Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25401 del 12/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 12/12/2016, (ud. 10/05/2016, dep.12/12/2016),  n. 25401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI VERONA, elettivamente domiciliato in Roma, piazza del

Popolo, n. 18, nello studio dell’avv. Marcello Clarich, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Giovanni Sala e

Giovanni Caineri, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.G., G.A., elettivamente domiciliati in Roma,

Viale Mazzini, n. 11, nello studio dell’avv. Paolo Stella Richter,

che li rappresenta e difende, unitamente all’avv. Stefano Baciga,

giusta procura speciale a mergine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, n. 848,

depositata in data 8 aprile 2011;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 10 maggio 2016

dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

sentito per il ricorrente l’avv. Chiara Carli, munita di delega;

sentito per i contriricorrenti l’avv. Paolo Stelle Richter;

udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

Dott. Sergio Del Core, il quale ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato in data 11 gennaio 2005 i sigg. G.G. e A., premettevano di essere comproprietari di un terreno sito nel Comune di (OMISSIS), esteso per circa 65.000 mq e ubicato in zona già destinata in parte a servizi pubblici ed in parte a sede stradale.

Successivamente, essendo il vincolo decaduto, il Comune, con Delib. n. 87 del 2000 aveva impresso all’area la destinazione Z25 (zona fieristica annonaria e per servizi tecnici), ma la Giunta Regionale del Veneto, con Delib. 18 gennaio 2002, aveva modificato d’ufficio quella adottata dal Comune, reiterando il vincolo nel senso di riqualificare l’area in parte come zona 27 – servizi pubblici di interesse locale – futuri e in parte a tracciato delle tramvia.

1.1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha liquidato in Euro 420.000,00 l’indennità dovuta dal Comune di Verona ai signori G.G. e A. per la reiterazione di detto vincolo sul terreno di loro proprietà. In particolare la Corte distrettuale, rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal Comune per essere stato in effetti il vincolo apposto dalla Regione Veneto, ha ritenuto – sulla base delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, che l’area – divenuta bianca – fosse edificabile, ed ha liquidato la somma sopra indicata, quale differenza fra il valore del bene in sè considerato e quello derivante dalla reiterazione del vincolo.

1.2 – Per la cassazione di tale decisione il Comune di Verona propone ricorso, affidato a quattro motivi, cui il proprietari resistono con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, comma 2, sostenendosi che, poichè la reiterazione del vincolo era stata disposta dalla Regione Veneto, la stessa e non il Comune, era tenuta a liquidare l’indennità e a provvedere al relativo pagamento.

2.1 – La censura è infondata.

L’art. 39, comma 2, del D.P.R., laddove indica l’autorità “che ha disposto la reiterazione del vincolo”, evidentemente si riferisce a tutte le ipotesi relative all’imposizione dei vincoli e alla loro reiterazione, che, come emerge dalla disciplina dei precedenti artt. 9 e segg., non si esauriscono nella sola predisposizione e approvazione del piano regolatore generale. Quanto a quest’ultimo, pur considerando le ragioni esposte dal ricorrente alla luce della giurisprudenza amministrativa che riconduce il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico nel paradigma dell'”atto complesso ineguale”, non può omettersi di rilevare che l’atto nel suo complesso, al di là dell’incidenza del potere di controllo sostitutivo della Regione, è pur sempre riferibile – come in tutte le ipotesi di atti sottoposti al controllo da parte di altri enti – al Comune, che lo ha elaborato sulla base degli interessi locali della collettività.

Non può escludersi, pertanto, la legittimazione passiva del Comune in relazione all’indennità in esame, anche in relazione alle ipotesi in cui al P.R.G. siano apportate delle modifiche in sede di approvazione, tanto più che lo stesso Comune – a prescindere dall’esercizio del potere di espropriare il bene sottoposto al vincolo, così come affermato nell’impugnata decisione – può disporre, ai sensi del citato D.P.R. n. 327 del 2001, art. 9, comma 5, che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale.

3 – Con il secondo motivo, deducendosi violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 e dell’art. 11 preleggi, si sostiene che la domanda non era proponibile, in quanto il vincolo de quo era stato apposto in epoca precedente alla data di entrata in vigore del citato testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, ed essendo la nota decisione della corte costituzionale n. 179 priva di immediata efficacia precettiva.

3.1 – La tesi sostenuta dal Comune non appare meritevole di positivo apprezzamento, al lume della natura meramente ricognitiva unanimemente attribuita alla norma contenuta nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39 (Cass., Sez. un., 15 maggio 2006, n. 11097; Cass., 26 gennaio 2007, n. 1741; Cons. St. Ad. pl, 24 maggio 2007, n. 7; Cons. St., 6 novembre 2009, n. 6936).

4 – Con la terza censura si denuncia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39: l’indennità non era dovuta in quanto l’area interessata dalla variante non era edificabile ad iniziativa privata, in quanto già adibita “parte a servizi pubblici e parte a sede stradale”.

La doglianza è fondata, per le seguenti ragioni.

4.1 – Per costante giurisprudenza, l’indennizzo per i vincoli urbanistici, come alternativa non eludibile al termine di efficacia posto dalla L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, è dovuto allorchè la possibilità di reiterazione del vincolo scaduto, riconosciuta all’Amministrazione per giustificate ragioni di interesse pubblico, comporta che si superi la durata fissata dal legislatore come limite alla sopportabilità del sacrificio da parte del soggetto titolare del bene. Non tutti i vincoli urbanistici, tuttavia, sono soggetti a decadenza, e conseguentemente alla possibilità di indennizzo allorchè reiterati, ma soltanto quelli aventi carattere particolare, per i quali la mancata fruibilità del bene protratta nel tempo e non indennizzata determina violazione dell’art. 42 Cost., comma 3: in particolare non sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni, e tra questi i vincoli urbanistici di tipo conformativo, e i vincoli paesistici (Corte Cost., 20 maggio 1999, n. 179). Quanto ai vincoli di natura conformativa, costituisce jus receptum in giurisprudenza il principio per cui il carattere conformativo dei vincoli non dipende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma soltanto dai requisiti oggettivi, per natura e struttura, dei vincoli stessi, ricorrendo in particolare tale carattere ove gli stessi vincoli siano inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto, per lo più spaziale, con un’opera pubblica.

Al contrario, il vincolo, se incide su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione (cfr. Cons. Stato, sez. 4, 30 luglio 2012 n. 4321).

4.2 – Il vincolo in questione, sia in base alla precedente variante, sia in base alla Delib. Giunta Regionale Veneto 18 gennaio 2002, n. 71, riguardava la destinazione dell’area di signori G. in parte a servizi pubblici di interesse locale (zona Z27) ed in parte, in origine, a sede stradale, e poi a tracciato della tramvia.

Deve quindi rilevarsi la natura conformativa del vincolo, in quanto la destinazione a servizi pubblici, così come la previsione di una linea tranviaria, risulta effettuata in virtù di criteri generali e astratti, e non già in funzione della localizzazione di un’opera pubblica specifica su beni per essa individuati (cfr. Cass., 11 gennaio 2013, nn. 614 e 615, concernenti proprio il P.R.G. della città di Verona e la natura conformativa del vincolo inerente alla previsione “Z27”).

4.3 – La decisione impugnata, pertanto, anche se per ragioni non del tutto coincidenti con quelle dedotte dal Comune di Verona (ragion per cui, considerata anche la complessità della vicenda e la delicatezza dei temi trattati, va disposta l’integrale compensazione delle spese processuali dell’intero giudizio), risulta emessa in violazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale n. 179 del 1999 e poi recepiti nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39. Vale bene ribadire, in proposito, il principio secondo cui, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonchè per omologia con quanto prevede la norma di cui dell’art. 384 c.p.c., comma 2, deve ritenersi che, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di una eccezione in senso stretto (Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437; Cass., 17 maggio 2011, n. 10841; Cass., 22 marzo 2007, n. 6935).

5 – Gli ulteriori motivi di ricorso, in quanto relativi alla quantificazione dell’indennità, rimangono assorbiti.

6 – Non essendo necessari ulteriori acquisizioni, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nel senso del rigetto della domanda proposta dai signori G. nei confronti del Comune di Verona, con integrale compensazione, per le ragioni indicate, delle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo niel merito, rigetta la domanda di corresponsione dell’indennità avanzata dai sigg. G.A. e G. nei confronti del Comune di Verona.

Compensa fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016

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