reciproca soccombenza delle parti, va disposta l’integrale compensazione tra le stesse delle spese del presente giudizio di legittimità.

18. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale; compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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