Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25406 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 12/12/2016, (ud. 25/05/2016, dep.12/12/2016),  n. 25406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

L.C.L. – L.C.G., elettivamente domiciliate in

Roma, via Pietro De Cristofaro, n. 40, nello studio dell’avv.

Umberto Longaroni; rappresentate e difese dall’avv. Giovambattista

Spampinato, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BELPASSO elettivamente domiciliato in Roma, presso la

cancelleria della Corte di cassazione; rappresentate e difese

dall’avv. Salvatore Cittadino (pec:

salvatore.cittadino-pec.ordineavvocaticatania.it), giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

EREDI DI B.M. – S.C., IN PROPRIO E QUALE

RAPPRESENTANTE LEGALE DEI MINORI S.A., S.V.,

S.C.S.;

– intimati –

nonchè sul ricorso proposto in via incidentale da:

COMUNE DI BELPASSO come sopra rappresentato;

– ricorrente in via incidentale –

contro

L.C.L. – L.C.G.;

– intimate –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, n. 607,

depositata in data 2 maggio 2011; udita la relazione della causa

svolta nella pubblica udienza tenutasi in data 25 maggio 2016 dal

consigliere dott. Pietro Campanile;

sentito per il controricorrente l’avv. Miriam Petrone, munito di

delega;

udito il P.M., nella persona del Sost. P.G. dott. CAPASSO Lucio, che

ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso

principale e dell’incidentale, rigettati gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l – Con sentenza depositata in data 21 luglio 1997 il Tribunale di Catania, accogliendo la domanda proposta da B.M., G.L., L. e L.C.G. nei confronti del Comune di Belpasso, in relazione all’occupazione, per l’ampliamento di una strada, di un terreno di proprietà del loro dante causa, L.C.A., resasi illegittima per la mancata emanazione del decreto di esproprio, condannava l’ente convenuto al pagamento della somma di Lire 20.563.300, oltre 4.000.000 per il deprezzamento della residua proprietà, a titolo di risarcimento del danno, determinando in Euro 238.000 l’indennità relativa all’occupazione legittima.

1.1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania, pronunciando sul gravame proposto dall’ente territoriale e in via incidentale, da L. e L.C.G., dopo aver verificato la contumacia degli eredi di L.C.G.L. e di B.M., ha accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune, rilevando che, venendo in considerazione un’ipotesi – come affermato nella decisione di primo grado – di occupazione acquisitiva (ragion per cui la diversa qualificazione, proposta dalle appellate, di occupazione usurpativa, non poteva essere esaminata a cagione del carattere di novità che la connotava), la domanda era stata proposta – nel marzo dell’anno 1992 – ben oltre il termine di cinque anni dall’irreversibile trasformazione del terreno, verificatasi nell’ottobre del 1984.

1.2 – Affermato, poi, che la condanna per il deprezzamento della parte residua del fondo era stata emessa in violazione del principio sancito dall’art. 112 c.p.c., è stata accolta l’eccezione di incompetenza per materia sollevata dal Comune in relazione alla determinazione, da parte del tribunale, dell’indennità di occupazione, alla quale non era dato di procedere in sede di appello, per non averla i proprietari riproposta, svolgendo anzi difese, con la prospettazione della tesi fondata sull’occupazione usurpativa, con essa incompatibili.

1.3 – Per la cassazione di tale decisione le signore L. e L.C.G. propongono ricorso, affidato a tre motivi, cui il Comune di Belpasso resiste con controricorso, con ricorso incidentale, sorretto da un motivo, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la nullità del giudizio di secondo grado, in quanto la notifica dell’atto di impugnazione al difensore della sig.ra L.C.L. – già parte nel giudizio di primo grado – era avvenuta in un momento successivo al decesso della stessa, verificatosi il (OMISSIS).

2.1 – La censura è infondata. Le Sezioni Unite di questa Corte, modificando l’orientamento richiamato dalle ricorrenti, hanno affermato il principio secondo cui la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del notificante (Cass. Sez. un., 4 luglio 2014, n. 15295).

3 – Con il secondo mezzo le ricorrenti in via principale si dolgono della statuizione con la quale era stata ritenuta tardiva la loro deduzione circa la natura usurpativa dell’occupazione.

3.1 – La terza censura attiene all’illegittimità dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sostenendosi, a prescindere dalla distinzione tra occupazione usurpativa e appropriativa, la natura permanente dell’illecito.

3.2 – Tale motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

3.3 – Questa Corte recentemente si è orientata verso un’interpretazione conforme ai principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nel senso della natura permanente dell’illecito spossessamento del privato da parte della pubblica amministrazione, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, con conseguente diritto del privato di chiedere la restituzione del bene, salvo che non opti per la reintegrazione in forma specifica: in tal caso la prescrizione della pretesa risarcitoria decorre dalla data della domanda.

3.4 – E’ stato infatti affermato che l’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della P.A., allorchè il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto i danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà del bene stesso. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente. (Cass., Sez. unite, 19 gennaio 2015, n. 735).

3.5 – In conseguenza dell’orientamento testè richiamato, condiviso dal Collegio, è stato poi affermato che nel giudizio di risarcimento del danno derivante dall’occupazione e trasformazione irreversibile di un fondo senza titolo, la qualificazione in primo grado della domanda risarcitoria come di accessione invertita (o occupazione cd. acquisitiva) non esclude l’ammissibilità di una riqualificazione della stessa in usurpativa da parte dell’attore in sede di appello, atteso che la presenza o meno della dichiarazione di pubblica utilità non è in grado di differenziare le due forme di illecito, entrambe a carattere permanente ed improduttive di effetti giuridici, poichè non comporta l’acquisizione del bene occupato alla mano pubblica, nè incide sulla “causa petendi” giuridicamente n. 7137).

4 – La decisione impugnata, sotto i profili sopra esaminati, non è conforme ai principi affermati da questa Corte in materia di prescrizione dell’azione risarcitoria relativa al pregiudizio correlato alla fattispecie dell’occupazione illegittima.

5 – Il ricorso proposto in via incidentale dal Comune di Belpasso, attinente al regolamento delle spese processuali, rimane assorbito.

6 – L’impugnata decisione deve, pertanto, essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Catania, che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra indicati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale, che accoglie nel resto, assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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